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Autore: vanessie    28/04/2017    3 recensioni
La storia sviluppa alcuni personaggi di mia invenzione presentati nella fanfiction "Sunlight's Ray".
Una vicenda ricca d'amicizia, amore e problemi della vita quotidiana con cui ogni adolescente si trova a fare i conti...narrati da una prospettiva femminile e maschile. Non mancherà un pizzico di fantasy e un richiamo ai personaggi originali della Meyer!
Per avere una migliore visione delle cose sarebbe meglio aver letto Sunlight's Ray 1-2-3, in caso contrario potete comunque avventurarvi in Following a Star!
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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- Questa storia fa parte della serie 'Sunlight's ray'
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Capitolo 57

“St.Patrick Day”

 

 

POV Kevin

Scelsi dall’armadio una felpa verde e la abbinai ad un paio di jeans per festeggiare St.Patrick. La tradizione voleva che indossassimo qualcosa di verde ed io volevo restare fedele ai costumi locali. Salutai gli zii e raggiunsi Evelyn e i suoi amici in centro a Dublino, dove si svolgeva una manifestazione bellissima, alla quale avevo già assistito negli anni precedenti. Evelyn indossava dei pantaloni verdi, un maglione bianco e un cappello. Parlava con le amiche e la vedevo felice e spensierata “Ciao, sono arrivato! Scusate il ritardo, ma c’era una fila pazzesca per strada” affermai “Figurati non preoccuparti, ancora non è cominciato niente” rispose lei. Notai, appena in tempo per la fine della sua frase, che le sue amiche erano scomparse “Mi sa che ti tocca restare con me, sono sparite!” esclamai, lei sorrise. La sfilata cominciò e come di consueto fu affascinante. “Prendiamo qualcosa per cena prima di andare alla festa, ok?” domandò, annuii e la seguii verso un bar. A causa della confusione scaturita dalla folla, presi la mano di Evelyn per non perderla. Quando gliela strinsi lei si girò a guardarmi, facendomi un sorriso. Ci sedemmo al bar e la osservai a lungo, mentre sceglieva cosa ordinare dal menù poggiato sul tavolo, sperando che lei non lo notasse. Il suo viso dolce e dai lineamenti da ragazzina era qualcosa di unico. Sembrava una bambola che aveva preso vita. Certo era giovane, più piccola di me di 3 anni, ma la corporatura esile e la forma del suo volto la facevano sembrare ancor più giovane dei suoi 19 anni. Rimiravo le sue espressioni del viso mentre ponderava quale piatto fosse più appropriato prendere.

 

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I suoi occhi celesti si sollevarono dal menù, incontrando i miei. Ci sorridemmo a vicenda. “Hai già scelto?” mi domandò “Sì, tu?” “Anch’io!” esclamò. Mentre attendevamo l’arrivo delle pietanze, continuammo a parlare. “Le tue amiche dove saranno finite?” chiesi “Ohhhh in giro, credo” “Le rivedremo alla festa più tardi?” “Immagino di sì” rispose. Iniziammo a mangiare con gusto, il cibo era veramente delizioso. “Come passavi il tempo a Forks?” domandò lei d’un tratto “Più che altro con gli amici. Andavamo in giro e poi…sai ci piaceva intrattenerci cantando e suonando. Avevo una specie di gruppo negli U.S.A” “Intendi tipo…una band?” “Sì, cantavamo alle feste locali” spiegai. “Wow. Quindi sai cantare!” “Sì e so suonare” precisai “Che strumento?” “Pianoforte e chitarra” “Cavolo che figata! Beato te, piacerebbe molto anche a me, ma sono negata” affermò mettendosi a ridere. “Da cosa deriva questa passione per la musica Kevin?” “Beh è una passione di famiglia. Il pianoforte lo suonano mio padre, mia nonna e molti altri della famiglia. Per la chitarra invece ho preso lezioni da mio zio, il fratello di mio padre. Per il canto…boh è una dote di natura, in effetti un’eredità di papà anche quella” spiegai. “Prima o poi devi farmi sentire come canti e suoni!” “D’accordo, quando vuoi” risposi. Ci alzammo da tavola e riprendemmo la mia auto per andare alla festa di St.Patrick. Si svolgeva in un locale alla moda del centro città e aveva attirato tantissimi giovani. Holly, Drew e Thea, le amiche di Evelyn, erano già arrivate e se ne stavano tutte sedute intorno ad un tavolo a cantare tipiche canzoni irlandesi, seguendo il coro del resto degli invitati. Le raggiungemmo e il cameriere ci chiese se volevamo gustare un boccale di birra verde. Una delle bevande tipiche di quella festa infatti era proprio una particolare ricetta della birra, in grado di trasformarne il colore. Accettai di prenderne una, mentre Evy, che beveva solo analcolici, prese un’altra bevanda al gusto kiwi, per restare fedele al colore verde.

Altro simbolo tradizionale era il trifoglio. Notai all’interno del locale che qualcuno li stava distribuendo. Alcuni ragazzi lo portavano nel taschino della camicia o della giacca, le ragazze lo poggiavano tra i capelli o ne intrecciavano alcuni alla collana. Mi allontanai un attimo dal tavolo e andai anch’io a prenderne alcuni. Ne chiesi uno per me, disponendolo poi intorno al braccialetto che indossavo. Ne presi uno per ogni amica di Evelyn e poi ne presi un’altra decina che sistemai a formare una specie di mazzolino. Tornai al tavolo e diedi a Holly, Drew e Thea il loro trifoglio. Mi ringraziarono felici, come se avessi fatto chissà cosa, non mi sembrava un gran gesto in realtà. Mi sistemai a sedere accanto a Evelyn e le porsi il suo mazzolino di trifogli. Lei lo prese e alzò gli occhi verso di me sorridendo. Le sue gote si tinsero leggermente di rosso “Grazie, non avevo mai visto un mazzolino di trifogli!” esclamò “Prego” “Sei stato…gentile e carino” aggiunse. “Vista la mia gentilezza posso chiederti un favore?” le domandai “Sì” “Insegnami qualche parola o frase in irlandese!” esclamai, nonostante io sapessi parlare irlandese, poiché mamma lo aveva insegnato ad ognuno dei suoi figli. Volevo tuttavia fingere di non comprenderlo per capire che tipo di frasi mi avrebbe detto, credendo che non capissi la lingua. “Ci sto! Allora…iniziamo con questa: Dia duit, conas atá tú?” (ciao, come stai?) disse. Ripetei la frase e lei mi spiegò il significato in inglese.

 

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“Ora prova con: Is é seo a bunch de clovers” (questo è un mazzo di trifogli) affermò. Ridissi la frase fingendo di sbagliare qualche parola. “Ecco senti questa: Sa lá atá inniu go raibh mé spraoi sin i bhfad le leat!” (oggi mi sono divertita tanto con te!) continuò a dire ed io la imitai.

 

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“Tá tú ag álainn…tá do súile glas rud éigin ar leith” (sei bellissimo…i tuoi occhi verdi sono qualcosa di unico). Cercai di trattenere il sorriso che mi nasceva spontaneo, lei non sapeva che io capivo quella lingua, ma il suo complimento mi rendeva felice. Ok…potevo anche smetterla di recitare, scelsi una frase che le restituisse il complimento. “Tá do súile gorm cinnte an chuid is mó álainn” (i tuoi occhi celesti sono sicuramente più belli) risposi, in un irlandese grammaticalmente corretto, ma con una pronuncia non esattamente perfetta. Lei rimase sorpresa “Cosa?!? Cioè…tu parli l’irlandese?” domandò “Mia mamma me l’ha insegnato. Lo capisco benissimo, a parlare me la cavo” “Cavolo sei un imbroglione!” esclamò tirandomi uno schiaffetto sul braccio “Perché?” “Perché non volevo che capissi cosa dicevo” ammise. “Volevi farmi un complimento senza che io ne comprendessi il senso quindi” “No Kevin io…cioè…quella frase l’ho detta così…per dire…” tentò di sminuire. “Ma dai, potevi dire qualsiasi altra cosa, non devi mica rimangiarti le parole solo perché io le ho capite!” esclamai.

 

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“Non le sto rimangiando…ecco ti pareva che non reagissi come tutti gli americani” disse “Come reagiscono gli americani scusa?” “Sono sbruffoni” “Quanti americani conosci?” chiesi “Soltanto te” rispose. “Ohhhhhh grazie Evelyn, quindi sarei un americano sbruffone!” “Beh…sì” “Ammazza quanti pregiudizi che hai! Potrei dire che tu invece…sei un’irlandese che se la tira” ribattei “Non me la tiro per nulla” “Miss snob, da oggi ti chiamerò così” la presi in giro. “Io miss snob? Non farmi ridere. Allora da oggi io ti chiamerò americano sbruffone” “Un po’ lungo come soprannome” scherzai “Vediamo…allora lo modifico. Voi vi sentite tutti bravi, forti, belli…Mr.Stati Uniti” affermò. Continuammo a prenderci in giro per almeno un altro quarto d’ora. Mi piaceva scherzare e tirarci frecciatine, era divertente. La serata terminò. Salutai Evelyn e le sue amiche e tornai a casa degli zii, pensando che quel tempo trascorso insieme fosse stato grandioso. Mi sentivo bene quando uscivo con lei, mi rendeva spensierato e allegro. Volevo seriamente conoscerla, volevo scoprire tutto di lei e speravo che anche Evelyn apprezzasse la mia compagnia e il mio modo di fare. Del fatto che fosse la ragazza della profezia ormai non mi importava granchè, era semplicemente una ragazza, nient’altro.

 

NOTE:

Ciao, la festa di Saint Patrick è una tradizione irlandese, tutti quel giorno festeggiano e anche i nostri personaggi! All'arrivo di Kevin, le amiche di Evelyn ne approfittano per dileguarsi e lasciarli soli, nè a Evelyn nè a Kevin dispiace, anche se non se lo dicono apertamente. Lentamente vengono a galla alcuni dettagli in più sulla loro vita, proprio come in qualsiasi amicizia, infatti, ci si scopre un po' alla volta. A fine serata i due si ricongiungono con le amiche di lei e Kevin ne progetta una delle sue per capire quali siano i veri pensieri di Evelyn, cioè le chiede di insegnargli delle frasi in irlandese, che lui capisce benissimo. Evelyn è molto imbarazzata quando scopre che lui ha capito tutto, soprattutto l'ultima frase, che era un complimento esplicito, così iniziano a tirarsi frecciatine, affibbiandosi a vicenda dei soprannomi che ci seguiranno per il resto della fanfiction ^______^

Vi aspetto venerdì prossimo,

Vanessie

   
 
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