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Autore: Mannu    06/05/2017    0 recensioni
Evan Karman, misterioso e imprendibile sicario, da qualche tempo ha assunto una nuova collaboratrice. Pianificatore meticoloso e attento, stavolta si trova ad avere a che fare con qualcosa che non aveva previsto. Un difficile lavoro da portare a termine e Nadia, la sua nuova e ingombrante "dipendente" che si rivela essere invadente e...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Professionista'
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In società
4.

Da sola nella grande suite Nadia, ancora immersa nel ruolo di Hoshi Nakano adorabile e brillante moglie di Eric Valdemort, si stava annoiando.
Aveva già superato la fase dei videogiochi e dei fumetti, da godersi rigorosamente a pelle nuda. Aveva aumentato il riscaldamento fino a far scattare l’avviso automatico per il solo gusto di potersi denudare senza soffrire il freddo. E per rimbeccare l’addetto dell’albergo intervenuto poco dopo, minacciandolo dolcemente e con stile. Annoiata anche da quel breve e sciocco divertimento aveva finito con il rovistare dapprima tra i vestiti di Karman, scegliendo per capriccio di indossare una delle sue magliette, e poi di sbirciare nel suo computer.
A gambe incrociate davanti alla tastiera olografica proiettata sul tatami, Nadia se ne stava lì in mutandine, maglietta e ventre scoperto. Cercava nuovi modi di incrociare l’archivio dati estratto a viva forza dal memobox della mediatrice Hanna, di cui lei in prima persona aveva dovuto smaltire il cadavere, e il flusso di dati proveniente dal dispositivo di sorveglianza che Karman aveva ricavato incrociando un sensore militare per rilevazioni satellitari e una costosa macchina fotografica con obiettivo digitale di ultima generazione.
Il software era potente e ben congegnato. Lei non era a suo agio coi computer: sapeva usarli quel tanto che le bastava. Ma per riconoscere un lavoro ben fatto non bisognava essere un demonio dell’informatica come Bitpuk. Ogni tentativo di alterare i parametri di esecuzione era subito rintuzzato dal software, ogni modifica annullata. Nadia era sufficientemente esperta da capire che avrebbe finito col rallentare l’esecuzione delle routine di riconoscimento: tutti i suoi tentativi di dare una mano sembravano destinati a produrre solo intralci. Il sistema era configurato bene e, apparentemente, non era possibile fare di meglio.
Così cominciò a frugare in giro nella memoria di massa del computer. Incappò ovviamente nelle false piste lasciate lì apposta da Karman per deviare l’attenzione dalle cose serie, trovò tutte le trappole che lui stesso le aveva insegnato a disporre per impedire che qualcuno facesse esattamente quello che lei stava facendo in quel momento. Intrigata dalla relativa facilità con cui aveva penetrato le difese più esterne della macchina, passò a esaminare il bottino. Informazioni su armi tra cui spiccava una che riconobbe subito: aveva visto Karman studiare le caratteristiche di quel fucile e anche lei se n’era interessata. Un’arma di precisione in grado di colpire a duemila metri di distanza, con ottiche capaci di correggere la mira da sole calcolando in tempo reale la rotazione del cilindro di Apollo, la gigantesca stazione orbitante in cui viveva parte dell’umanità sopravvissuta. Tutto il mondo a lei noto. Una persona appostata sul tetto di un edificio del settimo settore avrebbe potuto colpire indisturbato chiunque nel raggio di due chilometri. Il che, data la densità della popolazione, significava un sacco di gente. Anche considerato il fatto che il settimo settore era quello più ricco e quindi meno popolato.
Saltando di ipertesto in ipertesto passò dal meccanismo di caricamento del fucile alle tecnologie di trattamento dei metalli per armi, dalle canne rotomartellate alle rigature poligonali, dai proiettili monolitici alle gelatine balistiche. Karman aveva un database personale pieno zeppo di informazioni su armi e armamenti di ogni tipo, dalla comune pistola fletcher ai missili antinave “stand-off” intelligenti. In alcuni casi, e non si spiegava perché solo in così pochi record, il database era particolarmente ricco di informazioni “piccanti”, molto intime riguardo modifiche e tecniche di produzione estremamente specifiche. Lesse distrattamente la dettagliata procedura per la fabbricazione di un fumogeno artigianale e della sua variante tossica, ma non trovò nulla che catturasse a lungo la sua mente. Si sentiva troppo annoiata per concentrarsi davvero su qualcosa: la sua attenzione era così volatile che le sue dita cliccavano ipertesti ancora prima che gli occhi vi scorressero sopra e che il cervello ne comprendesse il contenuto.
Musica, pensò d’un tratto. Aveva voglia di musica. Doveva pur essercene su quel computer. Pensandoci bene non si sentiva interessata ad ascoltare musica in generale: voleva scoprire i gusti di Karman. Lanciò un paio di ricerche e presto il computer le restituì alcuni file. Con sua grande delusione trovò solo musica molto commerciale, troppo scialba per uno come Karman perfino se lui fosse stato un maniaco delle armi da fuoco e basta. Nadia sapeva invece che l’uomo che l’aveva tolta dalla strada poco tempo prima non era affatto un ignorante dai gusti telecomandati dalla moda, ma una persona con una certa cultura e gusti ben definiti. Era chiaro che quella musica scipita e male assortita era lì solo per costituire un diversivo di qualche genere.
Un file mischiato in mezzo ad altri che non c’entravano nulla attirò la sua attenzione per via delle dimensioni. Era di due ordini di grandezza superiore a tutti. La incuriosì il fatto che il sistema lo considerava come un ologramma dello stesso tipo degli altri. Senza pensare alle possibili conseguenze per la complessa elaborazione in corso Nadia avviò la riproduzione.
Obbediente l’impianto olografico della suite di lusso di Eric Valdemort fece zampillare a mezzo metro da Nadia un ologramma alto due spanne.
Tutta la noia del pomeriggio da sola fluì via da Nadia come acqua da un bicchiere rovesciato. Uno spot pubblicitario. Non uno qualsiasi, ma quello spot. Lo riconobbe subito. Il vuoto dentro il petto e la testa fu presto colmato da liquida rabbia incandescente. Gelosia, si corresse dandosi anche della stupida. Ma chissenefrega se sono gelosa, pensò poi. Sono gelosa, sì! E allora?
Come se volesse soffrire e infuriarsi ancora di più Nadia gettò le dita sulla tastiera olografica, che nel frattempo si era riconfigurata per offrirle i comandi multimediali contestuali a ciò che stava riproducendo. Con lo zoom ingrandì l’ologramma che resse tranquillamente l’aumento delle dimensioni dell’immagine, rifiutandosi di perdere risoluzione e mostrare pixel sgranati e sfuocati perfino quando Nadia ebbe di fronte a sé una gigantessa di tre metri e mezzo. Straripante con tutte le sue curve da un brillante bikini giallo che sembrava studiato a tavolino per giungere a mostrare tutto il possibile senza far scattare il permissivo controllo parentale, sorrideva e ammiccava al limite delle ridotte capacità di un’attrice meno che dilettante. La riproduzione continuava ripetendosi: era un loop fluido e ben pensato di poco meno di dodici secondi. Oltre la protagonista non avrebbe retto, pensò lei con cattiveria.
Con rabbia e risentimento tipicamente femminili che si arrotolavano in una zuffa corpo a corpo nel suo petto, Nadia cercò di considerare meglio la sua scoperta. Da un lato una parte di lei tentava di giustificare Karman. Era un uomo, coi tipici limiti maschili: in fin dei conti era comprensibile che provasse un po’ di attrazione per il fenomeno del momento (di qualche mese fa, si corresse subito Nadia: quella puttanella pubblicitaria aveva girato ben pochi spot commerciali per poi sparire nel nulla come migliaia di altre, secondo la moda vigente che consumava volti e corpi in poche settimane) al punto di salvare lo spot sul computer per poi poterlo rivedere a piacere. Un po’ adolescenziale come comportamento, ma comprensibile.
Dall’altro lato non poté fare a meno di notare che quello non era lo spot andato in onda sulla Rete. Era troppo risoluto, e perfino diverso. Se lo ricordava bene l’originale televisivo. Karman aveva sparato a due oloproiettori a causa di quello spot. Quello era studiato per una riproduzione fluida a ciclo continuo, con l’immagine olografica ad alta risoluzione a colori e di grandi dimensioni tipica dei grandi spazi commerciali. Karman aveva troppo stile per rubacchiare una copia a bassa definizione da uno streaming pubblico. Aveva violato qualche server privato, di certo uno appartenente alla rete dello sponsor committente, e aveva copiato il file da lì. Non si era accontentato. Era uno dei motivi per cui lo adorava, ma in quel momento l’avrebbe preso a calci nelle palle.
Osservò la gigantesca ragazza passeggiare provocante qua e là nella suite sorridendo e scuotendo la cascata di ricci scuri che le carezzava la schiena e le spalle, un’immagine così vivida e perfetta da sembrare reale. Troppo perfetta, pensò Nadia. Nonostante quella cagnetta fosse lontanissima dall’anoressico standard delle modelle sempre vigente, era troppo perfetta per essere vera. Certo l’immagine era studiata e la post-produzione aveva lavorato a lungo sul girato originale. L’ambiente tropicale in cui la scena si svolgeva, per esempio, non esisteva più da nessuna parte se non come ricostruzione artificiale. Stanca di tenere indietro la testa e di aver davanti agli occhi le ginocchia elettronicamente rifatte di quella stupida attricetta a tempo perso, ripristinò l’ingrandimento e si alzò in piedi.
Come pensavo, constatò soddisfatta. Alla grandezza naturale guadagnava sì un realismo incredibile tanto che pareva di averla davanti in carne e ossa, ma perdeva molto della sua appariscenza. Non era ovviamente altra tre metri e mezzo ma arrivava forse a uno e ottanta e tutte quelle curve, una volta riportate alla scala corretta, non erano poi così entusiasmanti. Il ridotto bikini però conservava intatto il suo potere. E se lo percepisco io chissà un uomo, pensò con astio.
In quel momento si aprì la porta d’ingresso e sulla soglia apparve Karman.
- Non dovresti pasticciare col mio computer. Non ti basta la dotazione dell'albergo?
- Ciao – rispose lei gelida. Stava imparando a conoscerlo: il fatto che non avesse salutato era un sintomo di nervosismo. Non era facile vivere a fianco di quell'uomo e comprenderlo: come pretendere di imparare come funziona qualcosa semplicemente guardandolo da lontano. Difficilissimo.
- È da mezzora che sto ricevendo allarmi di ogni tipo... cosa stai cercando? Non quella pubblicità, spero.
Nadia gettò uno sguardo alla mora straripante dal bikini intenta nella sua ripetitiva passeggiata per poi tornare a fissare Karman che si toglieva la giacca e le scarpe. Pareva il perfetto marito che torna a casa la sera in tempo per la cena, che non vuole calpestare il tappeto buono né stropicciare la giacca abbandonandola sul divano.
- Sono gelosa! - annunciò infine a gran voce, standosene in piedi nel mezzo del tatami.
- Di un ologramma? - rintuzzò lui.
- Di questa troietta qui! - Nadia additò l'ologramma come se fosse una persona reale che potesse offendersi. L'avrebbe voluta presente davvero non solo perché potesse sentire gli insulti, ma anche per regalarle una cura di bellezza che le avrebbe guastato la carriera di indossatrice di costumi da bagno. Per sempre.
- Tu mi rinfacciavi una cotta adolescenziale per costei e ora ti metti a fare adolescenziali scenate di gelosia?
- Esattamente! - Nadia sentì il gelo dell'imbarazzo avvolgere il calore della gelosia cominciando a spegnerlo. Anche stavolta Evan aveva ragione. Sul punto di sbottare, si trattenne all'ultimo momento.
- Hoshi, Hoshi... ti voglio bene lo stesso.
Lo odiava quando riusciva ad avere ragione. Era un vero professionista: era nel ruolo di Eric Valdemort e pensava come Valdemort. Contrariamente a lei che per un paio di volte era stata sul punto di chiamarlo Evan.
- Quindi niente in contrario se cancello questo cazzo di file, no?
- Se ci riesci... - la sfida era lanciata. Mentre l'osservava sbottonarsi la camicia Nadia concluse che se avesse tentato di cancellare il file non ci sarebbe riuscita. Non col metodo più semplice, almeno. Sapeva che Karman non era uno sprovveduto e in più il computer era protetto dalle diavolerie di Bitpuk. Ma solo per il gusto di fargli un dispetto, non avrebbe lasciato nulla di intentato.
Fissava torva ora il computer ora Karman che appendeva ordinatamente i suoi abiti quando si udì chiaramente un segnale acustico. Un breve, acuto suono che lei non riconobbe. Non era uno dei soliti suoni di sistema e aveva destato l'attenzione di Evan.
- Che cazzo succede? - chiese, ma non ottenne risposta. L'uomo aveva interrotto ciò che stava facendo e mezzo nudo stava colmando a grandi passi la distanza che lo separava dalla tastiera proiettata sul tatami. Senza fretta ma con decisione si sedette a gambe incrociate e inespressivo gettò le mani sui comandi olografici del suo computer.
In un istante l'ologramma in bikini scomparve, lasciando la stanza nel buio. Poi con veloci tocchi delle dita Karman impostò uno schermo olografico bidimensionale a bassa luminosità e di piccole dimensioni, orientato in modo bizzarro. Nadia si chiese il perché, poi cercò di ragionare come il suo uomo per trovare la risposta. Devo cercare di essere più paranoica possibile, si disse. Inginocchiatasi al suo fianco si mise a seguire passo per passo ciò che lui stava facendo. Controllo remoto delle protezioni informatiche dell'albergo, apertura di tunnel crittografati, attacco informatico alla rete delle telecamere di sicurezza: in pochi minuti furono al centro di una barriera digitale ancora più forte del solito, ma al tempo stesso discreta. Lui e Bitpuk dovevano avere predisposto tutto già da tempo poiché lo vide attivare ciascuna cosa in pochi secondi. Troppo poco tempo anche per uno molto bravo.
Poi passò al software di elaborazione delle immagini. Aveva trovato il loro uomo. Ne mostrava sia il volto di riferimento, una vecchia immagine poco risoluta, sia quello fotografato dalla macchina modificata da Karman. Era un po' cambiato: aveva naso e bocca rifatti dal chirurgo, portava una barba corta, aveva cambiato drasticamente il colore e il taglio dei capelli e perfino il colore dell'iride. Non era bastato a nascondersi da Karman. La probabilità era del novantanove virgola tre per cento. L'immagine era un ritaglio di un fotogramma scattato attraverso la vetrata della sala dei ricevimenti della vedova Ghettmann. Non lontano dall'uomo, giovane ed elegante, Nadia poté distinguere senza ombra di dubbio se stessa sorridente, un calice di spumante dorato in mano. L'uomo nel riquadro, sorpreso mentre osservava il paesaggio offerto dalla finestra panoramica, le stava molto vicino.
Nadia fischiò. Era un bell'uomo.
   
 
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