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Autore: Lover    08/06/2009    6 recensioni
Una festa di compleanno rovinata da un imprevisto... e due vampiri che devono affrontare, apertamente, i loro sentimenti. Riuscirà Edward ad aprirsi, finalmente? Leggete e lo scoprirete!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: Edward Cullen, Jasper Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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promesse infrante

Promesse Infrante


Edward si guardò attorno nel salotto devastato e si chiese come potesse essere successo. Risultava difficile credere che, sino a pochi istanti prima, in quel luogo si stesse svolgendo una festa. Il pavimento era ricoperto di cocci, che crepitarono sotto ai suoi passi quando si mosse verso il suo pianoforte, o meglio, verso quanto ne rimaneva. Accarezzò, con dolcezza, il legno nero, sfiorandolo con la punta delle dita. Sospirò, mentre lo sguardo gli cadeva sulle schegge sparse a raggiera lì intorno, miste a tasti chiari e scuri. Il suo povero piano... gliel'aveva regalato Carlisle quando erano giunti a Forks, per consolarlo del nuovo trasferimento, per farlo sentire più a casa... lui, che una casa vera non ce l'aveva mai avuta. C'era tanto affezionato... Il mondo prese a vorticargli attorno, ad una velocità troppo sostenuta anche per uno come lui. Cadde in ginocchio, stringendosi la testa fra le mani affinché non scoppiasse, serrando gli occhi per non vedere i ricordi che strillavano nella mente, mordendosi le labbra per non gridare... Era terribile: pareva morire una seconda volta, forse peggio. E stavolta la colpa era sua... tutta sua.

Avvertì distintamente i passi di Carlisle, leggeri e felpati, muoversi in cucina, poi il rumore della fibbia appartenente alla sua borsa di cuoio che saltava, incoraggiata da una leggera pressione. Il fruscio delle bende, il tintinnio delle pinze, un sussurro di incoraggiamento, uno strano ticchettio di vetri sul piano di marmo del tavolo. Non voleva rimanere ad ascoltare, non voleva, ma focalizzarsi su qualcosa lo aiutava ad ignorare i suoi pensieri agonizzanti. E, soprattutto, a distrarsi da quel sangue sparso sul pavimento.

-Mi dispiace tanto per Edward.- diceva Bella, la voce tirata e stanca. Dal suo tono, comprese che il dottore doveva averle somministrato una generosa dose di morfina.

-Non ti preoccupare per lui, se la caverà. Cerca piuttosto di curarti di te stessa, questo è davvero un brutto taglio.- la consolò Carlisle, la voce calda e ferma da professionista. Come se discutere di vampiri fuori controllo per una goccia di sangue fosse una cosa da nulla, che si fa tutti i giorni.

Ironia della sorte, per loro era proprio così.

-Ho visto la sua espressione... c'è qualcosa che non mi dice. C'è qualcosa che mi sta nascondendo.-

Trattenne il respiro, mentre il padre chiedeva:-Qualcosa di che tipo?-

Un sospiro, poi la risposta:-Non lo so, ma qualsiasi cosa sia pare in grado di distruggerlo quando vuole.-

Carlisle non rispose, perché lui sapeva. Lui sapeva che cosa fosse quel qualcosa che lo tormentava e che lo distruggeva. Lui sapeva, ma non diceva. Ecco un'altro motivo per ringraziarlo fino al giorno della sua sventurata morte, atta a mettere fine a tutte le sue sofferenze.

Povera Bella... ebbe un moto di compassione nei suoi confronti. La immaginò distesa sul freddo marmo, il braccio pieno di tagli che giaceva, inerte, fra le mani del vampiro più anziano. Nonostante la sua situazione, nonostante il suo rischio di morte, nonostante il dolore, nonostante la paura, si preoccupava ancora per lui. Trovava ancora il coraggio di anteporre il suo destino al proprio... Come ci potesse riuscire era impossibile da capire, visto che nemmeno lui era così bravo. Lui, che da quando il misfatto era accaduto, non era riuscito a distogliere gli occhi dalla porta dalla quale era uscito Jasper. Anche ora, non ce la faceva a levare lo sguardo da quel rettangolo di legno scuro che divideva il mondo dalla sua famiglia, ed ora il biondo vampiro da lui.

Jasper.

Ricordare il suo nome gli procurò una fitta di dolore. Senza volerlo rivisse la scena appena passata. Bella si era tagliata con la carta argentata mentre scartava e una minuscola goccia di sangue era scivolata fuori dalla ferita, gocciolando sul tappeto. Poteva ancora rivedere, con gli occhi della mente, il luccichio rosso cupo di quella stilla di vita... riflesso negli occhi assetati di Jasper. Tutto era divenuto così vivido, improvvisamente: la sfumatura castana nata dal dolce marrone dei capelli di Bella, l'intenso profumo della sua paura, il brillante biondo dei capelli del vampiro che intendeva avventarsi su di lei, l'ombra cupa che copriva il delicato scrigno d'ambra che erano le sue iridi. E poi, il colpo. Edward aveva osato sovrapporsi fra i due, scaraventando il compagno al di là della stanza, proprio sopra al suo piano. Mentre si poneva a proteggere Bella e a placare l'agitazione del suo cuore infranto, una figura era emersa dal lago di detriti che ella stessa aveva creato. Come un angelo vendicatore, Jasper aveva fissato Edward, riservandogli un solo messaggio... morte.

Il più giovane aveva scosso la chioma rossa, cercando di riprendersi dalla botta ricevuta, ed aveva provato paura. Paura di morire, perché l'avversario era più di quanto potesse affrontare. Non che fosse più forte, o più scaltro, nemmeno più veloce, tantomeno più furbo... era semplicemente Jasper. E lui mai, mai avrebbe alzato una mano su di lui. Già il fatto di averlo gettato via a quel modo lo faceva sentire malissimo... perché era colpa sua. Colpa sua se Bella era lì, colpa sua se si era tagliata, colpa sua se Jasper aveva reagito a quel modo, colpa sua se la serata si era rovinata, colpa sua se ora tutti soffrivano.

Emmet era poi intervenuto, prendendo Jasper fra le braccia e trascinandolo fuori. Alice era andata con loro... Se c'era qualcosa di più terribile della sua espressione colma di dolore, era la rabbia infernale ed istintiva incisa nei lineamenti perfetti del suo ragazzo. O, forse, il fatto che Edward li trovasse bellissimi.

Jasper... come aveva potuto fargli questo?

Jasper...

La sua questione irrisolta.


Alice entrò nel salotto, il passo vellutato e circospetto. Edward non alzò lo sguardo ad accoglierla, non aveva il coraggio di farlo. Fu lei, quindi, ad interrompere il silenzio.

-Edward...-

Nel suo tono c'era una certa dolorosa risolutezza. Il vampiro fu costretto a rialzare gli occhi, fissandola. Le sue iridi erano scure per la sete, ma nulla erano in confronto alla sofferenza che traspariva da quella figurina minuta e fragile.

Si sentì male, quasi stesse per vomitare. Peccato che non potesse farlo, secondo sua natura.

-Vuole parlare solo con te.- gli comunicò. Poi, senza aggiungere altro, uscì dalla porta e sparì nella foresta scura.

Senza dargli nemmeno il tempo di rialzarsi, la sua scomparsa portò la comparsa di Emmet ed Esme. Il primo sorrise, imbarazzato; la seconda assunse un'espressione contrita. Le cose erano più complicate di quanto sembrassero, lo si doveva leggere nell'immagine pietosa che il rosso vampiro offriva di sé.

-Edward...- disse lei, quasi facendo eco ad Alice. Nel suo modo di evocarlo, però, c'era una dolcezza infinita, mista ad una malinconica tristezza.

-Va tutto bene, mamma, sta tranquilla.-

Chiamarla mamma la metteva sempre a suo agio. Sperò che servisse anche quella volta. Senza aggiungere altro, Esme recuperò una scopa ed uno straccio e prese a pulire quel disastro: evidentemente qualche dettaglio l'aveva interdetta a continuare.

Edward si tirò su in piedi e si trovò a qualche centimetro dal volto teso di Emmet. Quell'aria pensierosa sul volto da bambino, incorniciato da riccioli scuri, non gli donava affatto. Quasi lo rendeva una caricatura, un personaggio comico... peccato che in quella situazione non vi fosse nulla di divertente.

-Sta male, non è vero?- domandò. Sapeva a chi si riferisse. Il corpulento fratello scosse le spalle, quasi a minimizzare una tragedia. Poi ci rinunciò.

-Sai com'è Jasper... l'ha presa male... ma gli passerà, vedrai. Piuttosto, come sta Bella?-

-È da solo, adesso?- chiese, quasi ignorando quanto l'altro avesse posto.

Emmet sollevò un sopracciglio, poi strinse le labbra. La sua fronte, insolitamente rigida, si corrugò.

-Allora è vero.- disse, solamente. Edward si appoggiò a quanto rimaneva del piano, cercando di impedire alla sua voce di tremare tanto quanto il suo corpo.

-Ti prego, Emmet, rispondimi.- ordinò, ma il tono della sua voce non convinceva nemmeno lui.

-C'è Rosalie, con lui.-

Gli lanciò un'altra occhiata, penetrante. Emmet era sempre stato un fottutissimo buon osservatore, che nascondeva il suo acume dietro uno sguardo da letale cucciolotto.

-Ma dice di volere te.-

Ignorò la sua espressione di sorpresa e se ne andò. Si infilò fra gli alberi, probabilmente alla ricerca di Alice. Edward rimase a fissare la scia che aveva lasciato dietro di sé, con desolazione e rassegnazione.

-Dovresti andare, Edward.-

La voce lo fece sobbalzare. Si era dimenticato della presenza di Esme, nonostante i suoi pensieri fossero un flusso continuo. Tanto bastava a dimostrare quanto fosse sconvolto, quella sera.

-Ho paura di quello che potrebbe dirmi.- confessò. Gli riusciva facile parlare con lei, perché si rivelava sempre molto comprensiva nei suoi confronti. Anche in quel momento, mentre combatteva contro la sete con uno strofinaccio zuppo di sangue in mano, trovò la forza di sorridergli.

-Non devi temere Jasper, solo te stesso.-

E con questa frase enigmatica concluse la conversazione, continuando a pulire come se nulla fosse. Edward tornò a guardare la porta, ora aperta sulla notte buia, che sembrava attendere soltanto lui. Le parole di Esme e di mille altre persone gli riecheggiarono nella mente, per l'ennesima volta, per l'ennesima pena.

In quel momento, si rese conto che soltanto una cosa contava davvero al mondo.

Jasper.

Senza pensarci ulteriormente, afferrò la maniglia e spalancò l'uscio, abbandonandosi al crudele cullare delle stelle.


Nel buio che solo la volta notturna sapeva offrire, la pelle di Jasper riluceva come alabastro, i lunghi capelli biondi sparsi disordinatamente sulla schiena come tanti filamenti d'oro. Si sentì stringere il cuore nel vederlo seduto a terra, le ginocchia strette al petto, il volto nascosto nelle braccia, le spalle scosse da singhiozzi. Al suo fianco, Rosalie era china sul suo orecchio e gli sussurrava parole di conforto. Tutto inutile, parevano solamente aumentare il suo patimento.

All'arrivo di Edward non sollevò neppure la testa, ma rimase dov'era, il corpo appoggiato al muro dell'abitazione. Rosalie si sollevò e gli lanciò uno sguardo di rimprovero.

-Ti avevo detto che non dovevi portare quella a casa nostra. Sai combinare soltanto danni.-

Edward le lanciò lo sguardo più gelido che riuscisse a produrre in quel momento.

-Bella è amica mia, l'unica che sia riuscito a conquistarmi in questa città.-

-Che cosa ho detto?- ripeté lei, sollevando le braccia al cielo. Persino gli astri parvero studiarlo con aria impietosa. -Sai combinare soltanto danni.-

Poi se ne andò, senza dire altro. Nella sua mente, però, passò un messaggio destinato a lui.

Occupati di lui, sciocco, stagli vicino e non lasciarlo mai.

Certo, se me lo permette, pensò Edward.

Poi, finalmente soli, fece un passo verso Jasper. Era come avvicinarsi al suo piano: entrambi i suoi pilastri erano distrutti, cumuli di macerie sul suo cammino che egli stesso aveva provveduto a creare.

-Jasper...- sussurrò, trovando il coraggio chissà dove. L'altro non si mosse, le spalle ferme.

Edward si chinò accanto a lui, cercando di intrecciare le sue dita con le proprie. Non ci riuscì, ma consentì di farlo muovere. Un occhio color dell'ambra più pura, del topazio più fine, colmo della più elegante e profonda disperazione, si fissò sul suo volto. Non disse altro, nemmeno pensò: non ve n'era bisogno, in fondo.

-Jasper, mi dispiace davvero.-

Un sorriso ironico, due labbra perfettamente curvate in un ghigno sarcastico spuntarono dall'angolo del gomito.

-Ti dispiace?- ribadì Jasper. La sua voce, resa roca dal pianto, era terribilmente dura.

-Si, mi dispiace davvero. Per quanto è successo.-

Era questa la linea da adottare, fare un passo indietro l'avrebbe compromesso. Era come giocare a palla con una tigre: retrocedere significava la morte.

Solo che Jasper era molto più pericoloso di una tigre... perché Jasper era Jasper.

-E che cosa, esattamente, sarebbe successo, Edward?- domandò, con finta calma, appoggiando il mento sul gomito. I suoi occhi lo scrutavano come una preda da catturare e, con deliberata lentezza, lacerare. L'aveva sempre spaventato, quel lato animale del compagno.

Trasse un respiro, che sperò di rendere invisibile a quello sguardo indagatore e penetrante. Forse, inutilmente.

-Per aver portato qui Bella, per il fatto che si sia tagliata, per non aver previsto che sarebbe successo... per tutto.-

Una risatina, quasi a schernirlo.

-Tutto? Tutto?-

-Si, tutto.-

Jasper si mosse con incredibile velocità e, quasi senza che Edward si accorgesse che si fosse agitato, lo atterrò. I denti snudati del biondo si serrarono con uno schiocco secco a pochi millimetri dalla sua gola. Nonostante questo, nonostante avesse una paura incredibile, Edward non si mosse.

In fondo, se doveva morire, era meglio farlo per mano di Jasper.

-Tutto? Tutto è niente con te, Edward. Non ricordi nemmeno le tue promesse, come puoi definire tutto quello che intercorre fra noi.- ringhiò, tanto da squassare la terra, tanto da incutere timore.

Promesse? Santo cielo... non ricordava di averne fatte. Codardamente, sondò la mente dell'altro alla ricerca di qualcosa... non gli fu consentito l'accesso.

-I tuoi trucchetti mentali stavolta non serviranno. Se solo ti fossi degnato di darmi un decimo dell'importanza che tanto pretendi di concedermi, ricorderesti bene ciò che dicesti.-

Cosa diamine aveva detto? Era qualcosa di importante... come poteva averlo dimenticato così a cuor leggero? Jasper ghignò, crudelmente.

-Non riesci nemmeno a farti venire un'espressione dispiaciuta su quella tua dannatissima faccia perfetta, Edward!- gridò, a pochi centimetri dal suo volto. Lo afferrò per il colletto e lo sollevò senza alcuno sforzo, lanciandolo addosso alla muratura della casa. I mattoni scricchiolarono, ma tennero. Edward era paralizzato.

-Mi dispiace, Jasper! Non volevo dimenticare, ma davvero... davvero io...-

Si interruppe, udendo il rombo che proveniva dal petto dell'altro vampiro. Rombo che, peraltro, si tradusse in un ruggito.

-Non hai scusanti, Edward, nessuna! Ti sei comportato proprio come temevo, proprio come tutti dicevano. E io, stupido, che non ci ho creduto... che ho pensato che con me sarebbe stato diverso!-

-Ma con te è diverso!- replicò Edward, costernato.

-Come puoi affermarlo?-

Fra la rabbia, era comparso un fondo di intenso e sottile patimento.

-Perchè io ti ho voluto, Jasper, ti ho voluto con tutto me stesso!- urlò, cercando di coprire i sensi di colpa che sovrastavano la sua voce, nella sua mente.

-Non è vero, non mentirmi!- strillò, pericolosamente vicino al punto di rottura, pericolosamente prossimo alle lacrime. -Se davvero stessero così le cose, ricorderesti di avermi promesso di aiutarmi ad essere un vampiro migliore.-

Un lampo si accese nella mente del rosso, troppo labile per essere considerato un ricordo o un'idea, anche solo una sensazione. Jasper scosse la testa, abbassando il tono.

-Mi dicesti che avresti bloccato la mia sete con il tuo corpo, ricordi? Che ogni mio istinto sarebbe stato assorbito dal tuo cuore e tu mi avresti cullato con il tuo...-

Non continuò, non ebbe il coraggio di dire “amore”. La voce si troncò prima.

Edward era sconvolto, ora che ricordava. Come poteva essergli sfuggito un giuramento simile? Jasper piangeva e rideva fra le lacrime, fornendogli uno spettacolo tremendo.

-In fondo, però, è quello che hai fatto, no? Hai bloccato i miei istinti con il tuo corpo, mi ha gettato fra la cenere della tua stramaledettissima musica!-

-Jasper, io...- cercò di esordire, le lacrime che gli pungevano le palpebre. Fu zittito, perentoriamente, da un gesto della mano quasi letale.

-A che pro fare tutto questo, Edward? A che scopo dire di volere me e poi portare a casa quella ragazzina? Non capisco, Edward, non capisco! Tutta questa confusione mi sta facendo impazzire...-

Stava ancora gridando, la sua era un'invocazione di pietà. Il vampiro l'avrebbe accolta, avrebbe voluto spiegare... perché in fondo, le cose, erano fin troppo chiare.

Lui amava Jasper... lo amava in modo così ossessionante da sentirsi morire solo se lui non c'era. Fin dal primo istante in cui i suoi occhi si era posati su quella creatura straordinaria, aveva capito di aver trovato il suo posto nel mondo. Si era ritrovato a dover ringraziare la natura, che tanto aveva fino a quell'attimo maledetto, di aver creato un simile capolavoro. Ma poi era iniziata la sofferenza, perché Jasper stava con Alice e Alice era l'unico amore per lui. Edward si era trovato a dover penare per un sentimento di cui nessuno era a conoscenza. Ne aveva parlato con Carlisle, poi con Esme... entrambi l'avevano incoraggiato a dichiararsi, anche se la situazione era più che complicata. Ma Edward aveva avuto paura, paura di amare troppo Jasper, paura di perderlo dentro ad un'emozione troppo profonda e troppo vera per due creature dell'ombra come loro. Paura, paura, paura... come ne aveva sempre avuta. Poi aveva incontrato Bella, che si era innamorata di lui, ed aveva iniziato a considerarla una piacevole, o tantopiù necessaria, distrazione. Aveva proseguito a definirla tale finché, qualche mese prima, Jasper non si era concesso a lui, dandogli più di quanto Edward avesse mai sperato di ottenere.

Ma a quel punto c'era Bella, e c'era sempre Alice. Per non creare problemi, aveva rinunciato... causando più sofferenze di quante avesse voluto.

Aveva avuto tutto, e aveva dato nulla in cambio di tanta generosità... paura, paura, paura.

Ecco a che cosa aveva portato la paura, alla pena di altre persone. Persone che sapevano, persone che ignoravano, persone che, come Emmet, da sole scoprivano. E Jasper, che da solo valeva più dell'intero universo.

Avendo troppo da dire, tacque. Jasper scosse nuovamente la testa, strizzando gli occhi per impedire alle lacrime di uscire... inutilmente, quelle piccole gocce di eterno diamante scivolarono copiose lungo le guance.

-Non ci credo più, Edward, non ci credo più.-

E detto questo corse via, lasciandolo solo, sparendo nel bosco come molti altri. Sentendosi abbandonato, con il peso della colpa e del delitto sulle sue spalle, Edward cadde a terra in ginocchio per la seconda volta, quella serata... Non c'era conforto, né via di scampo, per lui. Non c'era consolazione che altri potessero dargli, né scappatoie da prendere. Era così, l'amore, e lui l'aveva scoperto troppo tardi.

In un sospiro, mormorò:-Ti amo, Jasper.-



note dell'autrice: ecco una nuova one - shot! pairing: edward/jasper, ovviamente! spero vi sia piaciuta! a presto, care lettrici. alla prossima, Love.

  
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