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Autore: Marticappy    05/05/2017    0 recensioni
Franca,giovane adolescente di 16 anni, distrutta dal dolore per la perdita della adorata nonna materna, Arabella, riceve via posta il suo diaro. Grazie a lui, riuscirà a capire molti misteri che avvolgono la sua famiglia e la vita di sua nonna, osserveremo il cambiamento che avveine nella ragazza, le sue vicessitudini che la stravolgeranno. Franca riuscirà ad amare ancora sua nonna, pur venendo a conoscenza di ciò che è stata e di ciò a cui ha contribuito? Oppure inizierà ad odiarla? Riuscirà ancora a fidarsi delle persone e, soprattutto, di se stessa?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Storico
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Capitolo 1

Avete presente quei giorni in cui, appena apri gli occhi, capisci che sarà una brutta giornata? Così, senza un motivo apperente. Una sensazione che cerchi di scacciare in tutti i modi, cercando invano di autoconvincerti che se non ci fai caso sarà ugualmente una bella giornata. La luce filtrava dalle tapparelle abbassate, accompagnata da una leggera brezza dovuta alle finestre spalancate. La notte appena passata era stata umida e mi sentivo soffocare, ricordo vagamente di essermi svegliata nel bel mezzo della notte, aver aperto la finestra ed essere tornata a dormire. Mi stiracchio e scalcio via la coperta leggera, che va a formare una piccola montagna in fondo al letto e continuo a fissare il soffitto bianco che grava sulla mia testa a qualce metro di altezza dal me. Con grande sforzo, decido di alzarmi, guidata dall'odore di caffè proveniente dalla cucina. Il contatto dei piedi nudi con il pavimento freddo crea un brivido che mi attraversa completamente, ma solo per qualche istante. Apro la porta della mia stanza e vengo investita della semi-oscurità che regna sovrana nel largo corridoio, che percorro fino alla fine. Giro a destra, percorrendo un corridoio molto più breve, ma decisamente piu illuminato e appena varco l'enorme arco in pietra al suo termine, mi ritrovo catapultata in una spaziosa cucina. E' uno dei miei locali preferiti di tutta la casa: le pareti sono ricoperte da piastrelle colorate a formare motivi arabeggianti e floreali, i mobili, che si arrampicano anche sulle pareti, sono in legno scuro con i ripiani in marmo bianco. Al centro domina un enorme tavolo circolare, coperto da un leggero copritavolo in lino, trattenuto al centro da un cesto ricolmo di frutti estivi per evitare che si sollevi troppo se una folata di vento particolarmente forte entri dall'enorme balcone, sempre con le finestre rigorosamente socchiuse. Apro leggermente le imposte e trovo mia nonna Arabella seduta su una sedia in vimini, nel suddetto balcone, intenta a godersi la vista della spaiggia vuota di nostra proprietà su cui affaccia la casa e delle onde azzurine del mare, che languide e indisturbate, lambiscono la sabbia. La nonna sorseggia tranquillamente il suo solito caffè amaro, mentre la leggera brezza marina agita leggermente la sua vestaglia da notte in seta lilla, stretta in vita un nodo, che lascia intravedere la camicia bianca da notte, e i capelli bianchi intrecciati con cura in una treccia a spiga di pesce. Sul tavolo una caffettiera, la zuccheriera, una tazza ancora da riempire e un cornetto al cioccolato ancora caldo.
"Buongiorno nonna" mi avvicino e le poso un bacio delicato sulla guancia,a cui lei risponde con un sorriso.
"Buongiorno tesoro mio, siediti e prendi un po' di caffè"
Mi siedo davanti a lei e inizio a sarvirmi. Mentre bevo il mio caffè, mi metto anche io a osservare il mare, che si estende come una tavola blu a perdita d'occhio, fin quasi a legarsi al cielo. E' quasi ipnotico nei suoi movimenti, nella sua marea così precisa e cadenzata tipica di una calda mattinata di metà agosto. Mi volto verso mia nonna.
"Nonna, come ti senti oggi?" lei si gira verso di me, scrutandomi con i suoi intensi occhi blu notte, quasi neri. Ho sempre adorto i suoi occhi, sono così particolari. La nonna mi racconta sempre che sua mamma, quando era ancora piccola, le diceva che aveva gli occhi di quel colore per tutto il tempo che pssava a guardare le stelle durante la notte e che i suoi occhi, innamoratasi di quel colore, lo abbiano fatto loro. Il bel viso, dai lineamenti delicati, è attraversato daprofonde rughe, tuttavia non perde la sua espressività e l'aria di tranquillità ed eleganza che riesce a emanare da quel corpo minuto è sorpendente. Le dita affusolate e leggermente tremanti raggiungono le mie sul tavolo e mi affretto a stringerle. Mi sorride amorevolmente.
"Sto bene Franca, oggi sto veramente bene" le sorrido anche io in maniera rassicurante, avvicino alle labbra le sua mano, le lascio un leggero bacio e poi continuo a bere il mio caffè, ancora tiepido.


E forse in quel momento avrei dovuto iniziarmi a preoccupare davvero. Quel suo improvviso sentirsi meglio, quel suo sguardo invaso da un puro oceano di calma, i suoi continui sorrisi dolci e rassicuranti. Forse, se avessi indagato meglio, se le avessi fatto più domande su come si sentiva veramente senza lasciar cadere il discorso, allora forse....si, ma lei mi avrebbe detto come stava veramente? Conoscendola, mi avrebbe riso in faccia, dicendomi che ero troppo paranoica, di farmi meno problemi e piuttosto di aiutarla a tagliare l'insalata, che ormai non era più brava col coltello. O forse quel giorno stava veraemente bene, come la quiete prima della tempesta. Come se un qualche Dio, se mai esiste, avesse deciso di dornarle la pace, almeno l'ultimo giorno della sua vita. Mi aveva lasciato, anzi no, per una volta non mi comporto da egoista, ci aveva lasciato in maniera silenziosa, nel sonno.

Dopotutto, quella era stata una giornata tranquilla, ma stavo morendo di sonno e così anche la nonna. Dopo esserci date la buonanotte, andammo ogniuna nelle rispettive camere. Anche quella si prospettava una nottata calda, così decisi di spalancare le finistre e di non abbassare completamente la tapparella, ma di lasciarla un po' socchiusa, per far filtrare più aria. Mi stesi sul letto e in pochi minuti mi addormentai.
Mi risvegliali di soprassalto, nel bel mezzo della notte, poichè non riuscivo più a respirare bene. Mossa da un brutto presentimento mi alzo e raggiungo la stanza della nonna. Apro la porta cercando di fare meno rumore possibile, non mi va di disturbarla. Le finestre sono spalancate, le tapparelle alzate per metà, la luce della luna che filtra nella stanza a illuminare il letto matrimoniale sul quale giace la nonna, coperta da una leggera coperta in lino. Mi avvicino cauta al bordo del letto, per osservarla meglio. Il viso è disteso e le rughe sono accentuate dalla luce cudele del satellite, le labbra ricurve in un leggero sorriso, la treccia le ricade morbida sul petto, le braccia abbandonate ai lati del busto e le gambe leggermente piegate verso sinistra. Mi siedo sul borso del eltto e mi avvicino per scostarle dal viso una ciocca di capelli e portarla dietro l'orecchio. Mentre ritraggo la mano, però mi rendo conto che c'è qualcosa che non va. Il petto non si solleva, la mia mano non si va a scontrare con il respiro caldo che di solio esce dal naso. Sono presa dal panico. Mi arrampico ancora di piu sul letto, comincio a chiamarla , scuoterle il braccio, passarle freneticamente una mano sulle guancia.
Ma non si sveglia.
La nonna non si sveglia.
La nonna non c'è più. Non ci sarà più per sempre.
La consapevolezza. Subentra la consapevolezza che non potrò più vederla, viverla, volerle bene, che quando parlerò di lei dovrò utilizzare il passato. Che non potrò più chiamarla in lacrime elemosinando conforto. Che non potrò mai più ascoltare le sue storie narrate con voce dolce.
Che non potrò più cucinare con lei, non le potrò più fare compagnia durante le lunghe passaggiate fatte in silenzio in riva al mare.
Che non potrò più contare su dei lei.
Perchè lei non c'è più.
Non ci sarà mai più.
E piano piano la dimenticherò e quando arrivrò alla sua età, di lei, nella mia mente, non rimarrà niente altro che una sua utopia.
E quasta volta piango, piango come una bambina di cinque anni, senza contenermi in alcun modo. Tanto non c'è nessuno ad ascoltarmi. Non ci sarà più nessuno.


Continuo a bombardarmi la testa di frasi ipotetiche, di domande retoriche che non troveranno mai risposta anche adesso, che sono chiusa a chiave nella mia stanza, raggomitolata a riccio al centro del tappeto rosso nel mezzo della mia stanza, lo sguardo vacuo e perso nel vuoto. Un forte bussare alla porta e una odiosa voce stridula, che conosco fin troppo, mi fa sussulatre e mi riporta alla realtà.
"Scansafatiche, muoviti ad aprire questa porta! Non ho tutto il giorno io, non sono mica una perdigiorno come te!"
Mi sollevo da terra, rassetto la maglietta per renderla più decente e meno spiegazzata e vado ad aprire la porta. Davanti a me mi si para mia sorella Cecilia. E' più grande di me di circa due anni e nel complesso è un bella ragazza: fisico atletico e slanciato, i capelli corvini legati in una coda alta, il viso truccato pesantemente, con gli occhi verdi resi ancora più inensi dal trucco. L'unica cosa a rovinare un po' il tutto è il naso aquilino, ereditato da mio padre. Da come è vestita, sicuramente sta per uscire con il suo ragazzo Marco. Sono ormai le dieci di sera e sono passati due giorni dal funerale della nonna e sembra che tutti siano tornarti alla loro vita di prima. Io ancora non ci riesco. Non sono riuscita a smuovermi dal mio assetto di stasi in cui sono caduta e non è che la mia famiglia aiuti molto. Per esempio, mia sorella mi detesta. Non ho mai capito da cosa nasca tutto questo odio che ha nei miei confronti,è sempre stato così. Da sempre.
"Cecilia, mi spieghi che vuoi?"
Lei mi porge un pacco che teneva stretto tra le mani smaltate di rosso cremisi con faccia disgustata.
"Tieni pezzente, è arrivato questo pacco questo pomeriggio e a quanto ho capito è per te. Mi chiedo chi abbia il coraggio a inviare qualcosa a una sgorbia come te!"
Prendo il pacco tra le mani: è avvolto da una carta color carta da zucchero e tenuto insieme da uno spago. Con un pennarello nero c'è scritto solo il destinatario, ovvero io, e il mio indirizzo.Nessun mittente.
Sbatto la porta in faccia a mia sorella, la richiudo a chiave prima che possa entrare e farmi un qualsiasi tipo di ramanzina. Mentre mi siedo sul letto,la sento urlare, o meglio, starnazzare, su quanto io sia idiota, maleducata e rimbecillita e di quanto questo suo continuo irritarsi le facesse venire prima le rughe, e alla fine inizia regnare il silenzio in casa dopo che lei se ne è uscita di casa sbattendo la porta. Aspetto altri cinque minuti per scartare il pacco, giusto per essere sicura che non provengano rumori di passi dal corridoio in direzione della mia stanza, così da non essere disturbata.
Sfilo lo spago e scarto la carta, quasi come se fosse il giorno del mio complenno. Mi ritrovo così, stretto tra le dita, quello che all'apparenza sembra essere un diario in cuoio con sopra vergato a fuoco, in caratteri dorati, il nome di mia nonna: Arabella. Mentre lo sollevo, per avvicinarlo al viso, noto che dal diario è scivolata una lettera che giace inerme sul pavimento. La raccolgo e la avvicino alla luce della lampadina sul comodino di fianco al letto. E' una semplice busta bianca, siggillata da cera rossa su cui è impesso lo stemma di famiglia della nonna. Sul retro, scritto in caratteri eleganti, con la calligrafia della nonna, il mio nome. Apro rapidamente la busta ed estraggo la lettera. La apro e davanti a me si mostra questo testo:

Mia nipote adorata,
spero tu non sia troppo triste per la mia uscita di scena e spero di non essere morta in modo doloroso, col volto trasfigurato dal dolore. Se è così,spero tu non mi abbia visto e che i tuoi genitori abbiano avuto l'accortezza di non mostrarmi in tale stato ai tuoi occhi, ma, conoscendoti, farai carte false pur di vedermi nei miei ultimi istanti. Spero inoltre che non sia tu a trovarmi ormai priva di vita, se mai non sarò su qualche letto di ospedale. Nipote cara, non so ancora il giorno preciso in cui morirò, ma ho gia predisposto tutto in modo tale che questo pacco ti arrivi almeno qualche giorno dopo il mio decesso. So quanto tu possa essere turbata e malinconica e anche arrabiata con me per averti lasciata sola, ma non è vero : nessuno è mai completamente solo, anche quando ci sembra di esserlo. Posso solo immaginare il senso di smarrimento che stai provando in questo momento e tutte le domande che ti stanno passando per la mente. Spero che questa mia lettera possa chiarirti le idee. Ti immagino seduta sul letto, col mio diario poggiato sulle gambe e sporta verso la lampadina sul comodino per vedere meglio cosa c'è scritto su questa lettera. E' così? Anche io mi sono posta molte domande: è giusto che mia nipote venga a conoscenza di ciò che sono stata? Sarà delusa? Mi vorrà ancora bene dopo aver conosciuto il mio passato? Riuscirà a capirmi, a cercare di capire le mie ragioni? Spero e confido che dopo aver letto il mio diario tu continui a provare affetto nei miei confronti e se così non sarà, molto ne soffrirò, ma me ne farò una ragione. Franca, mio caro tesoro, quello che hai ricevuto è il mio diario, su cui vi ho scritto per molto tempo. In mezzo troverai anche delle lettere, che ti aiuteranno a capire meglio. La mia vita non è stata così facile come si crede, non sono sempre stata la signora calma che abita in una villa sul mare della Sicilia, anche io sono stata giovane, ho commesso errori su errori, sono migliorata e cambiata nel corso di questi quasi ottanta anni, come è giusto che ogni essere umano faccia. Ho conosciuto ogni parte di me stesse, sono arrivata ad amarmi e ad accettarmi per ciò che sono ed ero, spero che lo farai anche tu. Non ti chiedo di accettarmi e amarmi come prima dopo aver letto queste mie memorie, ma almeno di accettare e amare te stessa quanto ti amo io.
Ora ti lascio alla lettura del mio diario e quasi mi imbarazzo ancora a farti conoscere alcune parti di me.
So che ti farai la giusta opinione di me e che forse, un giorno mi apprezzerai ancora di più di come hai fatti mentre ancora camminavo su questa Terra.
Con amore
sempre tua
nonna Arabella Montaperto









 
   
 
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