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Autore: Mannu    06/05/2017    0 recensioni
Evan Karman, misterioso e imprendibile sicario, da qualche tempo ha assunto una nuova collaboratrice. Pianificatore meticoloso e attento, stavolta si trova ad avere a che fare con qualcosa che non aveva previsto. Un difficile lavoro da portare a termine e Nadia, la sua nuova e ingombrante "dipendente" che si rivela essere invadente e...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Professionista'
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In società
3.

- Immaginerà facilmente, signorina Fernandes, come sia impossibile per me darle una garanzia qualsiasi se lei si ostina a oppormi questo atteggiamento non collaborativo.
Karman la fissò per qualche secondo poi con uno scatto acciuffò Nadia appena in tempo. Il braccio bloccato nella posizione più arretrata, il polso all’altezza della testa stretto nella forte presa di Karman, gli obliqui occhi fiammeggianti di lei che sembravano volerlo tagliare come laser. Hanna Fernandes era una ragazza dall’aspetto solido e ben proporzionata, non certo il modello anoressico così duro a sparire dalle riviste d'alta moda. Ma non avrebbe retto un pugno di Nadia, non di quel genere. Karman sostenne lo sguardo furente della sua collaboratrice e la dissuase con un lento e ponderato cenno di diniego della testa, un divieto che non ammetteva repliche. Nadia abbassò il braccio e sembrò controllarsi, ma Karman sapeva per esperienza che non era finita lì. Nell’eterno gioco del buono e del cattivo la sua bionda aiutante pretendeva sempre la parte del cattivo perché le piaceva da matti andarci pesante con le mani.
Karman trascinò una sedia vicino alla ragazza che teneva il mento contro il petto e si sedette. Con fare affettuoso le scostò i capelli dal viso umido di pianto e rigato di nero trucco colato. Inespressivo come solo lui poteva essere l’afferrò dolcemente per il mento e le sollevò la testa, costringendo la giovane mediatrice a guardarlo in faccia.
- Ti faccio un breve riassunto. L’ultimo. Il tuo memobox è tutto quello che mi interessa. Che tu lo voglia o no, l’avrò. Se non lo sblocchi tu lo farò io. Ne ho i mezzi, credimi. Se mi resisti ti aprirò il cranio e te lo espianterò personalmente. So farlo, anche di questo puoi essere certa. Oppure puoi scaricarlo in questo deck, già decifrato se tu volessi essere così cortese.
Prese il piccolo apparecchio elettronico e lo mostrò nuovamente alla ragazza che abbassò gli occhi su di esso e lo fissò come una bambina capricciosa potrebbe fare con una medicina amara.
- È la tua unica possibilità di tirare fuori la pelle tutta intera - ribadì lui agitandole il deck davanti al viso. La ragazza rimase inerte, Nadia fremeva di violenza repressa. Solo grazie a Karman la giovane Hanna non aveva ancora sperimentato la durezza dei colpi della bionda valchiria dagli occhi obliqui.
- Il DB è tutto quello che ho - mormorò la ragazza alzando l’unica difesa che le era rimasta. Karman sapeva bene che per una mediatrice le informazioni che accumulava significavano reddito se ben piazzate. La stessa capacità di assorbirle con rapidità ed efficienza, di elaborarle sul posto e fornire anche prime analisi anche piuttosto accurate era apprezzata in molti ambienti. Era quello che la Fernades stava facendo quando lui l’aveva individuata. Una inaspettata risorsa che però poteva trasformarsi da grande aiuto in grande problema. La memoria digitale del memobox che quella giovane aveva nel cervello era un’arma a doppio taglio.
- Hai un bel culo, camperai bene se impari a venderlo - le sibilò contro Nadia, irosa perché minuto dopo minuto vedeva sfumare la possibilità di menare le mani.
- Hai i dati e la vita. Io voglio solo i dati. Il resto te lo puoi tenere - aggiunse Karman.
- Sarà come morire - piagnucolò Hanna con voce rotta. Una mediatrice senza i suoi dati non poteva cominciare da capo. Prima o poi sarebbe circolata la voce che si era fatta soffiare il DB e nessuno le avrebbe più affidato un incarico, nemmeno il più umile. Avrebbe dovuto reinventarsi una vita dal nulla.
A quelle parole Karman si alzò e senza parlare, senza compiere un gesto non essenziale attraversò la camera d’albergo, afferrò una valigia dall’aspetto comune e l’aprì sul letto assicurandosi che Hanna potesse vedere comodamente cosa lui stava facendo. Nadia si mostrò incuriosita. Ne estrasse molti grandi fogli di plastica piegati più volte, una scodella grande, sacchetti di plastica con chiusura ermetica. Da una imbottitura nera sagomata estrasse con delicatezza un meccanismo che la giovane riconobbe subito con un singhiozzo di terrore mozzato. Era un robot chirurgico, un meccanismo autonomo dall’aspetto sinistro. Un brutto incrocio tra un ragno, un granchio e un’aragosta. La corazza segmentata di resistente ABS bianco e le articolazioni protette da morbidi soffietti non lo rendevano più piacevole alla vista. Grande come un vassoio, di quelli stracarichi di stuzzichini golosi che fino a un’ora prima aveva guardato con invidia e un pizzico di appetito al ricevimento della vedova Ghettmann, era dotato di arti multifunzione di acciaio lucido. Poteva aggrapparsi alla testa grazie a lunghe ma robuste zampe articolate, era dotato di sottilissime sonde di fibre ottiche, laser per illuminare, cauterizzare e tagliare, telecamere digitali ad elevata definizione, grandi chele dentellate e sottili micro-pinze manipolatrici, lame, forbici, due seghe circolari specifiche per il taglio del tessuto osseo più duro. Era tutto quanto serviva a Karman per mantenere la sua promessa di aprirle il cranio e prendersi il memobox.
Karman posò il robot sul tavolo e col telecomando lo accese. Il meccanismo scattò rizzandosi prontamente sulle lunghe zampe come un granchio e iniziò la diagnostica di tutti i suoi sistemi. Fu il colpo finale per Hanna, che capitolò singhiozzando disperata.
Mentre il robot chirurgo si guardava intorno coi laser Karman si avvicinò di nuovo alla ragazza piangente e le offrì di nuovo il deck da cyberspazio, abbastanza piccolo da stare nel palmo della mano. Tremante, Hanna lo prese. Scelse poi un’interfaccia ad ago tra quelle presenti nel kit di collegamento che Karman le stava mostrando. Scelse l’ago lungo otto centimetri e lo collegò al deck. Poi scostati i capelli dalla nuca rivelò una piccola zona rasata e tatuata con una elegante chiavetta antica. Con gesti esperti prese la mira con il polpastrello e repentina infilò l’ago per tutta la sua lunghezza.
- Vi odio - sputò con ritrovata fierezza, uno schizzo di rabbia contro Karman che in piedi davanti a lei aspettava inespressivo, e contro Nadia che con una debole smorfia simile a un ghigno sadico aspettava il suo momento seduta scomposta su una poltroncina.
Poi Hanna accese il deck.
Un fremito la scosse. I navigatori del cyberspazio, ciascuno gelosissimo del proprio deck, erano abituati a un istante di smarrimento all’atto del collegamento. Alcuni di loro non a caso lo chiamavano “il tuffo”. Se il tuffo era troppo brusco a causa del deck non configurato si potevano avere pericolose vertigini e nei casi più gravi convulsioni e svenimenti.
La schiena di Hanna si inarcò di scatto, gli occhi si rovesciarono mostrando solo il bianco e dalla bocca schiusa giunsero orrendi rumori mentre la lingua sfuggiva alla stretta dei denti e lacerata scivolava dentro la gola. Le braccia si contrassero in preda a spasmi e per un attimo sembrò che la ragazza volesse aprirsi la camicetta tesa sui seni al punto che si vedeva chiaramente l’impronta dei capezzoli inturgiditi.
Poi si accasciò di colpo immobile, un rivolo di schiuma sanguigna le colò dalla bocca e tutto finì.

- Karman... di tutti i bastardi stronzi e figli di puttana che ho incontrato nella mia vita tu sei quello col punteggio più alto.
Nadia lo osservò mettere via deck, accessori, robot chirurgo e tutto il resto come se niente fosse. Visto che non accennava a uscire dal silenzio di pietra, lo stuzzicò ancora.
- Come cazzo hai fatto?
- Un metavirus da assalto nel deck. Le ha svuotato il memobox e le ha fritto il cervello. Ha... aveva un impianto Hagawara di terza generazione, molto ramificato. Vista, udito, equilibrio, midollo, bio-processore per l’elaborazione primaria, interfaccia dati... tutto collegato. Bello, ma come un castello di carte. E Bitpuk sa il fatto suo.
- Quel moccioso sa come farmi venire i brividi - Nadia si alzò dalla sedia per guardare il cadavere di Hanna - Non hai mai avuto intenzione di lasciarla viva, vero?
Karman le lanciò un’occhiata a metà tra la disapprovazione e lo scetticismo.
- Una mediatrice con un memobox del genere? Ci ha visti in faccia entrambi e peggio ancora era perfettamente in grado non solo di ricordare dove, come e quando è successo, ma ha... aveva capacità di analisi immediata dei dati raccolti. Ha una CPU nella testa. E il suo mestiere era vendere al miglior offerente i dati, grezzi o elaborati. Una vera mina vagante. Sono stato fortunato ad accorgermi di lei.
- A proposito, come hai fatto? - volle sapere Nadia. Karman chiuse con uno scatto la serratura della valigia e la tolse dal letto.
- Osservazione. L’ho vista parlare con la Ghettmann. Aveva degli atteggiamenti rivelatori. Fortunatamente non era in grado di reagire agli scompensi provocati dai suoi impianti: attimi di assenza, di smarrimento appena percepibili. Movimenti compensatori spiegabili solo come copertura per i tempi di elaborazione. Un mediatore o una mediatrice più addestrata sarebbe forse passata inosservata a chiunque. E Bitpuk ha scoperto che stava usando un nome falso.
- Quindi potrebbero essercene altri? - si stupì Nadia.
- Raramente lavorano in coppia e il numero di persone da tenere sotto controllo oggi non era così elevato da richiedere due mediatori. Poi c’è sempre Bitpuk per queste cose. Vuoi sapere altro?
Nadia si strinse nelle spalle. Bitpuk era l’elemento che nella squadra di Karman si occupava di fornire copertura informatica. Un arrogante ragazzino che lei avrebbe volentieri gonfiato di sberle solo per l’innata abilità coi computer che ostentava.
- Due cose soltanto... ti rendi conto che dovrò picchiare te per sollevarmi il morale - indicò il cadavere sulla sedia - e... chi pulisce? Il signor Brown?
Karman si mise la giacca sul braccio e sollevata la valigia da terra si diresse verso la porta della stanza d’albergo. Si voltò tenendo una mano sulla maniglia come se si ricordasse solo in quel momento di dover rispondere alle domande della sua bionda aiutante.
- Me ne rendo conto. Pulirai tu, ovviamente. Ci vediamo.
   
 
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