Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    04/05/2017    2 recensioni
Di ritornoda una recente spedizione, Petra si ritrova a discutere con il compagno di squadra in merito alle sue inutili spacconerie. Spettatori di questo piccolo diverbio, i panini caldi della mensa.
"So che lo ammiri e che vorresti imitarlo, ma siete persone diverse, con forze e capacità diverse. Non dovresti paragonarti a lui, né cercare di scopiazzare qualunque cosa che fa”
“Se lui ci riesce, però...”
“Non è detto che sia lo stesso per te. Questo non sminuisce il tuo essere soldato, il tuo coraggio e la tua iniziativa. Siete solo diversi. Dovresti adattare ciò che fai alle tue reali capacità e non misurarlo sempre paragonandoti ad altri”.
“Ti piace, vero?”
“Chi?”
“Il capitano”

[Storia partecipante al contest “Fortune Cookies” indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di EFP]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auruo Bossard, Levi Ackerman, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di cuscini, panini e vasetti di marmellata.


Specchietto introduttivo:

Nickname: Ellery /Ellery-EFP (sul forum)

Titolo: Di cuscini, panini e vasetti di marmellata

N° Biscotto: 1

[Storia partecipante al contest “Fortune Cookies” indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di EFP] - Terza classificata


 



Auruo si accasciò sul divanetto, scalciando via gli stivali. Non aveva alcuna voglia di spogliarsi dell'imbracatura, ma si costrinse a slacciare alcune fibbie. Sospirò, fissando il soffitto. Quell'ennesima spedizione era stata un mezzo insuccesso. La formazione a lunga distanza aveva permesso di risparmiare parecchie vite, anche se i titani avevano macellato parte delle retrovie. Ne aveva uccisi quattro, prima di finire il gas. Aveva dovuto ripiegare, cercando inutilmente il carro dei rifornimenti. Abbandonare la battaglia era un pensiero irritante: l'idea che Erd e Gunther potessero averne ammazzati più di lui, ovviamente, gli rodeva lo stomaco.

Altri quattro giganti. Da solo, in totale, ne aveva abbattuti trentadue. Un record, senza ombra di dubbio. Malgrado le insinuazioni delle invidiose malelingue, rimaneva il miglior elemento della squadra. Distese i gomti, sentendoli scrocchiare.

“Ah, cazzo...” ringhiò a denti stretti.

Si era stirato qualche muscolo, a giudicare dalle fitte che gli attraversavano braccia e gambe. Il combattimento lo aveva sfinito: per tutto il tempo del ritorno, non aveva sognato altro che un delicato sofà dove appoggiare il didietro, stiracchiare gli arti e dormire. Naturalmente, il divano che si era scelto era tutto tranne che comodo; avevadeciso di non lamentarsi troppo.

“Sarai soddisfatto, immagino”

Sollevò lo sguardo, direzionandolo alla porta d'ingresso del salottino comune. Una ragazza era apparsa sulla soglia; stringeva delle camicie pulite e un piatto di panini caldi. I capelli ramati le ricadevano ai lati del viso in un ordinato caschetto, mentre le iridi ambrate si incollavano alle sue, senza celare una sfumatura seccata.

“Petra! Sei venuta a portarmi la cena? Che brava mogliettina” la canzonò, ricevendo in cambio l'ennesima occhiataccia.

“Ti senti tanto bravo, vero? Sei solo un idiota. Che cavolo ti dice il cervello?”

“Mh? Non capisco...”

“Dovevi per forza attaccarli da solo quei giganti, vero? L'ultimo per poco non ti catturava. Se non fosse stato per la prontezza di Erd nel tagliargli le caviglie, adesso...”

Liquidò quel chiacchiericcio con un cenno:

“Sciocchezze! Me la so cavare benissimo anche da solo. Non devo niente ad Erd. Ha fatto il suo dovere, come io ho fatto il mio”

“Il tuo dovere non è farti ammazzare”

“Lo so! Tuttavia, se non mi fossi occupato di quel titano...”

“..ci avrebbe pensato il capitano! Era proprio dietro di te. Non dirmi che non te ne eri accorto. Non hai voluto comunque cederglielo, nonostante fossi senza gas e a corto di lame. Perché ti comporti così?”

“Perché mai avrei dovuto lasciarglielo? Mi sembra che di gloria e di giganti, lui ne abbia a sufficienza”

“Non è una gara a chi ne uccide di più!” la sentì sbuffare ed alzare lo sguardo al cielo “Possibile che tu non l'abbia ancora capito? Mi sembra di parlare con un muro. Anzi, se parlassi al Wall Maria, sicuramente otterrei migliori risultati”

Alzò le spalle, come a liquidare quelle parole:

“Lo so benissimo, ma... che male c'è a volerne accoppare un bel po'? È il nostro lavoro, in fondo”

“Dovresti farlo solo se le circostanze te lo permettono. Sei ansioso di suicidarti, Auruo? E dopo che sarai morto? Chi ti sostituirà? Un pivellino piagnucolone che non saprà neppure da che parte impugnare le spade. È questo che vuoi? Finire spiaccicato da qualche parte? Sei un valido elemento eppure... ti ostini a fare troppe sciocchezze. Prima o poi...”

“Ho capito! Vedi di non tirarmela”

“Non te la sto tirando” la giovane posò i panini sul tavolo, scostando una sedia per sé “è che... mi fai innervosire. Odio questo tuo modo di fare lo sbruffone. Come se non avessimo già abbastanza problemi, poi... ti ostini a ficcarti nei guai. Non hai ancora compreso? Non serve cercarli, tanto... saranno loro a trovarti, prima o poi.”

“Me la stai tirando” ripeté, scrollando le spalle e tornando a fissare il soffitto. Quella ragazza era un vero grillo parlante, quando ci si metteva. Sempre pronta a fare da buona coscienza, a rinfacciare errori e spacconate. Perché non lo lasciava in pace? Faceva prediche simili anche ad Erd e Gunther? Oppure era lui il suo bersaglio preferito?

“Sono solo preoccupata!”

Preoccupata? Beh, quella era una buona notizia. Non ci si preoccupa per una persona a cui non si tiene affatto, no?

“Saresti una mogliettina perfetta per me, lo sai?”

“Ancora con questa storia?!” la vide abbassare il viso e nascondere frettolosamente un leggero rossore sulle guance “La smetti di atteggiarti? Detesto quando lo fai! Mi fai... arrabbiare”

“Incazzare”

“Cosa?”

“Si dice incazzare

“Cerco soltanto di essere educata, ma... sì! Mi fai incazzare!

Ridacchiò sotto i baffi, senza smettere di osservarla. Punzecchiarla era divertente e faceva parte del loro rapporto. Non aveva ancora compreso in cosa consistesse, naturalmente. Erano soltanto amici? Agli occhi altrui, senza dubbio. Dentro di sé, tuttavia, covava da partecchio la segreta speranza che, un giorno non lontano, Petra diventasse davvero sua moglie. Chissà, forse avrebbe acconsentito se fosse diventato ancora più forte; un ottimo soldato, migliore anche del capitano, per poterla proteggere e darle ogni sicurezza: una casa, una famiglia e una vita libera dalle mura. Era graziosa Petra; non bella, quello no. Non era una di quelle dame aristocratiche dai lineamenti fini come la porcellana, con lo sguardo incantatore e le labbra soffici. Non possedeva vestiti di valore, gioielli o ricchezze. Al contrario, era semplicemente la figlia di un borghesotto arrogante, troppo intenta a salvare l'umanità per curarsi del proprio aspetto. Eppure, nonostante le cicatrici sul corpo ed i calli sulle mani, a lui piaceva. Adorava il modo in cui, nonostante tutto, cedeva a qualche vizio femminile: il modo in cui sfiorava le stoffe al mercato, nella speranza di potersi confezionare un nuovo scialle; le gonne lunghe che indossava ogni giorno libero; il pettine che giaceva sempre sul suo comodino quasi fosse un ricordo più che un oggetto di prima necessità.

“La smetti di fissarmi in quel modo? Sei inquietante!”

Quelle parole bastarono a riportarlo alla realtà. Distolse l'attenzione, fissando i panini sul tavolo:

“Passamene uno” non si rese conto della propria scortesia, finché non gli giunse una risposta piccata:

“Alzati e prendilo!”

Scosse il capo, stiracchiando appena le gambe oltre il bracciolo del divano. Non si era reso conto d'essere tanto stanco. I muscoli dei polpacci e delle cosce erano ancora contratti per i recenti sforzi. Anche le braccia gli dolevano ed il solo cambiare posizione sui cuscini era fastidioso, un peso che proprio non riusciva a scrollarsi di dosso.

“Allora no” sussurrò infine, socchiudendo lo sguardo e posando una mano sugli occhi, come a schermarli dalla luce.

“Perché no?”

“Sono esausto e... non ho voglia di alzarmi.” mormorò, spiandola da oltre le dita dischiuse “Non fraintendere. Non voglio che tu mi serva. Solo... mi sento a pezzi. Mi fanno male le ginocchia, le spalle, la schiena. Credo di non avere un solo punto sano al momento. Forse, hai ragione... ogni tanto esagero. Anche più di ogni tanto, me ne rendo conto, ma... sono fatto così”

“Dovresti smettere di imitare il capitano ogni volta; finisci soltanto col farti male o ridurti in questo stato”

“Perché?” scosse il capo, come a scacciare quella sgradevole sensazione “Pensi che sia... inadatto?” era come una morsa stretta sullo stomaco; come se una scomoda verità stesse per affiorare. Cosa avrebbe risposto Petra? Probabilmente, con un semplice avrebbe distrutto tutto il suo lavoro, sconvolto i suoi piani e demolito la sua esistenza. Inadatto? Non era inadatto. Glielo avrebbe dimostrato! L'avrebbe convinta che sbagliava, che poteva essere anche migliore di Levi stesso, se soltanto gli fosse stata concessa la giusta occasione. Si mordicchiò le labbra incerto, ben attento a non ricadere nel solito vizio di pizzicarsi la lingua.

“No, affatto” quelle parole gli strapparono un sospiro sollevato “Credo che tu sia in gamba, ma terribilmente incosciente. Sei bravo, fin troppo, o … non avresti ucciso tutti quei giganti da solo. Questo, però, lo sai anche tu. Ne sei consapevole e te ne approfitti: cerchi sempre di spingerti oltre i tuoi limiti. Ti farà male sentirlo dire, ma... tu non sei il capitano. So che lo ammiri e che vorresti imitarlo, ma siete persone diverse, con forze e capacità diverse. Non dovresti paragonarti a lui, né cercare di scopiazzare qualunque cosa che fa”

“Se lui ci riesce, però...”

“Non è detto che sia lo stesso per te. Questo non sminuisce il tuo essere soldato, il tuo coraggio e la tua iniziativa. Siete solo diversi. Dovresti adattare ciò che fai alle tue reali capacità e non misurarlo sempre paragonandoti ad altri”.

“Ti piace, vero?”

“Chi?”

“Il capitano”

Ricevette una scrollata di spalle:

“Credo sia impossibile essergli indifferenti. Suscita ammirazione, nonostante sia introverso e parecchio indisponente. A volte mi chiedo se sia umano oppure no. Quando lo vedo combattere mi sembra... beh, qualunque cosa, tranne una persona normale. Non che solitamente lo sia, intendiamoci. È comunque fuori dal comune. Nemmeno il caposquadra Mike riesce a stare al suo passo e... beh... Mike è eccezionale”.

“Dici che imbroglia?”

“Ah?” una risata divertita riecheggiò nella stanza “No, no! Non penso che paghi svariate controfigure per fare il lavoro sporco. Tuttavia, non credo sia un buon termine di paragone. Ha... quel qualcosa in più, a cui noi non riusciremmo nemmeno lontanamente ad avvicinarci. Levi è straordinario. Non credo ci sia nessuno capace di raggiungere il suo livello, né oggi, né in futuro. è... non saprei come spiegarlo... tu non lo trovi stupefacente? Passerei ore a vederlo combattere. Si muove con una velocità incredibile, è agile e flessuoso. È come osservare un gatto che gioca con un topo, solo che... questi topi, in genere, sono alti dieci metri.”

“Quindi… ti piace”

“Lo stimo, ecco tutto”

“Capisco” tornò a chiudere gli occhi. Non era affatto convinto di quelle parole, ma si sforzò di ingoiarle come fossero una amara pillola. Aveva letto chiaramente negli occhi dell’amica: tra le venature color ambra, era nato un guizzo timido, condito dall’ammirazione e, al tempo stesso, da una venerazione profonda. Vi era la dolce sfumatura di una menzogna in quel “lo stimo” detto con eccessiva semplicità, quasi fosse scontato. Scosse il capo, sforzandosi di non dar oltre seguito a quelle congetture. In fondo, non poteva competere e Petra glielo aveva detto molto chiaramente: probabilmente, quel discorsetto non era limitato soltanto alle capacità in combattimento, ma a molti altri aspetti.

Auruo non avrebbe definito “attraente” il capitano, nemmeno se fosse stato una donna. Troppo basso, pallido e con lo sguardo eccessivamente sottile, più simile a quello di un serpente che di un essere umano. Tuttavia, alle ragazze piaceva quella bellezza un po’ ruvida, quasi appartenesse ad una pietra grezza in attesa solo d’essere levigata. Petra aveva ragione: non poteva competere, non con il proprio aspetto; con quei capelli cespugliosi e le sottili rughe che si erano fatte strada sul suo volto anzitempo. Doveva rassegnarsi ed assaporare nuovamente il gusto acre della sconfitta: non era un ragazzo interessante, né grazioso. Era soltanto uno sbruffone con l’aria da vecchio professore.

Si rannicchiò su un fianco, sforzandosi di prendere sonno:

“Credo che cercherò di dormire” sbuffò “Non è molto comodo il divano, ma... sono sfinito e non ho voglia di trascinarmi fino in camera” concluse, rifiutandosi di aprire le palpebre anche al cogliere la seggiola scostarsi e dei passi dirigersi verso la porta.

“Ti lascio riposare. A dopo” fu l'unica cosa che sentì, prima che l'uscio si richiudesse con un tonfo.


***
 

Petra scivolò lungo il corridoio, dopo aver richiuso l'uscio della propria camera. Strinse il guanciale sotto braccio, incamminandosi nuovamente al salottino comune. Il divano, effettivamente, non era affatto comodo. Forse Auruo avrebbe gradito quel prestito; era certamente più morbido morbido e profumato dei cuscini ruvidi del sofà.

Stranamente, si sentiva agitata, come se le ultime parole del ragazzo avessero spezzato quei momenti spensierati. Aveva la sensazione d’averlo offeso, in qualche modo. Era stata troppo petulante con il suo discorso? In realtà, era soltanto preoccupata: non era la prima volta che il compagno si lanciava in qualche spericolata prodezza con il solo scopo di imitare il capitano. Prima o poi, sciocchezze simili gli sarebbero costate la vita. Scacciò quel pensiero, quasi insopportabile: non riusciva ad immaginare il suo corpo scaraventato da qualche parte, calpestato e divorato dai giganti.

Svoltò l'angolo, senza accorgersi della figura che le stava venendo incontro. Balzò di lato, istintivamente, scansandola di un soffio.

“Chiedo scusa” borbottò, ritrovandosi ad incrociare il familiare sguardo affilato.

Levi la stava squadrando con il solito cipiglio irritato e le labbra sottili storte in una smorfia contrariata:

“Mi hai quasi fatto cadere i panini con la marmellata”

“Panini?”

Ricevette un cenno d'assenso:

“Sì, appena sfornati. Ne vuoi uno?”

“Io...”

“Sì o no?”

“No, grazie. In realtà, li ho già presi” per un istante, visualizzò il tavolo dove li aveva lasciati. Chissà se Auruo si era davvero addormentato senza assaggiarli.

“Ci hai messo anche la marmellata?”

Scosse il capo, prontamente:

“Nossignore. Non ho pensato di chiederla al cuoco. Li ho presi vuoti”

Raccolse l'ennesimo sbuffare seccato:

“Con la marmellata sono migliori, lo sanno tutti. Vieni con me.”

Si affrettò a seguirlo lungo il corridoio, ritornando presto sui propri passi. Contò le porte, abbandonando presto gli alloggi dedicati ai soldati semplici per inserirsi nell'area destinata agli ufficiali.

“Perché stiamo andando da questa parte? Le cucine sono al piano inferiore, capitano”

“Credi che non lo sappia? Pff... credevo volessi della marmellata”

“Appunto, ma...”

“La merdellata che servono in mensa non fa per me.”

Levi si fermò davanti ad un ingresso in anonimo legno scuro, infilando la chiave nella toppa. La serratura scattò immediatamente e l'uscio scivolò sui cardini ben oliati.

“Accomodati” le disse solo, oltrepassando a propria volta la porta.

Petra osservò la stanza: un letto capeggiava a ridosso della parete esterna, appena illuminato dai colori rossastri della sera. Le lenzuola sembravano fresche di bucato ed il cuscino mai toccato. Era come se quel giaciglio non fosse stato utilizzato.

Aggrottò la fronte al notare delle coperte pesanti piegate sul copriletto: la bella stagione era entrata nel vivo; i pomeriggi erano caldi, le notti piacevoli ed affatto umide. Perché, dunque, ostinarsi a dormire con delle trapunte di spessa lana? Che fosse freddoloso?

Tornò a squadrare il locale; la vicina scrivania era completamente sgombra da carte e libri. Non una traccia di polvere sul suo ripiano, ma solo un vecchio scaldamani di ottone. Poco oltre, una cappa di lana assicurata ad una gruccia.

“è molto ordinata la sua stanza, signore”

“Naturale. Mi auguro che anche le vostre siano altrettanto pulite”

“Emh... certo, ma...”

“Cosa?”

Ingoiò l'occhiataccia, sforzandosi di non apparire incerta:

“Non a questi livelli. Sembra quasi che qui non ci viva nessuno, in realtà. È tutto così... perfetto, che fatico ad immaginare una persona qui dentro”

“Oh, beh... certo, ovvio. Intendo...” lo vide storcere frettolosamente la punta del naso “Ovvio che viva qua dentro! Dove altrimenti potrei andare?! Che razza di idee vi vengono? Io proprio non vi capisco, insomma... è palesemente utilizzata questa camera. Non vedi? C'è anche un mantello appeso lì e...”

“Sì, ma... è di lana, capitano. Siamo quasi in estate”

“Sono uno freddoloso” una ammissione lampo e poi di nuovo il silenzio.

Scorse il superiore avvicinarsi ad un armadio e spalancarne le antine. Dentro, ben disposti sulle mensoline, giacevano numerosi barattoli di vetro: marmellate, conserve, miele e verdure sott'olio. Vi era decisamente di tutto, compresi dei curiosi bastoncini di zucchero.

“Amh... dove ha preso tutta quella roba, capitano?”

“Al mercato, ovviamente. Vendono un sacco di sfiziosità, anche se la mia bancarella preferita rimane quella del tè. Guarda qui!” l'uomo scoperchiò un baule, rivelando una miriade di piccole scatole, tutte contrassegnate da un'etichetta e disposte in ordine alfabetico.

“Perché le immagazzina nell'armadio?”

“E dove altrimenti potrei conservarle? Nella dispensa comune, beh... me li ruberebbero in un batter d'occhio”

“Sì, ma... nell'armadio non ci mette i vestiti?”

“No”

“E dove li tiene, allora?”

Colse una leggera esitazione, prima che la voce autoritaria tornasse a farsi sentire:

“Questi non sono affari tuoi, vero Ral? E comunque... sono in lavanderia”

“Tutti quanti?”

“Dunque, vediamo quale marmellata potrebbe andare bene” il capitano cambiò improvvisamente discorso, senza nemmeno concederle una risposta soddisfacente “Mele? Anche se quella di pesche è la mia preferita. Dovresti provrarla” le cacciò tra le mani un paio di vasetti dall'aspetto invitante. Sopra i tappi ben avvitati, due foglietti indicavano scrupolosamente la composizione della confettura. Una sorta di ricetta, nel caso si desiderasse replicarla in casa propria.

“Grazie, capitano. Penso che ad Auruo piaceranno i panini farciti.”

“Li hai presi per lui, dunque?” riuscì a produrre solo un piccolo assenso, prima di ritrovarsi a stringere un altro barattolo “Prugne! Anche se forse non dovrei dartela, perché... mh... al comandante piace la marmellata di prugne e...”

“è con quella che ha farcito i panini?”

Scoccò una occhiata alle tartine tondeggianti, tutte intrise di una confettura violacea. Sì, era senza dubbio marmellata di prugne.

“No, è di pere”

“Pere? Ma... è viola, capitano”

“Sono pere viola” l'ennesima risposta affrettata e senza senso “Toglimi una curiosità. Perché te ne vai in giro con un cuscino?”

“è sempre per Auruo, signore. Si è addormentato sul divano, ma temo sia scomodo. Non vorrei si svegliasse con qualche dolore di troppo”

“Umh, giusto” notò Levi distruggere in un attimo la perfezione del letto, cavando rapidamente il guanciale da sotto le lenzuola “è una buona idea. Credo abbiamo tutto, no? Marmellata, panini e cuscini. Possiamo andare!”


***
 

Auruo batté leggermente le palpebre, sgusciando dal dormiveglia in cui era piombato. Colse qualcosa di morbido oltre le spalle. Un cuscino, sì. La federa profumava di pulito ed era impreziosita da un delicato ricamo floreale. Respirò a fondo, cercando di memorizzare quegli odori. Il viso di Petra entrò poco dopo nel suo campo visivo: le labbra rosee mostravano un leggero imbarazzo, mentre gli occhi si allacciavano nuovamente ai suoi.

“Auruo” la voce era pacata, completamente priva dell'irritazione precedente. Lo aveva perdonato? “Mi dispiace di essere stata così brusca poco fa. Non volevo ferire il tuo orgoglio o sminuirti.”

“Nessun problema” sorrise, di rimando “Non hai detto niente di male o di sbagliato. Probabilmente, hai ragione. Sono soltanto un pallone gonfiato che si atteggia; dovrei smetterla.”

“Non credo ci riuscirai... sei fatto così e non intendo cambiarti; solo... vorrei che stessi più attento, quello sì. Non voglio ritrovarti in bocca a qualche gigante di passaggio”

“Già... deve essere brutto ritrovarsi vedove ancora prima del matrimonio” la canzonò, ricevendo in cambio una piccola gomitata.

“Stai zitto!”

“Mai”.

  
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