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Autore: Kokky    09/06/2009    2 recensioni
[Seconda classificata al Child Exploitation delle Olimpiadi indette dal CoS e dal WA]
Cina. Fabbrica di fuochi d'artificio. Sfruttamento minorile.
I miei genitori erano contadini, così come quelli di Tao e di tutti gli altri. Non contavamo nulla al mondo. I pochi adulti che lavoravano con noi, oltre Run Zhang che era il supervisore, non ci vedevano. Non ci avrebbero mai visti.
Run Zhang li preparava a quelle domande che la gente poteva fare, li istruiva. Dovevano essere felici, con un sorriso sul volto e un’aria rilassata che non era loro.
Alcuni dei miei compagni si aggrappavano a quei pochi uomini, scelti per le mansioni più difficili e scagnozzi di Run Zhang, come se fossero i loro genitori. Era così.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: La fic non è a scopo di lucro, ovviamente. L’unico interesse è sensibilizzare la gente.

 

 

 

 

Fireworks

 

 

L’aria era densa e pesante, nella fabbrica.

Tao mi guardava in silenzio, mentre con la betoniera creava le stelle, palline che servivano a riempire i fuochi d’artificio. Riversava nel tamburo la polvere nera e una sostanza bianca, che avrebbe prodotto il rosso.

Io aspettavo impugnando la carriola, dove sarebbero state caricate le stelle.

Il tacito pensiero, che percorreva le nostre menti, pulsava sotto la pelle. Non potevamo scappare da lì, non avevamo dove rifugiarci, e quella che un giorno era stata una scuola adesso era una fabbrica. Una prigione di ferro in cui morire negli obblighi.

C’era un quieto rumore di lavoro, in quella grandissima stanza. Vedevo arrotolare con la pialla l’involucro di cartone, che avrebbe accolto le stelle; vedevo i miei compagni pestare con il pestello quei sali che noi avremmo mescolato alla polvere nera; vedevo lo sforzo che faceva sudare i nostri piccoli corpi.

Osservai le stelle rotolare nella carriola, appesantendola con la loro greve presenza. 

“Ce la fai a portarla fino al tavolo?”, mi domandò Tao. Annuii e, sforzandomi, avanzai lentamente verso la meta.

Durante il percorso, vidi Yuan Li tenersi la testa fra le mani, abbandonando il suo lavoro di pestaggio di un blocco bianco-azzurro. Il signore che ci controllava, Run Zhang, gli si avvicinò e gli afferrò il braccio, stringendolo con veemenza.

Lo sentii sussurrare: “Non fermarti, piccolo imbecille, il tuo lavoro non è ancora finito”. Yuan Li annuì flebilmente, stringendo la bocca in una smorfia di dolore, che abbandonò solamente all’affievolirsi della stretta di Run Zhang.

Avanzai senza proferire parola e poggiai la carriola accanto a un tavolo, dove Zao e Cheng Xiu stavano costruendo i fuochi d’artificio. Li guardai inserire la spoletta, chiudere per bene il cartone che fungeva da involucro e poggiare il prodotto appena pronto in una scatola.

“Ho portato le stelle per il rosso…”, annunciai.

Zao, più grande di me d’un anno, annuì sbrigativo. Li aiutai a sistemare le stelle sul tavolo, una vicina all’altra, e poi tornai alla mia postazione, accanto alla betoniera.

L’aria era sempre più densa, calda. Sentivo il respiro pesante degli altri sul mio corpo, la disperazione che trasudava dai miei compagni e da me stesso. Avrei voluto correre via da lì, tornare a giocare con i miei vicini di casa, con Rui Gao che mi citava i proverbi e i miti dell’antica Cina…

Eppure sapevo di non poterlo fare, di avere il fiato di Run Zhang sul collo, pronto ad intrappolarti nelle sue mani veloci e luride. I suoi occhi neri non mi piacevano, senza alcun motivo razionale. Lo sentivo a pelle, percepivo il ribrezzo di averlo accanto, e quindi era meglio rigare dritto.

Fino a che avrei trovato la giusta occasione per ribellarmi.

Ma… eravamo così piccoli.

Andai da Tao, insieme alla carriola svuotata da quel peso scuro. Lui stava fabbricando altre stelle, stavolta per produrre un’esplosione bianca. Mescolava ormai con esperienza, svelto nel suo lavoro.

Osservavo la sua pelle sporca sotto i vestiti sudici, il pallore del suo viso tirato e stanco, la fame che gli percorreva il corpo.

Lavoravamo dalle sette di mattina fino a notte, con due pause per il pranzo e la cena. Mancava poco al nostro pasto misero, a cui mi ero adattato poiché neanche prima vivevo nel lusso.

I miei genitori erano contadini, così come quelli di Tao e di tutti gli altri. Non contavamo nulla al mondo. I pochi adulti che lavoravano con noi, oltre Run Zhang che era il supervisore, non ci vedevano. Non ci avrebbero mai visti.

Run Zhang li preparava a quelle domande che la gente poteva fare, li istruiva. Dovevano essere felici, con un sorriso sul volto e un’aria rilassata che non era loro.

Alcuni dei miei compagni si aggrappavano a quei pochi uomini, scelti per le mansioni più difficili e scagnozzi di Run Zhang, come se fossero i loro genitori. Era così.

Anche io desideravo la guida di un adulto, di uno che avrebbe risolto tutto quanto, e perciò rimiravo i grandi al lavoro. Speravamo nel loro aiuto, nella comprensione… in quella abilità di risolvere tutto di cui gli adulti si fanno vanto.

Le stelle caddero nuovamente nella carriola, appesantendola, e io andai da Zao e Cheng Xiu a consegnarle.

Bing Lin, un ragazzino di dieci anni, ci guardò con attenzione, mentre pestava una sostanza bianca e dura. Gli feci un cenno al quale lui non rispose.

Ritornai alla mia postazione. L’aria iniziava a mancarmi e mi poggiai un attimo al muro, intanto che Tao preparava altre stelle, mescolando la polvere nera e una sostanza quasi impalpabile, giallognola. La carriola era al suo posto.

Spaziai con lo sguardo sulla stanza. Bing Lin aveva sistemato la polvere fina e bianca su un foglio di carta, richiuso a forma di bicchiere. Si spostò per portarlo a chi produceva le miscele.

Vidi chiaramente quello che accadde: Bing Lin poggiò male un piede, si storse la caviglia, inciampò. Il contenuto del bicchiere di carta, la polverina bianca, volò nel cielo ristretto della stanza, come una farfalla che sarebbe morta poco dopo. In un’esplosione forte, che assorbì ogni rumore.

Vidi la scintilla, la deflagrazione espandersi nella stanza. La sorpresa nei volti dei bambini – non degli operai, bambini, quelli erano bambini impauriti senza una vita né un futuro – che si ritrovarono il fuoco alle spalle. Le stelle nere bruciare ed esplodere, con un silenzio innaturale – il botto di prima ci aveva reso sordi.

Vidi i bambini urlare, ma non li sentii. Li vidi correre via con la disperazione negli occhi. Mi rifugiai dietro la betoniera, però Tao non era lì.

Stava in mezzo al fuoco che si propagava. Aveva cercato di scappare, senza risultati. Sbirciai dal mio rifugio quel corpo piegarsi alle fiamme, quel pallore e quella sporcizia spegnersi nel rombo dell’incendio. Lo guardai fissarmi mentre la sua bocca era spalancata, come una caverna dove risedeva l’Inferno.

E questo era l’Inferno.

Notai che, poco distante da me, c’era un’apertura da cui sfuggire all’incendio. Chiusi gli occhi, cercando di ignorare la sofferenza che si lamentava nella mia pancia. Non dovevo pensare a nulla, se non a salvarmi.

Dimenticai tutto quanto, i miei pensieri e le mie preoccupazioni; corsi via dal quell’arsura e da quella morte certa, scappai dalla stanza che era piena di urla atroci, fuggii lontano da Run Zhang, dal ricordo di quella prigione.

Mi nascosi nei campi di riso, correndo ogni volta che sentivo dei rumori.

Ma la mia anima era rimasta lì, a pezzetti, polverizzata da un pestello in un mortaio di fiamme. Era morta nel fuoco.

 

 

Ci furono quarantadue vittime, quella sera. Quarantadue bambini, di adulti e Run Zhang nemmeno l’ombra.

Adesso, cercando di dimenticare, la rabbia si è affievolita: non cambierà mai nulla. Se solo osassi dire qualcosa, mi arresterebbero per aver tradito lo Stato. Eppure quello era sfruttamento minorile.

Lo stesso che c’è in tutte le parti del mondo.

Ora faccio parte di una banda. Siamo ragazzini di strada, che sopravvivono con quello trovano, cercando un’illusione nell’annusare colla – un sogno che non potremo mai realizzare né possedere. Non è male, vivere in questo modo, anche se la nostra non è una vita decente.

Puoi trovare, fra i ragazzi spauriti che si fingono grandi, degli amici, un sentimento che è reale.

Camminiamo con dei coltelli in tasca, pronti a combattere contro altre bande o a dover difenderci dalla polizia.

Ed è proprio camminando che lo vedo: riconoscerei quegli occhi dappertutto, fastidiosamente disgustosi.

Afferro il mio coltello, lo punto dritto verso di lui e mi metto a correre. Run Zhang si volta e mi fissa sconvolto.

Non hanno nemmeno il tempo di afferrarmi, i miei compagni. Colpisco il ventre di quell’uomo, facendo un urlo animalesco.

Adesso sentirà, sentirà il dolore che mi segue come un’ombra.

 

 

Fine


















Note: L’idea per la fic viene da qui: http://www.scuoleingioco.it/SITO_INSIEME/INFA_SFR/cina.html.

Per i fuochi d’artificio, come si preparano, i materiali da utilizzare, ecc. ecc., ho letto qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Fuoco_d'artificio.

La betoniera e le sue caratteristiche si trovano qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Betoniera.

L’esplosione è causata da clorato di potassio che finisce su zolfo. BUM, purtroppo. In più, arriva anche alle stelle.

Un grazie a Val per l’incoraggiamento e a Deda per i nomi cinesi.
(Note del 9 giugno) Ringrazio i giudici, il CoS e tutti quanti. I risultati li trovate qui. Bannerone xD:

   
 
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