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Autore: 50shadesofLOTS_Always    08/05/2017    2 recensioni
Dal testo: “« Tony? – mormorò Pepper - Cosa è successo laggiù? ». Lui continuò a fissarla, ma non aprì bocca.”
Il miliardario Tony Stark torna a casa dopo la Siberia, distrutto nel fisico e nel cuore. La sua mente ottenebrata dai demoni del proprio passato cerca una via d’uscita.
E la via d’uscita ha un paio di occhi azzurri.
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Questa fanfiction è nata diverso tempo fa ed è rimasta chiusa in un pc. Recentemente l’ho rispolverata ed è venuta fuori questa raccolta dove la parola chiave è sicuramente PEPPERONY. Non c’è una vera e propria trama, ma è sicuramente da collocare dopo il film Captain America: Civil War.
[ probabile OOC di Tony/fritto misto di ironia, miele e caffè amaro/nella speranza che quei due tornino insieme ]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Nuovo personaggio, Sorpresa, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iron Family'
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Settembre 2008

Rhodes fissò Tony seduto accanto a lui. Aveva gli occhi persi nel vuoto, spenti come se tutto ciò che era stato fosse volato via col vento siberiano. Era come se fosse stato svuotato, come se fosse divenuto un morto vivente. Ed effettivamente era quello che appariva. Apatico e più scorbutico del consueto da quando quel pomeriggio lo aveva trovato, seduto sul bordo del letto, intento a fissare un bigliettino. Gli aveva domandato cosa non andasse prima di rendersi conto che le ante dell’armadio spalancate avevano diverse grucce vuote, come se qualcuno avesse fatto in fretta le valigie. Tony gli aveva rivolto poi uno sguardo più che eloquente e non c’era stato bisogno di ulteriori spiegazioni.
Pepper se n’era andata. 
Come quel giorno di tre mesi addietro, lo sguardo del miliardario sembrava vagare su un altro scenario, riflettendo le luci scintillanti della città sotto di loro. 
F.R.I.D.A.Y. gli aveva inviato un messaggio di emergenza e seppur sorpreso dalle coordinate allegate, aveva smosso l’intera unità militare della Marina, come aveva già fatto in Afghanistan. Quando lo aveva trovato, giaceva semisdraiato su una cengia, circondato da un soffice manto di neve, con gli occhi vitrei e il volto pieno di graffi, sangue ed ematomi. Ne aveva prese, ma non aveva voluto indagare. Avrebbe aspettato almeno un paio di giorni. Il direttore Fury lo aveva appena contattato per sapere delle sue condizioni. Ovviamente avevano stabilito di lasciare il “Signorino” un po’ in pace per riposarsi.
Ciò che però più lo incuriosiva era lo scudo in vibranio, un tempo di Rogers, che ora era appoggiata contro la sua gamba.
« L’hai vista? » gli chiese, cogliendolo alla sprovvista e distogliendolo dal flusso di pensieri.
Fu tentato di mentirgli, non sapendo quale sarebbe stata la sua reazione.
« Sì » sospirò infine.
« Come sta? »
Rhodey ritornò a quella strana sera in un cui aveva trovato Pepper fuori da un locale.
Lui si era ritrovato lì per caso. Stava testando l’ultimo prototipo delle protesi che Tony gli aveva costruito prima di sparire in Siberia. Passeggiando l’aveva vista e lei, sollevando lo sguardo, lo aveva riconosciuto un po’ stupita. L’aveva raggiunta con un sorriso dopo il passaggio frettoloso di un autobus.
« Rhodey, mio Dio… » aveva esclamato, portandosi una ciocca di capelli dietro il lobo di un orecchio.
« Sono felice di rivederti, Pepper » aveva esordito, accorgendosi immediatamente che qualcosa in lei non andava. Sembrava stanca e gli occhi sembravano meno azzurri.
« Anch’io – aveva aggiunto sincera – Ti trovo in forma » 
« Non del tutto, ma ci sto lavorando – lei aveva ostentato un sorriso tirato – Tu che mi dici? ».
Aveva abbassato lo sguardo, come se l’asfalto fosse diventato estremamente interessante.
« Ah, ehm… »
« Brutta serata? » l’aveva preceduta per alleggerire l’atmosfera.
C’era qualcosa sotto. Qualcosa di grosso ed era sicuro che riguardasse anche quello stupido di Stark.
« Già… » aveva ammesso, lasciando andare un sospiro. 
Si era poi passata una mano sull’altro braccio, distogliendo lo sguardo.
« Puoi chiedermelo » le aveva detto e quando aveva fatto finta di non sapere, le aveva rivolto un’espressione indulgente. Pepper però non aveva indugiato troppo nel guardarlo.
« Penserai che sono crudele ».
Aveva scosso il capo, mesto e comprensivo.
« No, penso solo che siate entrambi un po’ idioti… Lui di più ».
Poi con cautela gli aveva fatto la stessa domanda.
« Come sta? » 
« Alcuni giorni sono più bui di altri »
« Quanto bui? ».
Rhodey non se l’era sentita di raccontarle quanto Tony fosse distrutto e che in un’occasione lo aveva chiamato nel cuore della notte: per la prima volta lo aveva sentito tremare mentre confessava di trovarsi sul punto di cedere con la voce arrochita dall’alcol e forse, da un pianto a lungo trattenuto dal suo smisurato ego. Pepper nel frattempo era sbiancata e si era portata una mano sul ventre come per…
« Senti, io non voglio influenzarti o costringerti perché so quanto sia difficile stargli accanto… A volte è impossibile anche per me, ma sappiamo entrambi che non chiederà mai aiuto ».
Il silenzio che era seguito aveva preoccupato il colonello e non poco. Ma nulla gli aveva tolto il fiato come le parole che la donna pronunciò in seguito, con una pacatezza che aveva trovato disarmante e finta allo stesso tempo « Aspetto suo figlio ».
« C-Cosa? » aveva balbettato e probabilmente, coi bulbi oculari quasi fuori dalle orbite.
« Sono incinta, Rhodey… »
« Quindi è per questo che voi… »
« Non lo sa » aveva detto e con la stessa intensità di una secchiata d’acqua gelata, aveva compreso cos’era quel grigiore negli occhi di Pepper. Aveva avvertito il principio di una collera smisurata crescere in lui. Come aveva potuto nascondere una cosa del genere a Tony?
« Pepper, io… - si diede una calmata - Perché? »
« Volevo dirglielo, ma dopo Ultron… Non ce l’ho fatta ».
Così com’era sorta, la rabbia era scivolata via. 
« Da quanto? » le aveva chiesto con più dolcezza.
Non poteva condannarla, solo per aver avuto paura. Una paura umanamente giustificata.
« Undici settimane »
« Prima dei Patti »
« Ho cominciato a pensare che un giorno sarebbe uscito con quell’arnese… - aveva strizzato gli occhi, come se qualcuno l’avesse appena colpita - Quella stupida armatura… Per tornare in una bara ».
Si era asciugata una lacrima fugace, poi si era appoggiata al muro, inspirando lentamente per riacquistare il controllo su sé stessa.
« Non lo sento da quarantotto ore e Fury mi ha detto che le cose stanno degenerando… »
« Oddio… »
« Però non fasciamoci la testa. Sai com’è fatto. – si era affrettato ad aggiungere - Potrebbe fare benissimo una delle sue entrate in scena proprio adesso e… »
« E’ colpa mia » lo aveva interrotto.
La voce fragile come quella di Tony.
« No »
« Sì, invece. L’ho mollato nel momento del bisogno ».
Rhodes ammise di averci pensato per un attimo. Per un solo attimo, mentre Tony fissava ancora quel biglietto chiedendosi perché, aveva accusato Pepper di vigliaccheria. Poi riflettendo con attenzione si era risposto mentalmente a quei perché.
« Se dovesse tornare, me lo diresti? »
« Certo, ci puoi giurare ».
Aveva allargato le braccia, offrendole il conforto di un abbraccio. Pepper aveva abbandonato sé stessa, la propria forza, per gettarsi tra le sue braccia. Ma per quanto ci avesse provato, aveva realizzato quanto quella donna fosse forte. 
« Però non glielo dire » gli aveva sussurrato, reggendosi alle sue braccia.
« Pepper… » la riprese.
« Promettilo ».
Si erano guardati dritti in faccia.
« Solo se prometti che glielo dirai tu » aveva detto e Pepper aveva annuito vigorosamente.

« Dovresti chiamarla » disse, tornando al momento.
« Per sentire la sua voce nel messaggio di segreteria? Forse è meglio che mi creda morto » rispose Tony, tirando su col naso e Rhodes non insisté.
Il trabiccolo atterrò sulla piattaforma della Stark Tower, poco più in alto della balconata affacciata su New York. Le pale del rotore rallentarono e Tony, afferrò lo scudo e scese con un piccolo balzo. Gli stivali metallici emisero un tonfo sordo a contatto con la pavimentazione. Si girò, rivolgendo all’amico, il colonello Rhodes, uno sguardo più che eloquente. Non sapeva come, ma F.R.I.D.A.Y. era riuscito a contattarlo prima che l’armatura consumasse tutta l’energia. Aveva aspettato per ore il suo arrivo, al gelido vento delle montagne siberiane dopo lo scontro con Rogers. La Mark VI era praticamente andata, ma stavolta non l’avrebbe riparata. Non subito almeno. Basta notti insonni in laboratorio, basta missioni suicide.
Prima gli doveva ancora un favore.
« Grazie. Per tutto »
« Di niente. Solo ricordati di chiamarmi »
« Lo sai che sono etero, vero? » scherzò, prima che il velivolo si levasse nuovamente nel cielo.
Lo salutò con un cenno della mano, che Rhodes ricambiò con un sorrisetto. Ricevere un ringraziamento da Stark è come trovare per caso il biglietto vincente alla lotteria. Più unico che raro. Non appena fu abbastanza in alto, afferrò il telefono e scrisse un breve sms.

E’ tornato, più salvo che sano. Ma è vivo.

*

Tony attese che l’elicottero sparisse all’orizzonte, dove un color violaceo preannunciava l’alba. Si soffermò solo per un secondo ad ammirare il panorama, poi scese direttamente in laboratorio tramite una rampa dove alcuni bracci robotici finirono di smontargli la corazza semidistrutta. Porse il disco a Ferro Vecchio che girò la testa robotica come se stesse studiando il proprio creatore. Alla fine prese l’oggetto e si occupò di sistemarlo in una teca. Emise un lamento quando gli vennero tolte le ultime piastre del casco. La testa gli faceva un male tremendo e sospettò che la cosa sarebbe peggiorata. Rhodey aveva insistito per l’ospedale, ma l’unica cosa che voleva in quel momento, era un bel bicchiere di scotch. Magari più di uno.
La quiete violenta lo accolse, ricordandogli dolorosamente la sua condizione.
Prima a riempire quegli spazi era stato l’eco della voce di Pepper, che gli ricordava qualche conferenza, appuntamento o che rideva a qualche sua battuta stuzzicante. 
Ora invece l’attico sembrava come lui: senza vita. A parte lui, ad abitare la Stark Tower circa due piani più sotto, c’erano quello che restava degli Avengers. Gli altri sostavano ancora dietro le sbarre.
Non era il genere di uomo che potesse essere sospettato di avere una parte fragile, ma come Natasha e Visione cominciava a sentire la mancanza di Capitan Ghiacciolo. 
Aveva riflettuto durante il ritorno e per quanto il loro scontro lo avesse ferito, immaginò che in un momento come quello, Steven sarebbe stato l’unico a potergli dare un consiglio quantomeno sensato.
Sbuffò. L’immagine, che il mondo aveva di sé, era diventata una costruzione troppo pesante da portare da solo. Senza Pepper sentiva che presto ne sarebbe stato schiacciato.
Gli attacchi di panico e gli incubi erano tornati, più violenti e quasi ingestibili nonostante i consigli di Banner. Rhodey, dopo averlo inizialmente spedito da un vero psicanalista, gli aveva suggerito di provare almeno per un paio di settimane la cura coi medicinali. In quel momento cominciò a rivalutarla.
Ormai era tutto finito e forse, avrebbe potuto dedicarsi a sé stesso.
« F.R.I.D.A.Y., che notizie mi dai? »
« Il segretario di stato Thaddeus Ross ha tenuto un discorso proprio un’ora fa al Tribunale della Corte Suprema di Washington insieme al Presidente dello SHIELD Nick Fury ».
Tony si lasciò sfuggire un risolino quando vide la foto che ritraeva un sorridente Ross e un Fury decisamente poco allegro, come suggeriva il suo stesso nome, stringersi cordialmente la mano.
« Signor Stark, presenta diverse fratture agli arti e numerose contusioni. »
« Già me ne ero accorto… » borbottò aspro.
« Vuole che ripari la Mark VI? »
« No – si guardò intorno, poi si avviò di sopra - Fammi un favore: appena esco da qui, spegni tutto »
« Sì, Signor Stark » rispose la voce metallica.
Basta Iron Man.
Voleva annegare i ricordi, le immagini di quel filmato. Voleva seppellire tutto ciò che aveva perso nel pozzo del dimenticatoio, compreso i suoi giocattoli. Voleva mettere a tacere la voce della propria coscienza.
Ma soprattutto voleva evitare di rendersi conto di essere di nuovo solo. 
Salì le scale, massaggiandosi il collo e stabilendo che avrebbe fatto tutto alla vecchia maniera.
« Luci » mormorò a fatica.
Si diresse verso il bancone mentre le tenui luci a led si accesero, emettendo una luce soffusa. Sospirò, afferrando un bicchiere e poi la bottiglia. La osservò per poi decidere che il bicchiere non serviva.

   
 
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