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Autore: martina_1534    28/04/2017    1 recensioni
Credo nella grandezza della Commedia, credo nella potenza della parole.
Dante. Un nome una leggenda, no?
Eppure stavolta il viaggio è diverso, stavolta si scopre un'altra verità.
E' il momento di dire davvero le cose come stanno.
"Raccontami la realtà" azzardo tremando.
"La realtà è che io non sono il male" Mi dice con quello sguardo di ghiaccio colui che comanda il fuoco eterno.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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canto III

Stavvi Minòs, orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia...


Scendiam dal primo al secondo cerchio de l’Inferno dove il dolore che si avverte è maggiore e ‘l core si spaura nuovamente. I’ e la mia guida ci imbattiamo in un imponente demone: Minosse.
Il dolore che si avverte è maggiore e ‘l core si spaura nuovamente.
«Qui stavvi Minosse, giudice de l’anime dannate. Osserva, Dante. Minosse ascolta la loro confessione e poi li spedisce al cerchio destinato a loro.»
E mentre Virgilio spiega, odo le urla del demone, peggiori di quelle che furon di Caron dimonio.
«Gola!» urla e si cinge la coda tante volte quanti sono i cerchi che la dannata anima deve scendere.
Scorgo dinanzi a lui in molteplici che esplicano i lor peccati e subito van giù.
E l’dimonio, quando mi vede, tralasciando su alto compito, mi dice: «O tu mortale che qui giungi, questo non è posto per te, bada a colui che ti guida, l’usicta non è semplice come l’entrata.»
All’udir di queste parole, Virgilio avanzò e dall’alto della sua cultura, così rispose: «Non impedir lo suo fatale andare: vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
Or comincian le dolenti note, sono giunto in un luogo dove mi colpisce immensa sofferenza.
Il posto è molto buio e vi è una bufera infernale che, incessantemente, trascina le anime. Qui i dannati, piangono, si lamentano e bestemmiano Dio. Come in vita furono trascinati dalla passione, ora son trascinati da questa violenta tempesta che non dà loro conforto, diminuzione della pena né riposo.
Virgilio mi mostra i dannati coinvolti nella bufera.
«Ella fu Semiramide, regina di molti popoli e dedita eccessivamente alla lussuria.» dice, indicando una delle anime trascinate.
«E non è sola.» - continua - «Vi sono anche Didone che non tenne fede alla memoria del marito, Cleopatra, Elena, causa della lunga e sanguinosa guerra di Troia, Achille, Paride, Tristano.» dice il maestro, indicandomi altre mille anime dannate dall’amore.
«Poeta, se posso, vorrei parlar a quell’uniche anime che insieme sono tormentate.»
«Pregale in nome di quell’amore che le condannò a questo tormento eterno, Dante.
»
Prego e, come due colombe, le anime a me vengono e mi dicono che mi ascolteranno e mi racconteranno ciò che voglio sapere perché mostro pietà per la loro anima.
«La terra ove io nacqui» - esordisce una delle due anime - «sorge alla foce del Po, dove il fiume si getta in mare per trovare pace con i suoi affluenti. L’amore, che si attacca subito al cuore nobile, fece innamorare costui della persona che mi fu tolta, e il modo ancora mi offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese per la bellezza di costui con tale forza che, come vedi, ancora non mi abbandona. L’amore ci condusse alla stessa morte: il basso inferno attende colui che ci uccise.»
Il maestro mi guarda con viso preoccupato. Dal mio viso traspare tristezza, cotanta che egli mi chiede: «Cosa pensi?»
«Quanto desiderio portò costoro a codesta pena?»
Mi rivolgo, poi, alle due anime: «Francesca, le tue pene mi rendono triste, tanto che mi viene da piangere ma dimmi: al tempo della vostra relazione, come Amore vi portò a conoscenza dei vostri desideri?»
«Non c’è dolore più grande che ricalcare tempi felici quando si è miseri ma il desiderio tuo è conoscere la storia, così sia. Per svago un giorno leggevamo di come Lancillotto si innamorò di Ginevra, soli eravamo né sospettavamo quel che sarebbe successo. Mille volte tale letture ci spinse a guardar nell’occhi e ad avere lo sguardo bianco. Quando leggemmo che la bocca di Ginevra fu baciata dal quel desideroso amante, Paolo mi baciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante».
Mentre uno spirito mi diceva questo l’altro piangeva a dirotto e, a causa del mio turbamento, io svenni. E caddi come corpo morto cadde.


  
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