Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Placebogirl_Black Stones    09/05/2017    5 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 16: Andare avanti
 
 
Bussò alla porta dell’ufficio, attendendo una risposta dall’altra parte. Quando la ricevette, aprì la porta ed entrò, constatando che l’uomo era solo alla scrivania. D’altra parte era abbastanza presto, molti dei suoi colleghi (o per lo meno quelli che non erano già tornati negli Stati Uniti) dovevano ancora arrivare, compresa lei. Forse era meglio così, avrebbe facilitato la sua richiesta.
 
- Sei mattiniero come sempre, eh Akai?- gli fece presente James, non prima di aver dato una rapida occhiata all’orologio che aveva intorno al polso.
- Non ho nulla di meglio da fare a casa, finirei con l’annoiarmi- sorrise, senza nascondere quanto fosse stacanovista.
- Per te il riposo e le ferie sono solo una perdita di tempo- scherzò il suo capo.
- Già- rispose semplicemente - Ma ti sorprenderà sapere che sono venuto per chiederti se domani posso avere una mezza giornata di permesso dal lavoro. Avrei una faccenda da sbrigare- arrivò al punto senza giri di parole.
- Beh, non c’è molto lavoro per te in ogni caso, quindi vai pure- acconsentì - Posso sapere di cosa si tratta?-
- Devo comprare un regalo di compleanno-
- Un compleanno? E di chi?- chiese, cercando di fare mente locale e ricordarsi se per caso fosse qualcuno dei suoi sottoposti più vicini.
- Shiho Miyano- rispose, certo che James avrebbe capito.
- Ma davvero? Non lo sapevo, sui file raccolti su di lei non veniva riportata tale informazione. Ad ogni modo, falle gli auguri anche da parte mia, non abbiamo avuto molte occasioni di vederci o conversare, però si dovrebbe ricordare di me- sorrise.
- Non mancherò-
 
Sapeva che James aveva compreso quanto ci tenesse ad allacciare un rapporto con quella ragazzina, un rapporto vero e non basato su false identità: per questo motivo accontentava ogni sua richiesta che avesse a che fare con lei. Al solo pronunciare il cognome “Miyano”, il suo volto si faceva più gentile, come se si sentisse in dovere di assecondarlo. Si era chiesto più volte se James si sentisse, come lui, in qualche modo colpevole per quello che era successo ad Akemi, ma forse la verità era che i sensi di colpa ce li aveva verso di lui, per averlo mandato ad affrontare una missione cosi grande e delicata che aveva pagato a caro prezzo. Avrebbe voluto dirgli che la colpa non era sua, che il loro lavoro prevedeva anche questo, ma sicuramente James lo sapeva meglio di lui.
 
- A proposito: Jodie potrebbe avere lo stesso permesso? Capisco che in questo momento sia quella che ha più lavoro di tutti con la preparazione al processo di Vermouth-
 
Vide l’espressione del suo capo cambiare radicalmente, assumendo un’aria sorpresa e incredula. Di sicuro James era a conoscenza dei suoi rapporti non proprio rosei con la collega in quel momento, Jodie era come una figlia per lui e quando doveva sfogarsi sapeva a chi rivolgersi.
 
- Shiho vorrebbe un cagnolino e ha mostrato a Jodie la foto, perciò mi serve il suo aiuto per riconoscerlo- spiegò.
- D’accordo, se è solo per mezza giornata va bene- acconsentì, pur mostrandosi chiaramente titubante all’idea.
- Se è un problema e siete indietro con il lavoro posso trovare un’altra soluzione-
- No, come dicevo si tratta solo di mezza giornata. Il problema è un altro- si lasciò sfuggire.
- E sarebbe?- chiese, nonostante lo avesse intuito da sé.
- Ho notato la tensione che c’è fra voi ultimamente e so come si sente Jodie in questo momento. Sai che ti stimo molto per quello che fai, sei il mio uomo migliore, ma umanamente parlando non sei proprio il genere di ragazzo che un padre vorrebbe accanto alla propria figlia. Non voglio che Jodie si illuda per queste tue piccole attenzioni o che tu possa farle, anche se involontariamente, qualcos’altro che la faccia star male. Ricordo ancora come restò amareggiata e afflitta quando la lasciasti per infiltrati nell’Organizzazione, ho dovuto aiutarla a raccogliere i pezzi. Jodie può apparire come una donna forte e sicuramente a suo modo lo è, ma non è di ferro e che il fatto che sia innamorata di te la spinge a non riuscire mai a dirti di no o a ribellarsi, quindi non voglio che approfitti della sua gentilezza nei tuoi confronti. So che non vuoi farle del male o ferirla, sono consapevole che tu le voglia bene; tuttavia temo che lei potrebbe fraintendere questo tuo affetto. Cerca di capirmi- chiuse gli occhi.
 
Lo capiva, eccome se lo capiva. Non c’era una sola cosa che non fosse vera nelle sue parole. James considerava Jodie come una figlia più che una subordinata, era logico che cercasse di proteggerla da ciò che poteva nuocerle, anche da quello che considerava il suo “uomo migliore”. Lo stimava sul piano lavorativo, ma non era certo un suo fan quando si trattava di carattere e atteggiamento, questo non glielo aveva mai nascosto. D’altra parte le persone che avevano imparato a tollerare il suo modo di fare si potevano contare sulla dita di una mano e fra queste la prima era proprio Jodie.
 
- Ho capito, sta tranquillo- gli rispose semplicemente, avviandosi verso la porta e salutandolo con un cenno della mano.
 
Non appena uscì dall’ufficio si trovò davanti proprio la persona di cui stava parlando poco prima col suo capo. Incrociò lo sguardo col suo, fissandola in quegli occhi che sembravano lune di ghiaccio. Nonostante fra loro ci fosse ancora un’evidente tensione, Jodie abbozzò un sorriso, probabilmente memore della telefonata della sera precedente. Ricambiò, contagiato dall’ingenuità che le dipingeva le gote di rosso ogni volta che lui la fissava.
 
- Ho ottenuto da James il permesso di assentarmi mezza giornata dal lavoro per andare a prendere il regalo per Shiho- le disse.
- Bene, allora adesso chiedo anche io, sperando che James non dica che c’è tanto lavoro da fare-
- Non serve, il permesso è per entrambi, gli ho detto che saresti venuta con me-
- Sul serio?- si stupì - Quando andremo allora?-
- Domani, visto che il compleanno è dopodomani. Non posso tenere più di tanto il cucciolo a casa Kudo, non sarebbe corretto nei confronti dei padroni-
- Giusto- annuì - Allora a domani- lo salutò, sorridendogli nuovamente prima di aprire la porta.
- A domani. E buon lavoro-  le augurò.
 
 
 
…………………
 
 
 
Aprì lo sportello della macchina e si sedette, allacciando la cintura, mentre dal lato del guidatore Shuichi sistemava gli specchietti. Il negozio dove dovevano andare non era particolarmente lontano da lì eppure aveva l’impressione che quel viaggio sarebbe durato più del previsto. L’idea di restare chiusa in una spazio così piccolo come un’auto con lui la rendeva nervosa. Non sapeva come comportarsi, temeva che qualunque cosa fosse uscita dalla sua bocca potesse essere fraintesa. Era felice dell’invito che le aveva rivolto, ma al tempo stesso era consapevole che non bastava a sanare quella crepa che si era creata fra loro. Le ritornarono alla mente le parole che James le aveva rivolto il giorno prima, non appena era entrata in ufficio dopo che Shuichi se n’era andato. Le aveva detto di non costruirsi di nuovo castelli in aria e di andarci con i piedi di piombo, onde evitare di raccogliere nuovamente i pezzi di quella complicata relazione. Avrebbe potuto dirgli di farsi gli affari suoi, che ormai era una donna adulta e pertanto libera di fare ciò che voleva, ma sapeva perfettamente che in fondo aveva ragione. Ripensò anche a quando, pochi minuti prima, lui era andato a prenderla in ufficio: per un attimo, in una delle sue fantasie adolescenziali, le era sembrato uno di quei momenti in cui il ragazzo va a prendere la ragazza per il loro primo appuntamento. Ma la realtà dei fatti era ben diversa, loro erano un uomo e una donna adulti che stavano fingendo che nulla fosse successo, rimandando un discorso che prima o poi andava affrontato. Stavano semplicemente nascondendo un foglio di carta sotto la cenere, bastava una piccola fiamma per ravvivare il fuoco e bruciarlo.
Akai mise in moto la macchina, uscendo dal parcheggio della sede dell’FBI. Nella macchina aleggiava un silenzio che rendeva il tutto ancora più imbarazzante di quanto non fosse. Non riusciva ad alzare la parola nonostante lo volesse, si limitava a guardare in basso pensando e ripensando a cosa potesse dire che non sembrasse un patetico tentativo di attaccare bottone.
 
- Dove siamo diretti?- chiese infine lui, non sapendo ancora l’indirizzo esatto.
- Nel quartiere di Haido, al 77- rispose prontamente.
 
Tuttavia, dopo quelle brevi battute, calò nuovamente il silenzio. Qualunque cosa avesse detto le sarebbe sembrata  un modo per far finta di nulla ed evitare di parlare del fatto che gli aveva detto cose poco carine e che gli aveva confessato in modo indiretto che lo amava ancora.
Fu di nuovo lui a rompere il silenzio.
 
- Come stanno andando i preparativi per il processo?-
- Stiamo facendo del nostro meglio per portare in tribunale tutte le prove possibili, ma a me non sembrano mai abbastanza. Temo che nessuno crederà al fatto che una famosa attrice possa aver commesso simili crimini- chiuse gli occhi.
- Vedrai che andrà tutto bene, avete delle prove concrete in mano- cercò di rassicurarla.
 
Avrebbe voluto continuare a parlare così con lui, ma non voleva annoiarlo con le sue questioni personali. Eppure in quel momento sembrava l’unico argomento che non suonasse come una scusa.
Fu salvata dal fatto che erano ormai giunti a destinazione. Shuichi parcheggiò la macchina fuori dal negozio ed entrambi scesero. Non appena misero piede nel negozio furono accolti dai suoni più disparati: miagolii, abbaii, cinguettii, squittii. Si guardarono intorno, notando una vasta scelta di animali ciascuno nella propria spaziosa gabbia.
 
- Benvenuti, posso aiutarvi?- li salutò cordialmente il proprietario del negozio, un uomo alto sulla quarantina che indossava un grembiule per non sporcarsi i vestiti con i peli e il cibo.
- Salve, di recente un’amica ha visto in questo negozio dei cuccioli di Akita Inu. Per caso li avete già venduti tutti o ne resta qualcuno?- chiese lei.
- Ho capito a che cucciolata si riferisce- le sorrise - Ne sono rimasti ancora quattro-
- Oh, molto bene!- esclamò entusiasta - Possiamo vederli?-
- Certo, seguitemi!-
 
Li scortò all’interno del negozio nell’area che aveva riservato a loro. Per non separarli bruscamente aveva costruito un piccolo recinto dove potevano stare tutti insieme. Non appena li vide fu colta da un senso di tenerezza infinita, da quello che si può definire un amore a prima vista. Con quei musetti e quel pelo arruffato erano ancora più adorabili che nelle foto.
 
- Ma sono bellissimi!- si lasciò sfuggire, senza preoccuparsi troppo dei modi e dei toni, chinandosi per coccolarli tutti quanti non appena si avvicinarono a lei scodinzolando.
 
Girata di spalle, non si accorse del modo in cui Akai la stava guardando, sorridendo serenamente.
 
- Shu vieni qui, a te quale piace di più? Io non riesco proprio a scegliere!- lo invitò, senza nemmeno rendersi conto di aver messo improvvisamente da parte tutta la tensione di poco prima.
- Non saprei, parlando di aspetto fisico mi sembrano tutti più o meno simili- osservò.
 
Uno dei cuccioli rinunciò alle coccole di Jodie per spostarsi verso di lui, sedendosi di fronte e piegando la testa da un lato. Lo osservava come se lo stesse studiando, come se si stesse chiedendo perché quell’uomo tanto cupo non gli faceva le coccole a differenza della bella donna accanto a lui. Ora non potevano più esserci dubbi.
 
- Credo che quello sia il cucciolo giusto per Shiho- sorrise, fissando la scena intenerita - Ti sta guardando in modo un po’ stranito che mi ricorda tanto lei quando non si fida troppo di te- ammise.
- Forse hai ragione- confermò, abbozzando un sorriso per l’ironica osservazione della collega.
- Allora volete questo?- chiese conferma il proprietario.
- - annuì lei, rialzandosi in piedi seguita da Shuichi.
 
L’uomo sollevò delicatamente il cucciolo, prendendolo in braccio. Subito i fratellini si alzarono sulle zampine posteriori cercando di arrampicarsi con scarso successo sulla rete del recinto, forse desiderosi anche loro di coccole o forse non ancora pronti a separarsi dal loro fratellino. Era una scena dolce ma anche un po’ triste.
 
- Awww, ne voglio uno anch’io! Anzi, li voglio tutti!- si morse il labbro inferiore, pronunciando quelle parole con una vocina poco consona a una donna della sua età.
- E dove pensi di metterli? Se non ricordo male l’appartamento del palazzo in cui vivi non ha un giardino e nemmeno un ampio spazio per un animale- le fece presente Shuichi, riferendosi al suo appartamento di New York.
- Lo so, inoltre resterebbe da solo tutto il giorno visto che sono spesso fuori casa per il lavoro- sospirò.
- Perché non prende un animale che richieda meno cure?- le suggerì il proprietario - Per esempio un pesce oppure un canarino-
- Ma non sono carini come questi cuccioli!- obiettò con un’espressione che fece sorridere Akai.
 
Tornati alla prima parte del negozio dov’erano entrati, il proprietario preparò un cartone con un caldo panno sul fondo, per far stare comodo il cucciolo fino a quando non sarebbe stato liberato nella sua nuova casa; poi ve lo ripose dentro.
 
- Vi servono anche degli accessori?- chiese loro.
- Dal momento che questo cagnolino non è per noi ma è un regalo per una ragazzina che compie gli anni, credo sia meglio se venga lei a scegliere quelli che preferisce- spiegò Akai.
- Invece a me interessa vederli, penso che glieli regalerò io- intervenne Jodie.
- Non le hai già preso un regalo?- chiese stupito lui.
- Avevo pensato di prenderle un bel vestito alla moda che avevo visto, però a questo punto penso sia meglio se le regalo qualche accessorio, così avrà tutto pronto-
 
Nei successivi quindici minuti l’uomo le mostrò tutto ciò che sarebbe potuto servire nell’immediato per accudire il cucciolo, lasciando il resto alla libera scelta della proprietaria. Alla fine optò per un morbido lettino circolare decorato con un fiocco, una lettiera, due ciotole semplici per acqua e cibo, una spazzola, un collare di cuoio semplice ma elegante con appesa una medaglietta personalizzabile (visto che a Shiho piaceva la moda anche il suo cane doveva essere chic) e un guinzaglio.
 
- Non è un po’ troppo?- le chiese Akai.
- No, se lo merita in fondo- fu la sua semplice ma decisa risposta.
- Vi serve altro?- chiese il proprietario.
- Potrebbe darmi un sacco di croccantini e qualche scatoletta per farlo mangiare fino a domani?- domandò Akai - Poi la ragazza verrà a prendere il cibo che preferisce insieme a tutto il resto-
 
Dopo aver finalmente trovato tutto ciò che cercavano, pagarono ciascuno il proprio conto ed uscirono dal negozio reggendo un cartone ciascuno: lei quello con il cucciolo, decisamente più leggero, e Shuichi quello con gli accessori e il cibo. Li caricarono entrambi sui sedili posteriori, non se la sentivano di rinchiude il piccolino nel baule; poi salirono anche loro sulla vettura.
 
- Senti Shu, non pensi che sarebbe il caso di rendere un po’ più carini quei cartoni ricoprendoli con della carta colorata e un fiocco? In fondo dovrebbero essere dei pacchi regalo per un compleanno- fece notare al compagno mentre si allacciava la cintura.
- A casa Kudo non ci sono né carta né fiocchi- rispose lui, mettendo in moto.
- Possiamo fare una piccola sosta al minimarket che c’è qui vicino- suggerì.
- Buona idea, così ne approfitto per prendere anche un paio di contenitori di plastica da usare per dare da mangiare e da bere al nostro nuovo amico-
 
Durante tutto il tragitto fino al minimarket, girò la testa ogni due minuti per controllare il cagnolino, nonostante Shuichi le ripetesse di non preoccuparsi e che non si sarebbe rovesciato.
Quando finalmente arrivarono si attaccò al vetro della macchina guardandovi dentro preoccupata come una mamma che non vuole lasciare il proprio bambino al primo giorno d’asilo.
 
- Sono preoccupata, pensi che sia giusto lasciarlo qui da solo?- si girò verso di lui con un’aria più smarrita di quella del cucciolo.
- Dobbiamo solo comprare un paio di cose, non ci metteremo più di dieci minuti- la rassicurò lui.
 
Annuì anche se si vedeva che non era molto convinta, entrando nel negozio insieme a lui. Mentre giravano per le corsie alla ricerca dell’occorrente, per un attimo riuscì a non preoccuparsi per il cagnolino e si rese finalmente conto di come, dal momento in cui erano entrati in quel negozio di animali, le cose fra lei e Shuichi sembrassero tornate inspiegabilmente alla normalità, come se nulla fosse successo. Anche ora stavano camminando fianco a fianco come una coppia di fidanzati che vanno a fare la spesa insieme per la loro nuova casa. Si chiese se anche lui avesse avuto la stessa sensazione o se stesse solo fingendo di comportarsi in modo naturale con lei, in attesa di riprendere a comportarsi da perfetti sconosciuti non appena quel pomeriggio di shopping fosse giunto al termine. Il solo pensiero la rattristò non poco.
 
- Ho trovato i contenitori- la riportò alla realtà la voce di lui.
 
Si voltò a guardarlo, trovandolo con in mano due semplici contenitori in plastica rotondi.
 
- Ma dove sarà il materiale per le confezioni da regalo?- si guardò intorno, cosa che non aveva fatto fino a quel momento.
 
Trovò tutto quando raggiunse la zona dedicata al fai da te. Prese dei fiocchi, della carta colorata e del nastro adesivo. Stavano per andare alla cassa quando le cadde l’occhio su dei biglietti di auguri molto carini, decorati con motivi floreali eleganti.
 
- Ne prendiamo due? Un regalo va sempre accompagnato da un biglietto- propose.
- Giusto- annuì lui.
 
Il tragitto fino alla cassa lo fecero nel più completo silenzio, così come quello dalla cassa alla macchina fuori dal negozio. Sembrava davvero che il clima caloroso di poco prima fosse evaporato nel nulla in pochi secondi. Forse c’era una sorta di magia in quel negozio pieno di suoni e piccoli amici pennuti o a quattro zampe.
Posò anche gli ultimi acquisti sul sedile posteriore e ne approfittò per dare un’occhiata al piccolino, il quale si era coricato ma era ancora sveglio e attento e si alzò scodinzolando non appena la vide. C’era già una certa simpatia fra loro.
 
- Eccoci qui piccolino!- gli sorrise, facendogli un po’ di coccole.
- Sembra quasi che quel cucciolo sia per te- osservò Shuichi.
- Se fosse per me andrei a prendermene uno subito, ma un’agente dell’FBI può permettersi solo animali di peluche!- storse le labbra.
- Una vita frenetica è il prezzo da pagare per assicurare la giustizia al proprio paese- se ne uscì lui in tono quasi patriottico.
 
Lo fissò come se avesse detto una scemenza degna dei peggiori programmi di cabaret. Non capiva proprio come gli uscissero certe cose dalla bocca a volte. In tutta risposta lui sorrise divertito dalla sua espressione. Era bello quando lo faceva, anche se si stava beffando di lei. Imbarazzata per quel pensiero, distolse lo sguardo arrossendo: era più forte di lei. Per l’ennesima volta calò il silenzio all’interno di quell’auto che sembrava una carrozza di sola andata per l’inferno.
 
- Ascolta Jodie… Penso sia il caso di parlare- se ne uscì improvvisamente Akai, prendendo l’iniziativa e dando il via a quello che temeva sarebbe successo fin dal primo istante in cui aveva messo piede in quella vettura.
 
Si irrigidì come una statua di marmo stringendo i pugni, non sentendosi per nulla pronta ad affrontare l’argomento. Non voleva ricevere di nuovo uno schiaffo in faccia.
 
- Non ce l’ho con te se è questo che ti preoccupa. Vorrei solo chiarire alcune cose per evitare di continuare con questa situazione- specificò.
- Possiamo parlarne quando saremo arrivati?- chiese lei, quasi come una supplica più che una domanda.
- E che differenza fa farlo adesso o dopo? Dovremo comunque farlo- insistette lui.
- Preferisco evitare certe discussioni in macchina, non è un luogo che mi porta molta fortuna nelle conversazioni- replicò, facendo un chiaro riferimento al momento della loro rottura.
 
Le era uscito di getto, senza pensare alle conseguenze. Solo quando se ne rese conto appoggiò la testa al finestrino coprendosi gli occhi con una mano, certa che Shuichi si sarebbe legata al dito anche quella. Di certo non era quello l’atteggiamento che doveva assumere se voleva sistemare le cose fra loro.
 
- Mi dispiace, non volevo essere acida. Davvero, possiamo parlarne a casa?-
 
Aveva detto “casa”, come se davvero fossero una coppia di fidanzatini che viveva insieme e che aveva semplicemente avuto un litigio come tanti, ma la verità era che non c’era nessuna casa (o per lo meno non una casa che fosse loro) e soprattutto non c’era nessuna relazione. Shuichi non rispose e questo le fece temere che ora ce l’avesse sul serio con lei. Non avrebbe nemmeno avuto tutti i torti, dal momento che era l’unico che aveva provato a mettere le cose a posto mentre lei non faceva che peggiorarle.
Giunti a villa Kudo, scaricarono i cartoni dall’auto stando attenti a non farsi vedere troppo, Shiho poteva essere benissimo alla finestra ad osservare. Durante questa operazione non si rivolsero mai la parola, tutto ciò che fecero fu scambiarsi delle occhiate che non promettevano né sorrisi né tantomeno belle parole.
La casa era deserta, Shinichi doveva ancora rientrare: erano soli con i loro problemi da affrontare. Akai portò il cartone con il cucciolo nella sala e lei lo seguì a testa bassa con l’altro. Poi il cecchino estrasse dalla sporta del minimarket la carta, i fiocchi, i biglietti e il nastro adesivo, posandoli sul tavolino. Estrasse una scatoletta di cibo dal cartone con gli accessori e, presi i due contenitori appena acquistati, si recò in cucina lasciandola lì da sola. Tornò pochi minuti dopo con i contenitori pieni: uno con dell’acqua fresca e l’altro con il cibo della scatoletta. Li posò a terra e poi tirò fuori il cucciolo dal cartone posizionandovelo davanti. Senza farselo ripetere due volte, il piccolo cominciò a mangiare sotto lo sguardo intenerito di lei. Shuichi ne approfittò per prendere anche il sacco di croccantini e le altre scatolette, in modo da lasciare nel cartone solo ciò che lei aveva comprato per Shiho. Si mise dunque a sistemarle per bene, cercando di distarsi da tutta quella tensione. Quand’ebbe finito chiuse il cartone con una lunga striscia di nastro adesivo. Prese poi la carta colorata e cominciò a srotolarla e stenderla per poterlo incartare. Durante tutto quel tempo Shuichi era rimasto in disparte a guardarla, mentre fumava una sigaretta. Probabilmente anche lui era parecchio nervoso.
 
- Vuoi che incarti anche il tuo?- ruppe lei il silenzio stavolta.
 
Akai non rispose, si avvicinò a lei e si sedette sulla poltrona poco distante dal punto in cui si era seduta a terra.
 
- Puoi farlo dopo. Ora mi sembra davvero il caso di avere una conversazione fra adulti-
 
Il tono di voce era scocciato, chiunque lo avrebbe percepito. Era chiaro che volesse parlare a tutti i costi, che si fosse stufato di tutta quella storia. Così posò la carta e le forbici e restò ad ascoltare ciò che aveva da dirle.
 
- Cosa pensi di fare?- le chiese.
- In che senso?- replicò confusa, non capendo a cosa si stesse riferendo di preciso.
- Dopo avermi fatto capire che non hai gradito la mia decisione di sei anni fa, cosa di cui non posso biasimarti, hai detto che ti sei stancata di starmi appresso. Dunque, è la tua decisione definitiva?-
 
Non riusciva davvero a capire dove volesse arrivare e perché le stesse facendo proprio quelle domande quando ne aveva altre mille da fare prima.
 
- Cosa ti aspetti che faccia Shu? Che passi il resto della mia vita a correre dietro a un uomo che non si accorge nemmeno se mi sono dipinta i capelli di rosa perché non ha alcun interesse per me? Forse se avessi diciassette anni e fossi una ragazzina, ma ho quasi trent’anni e mi sto rendendo conto di non aver combinato niente- abbassò lo sguardo.
- Volevi diventare un’agente dell’FBI e lo hai fatto, avevi un obiettivo e lo hai portato a termine, tra poco metterai dietro le sbarre la tua peggior nemica. Questo per te è non aver combinato niente?-
- Non mi riferivo alla mia carriera ma alla mia vita sentimentale. Non esiste solo il lavoro Shu- gli fece notare.
- Forse non hai ancora incontrato la persona giusta. Hai ancora tempo, ventott’ anni non sono poi così tanti-
- O forse l’ho incontrata ma non me ne sono accorta perché ero troppo concentrata su quella sbagliata- lo fissò - E comunque sono quasi ventinove-
- Allora dovresti cercare di concentrati su quello che ti rende soddisfatta invece che su quello che continua a deluderti- le fece notare, come se volesse farle capire di lasciarlo perdere.
- Hai ragione, credo che sia arrivato il momento di farlo-
 
A parole era facile, ma chiunque l’avesse guardata in quel momento avrebbe capito dalla sua espressione che non era  minimamente convinta di ciò che aveva appena detto. Quella frase serviva più a convincere se stessa che gli altri. Non ce la faceva davvero più, era stanca e senza forze.
 
- Non voglio rinunciare alla tua presenza nella mia vita anche solo come amico o collega, Shu. Anche se questo dovesse comportare il non trovare un altro uomo per il resto della mia vita- ammise, mentre grosse lacrime avevano preso a rigarle le guance.
 
La verità era che non voleva perderlo anche se sapeva che sarebbe stato la causa di tutte le sue sofferenze.
 
- Questo equivarrebbe a tenerti imprigionata in un castello senza vie di fuga. Non sarebbe giusto e non sono il tipo che ama privare gli altri della propria libertà- chiuse gli occhi, forse per non mostrare che anche lui in quel momento stava provando dispiacere nel sapere di essere il suo carnefice.
- Non me lo stai imponendo tu, sono io che voglio farlo- precisò lei.
- Però vivrei con il pensiero di saperti legata a qualcosa dal quale solo io posso scioglierti. Se non lo facessi, sarebbe come tenerti prigioniera, no?-
- Allora sono io che chiedo a te cosa intendi fare. Se non vuoi salvare nemmeno la nostra amicizia dillo chiaramente-
 
Non riusciva a smettere di piangere, non in quel momento che sarebbe stato decisivo per il loro futuro. Alla fine di quella conversazione avrebbe saputo che rapporto ci sarebbe stato d’ora in avanti con lui e nulla avrebbe più potuto modificarlo. Temeva che l’avrebbe perso anche come amico e questo peso era troppo grande da sopportare.
 
- Voglio solo accertarmi che non sprecherai più la tua vita a correre dietro a un tizio che probabilmente non merita la tua dedizione- le sorrise sinceramente.
- Se anche dovessi farlo sarebbe una mia scelta. Non sei tenuto ad assumertene la responsabilità. In ogni caso, più passa il tempo e più mi rendo conto da sola che merito di meglio- lo fissò seria.
- Se è così allora mi va bene restare amici-
- D’accordo- annuì.
 
Si asciugò velocemente le lacrime, per poi riprendere ad incartare il suo pacco nel tentativo di distarsi. Di certo non era il finale felice di una bella fiaba, non era come nei suoi sogni quando lui le diceva che voleva di nuovo che fosse la sua donna; tuttavia era sempre meglio averlo come amico che come perfetto estraneo. Nella vita a volte ci si deve accontentare. Sapeva che quella conversazione che sembrava ormai finita una volta per tutte, sembrava piuttosto lasciata a metà per l’ennesima volta. Non bastava dire “restiamo amici” perché il loro rapporto tornasse com’era prima di quella maledetta sera. Shuichi era consapevole che lei non lo riteneva un semplice amico e per questo si sarebbe comportato in maniera distaccata per non ferirla, mentre lei si sarebbe allontanata per non soffrirne. Sembrava che qualunque fosse la decisione che avrebbero preso, il risultato sarebbe stato sempre quello di allontanarsi l’uno dall’altra. Era ora di accettare la realtà dei fatti: qualcosa era inevitabilmente cambiato, quel rapporto che aveva cercato di mantenere in un qualche modo saldo dopo la rottura si era incrinato se non spezzato.
In silenzio Akai si alzò dalla poltrona e andò a recuperare il cagnolino, che nel frattempo aveva finito di mangiare e si era messo a gironzolare per la stanza annusando qua e là. Lei rimase seduta a terra a incartare con cura sia il suo cartone che quello del cucciolo. Erano nella stessa stanza, a pochi metri l’uno dall’altra, eppure sembrava che fossero distanti anni luce e che parlassero due lingue diverse, rendendo impossibile la comunicazione. Era la sensazione peggiore.
Non appena finì raccolse velocemente le sue cose ed estrasse il cellulare, pronta a chiamare James perché venisse a prenderla. Non se la sentiva di restare lì un minuto di più e aveva davvero bisogno di quel papà surrogato che le offriva una spalla su cui piangere ogni volta che combinava un casino. Stava cercando il numero in rubrica quando la mani di Akai la fermò, stringendole delicatamente il polso.
 
- Non serve disturbare James, ti accompagno io-
 
In un primo momento non seppe cosa rispondere, non le sembrava la migliore delle idee chiudersi di nuovo insieme in una macchina. Alla fine accettò per non rimangiarsi la promessa di essere amici.
 
- D’accordo. Però come farai con il piccolo? Non possiamo lasciarlo qui da solo-
 
Stava per risponderle quando il suono della porta d’entrata che si apriva interruppe la loro conversazione, spingendoli a girare la testa in quella direzione. Pochi minuti dopo apparve Shinichi con la divisa scolastica e la sua valigetta in mano. Si stupì notevolmente di trovarli lì insieme, si intuiva dall’espressione del suo viso.
 
- Professoressa Jodie, c’è anche lei- osservò.
- Hello Cool Guy, scusa se abbiamo fatto un po’ di confusione in casa tua!- lo salutò calorosamente come sempre.
 
Il giovane detective si guardò intorno e subito il suo sguardo cadde sui cartoni addobbati e su quella piccola palla di pelo che stava scodinzolando anche a lui. restò a fissarlo attonito, cercando nella sua testa una spiegazione plausibile a tutto ciò.
 
- È il mio regalo per Shiho, spero non sia un problema tenerlo qui fino a domani- chiese Akai - Ovviamente me ne occuperò io-
- No, nessun problema- sorrise Shinichi, avvicinandosi e prendendolo in braccio - Credo che Shiho apprezzerà moltissimo questo regalo-
- Lo spero. Potresti controllarlo per un po’ mentre accompagno Jodie a casa? Ci metto solo qualche minuto-
- Tranquilli, andate pure. Ci penso io- accettò con piacere.
 
Uscirono dalla villa e come avevano fatto in precedenza caricarono il pacco di Jodie sulla macchina cercando di non farsi notare troppo. Durante il tragitto non si scambiarono molte parole, come d’altra parte era prevedibile.
 
- Potresti dire a James che domattina farò un po’ tardi perché devo andare a ritirare la torta che ho prenotato per Shiho?- se ne uscì all’improvviso lui.
- Non glielo hai già detto?-
- Me ne sono scordato fra una cosa e l’altra- ammise.
 
Quando arrivarono davanti al palazzo dove si trovava il suo appartamento, scese dalla macchina e prese il suo cartone dal sedile posteriore. Anche Shuichi scese e l’affiancò, posando una mano sotto il cartone.
 
- Vuoi che ti aiuti? È abbastanza pesante- chiese.
- Grazie ma non serve, appena arrivo dentro prendo l’ascensore- abbozzò un sorriso di ringraziamento.
- Beh, grazie per l’aiuto allora- disse, pronto a congedarsi da lei.
- Di nulla, ci vediamo domani alla festa-
 
Gli diede le spalle e s’incamminò vero l’entrata del palazzo. Aveva quasi raggiunto la porta quando sentì la sua voce che la richiamava.
 
- Jodie-
- Sì?- girò il capo per guardarlo.
- Quel giorno non avevo nessuna intenzione di ferirti, né tantomeno la voglia di fare ciò che ho fatto. Rinunciare a qualcosa a cui tieni non è mai facile per nessuno. Se non ti ho telefonato non è perché non lo volessi, ma perché farlo avrebbe solo complicato le cose. Non credevo che ti avrebbe ferita a tal punto, mi dispiace-
 
Spalancò gli occhi a quelle parole, incredula per ciò che aveva appena sentito. Erano scuse quelle? Shuichi Akai, la roccia impassibile, si stava abbassando a scusarsi per una cosa successa sei anni prima. Se le sue mani non fossero state impegnate a reggere il cartone, probabilmente si sarebbe data dei pizzicotti per accertarsi di essere sveglia e di non stare sognando. Era distante da lui e non riusciva a vedere bene i suoi occhi, ma dall’espressione del volto e dal tono che aveva usato le sembrava sincero e davvero pentito. Per la prima volta ebbe l’impressione di essersi sempre sbagliata, di non aver mai capito fino in fondo i suoi sentimenti. Presa com’era nel suo dolore, non aveva visto che anche Shuichi aveva sofferto per quella storia troncata così, per quel sentimento che aveva dovuto spegnersi contro il volere di entrambi. Non sapeva perché ma si sentiva più serena nel saperlo, nel sapere che per lui era stata importante. Forse, se le avesse detto quelle parole anni prima, non sarebbero arrivati al punto in cui si trovavano ora. Ma d’altronde lo sapeva, Shuichi non era un asso quando si parlava di tempistica in campo di sentimenti.
Si chiese se alla fine dei giochi anche lei non avesse delle colpe. Se era bastato così poco a farlo innamorare di un’altra, forse allora anche lei non era stata perfetta. Ma ormai importava poco, non poteva più cambiare ciò che era stato. Ammettere le proprie colpe li avrebbe aiutati ad andare avanti ma non a tornare indietro.
 
- Non devi darmi nessuna spiegazione, qualunque siano state le tue motivazioni. Se lei ti ha conquistato a tal punto allora forse sono io che ho mancato in qualcosa. La colpa è sempre metà e metà, giusto?- sorrise citando le sue parole, nonostante i suoi occhi fossero diventati lucidi tradendo le emozioni che stava provando - Accetto le tue scuse, ad ogni modo. Ci vediamo domani alla festa-
 
Lo salutò un’ultima volta per quella sera, entrando nell’edificio senza più voltarsi indietro.
 
 
 
…………………………
 
 
 
Restò lì, fermo immobile a guardare la sua figura perfetta che si allontanava sempre più da lui, come nelle scene di quei patetici film d’amore che piacevano tanto alle donne. Ripensò a tutto ciò che si erano detti e anche a ciò che restava ancora da dire. Non sopportava di vederla piangere e ancor meno sopportava di sapere che la causa del suo dolore era proprio lui. Nella vita aveva fatto esperienze e imparato tante cose, forse anche più di quelle che un giovane uomo della sua età dovrebbe conoscere, eppure non aveva mai imparato ad essere più umano nei rapporti con le persone. Forse era per questo che continuava a perdere le persone a lui care una dopo l’altra. Più rifletteva sulle parole che le aveva detto nel salotto di casa Kudo e più gli sembrava di averla allontanata di proposito. Se sua madre fosse stata lì non si sarebbe certo risparmiata di dirgli che era un cretino. “Forse sono io che ho mancato in qualcosa”, gli aveva detto Jodie. Avrebbe dovuto dirle che non aveva nessuna colpa e che era stata una fidanzata perfetta: il problema era lui. Sapeva che lei lo amava ancora e nel tentativo di essere distaccato per non crearle false speranze e illuderla aveva finito col ferirla di nuovo, col riaprire quella cicatrice nel suo cuore che probabilmente non si era mai rimarginata. Se ne rendeva conto solo adesso. Le aveva promesso di proteggerla a costo della vita e invece la stava uccidendo con le sue stesse mani. Lui, il Silver Bullet, l’unico in grado di eliminare i cattivi, non era altro che uno di loro. Sorrise amaramente a quel pensiero.
Mentre si accendeva una sigaretta, si chiese se le cose sarebbero mai tornate a posto, se quell’amica, compagna, collega che fino a quel momento lo aveva sostenuto sarebbe stata ancora lì per lui. Si accorgeva di quanto fosse importante la sua presenza solo adesso che forse l’aveva persa. Come per suo padre e per Akemi, ebbe nuovamente la sensazione di aver perso qualcosa a lui caro, con la sola differenza che Jodie era viva. E forse il lato peggiore era proprio questo: saperla ancora lì accanto a lui ma avere la sensazione che fosse lontana come l’anima di un defunto.
Con l’amara consapevolezza di aver aggiunto un’altra vittima alla sua collezione, mise in moto la macchina e tornò a casa, avvolto dal buio della sera che era ormai calato sulla città.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Direi che questo è il capitolo più lungo mai fatto fin’ora e infatti è anche quello che ha segnato un punto di svolta decisivo (forse) per il rapporto Jodie/Shuichi. Molti di vuoi si aspettavano che questo confronto avvenisse durante la festa, ma io vi ho preceduti perché per la festa avevo altro in mente fin dall’inizio (dite la verità, vi ho un po’ trollati come Gosho eh? XD). So che alcuni di voi penseranno “ma fai una storia Shuichi x Jodie e poi li fai accordare sul fatto di restare solo amici?!” e in effetti potrebbe sembrare così, ma mancano dei pezzi e l’happy ending che tutti vi aspettate (e che vi ho promesso ci sarà) sarà veramente solo nei capitoli finali e conclusivi, non prima. Prima voglio preparare le basi perché questo avvengo, devo far crescere i personaggi psicologicamente. Farlo su due piedi mi sembrerebbe affrettato e non realistico. La verità è che nonostante in questa storia si sia vista più Jodie di lui, chi deve dare la spinta al motore perché parta è Shuichi. Fin che lui non si metterà in pace con se stesso, la svolta non potrà avvenire.
Ma bando alle ciance, vi sto annoiando! Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo se vi va! E non perdete il prossimo che sarà quello con la festa di Shiho! ;)
Grazie come sempre a tutti quelli che dedicano il proprio tempo a questa storia!
Bacioni
Place
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Placebogirl_Black Stones