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Autore: emme30    04/05/2017    13 recensioni
[Otabek/Yuri]
“Perché, Beka?”
Otabek sorrise e scrollò le spalle, sistemandosi nuovamente con la schiena contro il parapetto.
“Potrei dirti che è perché tutto il romanticismo nell’aria mi ha fatto venire voglia di baciare qualcuno,” mormorò, portandosi una mano tra i capelli. “Potrei dirti che è perché sei particolarmente bello stasera,” continuò, beandosi del rossore che colorò le guance del ragazzo. “Oppure potrei dirti che lo desidero da così tanto tempo che non sono più riuscito a trattenermi,” concluse, lisciandosi la giacca sul petto. “Scegli tu... sono vere tutte e tre le motivazioni.”
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Yuri Plisetsky
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Far Away, So Close!'
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 Questa storia fa parte della serie Far Away, So Close! Leggi QUI le altre 


When the Cherry Trees Blossom



Nessuno l’avrebbe mai detto, ma Otabek era una persona che si divertiva tantissimo ai matrimoni.

Gli piaceva l’atmosfera di felicità e di gioia, gli piaceva vestirsi elegante per l’occasione, gli piaceva il momento in cui gli sposi si scambiavano le promesse, gli piacevano tutti i riti legati alla nuova unione, gli piaceva festeggiare con gli amici, fare brindisi e, soprattutto, ascoltare i discorsi dei testimoni.

Tutti davano per scontato che Otabek fosse un duro con il cuore freddo come il ghiaccio su cui pattinava, ma, in realtà, aveva un animo profondamente romantico e rimaneva sempre incantato dai gesti dell’amore più vero e puro che, spesso, costituivano la vera essenza delle unioni nuziali.

Era stato principalmente quello il motivo per cui aveva accettato di volare fino in Giappone per quello che i media avevano già denominato come il matrimonio del secolo. A lui, però, poco importavano certi appellativi. Gli era bastato sapere che la cerimonia si sarebbe svolta in un piccolo parco sotto i ciliegi in fiore per prenotare il biglietto aereo.

Bevve l’ultimo sorso del suo flûte di champagne e si guardò intorno, alla ricerca di una persona in particolare. Ridacchiò quando passò accanto a Phichit e Chris intenti a scommettere su quanto vino avrebbero ancora dovuto far bere a Yuuri per farlo ballare attorno al palo da lap dance che avevano portato appositamente per l’occasione e si allontanò dal chiasso e dal vociare delle persone.

Il sole era tramontato da un pezzo, ma il parco in cui si erano svolti i festeggiamenti era stato decorato con moltissime lanterne appese un po’ ovunque, le quali illuminavano dolcemente i vialetti e facevano quasi luccicare i petali dei ciliegi.

Non ci mise molto a trovare l’oggetto della sua ricerca; gli bastò allontanarsi quel tanto che bastava dalla confusione, recandosi nel punto dove il sentiero si diramava sopra un laghetto e formava tante piccole passerelle e ponticelli delimitati da ringhiere d’acciaio che si rispecchiavano sull’acqua adornata da ninfee. Yuri era appoggiato contro la ringhiera che dava sul laghetto più ampio, in mano una manciata di sassolini bianchi e l’altra impegnata a lanciarli e farli rimbalzare sul pelo della superficie liquida.

Otabek lo osservò in silenzio per qualche istante, nascosto dal grosso ciliegio che si protendeva sulla pozza d’acqua. Attaccate alla balaustra di metallo nera c’erano tante piccole lanterne le cui luci si riflettevano ovunque, creando un’atmosfera quasi magica. Il volto di Yuri era parzialmente illuminato e i capelli gli ricadevano completamente davanti al viso. Perfino con quell’espressione seria, Otabek lo trovava il ragazzo più bello su cui avesse mai posato gli occhi.

Decise di raggiungerlo quando si accorse che Yuri lo aveva notato, facendo scricchiolare il ponte di legno sotto le scarpe in vernice. Gli si sistemò accanto nel più rilassante dei silenzi, rimanendo affascinato dal modo aggraziato in cui scagliava i sassolini e li faceva saltare.

“Sei proprio bravo,” commentò poco dopo.

“Vuoi provare?” Yuri gli offrì il palmo su cui erano sistemate le pietruzze, ma Otabek fece segno di no con la testa.

“Non sono capace... non ho mai imparato,” spiegò, facendo un mezzo sorriso. “Le mie sorelle hanno provato a insegnarmi, eppure sono proprio imbranato.”

Non gli sfuggì l’attimo in cui le labbra di Yuri si piegarono verso l’alto.

La pace li avvolse nuovamente, almeno finchè Otabek non si appoggiò alla ringhiera di spalle per poterlo guardare in volto. “Ti sei divertito oggi?”

Yuri rispose scrollando le spalle e lanciando un sassolino.

“Perché sei scappato qui tutto solo?”

“Perché quei due hanno minacciato di trascinarmi a fare un ballo a tre e…” rise forzatamente. “No, grazie.”

Otabek lo fissò per un attimo, poi sorrise. “Lo sai che con me non c’è bisogno di fare così il duro.”

“Non sto facendo il duro,” spiegò lui acido, lasciando però che il rossore sulle sue guance lo tradisse.

“Ti sei divertito oggi.” Non era un’ipotesi, ma un’affermazione chiara. “Ti sei divertito davvero tanto.”

Yuri alzò lo sguardo al cielo e scagliò le ultime pietruzze in malo modo nello stagno. “E va bene... mi sono divertito. E’ stato bello vedere finalmente quei due idioti sposarsi e ho riso un sacco, okay? Era questo che volevi sentirmi dire?”

“Magari con un po’ meno rabbia, ma…” Otabek arricciò il naso e cercò il suo sguardo. “Fondamentalmente sì.”

Yuri finalmente gli concesse una soddisfazione e rilassò le labbra in un sorriso.

“Era davvero così difficile?”

Il ragazzo fece roteare gli occhi e non rispose, sistemandosi con la schiena accanto a lui. La distanza era perfetta: era quel tanto che bastava per non sfiorarlo, tuttavia abbastanza vicina da sentire il calore del suo corpo.

“Io mi sono divertito.”

“Certo che ti sei divertito! Siamo stati assieme tutto il giorno e ti ho fatto ridere come un matto.”

Otabek ridacchiò e gli diede una piccola gomitata nel costato. “Non darti troppe arie, Plisetsky. Se non ci fossi stato io, tu a quest’ora saresti ancora a lamentarti di qualunque cosa all’aeroporto di San Pietroburgo.”

“Tu menti, Altin.”

Si guardarono e scoppiarono in una leggera risata, sprofondati nuovamente nella serenità di quel momento. Quegli istanti preziosi erano la cosa che più preferiva della sua relazione con Yuri. La pace in cui erano immersi ogni volta che stavano insieme, si guardavano o passavano le ore a parlare del più e del meno su Skype.

La voce di Yuri era in grado di calmarlo ed emozionarlo nello stesso istante, poteva modellare il suo umore e ciò che provava in un secondo, giocava con i suoi sentimenti e si intrufolava sempre di più nella sua mente fino a scrivere melodie indelebili nei suoi ricordi. Yuri era ormai diventato questo per lui: una presenza costante che non accennava a sparire. Non che avesse provato a distanziarsi, ma negli ultimi mesi aveva notato come gradualmente il ragazzo si fosse insinuato nella sua vita senza neanche chiedergli il permesso, quasi di prepotenza, con quel sorriso capace di annullare tutti i suoi pensieri.

Forse fu proprio perché Yuri fosse particolarmente bello quella sera oppure per via di tutto il romanticismo che c’era nell’aria che Otabek si staccò dalla ringhiera, si mise di fronte a Yuri e chinò il capo per baciarlo sulle labbra.

Lo fece d’istinto, senza rifletterci. Lasciò che il suo corpo scegliesse per lui, come succedeva sempre ogni volta che si trovava sul ghiaccio. In quel momento non aveva i pattini ai piedi, eppure Yuri gli stava facendo battere il cuore come la pista completamente sgombra prima di cominciare un’esibizione.

Il contatto non durò molto. Lo baciò a stampo sulle labbra, sfiorandole soltanto, e poi si ritrasse, aprendo gli occhi e riaccendendo il cervello. Un paio di occhi verdi lo fissarono sbalorditi e sconvolti.

Vide Yuri deglutire a vuoto e portarsi due dita a toccare le proprie labbra nel punto in cui poco prima Otabek lo aveva baciato. Poi scosse la testa e lo scrutò interrogativo.

“Perché, Beka?”

Otabek sorrise e scrollò le spalle, sistemandosi nuovamente con la schiena contro il parapetto.

“Potrei dirti che è perché tutto il romanticismo nell’aria mi ha fatto venire voglia di baciare qualcuno,” mormorò, portandosi una mano tra i capelli. “Potrei dirti che è perché sei particolarmente bello stasera,” continuò, beandosi del rossore che colorò le guance del ragazzo. “Oppure potrei dirti che lo desidero da così tanto tempo che non sono più riuscito a trattenermi,” concluse, lisciandosi la giacca sul petto. “Scegli tu... sono vere tutte e tre le motivazioni.”

Yuri rimase in silenzio per qualche attimo. “Ma io e te siamo amici.”

“Lo so,” Otabek sospirò, capendo benissimo dove voleva andare a parare.

“Non ho mai avuto un amico come te.”

“Nemmeno io.”

“In realtà… sei anche l’unico, dato che non sono mai stato bravo a fare amicizia con la gente,” confessò. “La gente mi dà troppo fastidio.”

Otabek alzò un sopracciglio. “Non per constatare l’ovvio, ma abbiamo passato la giornata circondati da amici.”

“Sì, ma con loro è diverso.”

“Da cosa?”

“Da te!” sbraitò, come se Otabek stesse sciorinando concetti senza senso. “Con loro non è come con te! Con loro non parlo dei miei programmi, di quanto mi fanno male i piedi a fine allenamento, dei miei sogni e delle mie ambizioni… non mi lamento di Victor e Katsudon, non gli racconto del nonno o di Princess,” disse tutto d’un fiato. “Loro non sono come te!”

Otabek gli rivolse uno sguardo comprensivo. “E tutto questo non ti dice nulla?”

“Cosa diavolo dovrebbe dirmi?” Yuri sembrava visibilmente arrabbiato adesso; stringeva forte la ringhiera di metallo con una mano e il modo in cui gesticolava animatamente faceva ondeggiare tutte le lanterne appese ad essa. “Che loro sono solamente degli amici e tu invece sei più di- oh.”

“Ecco.”

Yuri si calmò immediatamente, portandosi una mano a coprire la propria bocca. Otabek riuscì a vedere benissimo gli ingranaggi all’interno del suo cervello girare e macinare dati, ricordi e tutte le parole che si erano detti. Poi Yuri lo fissò quasi scioccato, scostandosi un ciuffo dalla fronte.

“Cazzo, anche tu mi piaci.”

Solo Yuri Plisetsky avrebbe potuto dichiararsi in quel modo.

“Ci sei arrivato anche tu, alla fine,” Otabek gli sorrise dolcemente e gli appoggiò il palmo sulla sua mano che ancora era appoggiata sulla ringhiera.

“Tu…” Yuri aguzzò la vista alla sua espressione serafica. “Tu lo sapevi già.”

Otabek ridacchiò. “Lo sospettavo. Un po’ come tutti.”

Yuri spalancò gli occhi. “Tutti?” domandò agitato. “Tutti chi?”

Otabek fece un cenno col capo in direzione dei festeggiamenti e Yuri si lasciò andare a una serie infinita di parolacce, cominciando a girare in tondo sul ponticello di legno e facendo scricchiolare le tavole.

Lo lasciò sfogarsi ammirando le linee sinuose del suo corpo fasciato dal completo elegante e si chiese ancora perché avesse aspettato così tanto prima di confessarsi e baciarlo. Riusciva a sentire ancora il calore e il sapore di quelle labbra sulle proprie.

“Adesso capisco perché!” grugnì Yuri dopo poco. “Ecco il motivo per cui quei due idioti continuavano a parlarmi di te! Una volta Katsudon ha pure accennato al fatto che potessi provare qualcosa per te!”

“Ah sì? E tu cosa gli hai detto?”

“Gli ho rovesciato in testa la ciotola di riso che stavo mangiando, ovviamente! Ma me ne sono pentito subito, visto che era buonissima. Porca miseria, pensavo che fossero solo un mucchio di stronzate... Dio, come mi sento stupido!”

“Non sei stupido,” lo rassicurò Otabek. “Sono cose che succedono.”

“Sì, ma non a me e non… non pensavo che cose del genere potessero fottermi così tanto il cervello,” sbraitò nuovamente, stavolta con un tono meno arrabbiato del precedente. “Ora mi rendo conto del vero motivo per cui non riesco a smettere di pensare a te.”

Otabek inclinò la testa, visibilmente divertito. “E ti serviva la mia dichiarazione per farti rendere conto dei tuoi sentimenti?”

Yuri alzò gli occhi al cielo e gli diede la schiena in tutta fretta, tuttavia ad Otabek non sfuggì il rossore violento che si diffuse sul suo viso.

“Comunque… adesso cosa facciamo?” gli domandò, piazzandosi davanti a lui non troppo vicino, ma abbastanza da essere a portata di abbraccio.

“Beh,” Otabek fece finta di pensarci un attimo, allungando una mano per sfiorargli la vita, farlo avvicinare a sé e sistemare in mezzo alle sue gambe. “Tu mi piaci, io ti piaccio,” gli scostò un ciuffo di capelli biondi dalla fronte. “Possiamo partire da questo, non credi?”

Yuri decise di rispondere alla sua domanda con un altro quesito.

“Avresti voglia di baciarmi di nuovo?”

“Certo.”

“Anche se non ho esperienza?”

Otabek rise. “Secondo te mi importa qualcosa?”

Yuri scrollò le spalle, abbandonando tutto l’imbarazzo che gli aveva avvampato le guance fino a poco prima. “Mi baceresti anche adesso?”

Otabek sollevò le proprie dita e gli accarezzò il viso dolcemente, facendo scorrere il pollice sul labbro inferiore del ragazzo. “Ti bacerei continuamente.”

Chiuse gli occhi quando avvertì Yuri alzarsi sulla punta dei piedi e avvicinarsi alla sua bocca. Intrecciò le dita tra i suoi capelli e gli lasciò l’altra mano sul fianco, mentre i palmi di Yuri si appoggiavano sulle sue spalle per reggersi.

Modellò le labbra contro le sue e lo strinse a sé, ignorando quanto avesse cominciato a battergli forte il cuore nel petto o come l’intenso profumo di Yuri stesse penetrando nelle sue narici.

Gli venne da sorridere quando lo sentì dischiudere la bocca e far scivolare la lingua sulle sue labbra; Yuri non aveva pazienza e voleva tutto subito, anche se non aveva mai baciato nessuno e non sapeva come muoversi.

Otabek lo accontentò e si stupì di come il ragazzo si fece guidare dalla sua di bocca, imitando i movimenti della sua lingua e approfondendo il bacio quel tanto che bastava, riuscendo persino a non far scontrare i denti e avvicinandosi ancora di più in un’umida carezza.

Quando si allontanarono, Otabek si sentì mancare il respiro: con le labbra gonfie per via dei suoi baci, le guance arrossate e con il respiro corto, Yuri era semplicemente la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua. E in quel momento si trovava in uno stupendo parco circondato da ciliegi in fiore e con luci colorate che si rispecchiavano sul laghetto sotto di loro, creando un gioco di luci semplicemente mozzafiato.

Nonostante ci fosse quel paesaggio magnifico a circondarli totalmente, Yuri rimaneva la visione più grandiosa che i suoi occhi potessero incontrare.

“Sono andato bene?”

Otabek scoppiò in una risata e gli venne naturale abbracciarlo, stringerlo a sé e non lasciarlo andare mai più.

“Da medaglia d’oro,” gli sussurrò in un orecchio, sentendolo sghignazzare.

Sciolto l’abbraccio, Yuri non si allontanò, ma rimase in piedi in mezzo alle sue gambe, coi palmi appoggiati sulla giacca verdone del kazako. Otabek, a sua volta, non allontanò le mani che gli stringevano la vita sotto il blazer a righe che indossava.

“Quindi...” mormorò tentativamente, sistemandosi un ciuffo ribelle di capelli dietro l’orecchio. “Adesso io e te…”

“Siamo quello che ci sentiamo di essere.”

“Oh, ok,” replicò lui, mordendosi un labbro. “Anche se…” Arrossì violentemente, ma Otabek non provò ad aiutarlo perché desiderava davvero sentire quelle parole uscire dalle sue labbra. “Tipo che nel senso che potresti, tipo, essere il mio ragazzo, tipo?”

“Ecco, tipo,” lo prese in giro Otabek, guadagnandosi un’occhiataccia che si tramutò subito in un’espressione sciolta e tranquilla.

“No, non tipo. Il mio ragazzo,” disse convinto, schiarendosi la gola. “Otabek Altin, vuoi essere il mio ragazzo sì o no?”

“Posso risponderti con un bacio o vuoi una stretta di mano?” commentò Otabek, memore di quella volta in cui il sole stava tramontando sul Park Guell e lui e Yuri iniziavano a intrecciare i fili che li avrebbero poi portati fino a quel momento.

Yuri si alzò di nuovo sulle punte dei piedi e Otabek si ritrovò a chiudere gli occhi e a perdersi nella morbidezza di quelle labbra, cullato dal profumo del ragazzo e dalla leggera brezza che lo convinse a stringere Yuri ancora più a sé.

Quando riaprirono le palpebre, erano immersi nei petali di ciliegio che danzavano nell’aria e si impigliavano nei capelli di Yuri. Otabek lasciò che si appoggiasse contro di lui e gli cinse le braccia attorno al petto, chiedendosi se fosse mai stato così tanto felice in vita sua. Probabilmente no.

Tolse un petalo dalla chioma del suo ragazzo e sorrise quando si rese conto di come lo aveva appena definito nei suoi pensieri. Fu il grugnito che si levò dalla figura minuta di Yuri a fargli aggrottare le sopracciglia.

“Come dici?” domandò curioso.

Yuri sospirò e si rimise in piedi, appoggiandogli le braccia attorno al collo. “Quei due idioti...” mormorò quasi infuriato. “Gongoleranno tantissimo quando sapranno che l’atmosfera romantica del loro matrimonio ci ha… fatto mettere insieme. E che avevano pure ragione. Dio, quanto odio quando Katsudon ha ragione!”

“Se vuoi possiamo anche… tenercelo per noi per un po’,” azzardò Otabek. “E dir loro che è successo in un luogo neanche lontanamente romantico e che il loro zampino non c’entra per nulla.”

Yuri gli fece uno dei rari sorrisi destinati solo ed esclusivamente a lui. “Ecco, questo è uno dei motivi per cui mi piaci un sacco.”

“Addirittura un sacco? Cosa è successo negli ultimi dieci minuti da farti passare da ‘mi piaci’ a ‘mi piaci un sacco’?

Quasi scoppiò a ridere all’espressione annoiata di Yuri, alla “Ma te lo devo proprio dire? Non ci arrivi?”, anche se poi, alla fine, lui era proprio l’ultimo che potesse esprimersi a riguardo. “E’ che baci davvero bene,” mormorò, alzando le spalle. “Sai essere molto convincente.”

Otabek gli rispose facendo scontrare il naso contro il suo e stringendo ancora di più Yuri a sé, catturando le sue labbra in un altro bacio.

“Io non…” disse a bassa voce Yuri quando tornarono a prendere aria, accarezzandogli il taglio corto e l’attaccatura dei capelli dietro il collo. “Non sapevo provassi tutto questo per me.”

“E c’è da dire che sono stato molto esplicito.”

“E invece no,” Yuri arricciò il naso.

“Yura, una delle primissime volte che ci siamo parlati ti ho praticamente rapito.”

“Mi hai salvato da un’orda di fan impazzite, è diverso.”

“E poi ti ho portato in uno dei posti più romantici di Barcellona al tramonto,” continuò, senza allentare la presa sui suoi fianchi e tenendolo vicinissimo. “Ho perfino imparato a usare Instagram per te. Rimango sveglio ogni sera fino a orari improbabili nonostante il fuso orario perché non riesco a smettere di parlarti e-“

“Ti piacevo già a Barcellona?”

La domanda di Yuri lo interruppe e il suo sguardo tradì il fatto che fosse stupito della cosa.

Otabek sorrise. “I tuoi occhi…” gli accarezzò dolcemente la guancia. “Sono un po’ difficili da dimenticare.”

“Ma…” Yuri deglutì, rendendosi conto di ciò a cui Otabek stesse alludendo. “Ma eravamo solo bambini e non… non ci siamo mai più parlati da allora.”

“Lo so, ma che vuoi farci? Quando qualcuno ti piace,” lo baciò a stampo sulle labbra. “Ti piace.”

“Oh, Beka…” Yuri si allungò di nuovo per baciarlo sulla bocca con più urgenza di prima, come a volergli comunicare che i sentimenti che provava Otabek per lui gli stavano facendo girare la testa e lo stavano rendendo molto più consapevole di ciò che fino a quel giorno aveva erroneamente inteso come amicizia. Provò a dirgli con quel gesto che aveva davvero bisogno di lui e della sua presenza nella sua vita, come mai aveva avuto bisogno di nessuno. Lo baciò e Otabek lo strinse forte a sé, sperando che quell’attimo potesse durare per sempre e che i petali dei ciliegi non smettessero mai di cadere.

“Tu, i ciliegi in fiore, le luci riflesse nell’acqua…” sussurrò poco dopo Otabek contro le sue labbra. “Questo momento è davvero perfetto.”

Yuri ridacchiò. “Quanto sei romantico e sdolcinato. Adesso ti butto nel lago.”

“Però sono il tuo romantico e sdolcinato.”

Yuri fece un enorme sorriso a quelle parole. “Mio,” mormorò, avventandosi di nuovo sulle labbra di Otabek e lasciando che il tempo scorresse al di fuori di quell’abbraccio.

“Hai mai avuto una storia a distanza?” domandò Yuri, abbandonato contro il suo petto mentre Otabek gli accarezzava dolcemente i capelli.

“No.”

“Sarà difficile,” non si trattava di una domanda e Otabek sospirò.

“Già, ma noi la faremo funzionare. E ci vedremo per tutte le gare, potremmo allenarci insieme... potrei venire per un po’ a San Pietroburgo da te,” Yuri lo guardò dritto negli occhi adorante dopo quella affermazione.

“Davvero?”

“Non credo che il mio coach possa lamentarsi del fatto che voglia allenarmi con il campione del mondo.”

“In effetti, ho davvero molte cose da insegnarti…”

Otabek gli pizzicò il fianco, ma Yuri lo sorprese allacciandogli le braccia attorno al collo per baciarlo.

“Sarebbe davvero bellissimo poterti vedere ogni giorno,” gli sussurrò tra un bacio e l’altro. “E andare a veri appuntamenti, vedere film insieme, baciarci quanto vogliamo e…”

Si interruppe di colpo e arrossì violentemente per via di ciò a cui stava alludendo. Otabek gli passò con delicatezza le dita tra i capelli per rassicurarlo. “E fare tutto quello che vogliamo fare con la massima calma e tranquillità,” finì la frase per lui.

Yuri gli sorrise e si lasciò nuovamente andare contro il suo petto, accogliendo con un sospiro contento le carezze ai suoi capelli.

Si ricordarono di dove fossero nel momento esatto in cui si levò un sonoro boato di risate dalla direzione in cui i loro amici stavano ancora festeggiando le nozze tra Victor e Yuuri.

“Che dici, torniamo?” mormorò Otabek, sistemandogli un ciuffo dietro a un orecchio.

“Tra poco. Prima abbracciami ancora un po’,” replicò Yuri, stringendolo un po’ di più. “Si sta troppo bene qui.”

Otabek gli lasciò un bacio sul capo e sospirò felice, immergendosi nella bellezza che era Yuri Plisetsky e ignorando i petali dei ciliegi che volteggiavano attorno a loro, le luci delle lanterne che si riflettevano nello specchio d’acqua sotto ai loro piedi o le milioni di stelle che decoravano la volta celeste.

Tutte le magnificenze che aveva davanti agli occhi erano nulla paragonati a quella rannicchiata tra le sue braccia.

 


Questa storia è un mare di fluff e mi piace tantissimo e spero sia piaciuta pure a voi ♥ come mi piace scrivere di questi due patatini così innamorati ♥
Mi trovate anche su FB, sulla mia pagina autore QUI.

Beta reading: Ilaria

 

   
 
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