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Autore: Kia_1981    28/04/2017    3 recensioni
Possibile che, alla fine, Julian sia riuscito ad ottenere quello che desiderava da tanto tempo? La risposta potrebbe sembrare scontata...
Una notte, due punti di vista.
Dal testo (cap. 1):
"Dov'eri finito? Ti ho aspettato fin troppo."
Adorava sentire quella sfumatura di rimprovero nella sua voce, soprattutto perché sapeva che non sarebbe durata a lungo.
Dal testo (cap. 2):
Qualcuno lanciò un urlo colmo di frustrazione. I passi e le voci si fermarono davanti alla sua porta e Megan si rese conto di essere stata lei a gridare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jordan Vandemberg, Julian Lord, Megan Linnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Un soffio di frizzante aria mattutina svegliò Megan alle prime luci dell’alba. La giovane non aveva voglia, in quel momento, di alzarsi per chiudere la finestra che aveva lasciato socchiusa la sera prima, come faceva abitualmente non appena il clima si mitigava.
Si stiracchiò confusa: avvertiva una strana sensazione, qualcosa che la disturbava ma che non riusciva a ricordare.
Intanto si era resa conto di essersi svegliata sorridendo: non le capitava mai, perché ogni giorno, al suo risveglio, la mente correva subito ai suoi studi, al suo lavoro e all’estenuante e insopportabile processione di idioti con cui sarebbe stata costretta ad avere a che fare di lì a poche ore e per il resto della giornata.
" Fortuna che oggi mi verrà risparmiato questo supplizio!”, mormorò sbadigliando, ricordando soddisfatta di non avere impegni: niente turni e niente lezioni, quindi poteva concedersi ancora qualche minuto di meritato riposo.
Si girò su un fianco, dando le spalle alla finestra, chiuse gli occhi e si avvolse nelle coperte.
Forse quella sensazione che la disturbava aveva a che fare con qualcosa che stava sognando prima di svegliarsi.
Un altro refolo d’aria le solleticò il collo, creandole nella mente l’illusione di un ricordo: un respiro dietro l’orecchio, baci leggeri sulla pelle sensibile del collo, un’ispida ombra di barba che le sfregava la spalla, facendole avvertire un piacevole formicolio che partiva dallo stomaco e si diffondeva in tutto il suo corpo.
Doveva essere quello il suo ultimo sogno.
“ Promette bene, magari poi succedeva qualcosa di… interessante”, sussurrò a sé stessa con un sorriso malizioso, decidendo di provare a riaddormentarsi per vedere se fosse in grado di riprendere le redini di quel sogno. Durante il giorno aveva deciso di non lasciarsi distrarre dagli uomini, ma non potendo esercitare alcun controllo su quello che le accadeva durante il sonno, era disposta, quando capitava, a lasciarsi trasportare da quelle fantasie.
Si avvolse ancora più strettamente nella coperta e fu come se qualcuno la stesse abbracciando. Piombò in una sorta di piacevole dormiveglia mentre i ricordi cominciarono a farsi più nitidi.
 
Qualcuno la stava abbracciando, qualcuno con cui lei avrebbe dovuto essere arrabbiata per averla costretta ad aspettarlo a lungo.
Aveva deciso di fingersi ancora addormentata, per non parlargli, ma lui doveva aver intuito la sua bugia. Aveva cominciato a baciarla in quel modo che le piaceva tanto, cancellando buona parte del suo risentimento. Si era scusato, le aveva chiesto di dirgli come potesse farsi perdonare. Lei non aveva voluto rispondergli, allora lui aveva cambiato discorso e aveva detto qualcosa che alla fine l’aveva fatta ridere: non riusciva mai a sentirsi veramente in collera con lui.

 
La fronte di Megan si corrugò: non riusciva a ricordare il timbro della voce del suo misterioso compagno, non riusciva a ricordare se lo avesse guardato. Sapeva che doveva essere qualcuno di sua conoscenza, ma non riusciva a capire di chi si trattasse. Non era nemmeno sicura di volerlo scoprire, a dire la verità, ma aveva ancora ben chiaro il suono di quella risata sommessa, così piacevole da ascoltare. Come una bella musica.
Doveva ricordare la sua voce.
 
Una carezza leggera lungo la schiena le aveva provocato un brivido che era riuscita a stento a controllare. Stava per cedere definitivamente, ma non le dispiaceva affatto.
“… amore mio… hai deciso?” 
Aveva ceduto e l’aveva baciato: non c’era bisogno di parlare per fargli capire cosa volesse.
 
Un gemito sommesso uscì dalle labbra di Megan: era solo un sogno, ma quel bacio sembrava così… reale. Non aveva mai baciato, ma le sembrava di sapere perfettamente cosa avrebbe provato: un dolce languore che le stava facendo battere più forte il cuore e la lasciava stordita e priva di forze.
Si sentì improvvisamente accaldata. Adesso era sicura di non voler scoprire chi ci fosse nel suo sogno perché qualcosa l’aveva messa in allarme. Cercò di svegliarsi con tutte le sue forze, terrorizzata dalla verità che stava per scoprire, ma le sue palpebre non volevano saperne di sollevarsi.
 
“ E va bene, amore mio”
 
Da qualche parte, nel Collegio di Maderian la porta di una stanza si aprì con un leggero cigolio.
 
“ Sei stata chiarissima, mea domina.”
 
Lottando per aprire gli occhi, Megan artigliò spasmodicamente le lenzuola. Si aggrappò ai rumori che provenivano dal corridoio per trascinarsi fuori da quello che si stava trasformando in un vero e proprio incubo.
 
Quel sorriso sfrontato, quel tono impertinente e scherzoso, quegli occhi che sembravano leggerle dentro e indovinare sempre i suoi pensieri…
“ Ma dovrai sbrigarti…”  
 
Con uno sforzo sovrumano, la giovane riuscì a scrollarsi di dosso le ultime nebbie del sonno e si mise a sedere mentre una rabbia cieca cresceva dentro di lei: aveva fermato il sogno, ma i ricordi di quest’ultimo continuavano a fluire implacabili. Fuori dalla sua porta si sentiva un rumore di passi e un parlottare sommesso.
Qualcuno lanciò un urlo colmo di frustrazione. I passi e le voci si fermarono davanti alla sua porta e Megan si rese conto di essere stata lei a gridare. Si abbandonò ad una serie di imprecazioni che provocarono la fuga precipitosa dei malcapitati studenti che, passando in quel momento, probabilmente avevano appena rischiato un colpo apoplettico.
Una gelida goccia di sudore le scivolò lungo la schiena facendola rabbrividire. Allungò una mano tremante per prendere il bicchiere d’acqua che teneva sul comodino, lo svuotò in pochi sorsi sentendosi leggermente più lucida.
Si passò una mano sul volto, sbuffando.
“ Dannazione, che strazio!”, brontolò mentre si alzava dal letto per andare a chiudere la finestra.
Il suo sguardo indugiò per un breve momento sul borgo di Maderian che mostrava i primi segni di attività, nonostante l’ora antelucana.
Il richiamo di una campana lontana vibrò nell’aria limpida, trasportato dalla brezza: un’occhiata all’orologio confermò a Megan che si trattava della campana della chiesa di San Mikhail Des Lajss che chiamava a raccolta i Cavalieri dell’Ordine della croce per la consueta funzione, la benedizione delle armi.
 
Jules…  sentì se stessa pronunciare quel nome, ma non sapeva dire se lo avesse fatto nel sogno o se fosse il ricordo di quella notte in cui lui le aveva donato il gioiello con cui, anche in quel preciso momento, stava giocherellando distrattamente.
 
Possibile che riuscisse ad inseguirla perfino nel sonno?
La dottoressa non voleva correre il rischio di addormentarsi di nuovo, così prese una coperta e il pesante volume di anatomia su cui stava studiando la sera prima e andò a sedersi su una panca davanti alla finestra.
Non voleva più pensare a quello che aveva sognato, ma non riuscì ad evitare di stringersi addosso la coperta, in cerca di una sensazione di benessere che somigliasse a quella provata mentre dormiva.
La sua mente cercò di formulare un interrogativo, ma lei non voleva assecondare quei pensieri.
Scrollò la testa e decise che probabilmente la cena della sera prima le era rimasta sullo stomaco, procurandole quei sogni assurdi. Quando ne fu convinta, riuscì ad aprire il libro per ricominciare a studiare.
   
 
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