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Autore: Anna Tentori    04/05/2017    1 recensioni
Un viaggio introspettivo nella mia anima.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensavo che ormai tutto fosse passato, che tutto quel dolore fosse finito per lasciare il posto alla serenità, per lasciare che la mia vita continuasse felice dopo quegli anni bui.

Ma mi ero sbagliata, mi ero illusa.

Ecco, vedo l’Oscurità tornare.

«Hello darkness, my old friend
I've come to talk with you again
Because a vision softly creeping
Left its seeds while I was sleeping
And the vision that was planted in my brain
Still remains
Within the sound of silence»

Non posso che sentire mia la prima strofa della meravigliosa canzone “The Sound of Silence” scritta e interpretata da Simon & Garfunkel, anche se con un’interpretazione tutta mia..

Si, mia vecchia amica. Così a lungo mi aveva tenuto la mano, per molto tempo aveva camminato al mio fianco.

E’ strano, a volte anche per me, pensare che l’Oscurità possa diventare un’amica, una compagna di vita … ma è così …

Almeno così io l’ho percepita.

Ci convivi così a lungo, fino a quando non diventa parte integrante di te, la senti tua.

Straziante, lacerante, terribile ma allo stesso tempo familiare, personale, intima.

Oscurità che porta con sé un’amica, Solitudine.

Quella sì che faceva male, molto male. Molto ho sofferto a causa della sua incombente presenza. Si cibava della mia anima.

Tutto il mondo sembrava aver perso i suoi colori, come se fossi di continuo in un vecchio e malinconico film in bianco e nero. Tutto appariva lontano e sbiadito e più il dolore aumentava più mi rifugiavo in me stessa. Ma anche quel luogo era pervaso dalla tristezza e dal dolore. Era in corso una feroce guerra dentro di me, una guerra che poco a poco mi stava facendo a pezzi, centinaia e centinaia di pezzi. Mi stavo distruggendo, demolendo con le mie stesse mani.

Mi rinchiudevo in camera, nella mia gabbia, la mia prigione, ma non me ne liberavo perché temevo l’esterno, temevo le persone.

Dove andare, dove trovare un briciolo di luce? Di felicità?

Nei libri, nella scrittura, nei film, nell’immaginazione …

Ovunque potesse, anche solo per poco, allontanarmi da quella triste realtà.

E la mia immaginazione mi avvolgeva, mi portava in tutti quei mondi di cui avrei voluto far parte, a fianco di tutte quelle fittizie persone che per me rappresentavano l’unica famiglia.

E’ grazie a questo, grazie a loro, ai miei compagni, che sono riuscita a tirar avanti, a tener duro. Mi davano un barlume di speranza, di malinconica serenità. Una speranza, anche se impossibile e immaginaria, di essere salvata da loro, prelevata da questo grigio mondo e portata nel loro, luminoso e colorato. Speranza di entrare veramente a far parte delle loro vite e della loro famiglia.

Rifugiarmi nei sogni e nell’ immaginazione era un modo per sottrarmi anche per poco alla mia sbiadita vita.

Non era vera e propria felicità, era più dolce malinconia. C’è chi descrive in modo negativa la malinconia, altri invece in modo un po’ più positivo. Io faccio parte dell’ultima categoria.

«Quanto é soave la malinconia.

Felicità nella tristezza.

Culla degli animi più tumultuosi.

Velo di dolce e vaga tristezza.

Regno di illusioni e ricordi.

Calda e avvolgente, amica e compagna.

Leggera come una piuma, ma profonda come il blu.

Penetra dolcemente, celando l'opera di lenta corrosione dello spirito.

Ti immerge nella più sconfinata immaginazione, esplori nuovi mondi, nuove realtà sfuggendo a quel lieve dolore.

Come recita l'immortale Leopardi: "e il naufragar m'é dolce in questo mare".

Il MIO naufragar é nella malinconia, nella dolce tristezza.

Ritenuta AUTUNNO del dolore, dalle sfumature gialle, arancio e rosse.

Un dolore oscuro, lacerante, amaro, duro e maligno, divora l'anima e distrugge la malinconia.

E quanto mi manca la malinconia, mi faceva sentire un po' poeta, scrittore, pittore, musicista ...un po' artista.

Mi manca la sua dolce musica, il suo tocco delicato, il suo calore;
mentre il dolore mi assorda, mi distrugge, mi brucia.

La malinconia apriva la mia mente alla fantasia, il dolore non mi concede la forza di sognare.
»

Questo è un testo che avevo scritto qualche mese fa, non risale a quegli anni bui, ma all’inizio del mio nuovo sprofondare nel dolore.

Dolore era solo quello che provavo, non riuscivo neanche a rifugiarmi nella malinconia.

Come sempre era tutta una situazione causata solo e unicamente da me, dal mio cervello.

Avevo trasformato un pensiero in paura, e poi ossessione. Martellava di continuo dentro la mia testa provocando assordanti echi. Mi provocava angoscia, ansia, dolore …

Non mi lasciava in pace, mi tormentava, torturava la mia mente. E io le permettevo di infliggermi tutto questo, rimuginandoci sopra e di conseguenza aumentare la sua forza.

Non ne potevo più, rovinava ogni mia singola giornata.

Basta. Decisi di prendere in mano la situazione, di non permettere a tutto ciò di travolgermi, di lacerarmi. E trovai la soluzione. Non permisi più a quel pensiero di prendersi con prepotenza il ruolo più importante. Doveva essere uno dei tanti pensieri che ogni giorno mi attraversano la mente, pensieri irrilevanti, che quasi non senti. Ed ha funzionato, non subito, però ha funzionato.

Ma …

Si c’è un ma.

Era troppo tardi. Avevo risolto quel problema, un problema che però per troppo tempo si era accumulato in me insieme a mille altri. Problemi che si ammassavano nel mio animo e che non trovavano il modo di fuoriuscire, non trovavano sfogo.

E quella instabilità “mentale” (si, ammetto che suona brutto) ha iniziato a mandare messaggi di aiuto al mio corpo, e il mio corpo messaggi di aiuto all’esterno.

Così ecco scatenarsi la tempesta: continui e destabilizzanti attacchi di panico.

La mia mente mi stava mandando dei segnali. Non ce la faceva più, era al limite, chiedeva aiuto. Avevo la sensazione di stare per implodere, per collassare su me stessa. La tensione mi accompagnava tutti i giorni, tensione muscolare e tensione mentale. Ero distrutta, stanca, senza forze. Ho dovuto ricorrere a metodi invasivi. Metodi che tutt’ora utilizzo.

 

Mancamento d’aria.

Sensazione di soffocamento.

Nodo alla gola.

Nausea.

Giramento di testa.

Formicolio alle mani.

Disorientamento.

Distacco dalla realtà.

Convinzione che ogni respiro possa essere l’ultimo.

Convinzione di stare per rimettere.

Vampate di calore.

Forti brividi.

Tensione muscolare.

Dolore al petto.

Panico.

Terrore della morte.

Sensazione di stare per impazzire.

 

Orribile. Il mio cervello era convinto che il mio corpo avesse qualche malattia grave, una malattia che avrebbe potuto portarmi alla morte. E questo non faceva che alimentare l’ansia. Mi svegliavo nel mezzo della notte convinta di star per soffocare. A volte avevo paura di addormentarmi.

Poi piano piano ho iniziato a controllare gli attacchi e ad accettare la presenza di questa forte ansia, a conviverci.

Ora sto molto meglio. Gli attacchi non ci sono quasi più, e se arrivano sono lievi, riesco a stroncarli sul nascere.

Ora sto vivendo un periodo di relativa tranquillità. Il mare è sereno, gioca con i raggi di un sole in tramonto, o sul punto di sorgere, e danno vita a piccoli e timidi barlumi di luce.

   
 
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