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Autore: rotinpieces    09/05/2017    1 recensioni
Il buio della camera di nuovo la inghiotte, così come la solitudine.
E un'altra notte passa, in un modo o nell'altro.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Notte

 

Melinda si gira e si rigira su quel maledetto letto, infine si alza e va in bagno.

Prende a guardarsi allo specchio.

Osserva i lunghi capelli castani, che corrono disordinati e poco curati sulle sue spalle, sulle sue clavicole, fino a coprirle il seno.

Ha gli occhi scuri, Melinda.

L’iride è marrone, di una sfumatura simile a quella del cioccolato fondente, del tipo con un’altissima percentuale di cacao e la pupilla – per quanto brillante, per quanto nera – a volte vi si perde ed è indistinguibile.

Si avvicina al suo riflesso, intenta a cogliere proprio questo dettaglio e si rende conto che le lacrime scindono le due componenti al punto tale da portarla a dubitare di quale sia il vero colore dei suoi occhi.

Ultimamente piange molto, in effetti forse è stato questo a farla cambiare.

È che la solitudine logora, soprattutto se nessuno degli altri aspetti della vita sembra volersi rimettere in carreggiata ed avviarsi nella giusta direzione.

Che poi, “giusta direzione”, dice Melinda fra sé e sé, inarcando le sopracciglia con un certo scetticismo.

In realtà basterebbe che la via fosse buona.

Finisce il pensiero e passa a guardare il naso; dritto sì, ma ha sempre la sensazione che sia troppo grosso e le ingombri il viso e ora che è rossiccio l’effetto è maggiormente enfatizzato.

Una lacrima scende assieme a questa riflessione, anche se non è né la prima né l’ultima volta che si ritrova a rimuginare sui suoi difetti.

Le imperfezioni pesano, in particolare quando ogni sforzo ha come obiettivo distruggerle, eliminarle, annichilirle completamente. Loro sono sempre più forti, però, riescono immancabilmente a trovare il modo di ripresentarsi e spesso infondere ulteriore dolore.

Nemmeno la bocca è tra i suoi tratti preferiti, ma di recente ha scoperto come valorizzarla con il trucco e ciò, ogni tanto, è sufficiente a consolarla un po’.

Mentre continua a scendere con lo sguardo, Melinda pensa che dovrebbe fermarsi perché ciò che avrebbe visto a breve le avrebbe fatto molto più male di quanto fosse disposta ad ammettere. Ovviamente, a quel punto i suoi occhi quasi corrono mentre quella considerazione le attraversa la mente e allora le vede. Sul collo, sul lato destro, qualche centimetro sotto all’orecchio vi sono due semicirconferenze rossicce. Quella esterna è più spessa e di un colore più intenso, ma è palese che quei due segni non siano altro che il ricordo di un morso appassionato.

Alza la mano destra e con le dita segue prima l’arcata più fine e poi l’altra; preme, forse nell’inconsapevole tentativo di sostituire il dolore fisico a quello emotivo, sulla pelle alterata, ma non sente nulla. Non un brivido la scuote, né un’emozione di alcun tipo si accende dentro di lei.

Ha una persona a fianco, ma negli ultimi tempi è come se abitassero su due pianeti distanti al punto da essere incapaci di comunicare.

Melinda gli vuole molto, molto bene. Non riuscirebbe ad immaginare di aprire gli occhi il mattino e non potergli mandare un messaggio, anche solo per augurargli il buongiorno.

Lui risponde, la chiama, parla con lei per ore.

Eppure, quando la sera va a letto, Melinda si raggomitola sotto le coperte e si sente sola. È certa che se anche vi fosse lui a stringerla e ad accarezzarle i capelli non cambierebbe nulla.

Il quesito, quindi, è uno soltanto: perché?

Melinda non sa darsi una risposta e teme che forse non la troverà mai.

Distoglie lo sguardo dallo specchio, sposta i capelli dietro le spalle e poi apre il rubinetto, lasciandolo regolato sulla temperatura più bassa. Unisce le mani a cucchiaio per raccogliervi un po’ d’acqua in cui poi immerge il viso, provando un immediato, ma temporaneo sollievo.

Si asciuga, si sistema e torna a letto.

Il buio della camera di nuovo la inghiotte, così come la solitudine.

Si stende sul letto, avvicina le ginocchia al petto e vi nasconde il viso.

Un’altra notte passa ed un’altra nota d’infelicità si aggiunge alla solita routine.

  
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