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Autore: Annapis    28/04/2017    5 recensioni
*Spero non infastidisca il termine nel titolo*
E che Dio -o Luxus, l'uomo del meteo- lo fulmini, ma doveva farlo.
Ma poi Lei aveva aperto, e Natsu si era sentito come rinato.
La rabbia, la frustrazione, addirittura l'alcool.
Tutto passato.
Anzi, una cosa la sentiva ancora.
Le farfalle nello stomaco.
Ma Natsu dubitava fortemente che fosse per l'alcool o per il sapore di vomito in bocca.
Perché Lucy era lì davanti a lui in pigiama, i capelli sciolti e il viso struccato.
Ed era bella.
Dio se era bella.
Anche se Lucy era sempre bella, ad ogni ora, ogni giorno.
E lui, da idiota qual'era, se n'era accorto solo ora.
Così, invece del "Vaffanculo ti odio" gli uscì un "Vaffanculo ti amo."
*Fanfiction partecipante al This would be love indetto dal forum di FairyPiece*
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lucy Heartphilia, Natsu
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Va*****ulo ti amo!
*Fanfiction partecipante al This would be love indetto dal forum FairyPiece*

Quando Natsu rientrò tutto incazzato in casa Zeref nemmeno lo degnó di uno sguardo.
Dopo tutto non era la prima volta che Natsu rincasava in quello stato emotivo, e qualunque fosse il motivo Zeref sapeva bene che gli sarebbe passato presto.
Sia che fosse una litigata pesante con Gray, un rimprovero di troppo a lavoro o due ore di punizione a scuola.
In fondo Natsu era un tipo solare e sociale, un festaiolo accanito, e non riusciva a tenere il broncio a lungo andare.
Quindi non c'era da preoccuparsi.
E Zeref questo lo ripeté anche a Larcade dopo che pure il minore dei Dragnel fu rincasato.
-È normale- diceva.
-Lascialo sfogare- diceva.
Anche se il biondo dubitava che tutti quei frastuoni provenienti dalla camera del rosato fossero per semplice sfogo.
-Sai per lo meno perché è così arrabbiato?- chiese con estrema calma.
Zeref non sollevò lo sguardo dal suo piatto di riso in bianco per rispondergli.
-Fratellino, ora come ora Natsu ti sbrana anche se ti esibisci nella danza del ventre vestito da hot dog, come vuoi che gliel'abbia chiesto?-
Larcade sospirò, dando ragione al maggiore: Natsu, quando ci si metteva, sapeva essere peggio di un piranha affamato.
Ma Natsu non era né affamato né un piranha.
Era arrabbiato.
Era geloso. Geloso marcio.
E gli bruciava che qualcuno, che Lucy, lo avesse capito.
Perché?
Perché lui era Natsu Dragnel, lo scansafatiche dai capelli rosa che all'ultimo anno di liceo c'era arrivato solo copiando le verifiche.
E anche perché il prof Macao non vedeva l'ora di sbarazzarsi di lui.
Quindi sì, era un problema che Lucy, la sua migliore amica sin dal primo anno alla Fairy Hight School, lo avesse capito.
Lo infastidiva.
Ma, ancora di più, lo infastidiva lo sguardo delle sue compagne di classe.
Insomma, era vero: lui e Lucy avevano litigato pesantemente, lui se l'era presa e sempre lui aveva cominciato ad urlare.
E sempre lui aveva ridotto la povera Lucy ad un fagottino pallido e tremante, scossa dai singhiozzi e dalle lacrime.
Perché sì, in cinque anni di amicizia era la prima volta che Natsu faceva piangere Lucy.
Ma la disapprovazione, negli sguardi delle sue compagne no, non la poteva sopportare.
Quindi aveva cominciato a tirare pugni su pugni a quella povera parete, facendo scappare via un Happy -il gatto- più spaventato che mai.
Solo che dopo i primi pugni l'intonaco aveva cominciato a staccarsi e i primi cenni di una crepa che avrebe potuto far collassare la parete a presentarsi.
E Natsu si era dovuto fermare.
Ora, quel poco di lucidità che gli restava gli aveva suggerito caldamente di farsi disinfettare la mano da Larcade, ma la rabbia e la frustrazione, brucianti in lui, l'avevano come spinto fino alla porta d'ingresso.
Una forza estranea aveva fatto leva sulla maniglia e agli occhi del rosato la porta si sarebbe anche potuta essere aperta da sola.
Sordo ai rimproveri -e alle minacce- dei due fratelli, Natsu era uscito di casa.
Quindi, lui ora non sapeva come si fosse ritrovato, ubriaco marcio e con dei residui di vomito sulle scarpe -lungo il tragitto aveva già rimesso la maggior parte degli alcolici in corpo e la colazione della mattina precedente- a camminare barcollante per la strada isolata e buia che portava al palazzo di Lucy.
Eppure era lì.
Magari si ed perso ma era lì.
E Natsu manco se la ricordava la strada, ma ci era arrivato.
Era arrivato sotto casa della sua migliore amica.
Ma ora che era arrivato fin lì, a più di quindici isolati distante da casa sua, cosa avrebbe fatto?
Forse, per un momento, la parte più razionale del suo cervello gli aveva davvero imposto di girare i tacchi e sparire fino alla mattina seguente.
Fatto sta che alle nove e qualcosa di sera Natsu era sotto casa di Lucy che suonava come un fossennato il campanello, un unico pensiero in mente.
"Vaffanculo ti odio."
Tre parole che, metaforicamente, Natsu aveva incise sulla punta della lingua.
Sembrava una cosa quanto più naturale possibile.
Doveva solo gridare quelle tre parole.
Gridargliele in faccia.
Perché lui non era un bambino e non si comportava in modo infantile.
Perché lei era di sua proprietà.
E sì, se accettava di uscire con qualcuno, che fosse una diva del cinema o un pivello del primo anno, lui lo doveva sapere.
Quindi ora Natsu doveva solo dirle questo.
Dirle che quando si comportava così la odiava.
Un poi non esisteva.
Forse sarebbe scappato a gambe levate, forse Lucy l'avrebbe trascinato in casa per un orecchio, o forse l'avrebbe fatta piangere di nuovo.
Ma a Natsu poco importava, aveva un disperato bisogno di dirglielo.
Sarebbe morto altrimenti.
E che Dio -o Luxus, l'uomo del meteo- lo fulmini, ma doveva farlo.
Ma poi Lei aveva aperto, e Natsu si era sentito come rinato.
La rabbia, la frustrazione, addirittura l'alcool.
Tutto passato.
Anzi, una cosa la sentiva ancora.
Le farfalle nello stomaco.
Anche se dubitava fortemente che fosse per l'alcool o per il sapore di vomito in bocca.
Lucy era lì davanti a lui in pigiama, i capelli sciolti e il viso struccato.
Ed era bella.
Dio se era bella.
Anche se Lucy era sempre bella, ad ogni ora, ogni giorno.
E lui, da idiota qual'era, se n'era accorto solo ora.
Così, invece del "Vaffanculo ti odio" gli uscì un "Vaffanculo ti amo."

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Fu la dichiarazione memo romantica di sempre.
Probabilmente, sul momento, Lucy manco ci credette, ma come biasimarla.
Il suo migliore amico, quello a cui aveva sempre raccontato -anche se a Natsu non fregava nulla- delle sue cotte passate, arriva sotto casa sua la sera, bussa e dice che l'ama.
Anzi, prima la manda a quel paese e poi si dichiara.
E poi resta lì impallato, paralizzato, senza fiatare o muoversi.
Insomma, molto singolare come dichiarazione.
Singolare e imbarazzante.
Decisamente diversa da come se l'era immaginata.
Perché sí, a Lucy era capitato di fantasticare su un eventuale dichiarazione.
A chi, in fondo, non era mai capitato?
Solo che nei suoi sogni c'era ben altro.
C'erano loro due su una spiaggia, c'era un tramonto mozzafiato, c'era il mare, calmo e silenzioso, c'erano i passanti e qualche mormorio .
E, sicuramente, non c'era l'alcool, non c'era questo freddo, questo cielo nuvoloso, lei non indossava un ridicolo pigiama rosa con i coniglietti e lui non puzzava di fumo e gas intestinali.
Ma, mentre si tuffava tra le braccia di Natsu, mentre stringeva tra le dita affusolate e laccate di smalto rosa la maglia del ragazzo, mentre nascondeva il viso nel suo collo cercando di riconoscere il profumo naturale di Natsu tra i mille e differenti odori che lo appestavano, non avrebbe potuto sognare di meglio.
Perché?
Perché, doveva ammetterlo Lucy, forse l'unica pecca dei suoi romantici sogni era che in nessuno di essi c'era Natsu.
E Natsu era l'unica persona che la bionda voleva e avrebbe mai potuto volere.
Solo ora se ne rendeva pienamente conto, ma il rosato era l'unico adatto per quel ruolo.
L'unico da cui mai si sarebbe voluta sentir dire "Vaffanculo ti amo" e l'unico a cui avrebbe mai risposto "Vaffanculo anch'io."



   
 
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