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Autore: Ronnie the Fox    08/05/2017    1 recensioni
Angelina è un nome femminile che deriva dalla parola latina "angelus", messaggero, e quindi strettamente legato alla tradizione cristiana degli angeli considerati messaggeri di Dio.
Angelina non è un nome che si addice ad un rottweiler di cinquanta chili con la tendenza ad azzannare, seppur per gioco, le caviglie delle persone che reputa simpatiche.
[Modern!AU | Patron-Minette-centric | Brujon/Babet]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angelina è un nome femminile che deriva dalla parola latina "angelus", messaggero, e quindi strettamente legato alla tradizione cristiana degli angeli considerati messaggeri di Dio.
Angelina è un nome piuttosto comune in alcune nazioni, come l'Inghilterra e gli Stati Uniti.
Angelina non è un nome che si addice ad un rottweiler di cinquanta chili con la tendenza ad azzannare, seppur per gioco, le caviglie delle persone che reputa simpatiche.

Lucien Babet, pur potendo fare affidamento su un bagaglio di cultura non indifferente e -senza modestia- qualità intellettuali di tutto rispetto, non riusciva a capacitarsi del motivo per cui  il padrone della bestia avesse deciso di ribattezzarla in tal modo. Non ci voleva un intuito eccezionalmente spiccato per accorgersi che il cane di angelico non aveva proprio nulla.
Quando glielo aveva domandato, Brujon aveva risposto con un largo sorriso che sospettava fosse di puro autocompiacimento di fronte alla propria stessa trovata che, indubbiamente, riteneva geniale.
«Angelina, come la Jolie!»
Di fronte a questa spiegazione, che tuttavia rispondeva soltanto ad uno dei suoi innumerevoli dubbi e lasciava aperte molte questioni riguardanti la sanità psichica del suo interlocutore, non aveva voluto indagare oltre. 

Cane e padrone erano inseparabili.
Difficilmente si sarebbe potuto vedere Brujon passeggiare per strada senza la constante presenza di Angelina che gli trotterellava allegra al fianco, così come udire il latrato giocoso dell'animale era infallibile garanzia che anche il ragazzo non si fosse molto distante.
C'era inoltre un alone di mistero riguardante le origini del cane.
Angelina sembrava infatti essere spuntata dal nulla, con grande sorpresa di tutti i membri e gli affiliati di Patron-Minette quando ad una delle riunioni di routine Brujon si era presentato con grosso cane al guinzaglio. Lo stesso Brujon sosteneva che tra lui e Angelina fosse stato "amore a prima vista" quando, durante l'incursione notturna nell'abitazione di una famiglia facoltosa, anzi che cominciare ad abbaiare per allertare i padroni di casa lei gli si era fatta incontro scodinzolando e lo aveva seguito non solo per tutta la durata dell'operazione di furto con scasso, ma addirittura fino a casa sua. Ma si trattava di una storia talmente fantasiosa e poco credibile che più o meno tutti erano convinti si trattasse di una spudorata menzogna e che in realtà il ragazzo fosse riuscito in qualche modo a sottrarla dal cortile di qualche ricco parigino con una predilezione per i cani di grossa taglia.
Babet, da parte sua, aveva avuto il privilegio (o la sfortuna?) di essere testimone in prima persona dell'instaurarsi e del progredire del rapporto tra uomo e cane.
In pochissimo tempo, Brujon aveva sviluppato un affetto che confinava con la vera e propria venerazione nei confronti della sua compagna a quattro zampe, arrivando perfino a spendere più della metà dei guadagni che riusciva a racimolare tra piccoli furti occasionali e colpi su più grande scala organizzati insieme al resto della banda per acquistare tutta una serie di accessori a detta sua "assolutamente indispensabili" per il benessere della cagnolina.
Inutile dire che Babet non condivideva l'attrazione del collega nei confronti dell'animale.

Ora, non che fosse geloso delle attenzioni che Brujon dedicava alla bestia, ci sarebbe mancato altro! Aveva avuto sufficienti esperienze nella sua trentina d'anni di vita per imparare che la gelosia non porta mai a nulla di buono, oltre che ad essere un sentimento piuttosto inutile. C'era un motivo, in fondo, se il suo matrimonio era fallito. Due motivi, in realtà; quello, e un altro strettamente legato alla -ahimè- tardiva scoperta delle sue preferenze sessuali. Ma non è questo il luogo per approfondire tale questione.
Semplicemente non capiva perchè di punto in bianco gli fosse stato impedito di poter godere della compagnia di Brujon senza dover sopportare le moine che questi rivolgeva in continuazione all'animale, la cui presenza sembrava essere divenuta obbligatoria in virtù di una qualche legge non scritta. E un poco anche perchè personalmente, essendo più portato a mostrare attaccamento verso gli esseri umani piuttosto che verso gli animali, faticava a concepire come si potesse provare una simile adorazione per quello che in fondo non era che un quadrupede. 
Insomma, i cani non brillavano per intelligenza, erano per lo più portati ad eseguire con maldestro entusiasmo soltanto una ristretta serie di ordini che gli venivano impartiti perchè mancavano del dono della parola e, anche se l'avessero avuto, non sarebbero stati di certo in grado di sostenere una conversazione sull'approfondimento psicologico dei personaggi delle opere di Oscar Wilde o sulle ultime scoperte scientifiche nel campo della medicina molecolare.
L'unica virtù che era disposto a concedere alla razza canina era la fedeltà incondizionata accompagnata da una buona dose di onnipresente spensieratezza. Due caratteristiche che, a ben pensarci, erano condivise anche dallo stesso Brujon. Benchè non lo ammettesse a voce alta, il pensiero di quel paragone gli suscitava sempre un sorriso intenerito.
E forse era proprio per quello che, nonostante cercasse in ogni modo di ostentare la propria ragionevolezza e fermezza di carattere, finiva per cedere alle richieste del suo più giovane collega ogni volta che questi si esibiva un sorriso sincero o lo guardava implorante con gli occhi del tutto simili a quello di un cucciolo in attesa di una carezza o di una ricompensa da parte del padrone. Fortunatamente, Brujon non sembrava aver ancora acquistato la consapevolezza dell'effetto che i suoi modi di fare avevano sul maggiore, al punto che se non avesse avuto un'eccellente capacità di tenere sotto controllo le proprie emozioni, Babet sarebbe certamente scoppiato a ridere ogni volta che lui reagiva con sorpresa ed esaltazione un po' eccessiva quando otteneva ciò che desiderava.
Tutto considerato, sì, doveva ammettere di avere un debole per quel ragazzo.

Questa sua debolezza era, inoltre, uno dei motivi per cui ragazzo e cane fossero stazionati sul divano del suo salotto -o in qualsiasi altra zona di casa sua, a dire il vero- circa cinque giorni su sette. Era un'occorrenza che si verificava spesso anche prima dell'arrivo di Angelina, e Babet non si era mai lamentato della sua presenza che, anzi, aveva finito per considerare una piacevole distrazione dall'altrimenti monotona vita di tutti i giorni. Ma dopo l'inaspettata comparsa dell'animale, la situazione si era leggermente complicata.
Perchè se Brujon, di norma, si accontentava di appollaiarsi su una sedia a poca distanza da lui e scambiare due chiacchiere su letteralmente qualsiasi cosa gli passasse per la testa al momento, lasciandogli per il resto lo spazio e la concentrazione necessaria per lavorare, lo stesso non si poteva dire per la sua amica a quattro zampe.
Babet non aveva impiegato molto tempo a scoprire quanto difficile potesse essere svolgere l'onesta professione di medico clandestino quando una bestia irritante e maldestra non faceva che caracollare per casa, rischiando di ribaltare scaffali e mandare in frantumi contenitori di vetro ad ogni suo passaggio, addentando le gambe di tavoli e sedie senza alcun motivo preciso e mettendosi ad abbaiare in maniera fastidiosa ed insistente appena scorgeva un qualsiasi movimento al di fuori di una delle tante finestre. Per non parlare di quanto poco igienico potesse essere accogliere pazienti in urgente bisogno di medicazione nello stesso luogo in cui fino a poco prima aveva passeggiato allegramente un animale.
La sua pazienza apparentemente sconfinata, cominciava ad essere messa a dura prova.
Forse ancor peggio era il fatto di non poter sfogare nemmeno la minima parte della sua frustrazione esponendo le proprie lamentele. Quando aveva provato ad introdurre l'argomento, Montparnasse aveva affermato che finchè la bestia rimaneva a distanza dai suoi vestiti e non li riempiva di peli per il resto poteva fare tutto quello che voleva, Claquesous si era mostrato completamente disinteressato e Guelemer, come al solito, aveva ascoltato per una buona mezz'ora per poi ammettere che non aveva bene capito di cosa si stesse parlando.
Il resto della banda si era dimostrato più o meno indifferente alla novità, almeno finchè non fosse stata messa sul tavolo la possibilità che il cane accompagnasse il padrone anche durante un colpo organizzato, una proposta che Brujon aveva avuto abbastanza buon senso da non fare ad alta voce, sebbene più volte avesse insistito nella convinzione che Angelina avrebbe potuto essere addestrata per attaccare a comando o per fare il palo mettendosi ad ululare all'arrivo dei poliziotti. Vista la difficoltà con la quale Angelina si rassegnava a rispondere anche agli ordini più semplici come "seduta" e "ferma", Babet era piuttosto scettico riguardo l'effettiva realizzazione di tale progetto.

Era servito più di un solo esame di coscienza, per arrivare a constatare che la propria reazione tanto violenta e ostile nei confronti dell'animale era con tutta probabilità dovuta ad un qualche istinto che pensava fosse ormai sopito e imbrigliato dalla sua razionalità aveva finito per prendere inaspettatamente il sopravvento quando la sua vita privata era stata invasa da un essere non dotato di raziocinio che per assurdo aveva finito per mettere a repentaglio la tranquillità del suo rapporto con Brujon.
«So che lei non ti piace.»
Gli disse un giorno, di punto in bianco, cogliendolo di sorpresa. A nulla servì mettere su il suo sorriso più pacato e accondiscendente. Accadeva sempre più spesso che il ragazzo riuscisse a sorprenderlo con una perspicacia quasi innaturale, al punto che aveva finito per convincersi che la sua spensieratezza e apparente ingenuità fossero soltanto una facciata, al di là della quale si nascondeva un individuo molto più profondo e intelligente di quanto il resto del mondo potesse immaginare.
«Non capisco di cosa tu stia parlando.» fu la peggiore bugia che avesse detto da davvero tanto tempo e subito aveva intuito che Brujon non si sarebbe lasciato sviare da così poco.
«Angelina. Dai, sai benissimo di cosa parlo.»
Come volevasi dimostrare.
«Ascolta, Brujon, non credo che--»
«No, ascoltami tu per una volta!»lo interruppe il ragazzo «Non so se sei geloso, se semplicemente non sei un amante degli animali o se ti dà fastidio il fatto che io le dedichi attenzioni o chissà cos'altro. Purtroppo non posso leggerti nel pensiero e non so sempre cosa ti passa per la testa, per questo ho bisogno che tu me lo dica, se c'è qualcosa che non va. Non è quello che mi dici sempre anche tu? "Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, di qualsiasi problema tu abbia, ricorda che puoi sempre parlarmene"? Beh, ecco, per me vale la stessa cosa.»
Aveva pronunciato quelle parole tutte d'un fiato, senza pause, come se temesse che  avrebbe potuto approfittarne per parlare a sua volta e dissuaderlo dal discutere di un argomento che ormai erano ben consapevoli essere spiacevole per entrambi. I suoi occhi parlavano di una determinazione che gli aveva visto addosso soltanto quando gli veniva assegnato un compito di vitale importanza e allo stesso tempo riflettevano una nota di amarezza che gli provocò una dolorosa stretta al cuore.
«Di qualsiasi cosa si tratti, avresti potuto dirmelo subito e avrei cercato di mettere subito in chiaro le cose.» concluse poi, approfittando del prolungarsi del silenzio.
Babet non rispose.
Si trattava di una di quelle rarissime occasioni, in cui gli mancavano le parole.
In un altro frangente avrebbe trovato divertente realizzare quanto quel discorso sembrava strappato ad un dialogo di un film romantico di serie B e che, oltretutto, aveva come oggetto non una persona, quanto un cane.
Ma in quel momento si sentiva stupido. Immensamente stupido.
Come pretendeva di interpretare il ruolo dell'uomo maturo e razionale, di quello che sa sempre cosa sia giusto o meno dire o fare a seconda della situazione, quando qualcosa di tanto insignificante era sufficiente per minacciare il suo equilibrio psicologico, lasciandolo cadere preda di un sentimento meschino come la gelosia che, a torto, si era convinto di non essere nemmeno più in grado di provare?
Invidioso di un cane. 
Esisteva qualcosa di più patetico?
Non disse nulla, allora, limitandosi piuttosto a fare un cenno al compagno di avvicinarsi, invito che Brujon colse senza esitare, accostandoglisi quanto bastava perchè potesse circondargli le spalle con un braccio in un impacciato segno d'affetto.
«Devi scusarmi. Davvero.» mormorò dopo lunghi minuti di silenzio «Hai ragione tu, su tutto. Anzi, se può servire a qualcosa, prometto che d'ora in avanti--»
Prima che potesse concludere la frase, un forte guaito risuonò per la stanza, costringendo entrambi a volgere lo sguardo verso  che, seduta a qualche metro da loro, sembrava osservarli con grande interesse, gli occhi spalancati e la lingua che penzolava dalle fauci aperte. Con un grande sforzo di immaginazione, si sarebbe potuto dire che l'animale stesse manifestando genuina contentezza per la loro imminente riconciliazione, anche se Babet non avrebbe saputo se chiamarlo intuito canino o semplice autosuggestione.
Nel dubbio, erano scoppiati entrambi a ridere.

Tutti gli esseri umani, per definizione, hanno dei difetti.
Alcuni anno difetti meno evidenti, altri non sono altrettanto fortunati.
Altri ancora hanno un rottweiler femmina con il nome di un'attrice hollywoodiana che li segue ovunque vadano.
Ma in fondo amare è anche, anzi, soprattutto imparare a riconoscere e ad accettare i difetti dell'altro, per bizzarri che siano.

Note dell'autrice: Dopo una lunga latitanza, si torna a scrivere nel fandom di Les Mis! E come potevo inaugurare il mio ritorno se non con una fanfic su quegli sfigati ( <3 ) dei Patron-Minette e su uno dei miei sfiga-pairing preferiti? Chiunque mi conosca abbastanza bene sa che ho un enorme debole per loro e che mi struggo in continuazione per la povertà di materiale che il fandom produce su quelli che sono, a mio parere, personaggi interessantissimi e pur troppo ben poco considerati.
Idealmente, questa dovrebbe essere solo una di una serie di one-shots molto poco serie che prendono ispirazione dalle decine e decine di headcanon che mi sono fatta da quando ho cominciato a frequentare il fandom qualche anno fa. Quindi sì, Angelina-il-cane-di-Brujon è uno dei miei headcanon (miei e della Zanny, a cui faccio un saluto) e forse quello su cui più mi diverte scrivere e immaginare situazioni improbabili. Also, ispirandomi alla brevissima descrizione che Hugo ne fa nel romanzo, mi sono fatta l'idea che Brujon abbia qualcosa come 22/23 anni mentre Babet ne abbia una decina di più.
Spero che l'essere riuscita a scrivere e pubblicare questa fanfiction in tempi relativamente brevi significhi che mi sta finalmente tornando l'ispirazione per scrivere qualcosa di decente e quindi portare avanti questa serie.
Grazie a tutti quelli che hanno letto e, come sempre, commenti e recensioni sono ben accetti.
Alla prossima!~

-Ronnie
  
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