Se Shikamaru Nara doveva essere descritto in quel momento con una sola
parola, quella sarebbe stata proprio “nervoso”. Non nel senso figurativo,
quanto nel senso più letterale del termine. Era terribilmente nervoso dentro
quel kimono tradizionale nero, con i capelli legati nella solita coda ad ananas
tipica dei Nara e la sigaretta in bocca.
Tutto questo è
una vera seccatura.
Sbuffò una nuvola di fumo, guardando il cielo imbrunirsi. Si alzò un
leggero venticello che portò via quella scia di fumo che usciva dalla sua bocca
e dall’estremità della sigaretta.
Mai, mai si sarebbe sognato di fare una cosa del genere, di trovarsi
in un posto del genere, e di pensare di star per fare una cosa del genere. Cosa
gli era preso?
“Siamo pronti?”
Spostò lo sguardo dal cielo alla persona che aveva parlato,
osservandola come se fosse qualcosa di fastidioso. Tutto in quel momento, per
Shikamaru, era fastidioso. Il luogo, l’abito, la persona davanti a sé.
“Sta per arrivare. Attenda due minuti.”
Vide l’uomo annuire e mettersi dietro un piccolo altare che si trovava
in quel tempio, per poi tornare a guardare insistentemente il cielo. Era
davvero la cosa giusta da fare, in quel momento?
Sei
giorni prima.
“Shikamaru! Cosa non riesci a capire di tutto il discorso
che ti ho fatto qualche istante fa?”
Una Temari molto arrabbiata aveva appena sibilato quelle
parole ad un povero Shikamaru che, colto alla sprovvista, non aveva sentito
praticamente nulla di quel discorso. Non che l’avesse fatto di proposito, ma
erano frequenti quei colpi di sonno che lo prendevano improvvisamente, e la
conseguenza era che non aveva praticamente ascoltato nulla del discorso che gli
aveva appena fatto Temari.
Doveva essersene anche accorta, visto lo sguardo di odio e
di fuoco che gli lanciò. Se lo sguardo avesse potuto uccidere, quello di Temari
avrebbe come minimo disintegrato il povero Shikamaru. Così, invece di dire
qualcosa, la guardò semplicemente, aspettando che lei gli facesse un riassunto
di tutto quello detto precedentemente. Ma non avvenne, e la cosa lo mise in
allarme. Una Temari che non ripeteva quello appena detto era una Temari molto
arrabbiata, ed una Temari molto arrabbiata poteva nuocere gravemente alla
salute di uno Shikamaru.
“Per oggi finiamola qui. Non ho intenzione di lavorare con
te che ti addormenti di continuo. Proseguiremo domani.”
Sbatté con forza un foglio sul tavolo di legno ed uscì
dalla stanza a passo di marcia, nemmeno stesse partendo per la guerra. Eppure
loro si trovavano davvero in guerra, ma in quel momento non capì davvero che
cosa fosse preso alla sua compagna.
“Che seccatura.”
Gli occhi, inevitabilmente, finirono sul foglio, e poco
mancò che avesse un mancamento nel leggere un “Mio caro Shikamaru”.
Era di questo che gli stava parlando prima Temari? O era
per questo che era arrabbiata con lui?
Alzò il busto, allungò la mano e prese quel foglio di
carta, cominciando a leggerlo.
Mio caro Shikamaru,
è tutta la vita che aspetto questo
momento. È tutta la vita che aspetto di incontrarti da sola e di vedere la tua
reazione. Ti ho visto crescere osservandoti da lontano, rimanendo nell’ombra
perché non potevo fare altrimenti.
Non dovrei neppure scriverti questa
lettera e invece sono qui a scriverti del mio amore per te, un amore che sto
tenendo dentro di me, nascosto da troppo tempo ormai. Non dovrei amarti, eppure
non posso farne a meno. È un qualcosa di forte, un qualcosa che mi squarcia il
petto.
Sei la sola ragione che riesce a
farmi rimanere lucida in questo mondo dilaniato dalla guerra. Il tuo pensiero
riesce a farmi andare avanti, facendomi sopportare ogni cosa.
Quando ti penso, sento qualcosa di
nuovo dentro di me. All’inizio non ci facevo molto caso, ma col passare del
tempo mi sono resa conto di amarti. Non è amore fisico, ma è qualcosa di più,
un qualcosa che riesce a farmi stare bene se so che tu sei vicino a me.
Odio tutti quelli che ti stanno
vicino. Vorrei averti solo per me, senza doverti dividere con qualcuna,
beandomi della tua vista e della tua presenza.
Le lettere sono l’unico modo che ho
per comunicare con te, perché non sono un tipo espansivo e non amo mostrare i
miei sentimenti.
Quanto vorrei che anche tu ricambiassi
i miei sentimenti, Shikamaru. L’unica cosa che voglio in questo momento è
stringerti fra le mie braccia e sapere che esistiamo solo io e te. Per la prima
volta in tutta la mia vita mi sono innamorata di una persona, e l’unica cosa
che voglio è stare con te, ma voglio sapere se l’amore che provo non è
corrisposto.
Ecco il mio segreto. È molto
semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.
Dammi una possibilità, vieni alle
porte della città a mezzanotte in punto stasera.
Tua
Shiho.
Fu in quel momento che tutte le
tessere del puzzle si incastrarono fra loro, componendo un quadro chiaro e
conciso. Temari aveva letto quel foglio, pensando che fosse uno dei tanti fogli
da revisionare per l’Hokage, e adesso si trovava in un mare di guai. Non aveva
mai pensato a Shiho in quei termini, perché per lui era semplicemente
qualcuno che l’aveva aiutato, in passato, a decifrare il codice di Jiraya. Ma
adesso…
Come poteva spiegare a Temari che
lui non provava niente per Shiho? Era una ragazza, non era fastidiosa come
tante altre ragazze, ma lui non la vedeva in quel modo, non la vedeva nello
stesso identico modo in cui vedeva lei.
Adesso che cosa faccio?
Nella
sua mente passarono vari piani, vari tentativi di spiegazione, ma vennero tutti
bocciati. Se si fosse presentato in quel momento da Temari, lei avrebbe capito
tutt’altra cosa e avrebbe frainteso tutto.
“Ma
perché non posso avere una vita normale?”
Quasi
urlò esasperato. Lui poteva averla una vita normale, una vita tranquilla, se
solo non si fosse innamorato della principessa della sabbia. Adesso
l’unica cosa che gli premeva era di chiarire con lei, ma lo stomaco cominciò a
brontolare. Così, sconsolato, mise la lettera dentro la tasca dei pantaloni, uscì
dall’ufficio e si diresse verso il chiosco di Teuchi, pensando bene di prendere
una porzione per sé e una per Temari per far pace, quando incontrò Ino e Choji.
“Perché
tu e Temari-san non siete insieme?”
“L’avete
vista?”
“Certo.
È uscita qualche minuto fa da Teuchi con una busta in mano.”
Quella
seccatura l’aveva anticipato! Questo voleva dire che non avrebbero pranzato
insieme e che il suo mezzo piano di calmarla con il cibo se n’era andato a quel
paese.
“Sembri
arrabbiato. Cosa è successo? Sai che puoi parlarne con noi.”
Choji
aveva ragione. Si era sempre rivolto a loro per ogni problema, aiutandolo a
capire quello che il suo elevato Q.I. non riusciva a capire. Erano stati anche
loro a fargli aprire gli occhi sui suoi sentimenti nei confronti di Temari o,
per meglio dire, a fargli digerire l’idea che Temari non solo gli piaceva, ma l’amava.
Era costato troppo ammetterlo con sé stesso, perché quel sentimento era
ingombrante per lui, difficile da gestire, come la seccatura di cui si era
innamorato.
“Andiamo
dentro. Con lo stomaco pieno si ragiona meglio.”
“Possibile
che pensi sempre a mangiare, Choji?”
“Ma
è ora di pranzo!”
Sollevò
leggermente il lato destro del labbro in un ghigno divertito.
“Ho
fame anche io. Andiamo, oggi offro io.”
E
dovette trascinarli dentro di forza, perché era un evento più unico che raro
che Shikamaru, il pigro, svogliato, tirchio erede del clan Nara, offrisse loro
qualcosa. Lo guardarono come se lo vedessero per la prima volta. Che fine aveva
fatto il loro amico?
“Teuchi,
quattro porzioni da portare via per favore.”
“Arrivano!”
“Perché
da portare via?”
Shikamaru
si guardò intorno e… no, non poteva parlare ai suoi amici in quel posto dove
ognuno poteva sentire la loro conversazione.
“Ino,
il negozio di fiori è chiuso adesso, vero?”
“Sì,
perché?”
“Possiamo
andare a mangiare lì? È una questione alquanto delicata e non voglio che
qualcuno ci ascolti.”
E
quando Shikamaru esordiva con quella frase, voleva dire che la cosa era molto
seria. Per questo annuirono semplicemente, aspettando pazientemente le loro
porzioni da portare via. Una volta prese e pagate, si diressero verso il
negozio di fiori della famiglia Yamanaka. Si chiusero dentro, con Choji che
distribuiva il cibo, Ino che guardava Shikamaru e quest’ultimo che non sapeva
da dove cominciare il discorso. In cosa potevano aiutarlo?
“Quindi?”
“Ecco…”
Elaborò
diversi discorsi nella sua mente, ed ognuno fu un disastro totale. Perché ogni
volta che si parlava di quella seccatura, i suoi 200 Q.I. non dovevano
collaborare?
“Prima
conviene che leggiate questo.”
Estrasse
dalla tasca la lettera e la porse ai suoi due amici, o per meglio dire, Ino
gliela strappò letteralmente dalle mani. Vedeva i suoi occhi saettare da una
riga all’altra, mentre sul suo viso passavano un’espressione dietro l’altra.
Dallo sconcertato allo stupito, dalla derisione alla consapevolezza che il
suo amico, senza volerlo, si era cacciato nei guai.
Choji
leggeva pure da sopra la spalla di Ino, e dovette anche posare il pranzo per
non rovesciarlo sopra la compagna di team.
“Quindi?
Ci hai fatto leggere questa dichiarazione d’amore sconvolgente e che mai mi
sarei aspettato, ma dove vuoi andare a parare?”
“Non
dirmelo… L’ha letta Temari?”
Donne e il loro fiuto sopraffino, o
forse è solo il loro sesto senso?
“Esattamente.
Deve averla letta mentre io mi ero appisolato per l’ennesima volta, ma non è
colpa mia.”
Sbuffò
e prese dalla tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette, che venne
prontamente rimesso a posto da uno sguardo omicida di Ino.
“E
penso che sia arrabbiata con me anche per il fatto che l’abbia lasciata
lavorare da sola, non prestando minimamente attenzione a tutte le cose che mi
diceva, ma anche qui non è mica colpa mia. Lavoro praticamente giorno e notte e
non riposo quanto dovr-…”
“Stronzate!”
Ino
sbatté le mani sul bancone, pericolosamente vicino al pranzo, prontamente
salvato da Choji. Poche volte l’aveva vista perdere la pazienza così
rapidamente, e tutte le volte era per colpa dell’incapacità di Shikamaru nel
relazionarsi con quella seccatura della sabbia.
“Quante
volte ti ho detto di darti una mossa con Temari?”
“Ho
perso il conto.”
“Quante
volte ti ho detto che devi agire e prestarle più attenzioni?”
“Ma
cosa c’entra tutto questo?”
“C’entra
che non capisci assolutamente nulla di come trattare una donna! Devi dare le dovute
attenzioni ad una donna, specie se è quella di cui sei innamorato!”
Per
quanto riguardava questioni di cuore, di gusti in fattore moda o anche solo in
generale, Ino era la massima esperta che si potesse trovare a Konoha e
dintorni. Quindi, chi meglio di lei poteva aiutarlo in questo guaio in cui si
era ritrovato?
“Stare
18 ore su 24 insieme a Temari, non è già una prova del mio amore per lei? Lo
sai meglio di me che non sono il tipo da smancerie o cose romantiche.”
Ma
l’occhiata raggelante di Ino gli fece mettere in discussione ogni cosa. Lui
aveva mai fatto qualcosa per Temari? Le aveva mai rivolto qualche complimento o
aiutata in qualcosa? La risposta arrivò ancor prima che lui finisse di
formulare ogni pensiero. Non le aveva mai rivolto una sola parola carina,
preferiva più poltrire che aiutarla a smistare scartoffie su scartoffie
nell’ufficio dell’Hokage. Anche quando erano usciti insieme per andare a
mangiare finivano sempre per parlare di lavoro. Rare erano le volte in cui
parlavano di altro. Forse perché non avevano niente da dirsi, o forse era
l’imbarazzo e la paura di non essere corrisposti a bloccarli.
Quante volte erano usciti insieme, quante volte si erano ritrovati a sfiorarsi
per sbaglio per poi allontanarsi repentinamente. Shikamaru lo aveva
ammesso con i due suoi migliori amici e, soprattutto, lo aveva ammesso con sé
stesso. Lui amava Temari, ma aveva una tremenda paura che lei lo vedesse ancora
come uno stupido ragazzino, anche se era già maggiorenne.
“Cosa
dovrei fare, allora, secondo voi?”
Choji
finì di masticare il boccone che si era messo in bocca, mentre Ino sospirava
afflitta. Tutti i buoni consigli che gli aveva dato erano stati ignorati.
“Però
se Temari ha letto la lettera e si è comportata in quel modo, forse vuol dire
che è gelosa.”
Choji
aveva colto tutti di sorpresa. Avevano sempre visto il punto di vista di
Shikamaru, mai quello di Temari, e pensare ad una minima probabilità che lei
fosse gelosa, rianimò i due compagni di squadra.
“Se
è gelosa, devi agire adesso!”
“Ma
prima non conviene dare una risposta a Shiho?”
“E
mettere altra legna sul fuoco? Lo capirà benissimo da sola se Shikamaru non si
presenterà all’appuntamento di stasera.”
Ma
era davvero giusto non dare risposta a Shiho? Lei non si era mai comportata
male con Shikamaru e lo aveva sempre aiutato.
“Dovrò
comunque darle una risposta, Ino. Non è giusto nei suoi confronti.”
Vide
la sua compagna di team pensarci, per poi annuire sconsolata.
“Ma
non farti vedere da Temari, o non chiarirai mai con lei.”
Shikamaru
non poteva che essere d’accordo con lei e sapeva già dove trovarla.
“E
per quanto riguarda Temari? Cosa dovrei fare con lei?”
“Quando
avrai finito con Shiho, passa qui e ti dirò cosa fare. Cerca di passare prima
del tramonto, perché poi ho un appuntamento con Sai e non voglio far tardi per
colpa tua.”
Sempre la solita seccatura.
Eppure
era grazie a lei se adesso aveva una minima opportunità con Temari.
E pensare che non si possono
neppure sopportare. Se Temari sapesse che Ino è il suo maggiore sponsor, penso
ci resterebbe di sasso.
“Allora
vado. Choji, puoi mangiare anche il mio pranzo.”
“Shikamaru,
tu sì che sei il miglior amico che si possa desiderare.”
Prese
la lettera, intascandola, ed uscì dal negozio con ancora le risate di Choji
nelle orecchie. Adesso non gli restava che andare da Shiho e spiegarle che non
avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti. E come avrebbe potuto, visto
che da anni aveva in testa un’altra ragazza? Shiho era troppo timida per lui,
troppo ingenua, troppo trasandata. Era intelligente, ma non sarebbe mai
riuscita a tenergli testa. Gli avrebbe concesso ogni cosa, gli avrebbe fatto
passare di tutto, e a lui non serviva una donna del genere. Gli serviva una
donna con polso, una donna di carattere e dalla lingua tagliente, una donna che
sapesse spronarlo. Fu mentre si incamminava verso il laboratorio dove lavorava
Shiho che si rese conto di quanto fosse stato fedele nei confronti di Temari
per tutti questi anni, di come non cercò mai qualcun’altra e di come avesse
sempre lei per la testa, nonostante non stessero insieme.
Maledetta maledizione di famiglia.
Ed io che pensavo di avere una vita normale.
Ma
si sbagliava, si sbagliava di grosso, rendendosene conto una volta arrivato
davanti la porta del laboratorio. Prese un bel respiro e bussò. Posò la mano
sul pomello, girandolo. La prima cosa che vide fu una testa scarmigliata, con
vari ciuffi di capelli che andavano nelle direzioni più disparate. In quel
laboratorio si lavorava senza sosta, e Shiho non era da meno. Poi vide il suo
viso tingersi di rosso a causa dell’imbarazzo, e lì capì che doveva dirglielo,
che non c’erano parole giuste o meno cattive per dirle che non poteva
ricambiarla. In amore o si è dolci o si è crudeli, non esistono mezze misure,
non avrebbe indorato la pillola per rendere la medicina meno amara. Lui non
aveva mai mentito e non avrebbe iniziato adesso a farlo.
“Ho
letto la lettera.”
Si
fece coraggio e fece qualche passo avanti, entrando nella stanza. Gli unici
rumori che sentiva erano i vari bip e tic dei macchinari. Avrebbe anche giurato
che Shiho non respirasse neppure in quel momento, tanto fosse sulle spine.
“Sono
venuto a dirti che stasera non verrò all’appuntamento, perché non posso
ricambiare i tuoi sentimenti.”
Diretto,
quasi
gentile. Di certo aveva avuto più tatto rispetto a tanti altri suoi
amici.
“Volevo
dirtelo di persona. Mi dispiace.”
Gli
dispiaceva davvero. Non era insensibile come molti lo dipingevano. Sotto quella
scorza pigra, c’era un ragazzo che ci pensava due volte prima di fare qualcosa,
perché mai avrebbe voluto ferire o fare del male a qualcuno.
“Grazie
per essere venuto a dirmelo di persona. Adesso devo lavorare, chiudi la porta
quando esci.”
Né
una lacrima, né un singhiozzo, né una scenata in piena regola. Niente di
niente. Shiho non aveva nemmeno balbettato. Lo aveva semplicemente ringraziato
e gli aveva chiesto di chiedere la porta una volta uscito. Forse perché non
aveva il diritto di vedere le sue lacrime o di scorgere la sofferenza sul suo
viso. In fondo era appena stata rifiutata dopo aver avuto il coraggio di
scrivergli una lettera come quella.
“Spero
che tu possa trovare qualcuno che ti ami per quella che sei.”
Le
fece un breve sorriso mentre le augurava di trovare la sua anima gemella,
chiudendo la porta alle sue spalle. Si sentiva più leggero, come se si fosse
levato un macigno dalla coscienza. Era stato chiaro con Shiho, e doveva fare lo
stesso con Temari.
Adesso non mi resta che andare da
Ino al negozio.
Con
un peso in meno, uscì dal laboratorio, dirigendosi velocemente verso il negozio
dell’amica, rimanendo stupito quando vide non solo Ino e Choji, ma anche
Kurenai e Mirai.
Mi sono dimenticato che oggi dovevo
tenere Mirai? No, quello era domani. Allora perché sono qui?
“Shikamaru,
grazie al cielo sei qui. Puoi tenere oggi Mirai invece che domani? Mi sono
dimenticata che l’impegno che avevo era oggi. È un problema?”
“Veramente…”
“Tikamauuuuuuu!”
Vide
Mirai correre verso di lui, e non ebbe cuore di dirle no. In fondo quanto
poteva stare via Kurenai? Avrebbe comunque avuto la serata per cercare Temari e
chiarire con lei, giusto? Così prese in braccio la bambina che rideva felice,
per poi guardare verso la madre.
“Grazie
Shikamaru, sei la mia salvezza. Ci vediamo davanti alle terme fra tre ore. Ciao
ciao.”
Terme?!
“Kurenai,
asp-…”
Troppo
tardi. Kurenai era uscita più veloce della luce dal negozio, sotto lo sguardo
divertito di Ino e Choji. Kurenai gli aveva chiesto di tenere la bimba perché
doveva andare alle terme?!
“Ha
bisogno di rilassarsi anche lei, qualche volta.”
Shikamaru
si voltò verso Ino, perforandola con uno sguardo omicida. Anche lui aveva
bisogno di rilassarsi, di recuperare le ore di sonno arretrate, ma non aveva la
faccia tosta di andare alle terme!
“Tikamau,
ochiamo!”
Ma
Mirai sapeva sempre cosa dire e cosa fare. Con lei il tempo passava veloce,
tanto da perderne la concezione. Shikamaru, però, non poteva nemmeno
lontanamente pensare che invece Kurenai lo stava aiutando, e non poteva nemmeno
immaginare che Ino le avesse spiegato ogni cosa, e che i reali impegni della
madre fossero cercare la kunoichi della sabbia e parlarle. Potevano i suoi Q.I.
immaginare una cosa del genere? Assolutamente no. Non perché non fosse un
genio, ma perché era una cosa da donne.
Era
per questo che Kurenai gli aveva lasciato Mirai e si era incamminata per tutto
il villaggio. Doveva trovare Temari e sondare il terreno, capire se Shikamaru
avesse anche solo un minimo di possibilità con la ragazza, ballando quasi di
gioia quando la vide, in lontananza, entrare alle terme.
In questo modo concilio l’utile e
il dilettevole. Asuma, anche tu aiuteresti Shikamaru in queste faccende, vero?
Asuma
lo avrebbe davvero aiutato, riprendendolo anche davanti a tutti, facendogli
fare brutte figure colossali solo per farlo uscire da quello stato di apatia in
cui si trovava sempre il suo prediletto. Sorridendo a quel pensiero, entrò
anche lei alle terme. Fortunatamente era quasi deserto e poteva tranquillamente
interrogare una Temari ignara di tutto. Ecco perché, una volta uscita dagli
spogliatoi, si diresse verso la vasca, mettendosi vicino a Temari.
“Non
pensavo di trovarti qui. Posso mettermi vicino a te?”
Bisognava
stare sempre all’erta con quella ragazza, perché non si sapeva mai come avrebbe
reagito ma, fortunatamente per lei, Temari gli fece un breve cenno di assenso
col capo. L’acqua era calda al punto giusto, facendo rilassare il corpo teso di
Kurenai. Da quanto tempo non andava alle terme?
L’ultima volta che sono venuta qui
è stato con Asuma…
Troppo
tempo. Cercò di relegare in un piccolo angolo della sua mente tutti i ricordi
che cominciarono ad affiorare. Ricordi dolci e crudeli al tempo stesso. Non
poteva permetterselo, non in quel momento.
“Finito
presto di lavorare oggi?”
“Avevo
bisogno di una pausa. Domani finirò le ultime pratiche burocratiche e partirò
subito per Suna. Il Kazekage chiede urgentemente di me.”
Dannazione!
“Sembri
stanca. Ti fa lavorare troppo l’Hokage o qualcuno non ti dà una mano
come invece dovrebbe fare?”
Aveva
appena lanciato l’amo, e sotto l’acqua incrociava le dita affinché Temari
abboccasse alla sua frecciatina.
“Figuriamoci
se Shikamaru mi dà una mano a sbrigare tutto il lavoro che ci dà quell’arpia
del vostro Hokage. Pensa solamente a dormire e anche a…”
Ma
si fermò in tempo. Cosa stava per dire a quella donna? Che Shikamaru,
probabilmente, stava pensando anche a qualcun’altra visto la lettera che aveva
letto? Mai, mai si sarebbe sognata di leggere qualcosa del genere, qualcosa che
era destinata niente meno che a Shikamaru, il suo Shikamaru.
Quell’articolo possessivo l’aveva messa in allerta nello studio dell’Hokage,
dopo aver letto la lettera incriminante. Aveva guardato Shikamaru dormire e si
era chiesta chi fosse quella Shiho, che relazione ci fosse fra i due, se si
vedessero come amici o qualcosa di più. Si era fatta talmente tante domande che
non riusciva più a lavorare, e aveva trovato come capro espiatorio la pigrizia
di Shikamaru per poter scappare da quelle quattro mura e dalla sua presenza.
Era molto più facile scappare dai propri sentimenti che ammettere che, invece,
a Temari piaceva davvero Shikamaru, e non come semplice amico. Erano anni che
vedeva quel ragazzino con occhio diverso, vedendolo crescere ogni volta che
veniva mandata come ambasciatrice a Konoha, e si meravigliò nel constatare che,
con gli anni, non aveva fatto altro che guardare solo lui, rimanendogli in un
certo senso fedele. Ogni volta che qualcuno le si dichiarava, perché i
pretendenti a Suna non mancavano mica, lei rispondeva che non aveva tempo per
l’amore, che era una donna di guerra, e non era una bugia, ma una mezza verità.
Nessuno doveva sapere del suo amore per quel pigro di un Nara, e aveva fatto
una fatica immane sia a non farlo capire a nessuno che ad accettare quei
sentimenti. Ma adesso cosa avrebbe dovuto fare? Era troppo tardi?
“A
cosa? O forse dovrei dire a chi?”
Si
era fatta scoprire? Aveva parlato troppo? Forse Kurenai, essendo una donna ed
essendo vicina a Shikamaru, poteva darle le risposte che cercava. Ma poteva
fidarsi di lei?
“Che
ne so. Non conosco mica la sua vita privata, che cosa fa, con chi, se ha una
fidanzata…”
Le
costava non poca fatica aprirsi con qualcuno, lei che era sempre stata sola,
senza una figura femminile di riferimento con la quale confrontarsi. E se
Kurenai le avesse dato le risposte della quale aveva paura?
“Per
quanto ne so, non ha una fidanzata, ma gli piace qualcuna che sta in un altro
villaggio, a qualche giorno di distanza da Konoha.”
Forse così dovrebbe capirlo che mi
sto riferendo a lei, che è lei la ragazza della quale Shikamaru è innamorato.
“Non
credo che gli possa piacere qualcuna, o avrebbe fatto qualcosa, qualsiasi
cosa.”
In
quel momento Kurenai maledisse Shikamaru per non aver fatto nulla tutto questo
tempo. Gli uomini erano tutti uguali. Anche Asuma si comportò nello stesso
modo, e fu solo grazie a lei e alla sua iniziativa se riuscirono a mettersi
insieme.
“Se
vedi che si comporta in questo modo, potresti prendere tu l’iniziativa e
metterlo spalle a muro, chiedendo delle risposte.”
Diretta,
forse lo era stata anche troppo, ma come poteva non esserlo? Uno era troppo
codardo e una troppo testarda. Se qualcuno non li avesse fatti ragionare, nessuno
dei due avrebbe concluso qualcosa. Temari rimase spiazzata da quella frase. Era
stata scoperta, i suoi sentimenti erano venuti a galla e adesso non poteva più
insabbiare tutto quello che aveva detto.
“Io
ho fatto la stessa cosa con Asuma, prima di metterci insieme. Scappava, non
faceva assolutamente nulla e dovetti prendere io l’iniziativa, perché lui aveva
paura. Tutti abbiamo paura quando si tratta di sentimenti, ma serve che uno dei
due abbia più coraggio dell’altro per mettere le cose in chiaro.”
La
vide chiudere gli occhi, forse stava assimilando le sue parole, complice anche
l’acqua calda delle terme. Sperava di aver fatto la cosa giusta, che le avesse
dato una mano e che l’avesse incoraggiata a prendere in mano la situazione,
visto che Shikamaru non lo avrebbe mai fatto. Vuoi per pigrizia, vuoi per
codardia. L’aveva sempre saputo che per lui serviva una ragazza come Temari,
una dal pugno duro. Lo sapevano lei, Asuma, Shikaku, addirittura Yoshino, che
aveva saputo tutto dal marito. L’unico che non voleva rendersene conto era
Shikamaru.
Gli uomini sono tutti uguali di
fronte all’amore.
“Davanti
un buon piatto di ravioli, potrei anche prendere l’iniziativa, ma solo se
offrirà lui.”
Kurenai
si mise a ridere, e Temari interpretò quella risata come un buon auspicio,
rilassandosi. Forse aveva fatto male a scappare quella mattina dall’ufficio, ma
non sarebbe riuscita a trattenersi, sia con le parole che coi gesti. Shikamaru
doveva essergliene grato, visto che gli aveva risparmiato la vita, ma
soprattutto doveva sapere, doveva mettersi il cuore in pace. E nonostante fosse
immersa nell’acqua calda delle terme, con il corpo che si stava rilassando, il
suo cervello lavorava senza sosta per cercare di mettere su una strategia. E
pensare che lo stratega indiscusso è quel ragazzo.
Ok, lo cerco e cosa gli dico? Non
andare stasera alle porte del villaggio? Troppo diretto, penserebbe che sia gelosa.
“Non
pensarci e rilassati. Verrà tutto più naturale quando sarete l’uno davanti
all’altra.”
E
così fece. Scacciò dalla mente ogni pensiero, ogni paura, svuotandola
completamente, rilassandosi fino a quando non fu ora di uscire da quelle terme
se non voleva collassare per colpa della temperatura. Si rivestì e aspettò
anche Kurenai, per ringraziarla del prezioso consiglio che le aveva dato, e per
la “consulenza al femminile”.
Ma
se c’era una Temari che aspettava una Kurenai, quelle che proprio non potevano
aspettare oltre erano Mirai e Ino. La prima perché voleva la mamma e la seconda
perché doveva uscire col suo ragazzo e aveva letteralmente buttato fuori dal
negozio i suoi amici, non senza prima aver messo in mano a uno Shikamaru
confuso un mazzo di garofani bianchi.
“E
questi?”
“Sei
stupido, altro che genio. Sono dei fiori e devi darli a Temari. Simboleggiano la
fedeltà; sono il simbolo di un amore reciproco da donare alla persona che ami per
dirle che è unica. Inoltre esprime anche amore puro, bellezza e innocenza.
Tutto chiaro?”
Anche troppo! E poi, che ne sa Temari del linguaggio dei
fiori?!
“Perché proprio questi
fiori? Anche un mazzo di quelli lì bianchi andrebbe bene!”
Ma i fiori indicati da
Shikamaru erano dei crisantemi, ed Ino non ebbe la forza di ucciderlo con le
sue stesse mani. Forse avrebbe dovuto dargli davvero quelli e farlo uccidere da
Temari, ma voleva troppo bene al suo amico per mandarlo a morte certa.
“Portale questi e la
discussione finisce qui! E adesso fuori che devo chiudere il negozio!”
Sconsolato, Shikamaru tenne
i fiori in una mano, mentre l’altra stringeva la piccola manina di Mirai,
felice di tornare dalla mamma, e si incamminò verso le terme. Cosa avrebbe
dovuto dire a Temari mentre le porgeva i fiori? Avrebbe dovuto dire il
significato di quest’ultimi o dirle che glieli dava perché erano semplicemente
belli?
Le donne sono solo delle seccature!
“Mamma!”
Mamma?!
Erano arrivati senza che lui
se ne rendesse conto, troppo preso dai suoi ragionamenti su come approcciarsi a
Temari, quando quest’ultima era proprio lì, accanto a Kurenai
e lo guardava. Gli si seccò immediatamente la gola e le gambe divennero
pesanti, macigni troppo grossi da trasportare. E adesso?!
“Tikamau, è lei la ragazza
che ti piate che diteva Ino-chan?”
Mirai, io ti ammazzo, ti disintegro! Ma perché i bambini
devono sempre parlare a sproposito? Maledette donne!
Lasciò la mano della bimba
che corse dalla madre, e si portò quella stessa mano dietro la testa,
imbarazzato. Si sentiva peggio di un ladro colto sul fatto, e tutto per colpa
di quella mocciosa di due anni che lo aveva messo in imbarazzo davanti a lei,
lei!
“Io vado, grazie per la
compagnia Temari-san.”
Madre e figlia se ne
andarono, lasciando i due poveri malcapitati da soli, con l’imbarazzo che li
divorava da capo a piedi. Dovevano parlare, iniziare un qualsiasi discorso, ma
era tremendamente difficile.
Sei proprio un crybaby.
“E quelli?”
A Temari non era di certo
sfuggito quel mazzo di fiori fra le mani di Shikamaru, temendo che fossero per
quella Shiho, col cuore che batteva pericolosamente in gola, fino ad arrivare
al cervello.
“Sono per te.”
Glieli porse. Il gesto
spiazzò la kunoichi, sorprendendola. Shikamaru si rendeva minimamente conto
cosa simboleggiassero quei fiori? Il loro significato nascosto?
Quando li prese, le loro
mani si sfiorarono, ed una scossa elettrica pervase il corpo di entrambi. Era
attrazione, era alchimia. Era come se volessero dirsi tutto tramite
lo sguardo, perché le parole sarebbero venute meno.
“Portami a mangiare ravioli.
Devi offrirmi la cena.”
Shikamaru si ritrovò a
sorriderle, grato che avesse preso lei l’iniziativa, cominciando a camminare al
suo fianco.
“Prima di andare a cena,
devo portarti in un posto. Vieni con me.”
Le prese la mano libera,
ignorando l’imbarazzo, ignorando il cuore che batteva non solo nella gabbia
toracica, ma anche in gola, nelle orecchie, nel cervello. Sentiva il suo corpo
teso come una corda di violino, forse per la paura di esporsi troppo, oppure
per la vicinanza di Temari. Temari era sempre stata diversa da tutte le ragazze
che aveva conosciuto sia al villaggio che fuori. Non era frivola, se ne fregava
della dieta o di apparire, nascondendo quel corpo di donna dietro vestiti da
combattimento. E come se ne era accorto lui che Temari era bellissima, anche
molti altri se ne erano resi conto.
Ok, se non lo faccio adesso non lo faccio più.
Una volta arrivati in
prossimità della foresta di proprietà dei Nara, si fermò e si voltò verso di
lei, lasciandole la mano. Sentiva tutto ovattato e dovette imporsi più e più
volte di rimanere calmo e di non sbagliare, non stavolta.
“Volevo scusarmi se in questi
giorni ho lasciato tutto il lavoro sulle tue spalle. Non era mia intenzione
addormentarmi nelle ore di lavoro, ma i turni a cui mi sta sottoponendo
l’Hokage mi stanno sfiancando.”
“Lo avevo intuito. Vedrò di
non lasciarmelo sfuggire all’Hokage questo piccolo particolare.”
Cosa credeva? Che le avrebbe
detto altro oltre quelle semplici scuse? Che provasse qualcosa per lei? Come
era stata sciocca a sperare che lui provasse anche solo un granello di quello
che provava lei.
“E volevo parlarti anche di
questa.”
Sgranò gli occhi vedendo
Shikamaru estrarre quella lettera dalla tasca dei pantaloni, stringendo
ancora di più tra le mani gli steli dei garofani.
“Non mi aspettavo una
lettera del genere da parte di Shiho, e dopo pranzo sono andato da lei,
dicendole che questa sera non sarei andato all’appuntamento, perché non
ricambiavo i suoi sentimenti. Sono innamorato di un’altra.”
Per favore, capiscilo che sei tu!
“Le avrai spezzato il
cuore.”
“Non volevo spezzare il tuo
di cuore.”
Tutti i pezzi del puzzle
andarono al proprio posto.
La chiacchierata con
Kurenai.
I fiori.
Il comportamento strano di
Shikamaru e il fatto che le abbia detto proprio quelle parole.
Aveva detto che doveva
essere coraggiosa per entrambi e fare lei la prima mossa, ed invece l’aveva
fatta lui, stupendola. Posò i fiori sul terreno, adagiandoli dolcemente, e si
avvicinò a lui.
“Lo sai cosa simboleggiano
quei fiori?”
“Fedeltà…”
“… e amore.”
Fu naturale avvicinarsi, accarezzarsi,
baciarsi, come se lo avessero sempre fatto, come se non fosse la prima volta.
Fu un bacio lieve, leggero, sentendo i loro cuori battere all’unisono nel
momento in cui si abbracciarono e approfondivano il bacio. Le mani di Shikamaru finirono sul fondoschiena di Temari, avvicinandola a
lui, tanto che i loro corpi aderirono come una seconda pelle l’uno nel corpo
dell’altra, mentre le mani di lei andarono fra i capelli di lui, sciogliendogli
quella coda stramba che portava sempre. Una delle tante caratteristiche dei
Nara.
Si staccarono dopo minuti di apnea, in cui si erano baciati, respirando a
pieni polmoni per la mancanza di ossigeno, mentre la voglia si impossessava di
loro.
“Temari, io…”
“Promettimelo, Shikamaru.”
La guardò intensamente, accarezzandole le guance con entrambe le mani,
facendo sfiorare i loro nasi, dandole qualche leggero bacio.
“Sei proprio una seccatura.”
“Promettimelo come si deve.”
“Va bene.”
Fu tutto quello che disse, prima di impossessarsi di nuovo delle sue
labbra.
Fine flashback.
Adesso.
Stava quasi per avere dei ripensamenti, quando finalmente la sentì
arrivare, per poi vederla sotto il chiarore della luna.
Bellissima.
Temari era bellissima con quel kimono bianco, una bellezza selvaggia e
difficile da contenere. Quel kimono rivelava le forme che i vestiti da guerra
coprivano. Non riuscì a staccarle gli occhi di dosso mentre la vedeva avanzare
verso di lui, con in mano un mazzo di garofani bianchi.
In quel momento tutto tornò al proprio posto, perché era quella la cosa
giusta da fare in quel momento. Trovarsi insieme a lei dentro un tempio, senza
che nessuno lo sapesse, perché era un momento intimo solo per loro due.
“Siamo pronti.”
Shikamaru e Temari videro il monaco avvicinarsi verso di loro, stringendosi
per mano. Il monaco fece segno verso Shikamaru che poteva iniziare a parlare.
“Sabaku no Temari, ti prometto di esserti sempre fedele, di amarti, di
onorarti per tutti i giorni della mia vita. Ti prometto che, finita la guerra,
ti chiederò di sposarmi.”
Il sorriso che gli donò Temari fu più eloquente di mille parole, mentre il
monaco benediceva quella promessa.