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Autore: emme30    30/04/2017    12 recensioni
[Eren/Levi] [Modern!AU]
"Secondo me il tedesco non lo sa. E’ tipo un qualche cliente estero?”
Jean aveva davanti due possibilità: essere un bravo amico e spiegargli che “quel fico” era niente di meno che Levi Ackerman, una delle persone più importanti dell’azienda, il quale sapeva parlare benissimo il tedesco e almeno altre tre lingue, oppure vendicarsi del fatto che quella mattina Eren gli avesse fatto la doccia col caffelatte.
Ci mise meno di un secondo a decidere.
“Sì, è uno dei nostri clienti esteri. Non credo capisca il tedesco.”
Un ghigno comparve sul volto di Eren. “Te l’avevo detto io. Quindi è il mio capo?”
“Qui chiunque è il tuo capo, pure io. Sei solo un tirocinante non pagato in prova. Gli schiavi a confronto venivano trattati meglio di te.”
“E’ un mio superiore, dunque… cavolo, è ancora più eccitante,” sospirò e fissò l’uomo, il quale aveva appena smesso di parlare al telefono. “Cazzo, quanto è bono.”

In cui Eren si mette a commentare la figaggine del suo capo Levi in ascensore con Jean, certo che il diretto interessato non sappia parlare la sua lingua. Non ha idea di quanto si sbagli.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'Ascensore



Era evidente che qualcuno ce l’avesse con lui.

Jean fissò la sua camicia tutta zuppa di caffelatte e si convinse ancora di più che in una vita precedente doveva essere stato un poco di buono, magari un assassino o un trafficante di bambini. Altrimenti non riusciva a spiegarsi il motivo dietro tutta quella sfiga.

Per una volta che faceva un favore ad Eren, procurandogli un tirocinio nell’azienda in cui lavorava, garantendo per lui al colloquio e dimostrando di essere un ottimo, se non addirittura strabiliante, amico, ecco… quella era la sua ricompensa.

“Dai, Jean! Ti ho già detto che mi dispiace!”

“E io ti ho già detto che non voglio che mi rivolgi la parola per i prossimi vent’anni.”

“Ma è il mio primo giorno e non conosco nessuno! Pensavo di cominciare a ignorarti almeno tra una settimana.”

Jean lo guardò bieco, ma incontrò solo un gran sorriso.

“Sicuro che non vuoi un po’ di caffelatte?” gli domandò Eren, porgendogli il proprio bicchiere ancora pieno.

“No, grazie. Mi basta e avanza quello che mi hai versato addosso,” replicò acido.

“Uffa, non l’ho fatto apposta! Sono inciampato!”

“Ora ti mozzo la lingua.”

La risposta di Eren venne zittita dal suono delle porte dell’ascensore che si aprivano davanti a loro e Jean ringraziò che, almeno in quel momento, ci fosse qualcosa che facesse tacere l’amico.

Entrarono entrambi nel vano, Jean schiacciò il pulsante del ventitreesimo piano e si misero in un angolo, lasciando che le altre persone scegliessero la loro destinazione.

“Guarda che non puoi tenermi il muso tutto il giorno, eh.”

“Scommettiamo?”

Eren fece un sospiro falsissimo e si portò una mano al cuore. “Chissà cosa penserebbe Marco nel sapere che hai osato abbandonarmi a me stesso il primo giorno di lavoro…”

Jean fece davvero un pensierino sul diventare un assassino anche in questa vita.

Il suo insulto venne coperto dal suono delle porte che si chiudevano, ma la risata di Eren arrivò comunque alle sue orecchie.

Stranamente, il suo amico rimase in silenzio per i primi dieci piani, durante i quali l’ascensore si fermò parecchie volte per per permettere il via vai dei suoi passeggeri. Quando le porte del decimo piano si chiusero, erano rimasti in tre: loro due e il responsabile del reparto vendite dell’azienda, diretto pure lui al ventitreesimo piano ed intento a parlare al cellulare. Tra il decimo e il ventitreesimo piano non c’erano uffici, per cui l’ascensore proseguiva diritto senza soste fino all’apice del grattacielo.

Fu esattamente in quel momento che Jean notò come Eren stesse squadrando l’uomo, di spalle rispetto loro. Purtroppo conosceva bene quello sguardo, ma quello che non si aspettava fu domanda di Eren.

“Jean, ma chi è ‘sto fico?”

Jean quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Gli tirò una gomitata e lanciò un’occhiata in direzione del terzo presente. “Ma ti pare il caso?” sussurrò, fissandolo in cagnesco.

“Perché parli piano? Tanto mica ci capisce.”

Jean alzò un sopracciglio: non riusciva a credere che il suo amico l’avesse detto davvero.

“Dai, non guardarmi così,” Eren ridacchiò. “Lo senti anche tu che sta parlando in una lingua strana al telefono.”

“Veramente sta parlando in inglese.”

“Vabbè, ma ha un non so che di esotico nei tratti. Secondo me il tedesco non lo sa. E’ tipo un qualche cliente estero?”

Jean aveva davanti due possibilità: essere un bravo amico e spiegargli che “quel fico” era niente di meno che Levi Ackerman, una delle persone più importanti dell’azienda, il quale sapeva parlare benissimo il tedesco e almeno altre tre lingue, oppure vendicarsi del fatto che quella mattina Eren gli avesse fatto la doccia col caffelatte.

Ci mise meno di un secondo a decidere.

“Sì, è uno dei nostri clienti esteri. Non credo capisca il tedesco.”

Un ghigno comparve sul volto di Eren. “Te l’avevo detto io. Quindi è il mio capo?”

“Qui chiunque è il tuo capo, pure io. Sei solo un tirocinante non pagato in prova. Gli schiavi a confronto venivano trattati meglio di te.”

“E’ un mio superiore, dunque… cavolo, è ancora più eccitante,” sospirò e fissò l’uomo, il quale aveva appena smesso di parlare al telefono. “Cazzo, quanto è bono.”

Jean si obbligò a deglutire per evitare di scoppiare a ridere.

“Che poi,” continuò Eren, senza distogliere lo sguardo dall’altro occupante dell’ascensore nemmeno per un istante. “Di solito non vado matto per gli uomini più bassi di me, però… hai visto che spalle? E che fisico? Completi così aderenti dovrebbero essere illegali, te lo dico io.”

“Immagino,” Jean sollevò gli occhi al cielo, sperando di non avere un tono di voce troppo divertito.

“Non hai idea di cosa mi farei fare da uno così. O cosa gli farei,” proseguì Eren, leccandosi le labbra. “Te lo giuro, non hai idea.”

“E preferirei continuare a non averla, grazie tante.”

Prima che Eren potesse continuare a commentare in modo indecente il loro dirigente, le porte finalmente si spalancarono al ventitreesimo piano e l’ascensore si arrestò, dando loro modo di separarsi e andare ognuno verso il proprio ufficio.

Forse quel lunedì non era iniziato nel migliore dei modi, eppure Jean era sicuro che nei prossimi giorni si sarebbe alquanto divertito.
 

*

 

Martedì mattina Eren arrivò stranamente in orario e, per fortuna, senza caffelatte tra le mani. Almeno per quel giorno, niente doccia indesiderata di caffeina.

Si misero in coda per prendere l’ascensore parlando del più e del meno, punzecchiandosi e facendo gli idioti come al solito.

Quando entrarono nel vano, Jean notò che insieme a loro era salito anche Levi. Sogghignò e quasi si perse la frase pronunciata dell’amico.

“Comunque... stasera vengo a cena da voi.”

Jean gli rivolse la sua attenzione e inarcò un sopracciglio. “Eh? Perché dovresti venire a cena da noi?”

“Perché Marco mi ha invitato,” mormorò Eren come se avesse appena detto la cosa più ovvia del mondo, lasciando passare la gente che doveva uscire dall’ascensore.

“Io non so nulla, veramente. E il mio fidanzato mi avverte sempre ogni volta che invita scappati di casa come te a cena da noi.”

Eren sospirò. “E va bene… mi sono autoinvitato, ma ho il frigo vuoto! Non vorrai mica farmi morire di fame!”

Jean gli lanciò un’occhiataccia, ma non riuscì a rispondere perché le porte del decimo piano si chiusero e, come il giorno prima, in ascensore rimasero solo loro due e Levi.

Eren gli tirò immediatamente una gomitata. “Jean, hai visto chi c’è con noi? Il bonazzo di ieri!”

“Eren…”

“Santo cielo, che bel culo che ha! Lo prenderei a morsi.”

Jean mascherò una risata con un colpo di tosse, ma niente avrebbe potuto prepararlo a quello che sarebbe successo dopo. Levi si sfilò la giacca del completo dalle spalle e, nel farlo, gli cadde dal taschino la penna. Questa finì sul pavimento dell’ascensore, costringendolo quindi a piegarsi per raccoglierla.

Subito arrivò il commento di Eren, a voce altissima.

“Jean... se questo non è un invito, io non so davvero cos’altro può essere.”

“Tu l’amor proprio non sai neanche cos’è, vero?”

Eren lo guardò quasi scioccato. “Ma scherzi? Io mi amo tantissimo! E proprio perchè mi amo tantissimo che mi farei scopare a sangue da uno così. Ma pure sui chiodi e io sto sotto.”

Jean non riuscì a trattenersi e sghignazzò. “Sei incorreggibile.”

Eren sospirò, quasi sognante. “E tu sei di troppo. Se non ci fossi, sarei già passato all’azione.”

Jean incrociò le braccia al petto. “Oh, ma davvero?”

“Certo, figurati!” annunciò Eren, trasudando sicurezza. “Avrei già fermato l’ascensore e l’avrei stampato contro il muro.”

“Anche se lui è il tuo capo?”

“Ovviamente! Alle figure di potere piace quando un sottoposto prende l’iniziativa, no?”

“Basta che ne sia convinto tu,” Jean scrollò le spalle.

“Cosa non gli farei, accidenti…”

Il resto dei pensieri di Eren venne troncato dalle porte che si aprivano e il suono che indicava fossero arrivati a destinazione. Poco prima di uscire, Jean giurò di aver visto un sorriso malizioso dipinto sulle labbra di Levi.
 

*

 

Mercoledì mattina Jean arrivò prima in ufficio, esattamente come aveva programmato. Mentre aspettava l’ascensore, tirò fuori il cellulare e aprì la chat con Eren, ridendo divertito.

Sono già in ufficio, ti aspetto su.
 

*

 

Eren stava scorrendo annoiato la home di Facebook quando sentì il suono delle porte dell'ascensore che si aprivano. Entrò pigramente e si sistemò in un angolo, annoiato dal fatto che fosse solo e non potesse sfottere Jean.

Fece per sospirare, ma il respiro gli rimase bloccato in gola non appena posò lo sguardo sull’ultima persona che era entrata nel vano, quel bonazzo da paura. Ovvero il famoso Levi cliente estero, il quale incontrò i suoi occhi e lo fissò in modo così penetrante da farlo quasi arrossire.

Eren distolse lo sguardo e fu solo in quel momento che si accorse di quanto gli battesse forte il cuore nel petto. Santa pace, che sbandata si era preso.

Osservò la punta delle proprie scarpe finché l’ascensore non arrivò al decimo piano e notò che praticamente tutti stavano scendendo dall'ascensore. Tutti tranne lui e Levi.

Le porte si chiusero e immediatamente una strana tensione si diffuse nell’aria, nonostante Levi gli stesse dando le spalle e loro non si fossero mai neanche scambiati una sola parola. Eren deglutì a fatica, non sapendo con precisione se volesse che quei tredici piani rimanenti passassero in fretta oppure lentamente.

Erano appena al quattordicesimo piano quando Levi si avvicinò alla pulsantiera e premette il bottone che consentiva di fermare la salita e la discesa dell’ascensore.

La macchina si fermò con un sonoro rumore metallico e uno scossone, cogliendo assolutamente di sorpresa Eren, il quale dovette aggrapparsi al muro per non cadere.

“Ehi! Ma cosa-”

Gli insulti e le parolacce che avrebbe voluto urlargli contro gli morirono sulle labbra non appena Levi si voltò e lo guardò dritto negli occhi.

“Sono davvero curioso,” disse con voce ferma e decisa. “Quanto puoi essere idiota nel pensare che uno come me, che praticamente gestisce questa compagnia, non sappia parlare tedesco?”

Eren sapeva di essere troppo giovane per avere un infarto, eppure quella fu l’unica cosa a cui riuscì a pensare visto che il cuore gli si bloccò nel petto.

“Tu sai… Lei sa… Lei…”

Avvampò violentemente, portandosi le mani a coprirsi il volto per la vergogna.

Levi, in tutta risposta, fece un passo verso di lui.

“Cosa hai detto che avresti voluto fare al mio culo? Prenderlo a morsi? Ora come ora, ho un vuoto di memoria.”

Eren era sicuro di essere a un soffio dalla morte per via dell’imbarazzo profondo che stava provando. “Oh, mio Dio, mi scusi! Sono uno stupido, un cretino, un deficiente!”

Levi si avvicinò ulteriormente nella sua direzione, portandosi una mano ad allentare il nodo della propria cravatta fino a lasciare che i due lembi di stoffa gli penzolassero ai lati del collo. “Cos’è che hai detto dei miei completi? Che sono illegali? E quella cosa dei chiodi?”

“Le giuro che non volevo, mi scusi infinitamente!” Eren era andato ormai nel pallone più totale: continuava a boccheggiare scuse mentre diventava sempre più rosso.

Levi sembrò non ascoltarlo perché fece un’ultima falcata verso di lui finché non ci fu solo un palmo di distanza tra i loro corpi, obbligando il ragazzo a spalmarsi contro la parete dell’ascensore alle sue spalle. Eren non si era mai sentito così assoggettato da un uomo più basso di lui di almeno dieci centimetri. E neppure tanto attratto. Persino la sua voce era sensuale e profonda.

“Sono un po’ deluso, però,” commentò Levi con un sospiro. “Mi sembravi così intraprendente ieri con il tuo amico nel raccontargli tutto quello che mi avresti fatto se solo fossimo rimasti da soli.”

Eren ingoiò aria a vuoto nel momento in cui Levi si avvicinò pericolosamente al suo viso.

“Oppure sei solo uno che parla tanto e non è in grado di mantenere le proprie promesse?”

Eren ci mise un attimo a comprendere appieno quel sorriso malizioso, quella cravatta slacciata e quello sguardo famelico.

Ghignò perchè, in fondo, lui era uno che teneva fede alla parola data.
 

*

 

Jean era al lavoro sul suo infinito documento Excel quando sentì il telefono vibrargli in tasca. Pensando fosse Eren che lo avvisava che sarebbe arrivato in ritardo, aprì il messaggio sovrappensiero, aggrottando le sopracciglia quando lo lesse.

Era un numero sconosciuto e il testo diceva solo “A buon rendere”.

Stava per chiedere spiegazioni a quel contatto quando, con la coda dell’occhio, intravide qualcuno che si avvicinava alla sua postazione.

Non riuscì a non stendere le labbra in un sorriso malizioso quando si rese conto che si trattava di Eren e che aveva un aspetto che faceva capire benissimo cosa avesse appena finito di fare.

I capelli lunghi, solitamente legati con un elastico, erano tutti in disordine e arruffati. Aveva le labbra rosse e la camicia era in condizioni disastrose, tutta stropicciata e perfino abbottonata male.

“Eren!” lo salutò cordiale. “Va tutto bene?”

Certo,” rispose lui provando a lisciarsi la camicia addosso, ma senza avere alcun successo. “Perché me lo chiedi?”

Nel sistemarsi l’indumento, Jean notò che aveva pure un vistoso succhiotto violaceo sul collo.

“Hai la cerniera aperta,” sottolineò il dettaglio alzando le spalle e trattenendo un ghigno al suono impettito di Eren, il quale si abbottonò i pantaloni un attimo prima di sedersi.

“Oh, e Eren...” lo richiamò all’attenzione indicandosi il mento. “Sei sporco qui.”

Il ragazzo subito portò una mano a sfiorarsi il punto indicato da Jean, guardandolo arrabbiato e arrossendo quando si accorse che non aveva nulla.

“Fottiti,” mormorò a bassa voce.

Jean gli sorrise amabile e afferrò il cellulare per digitare una risposta al messaggio di poco prima, lanciando un’ultima occhiata al suo amico.

Non c’è di che, signor Ackerman.


 


Io a Gianni Jean gli voglio troppo bene, si capisce, vero? Ho adorato da morire scrivere questa fanfiction, spero davvero che piaccia tanto anche a chi ha letto ♥
Ho riaperto la mia vecchia pagina autore su facebook, se volete, mi trovate anche
QUI ♥
A presto,
Marti

Beta reading: Ilaria

   
 
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