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Autore: kyuukai    10/05/2017    2 recensioni
[Dall'introduzione]
“Tanti auguri Shisui” mormorò l'anziana donna, schioccando un bacio tenero sulla tempia del ragazzino, che sorrideva da orecchio ad orecchio. Gli spinse tra le mani, ancora sporche di panna montata per averle affondate nella torta di compleanno, una bustina semplice di carta, senza fiocchi né fronzoli. Lui però ne fu entusiasta, e con la delicatezza di un bulldozer, fece volar via anche quello, per scovare il suo regalo.
“Cos'è nonna?” chiese mentre se lo rigirò tra le dita, notando solo allora il disegno sul ciondolo di legno. Ci passò l'indice sopra, tracciandone i contorni con aria curiosa.
La signora sorrise paziente, e prendendolo delicatamente lo legò attorno al suo collo, appoggiandolo sulla maglia chiazzata di tempera.
“È come un portafortuna. Tienilo sempre con te, ti proteggerà, indicandoti la via, quando arriverà il tempo” disse piano, stringendo le braccia attorno alla forma del nipotino, e dondolarlo con la sedia. Il piccolo si accoccolò meglio al suo petto, sorridendo piano, avvolto dal calore famigliare dal vago profumo di lavanda.
“Grazie nonna, mi piace! Che animale è? La maestra non ce lo ha mai fatto disegnare!”.
“Questo, pulce, è un'orca”.
[ItaShi]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Shisui Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questa one-shot è stata partorita in un lampo di ispirazione. Ero su Twitter qualche giorno fa, ed alla vista di questa fanart, non ho potuto buttare giù un prompt. E da lì una flash, che poi è diventata one-shot. Non riesco a scriver poco, soprattutto quando ho per la mente tante idee che frullano veloci.
Grazie a tratrin, l'ufficiale beta non sfruttata ma tanto apprezzata, che rende col suo lavoro la lettura più scorrevole e corretta, seppur sempre criptica, è nel mio stile purtroppo. E della splendida idea per il titolo. Se volete saperne di più, cercate su google o chiedete pure, rende il quadro della storia sicuramente più completo.

Non mi resta che lasciarvi all'introduzione integrale, spero sia di vostro gradimento, e se avete tempo, ed una piattaforma, andate su Twitter a lasciare un cuoricino alla fanart, senza la quale la storia non sarebbe esistita.
Artista :南野秀一 @jutu
Buona lettura.

 

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“Shisui, vieni qui, caro” lo chiamò la voce gentile e melodiosa della nonna, dalla sedia a dondolo in un angolo della stanza. Il festeggiato non se lo fece ripetere più di due volte, e reggendosi il cappellino colorato con un fluorescente “tre” stampato sopra, si gettò tra le braccia fragili della donna, facendola sorridere, seppur il suo peso gravasse sulle ossa anziane.

“Tanti auguri” mormorò, schioccando un bacio tenero sulla tempia del ragazzino, che sorrideva da orecchio ad orecchio. Gli spinse tra le mani, ancora sporche di panna montata per averle affondate nella torta di compleanno, una bustina semplice di carta, senza fiocchi né fronzoli. Lui però ne fu entusiasta, e con la delicatezza di un bulldozer, fece volar via anche quello, per scovare il suo regalo.

Lo alzò davanti agli occhi a mandorla, inclinando il viso paffuto.

“Cos'è nonna?”.

“È una collana, pulce, il nonno avrebbe voluto che lo prendessi tu. Ce lo passiamo di generazione in generazione nel nostro clan, e pensavo fosse venuto il tempo di darlo a te”.

Shisui sbatté con forza le palpebre, e se lo rigirò tra le dita, notando solo allora il disegno sul ciondolo di legno. Ci passò l'indice sopra, tracciando i contorni dell'intarsio con aria curiosa.

“E cosa ci faccio?”.

La signora sorrise paziente, e prendendolo delicatamente lo legò attorno al suo collo, appoggiandolo sulla maglia chiazzata di tempera.

“È come un portafortuna. Tienilo sempre con te, ti proteggerà, indicandoti la via, quando arriverà il tempo” disse piano, stringendo le braccia attorno alla forma del nipotino, e dondolarlo con la sedia. Il piccolo si accoccolò meglio al suo petto, sorridendo piano, avvolto dal calore famigliare dal vago profumo di lavanda.

“Grazie nonna, mi piace! Che animale è? La maestra non ce lo ha mai fatto disegnare!”.

“Beh, magari non ti è mai capitato di vederlo...” mormorò gentile la signora, abbracciando meglio la piccola scimmietta sorridente per punzecchiarlo quando meno se l'aspettò sul fianco, e farlo scoppiare a ridere per il solletichio “Lo sai come sono i pesci?”.

Immediatamente, gli occhi vispi si illuminarono, ed il piccolo si distanziò per mostrarle le guance incavate all'inverosimile, e le labbra strette e all'infuori; mise persino le mani vicino alle orecchie, sfarfallandole per imitare la respirazione per via branchiale. La nonna, divertita, gli scompigliò i ricci già impossibili, chiazzati di rosso per aver trafficato con i colori appena regalatigli dalla zia Mikoto.

“Sei un ometto così intelligente, ed hai solo tre anni! Vedrai che da grande lascerai tutti a bocca aperta, oltre ad essere sempre il più variopinto, ovvio. Sei proprio nato sotto un arcobaleno!” commentò intenerita, muovendo le mani grinzose sotto le braccia del piccolo e fargli il solletico. La risata melodiosa ed acuta riempì la stanzetta, ravvivandola di ilarità pura e tenera. La giovane zia fece capolino dalla porta, sorridendo dolce alla scena, mentre si carezzava la pancia leggermente gonfia.

“Quello disegnato qui è una specie di pesce, ma moolto più grande!”.
“Anche più grande di te, nonna?” esclamò stupito il piccolo, aprendo le braccia a dismisura “Così?”.

“Di più piccolo mio, di più! Più grande anche della zia non appena il cuginetto crescerà nella sua pancia!” anche lei rise, facendo un piccolo inchino per salutarli “Più grande della tua cameretta!”.

Aprì a dismisura le labbra.
“Esistono cose così grandi?! E vivono tutte sotto l'acqua? Nella piscina dello zio Fugaku?”.

“No caro, quella è troppo piccola” ridacchiò la vecchia “Si trovano al mare, lo vedrai la prossima estate. Lì dove l'acqua è tanto profonda. Ogni tanto vengono a galla e si fanno vedere anche dai marmocchi come te, e portano tanta fortuna. Magari un giorno ne potrai perfino toccare una”.

Shisui strofinò la guancia contro la sua spalla, affettuosamente, mentre giocherellava con la coda.
“Non vedo l'ora di vederla... Come si chiama?”.

“Questo, pulce, è un'orca”.

Il totem dell'orca.

 

Itachi avrebbe ritenuto a dir poco assurdo pensare che il loro appuntamento si sarebbe tenuto in uno stabilimento immenso, popolato dalla fauna marina proveniente da ogni angolo del mondo conosciuto e tonnellate, decine di tonnellate di acqua contenuta in vasche gigantesche, l'unica separazione tra lui e la pressione schiacciante del mare era del vetro di spessore sconosciuto. Era insensato essere apprensivi più del solito e dubitare del lavoro fatto da architetti ed ingegneri nel progettare ogni zona, rispettando le esigenze delle varie creature, ma se c'era qualcosa che lo metteva a disagio, e faceva vacillare la maschera di impassibilità indossata quotidianamente sul viso pallido, era l'acqua.

Forza indomabile, mite e calda, ma al contempo fredda e tempestosa.

Il fatto che il suo accompagnatore si fosse burlato di lui fin da tenera età, trattenendo il fiato fin troppo sotto la superficie della piscina di casa solo per il piacere di vedere gli occhioni color amaranto del cuginetto, fermo sul bordo di ceramica e con degli assai antiestetici braccioli di Sailor Moon assicurati alle braccia diafane, riempirsi di lacrimoni, al pensiero che fosse affogato davvero, non aiutava per nulla.

Non credeva che Shisui potesse essere capace di una manovra così meschina da risvegliare traumi latenti di gioventù, e per questa ragione aveva accettato l'invito, seppur riluttante, per scoprire il vero motivo che aveva mosso il ragazzo, tra il lavoro part-time ed il corso di specializzazione, a ritagliarsi del tempo per portarlo in giro per Konoha.

Alla fine dei conti, avrebbe dovuto immaginarlo che fosse per una ragione alquanto semplice, come lo era la mente del ragazzo dai ricci ribelli, che si faceva strada tra il mare di gente all'entrata, Itachi nella sua scia, per avvicinarsi al gabbiotto e prendere due biglietti per loro.

Shisui adorava tutto quello che riguardava l'acqua, in special modo, il mare. Inoltre era capace di trangugiare una quantità mostruosa di sushi ogni volta che, per compleanni vari tra i parenti, si finiva al “Mangia-finché-scoppi” buffet che erano comparsi come funghi nella loro città da qualche tempo.

Forse dimentico della piccola, insignificante fobia del più giovane, che lo seguiva con un colorito più verdastro del solito in volto mano a mano che entravano, e non per colpa delle luci soffuse, aveva deciso di condividere la sua passione, e quale miglior modo, se non con una visita al nuovissimo Museo oceanografico di Konoha?

Un affollatissimo Museo oceanografico di Konoha per la precisione. I due furono costretti, Itachi malgrado, a stringersi le mani per non perdersi tra le persone che avevano avuto la loro stessa pensata, in quel sabato pomeriggio soleggiato. Componente non indifferente che influì molto sull'umore medio del più taciturno, a cui il maggiore lanciava occhiate preoccupate di tanto in tanto da sopra la spalla, mentre passavano per le sale stipate di turisti, coppiette e famiglie con i carrozzini.

L'unico barlume di vita che scorse sul viso, specchio di quello spirito rinchiuso in sé, fu quando sporadicamente si ridestava per dare dettagliate informazioni su ogni animale marino di cui Shisui si chiedesse cosa fosse, o che fine avesse fatto, tra l'ambientazione riprodotta nella vasca.

Era risaputo quanto bassa fosse la sua vista, ed assai contrario ad indossare gli insoliti occhiali dalle lenti spesse come fondi di bottiglia, si era dovuto basare su quella di falco di Itachi, che più volte si chiese il perché di quella scelta, di lasciarli deliberatamente a casa, facendo finta di nulla, grattandosi la nuca alla domanda.

Itachi non era per nulla bravo con le persone, ma conosceva abbastanza il cugino da riconoscere la verità imbarazzata da una bugia mascherata, eppure aveva lasciato correre, continuando il giro della struttura assieme alla fischiettante ma rassicurante compagnia del cugino.

L'intera situazione era stato un azzardo personale. Tutti i sensi all'erta, concentrati sull'ambiente circostante, dall'odore di pulito, proprio dei prodotti usati per tener pulite le strutture adibite a contenere gli animali, vagamente salmastro, oltre che il vociare della folla distribuita tra gli acquari stipati e le tante panche disseminate al centro delle sale.

La schiena del maggiore svolgeva l'unica funzione di ancora di salvezza, che con sicurezza, neanche si trovasse nel suo habitat naturale, lo conduceva lontano dalle spallate continue ed i gruppi di turisti, ovunque il cuore lo portasse, tra le piscine di pesci variopinti, meduse semitrasparenti ed eleganti, fino alla vasca degli squali.

Dove era stato obbligato ad accucciarsi, rinchiuso in un mezzo abbraccio costringente mentre Shisui sparava un selfie, con tanto di segno della vittoria piantato sul capo di un rassegnato Itachi, facendo ben mostra delle spille decorative che gli erano state appuntate sul collo della giacca a forza dal ragazzo sorridente. Aveva fatto così tanta pressione per passare prima per il negozio di souvenir che il più giovane non aveva trovato il coraggio di dire di no.

Il risultato finale era stato uno Shisui raggiante di felicità, lieto di poter riempire l'indumento anonimo di mostrine dei vari animali celebri del museo, ancor prima di vederli. I tentativi di Itachi di rendergli i soldi erano stati vani, il maggiore gli aveva dato due pacche sulla schiena così forti da mozzargli il fiato, sostenendo che fossero regali, a buon rendere.

Tutta una scusa per tempestare i social network con foto della sua ultima creazione stilistica e dell'ignara cavia, di fronte alla vasca degli squali martello. Erano stati, senza esagerare, venti minuti a provare la posa, trovare l'esposizione giusta alla luce e l'angolo che potesse mettere in risalto maggiormente i soggetti. Cavando qualche risata dai passanti, qualcuno, impietosito dall'espressione depressa del ragazzo dai lunghi capelli neri, si era anche offerto di aiutarli con lo scatto. Shisui li aveva ringraziati con un saluto veloce della mano, e con aria burlona era tornato a spostare braccia e gambe del ragazzo ammutolito come se fosse il suo personale manichino.

Non c'era spazio per la privacy, o respiro, con lo smanettatore più veloce di Konoha purtroppo.

“Oh, guarda, zio Madara, che ci fa qui?” aveva ridacchiato ad opera conclusa, gioviale, ficcandosi le mani nei jeans scuri, dondolando il busto in direzione della piscina delle testuggini, alcune immobili sotto la grande finestra che dava sul cortile interno, altre nuotavano allegre nell'acqua al livello del pavimento. Itachi scosse semplicemente il capo, abbassando le palpebre stanche.

“Dai, a questa ci puoi arrivare facilmente!” indicò, gesticolando ampiamente con le braccia nude verso gli animali “Vivono a lungo, hanno il dorso scolpito che pavoneggiano sempre, ma sono rugose e dal carattere burbero! Sono uguali!”.

“Non oso chiederti come mai hai fissato più del dovuto gli addominali di un tuo parente alla lontana”.

“Su, non fare il guastafeste Itachi! E poi quello va sempre mezzo nudo in giro, è difficile non ritrovarcisi spiaccicati a quei pettorali il più delle volte!” continuò comunque ilare; gli si era avvicinato da dietro, grattando le nocche tra i ciuffi corvini, fino ad arruffarli, e cavare uno sbuffo lieve dalla vittima “Si scherza! E poi, la malattia del caro zietto è una cosa seria, la sua è disfunzione grave alla sensibilità alle temperature, più che narcisismo!”.

Itachi continuò ad osservare un paio di tartarughe emergere piano piano, ed issarsi sulle rocce ricoperte di alghe, senza proferire parola. Shisui sogghignò alle sue spalle, e colse l'occasione per allungare una mano e punzecchiargli il fianco.

“Non sei mica l'unico a cui tengo d'occhio la forma fisica. Non sarai mica geloso, ani-san?”.

Il più giovane sospirò, scrollandosi con indifferenza le mani dell'altro di dosso, prima di far qualche passo indietro, per andarsene. Shisui storse le labbra, ma lasciò cadere il silenzio tra di loro, seguendolo a breve distanza, gli occhi neri taglienti fissi sulla sua schiena.

Ad ogni sorriso, ogni interazione ed occhiata che gli aveva rivolto, una domanda aveva schiuso le labbra di Itachi, ma mai trovato la via giusta per essere formulata a voce.

Perché gli aveva chiesto di uscire? Ed insistito tanto prima che potesse estendere l'invito a Sasuke?
Eppure era bloccato, distanziato da lui da una forza pari alle alte vetrate rinforzate che contenevano le bestie marine, eretto attorno a sé per paura del futuro poco roseo, in un ambiente a lui avverso, oltre che puro terrore di quello che sarebbe capitato, se una piccola insignificante crepa si fosse disegnata sulla superficie perfetta e cristallina che aveva costruito.

Da parte sua, Shisui stava tentando fin troppo di scalfirla, con battute e la sua espansività solita, dove l'altro era abbastanza avverso alle dimostrazioni d'affetto in generale, figurarsi in pubblico. Più volte, per via della riservatezza, aveva mandato a monte un tentativo dopo l'altro di farsi prendere sotto braccio, ed al suo tocco gentile voltato le spalle.

In fondo, apprezzava la presenza di Shisui più quanto volesse dare a vedere, e veniva ferito lui stesso dal distacco che aveva imposto tra di loro, timoroso che prima o poi qualcosa lo avrebbe tradito, e messo a nudo i suoi veri sentimenti, per il cugino.

Che a quanto pareva già aveva buttato un occhio sugli addominali pompati dagli steroidi dello zio quarantenne. Che cosa riprovevole.

Come se lo spirito libero e giocoso del ragazzo dall'aria spensierata non fosse già qualcosa di difficile da sopportare, per un giovane alle prese con la prima, innocente cotta.

Ma non poteva farne a meno, e seppur a debita distanza, sospinto dalla marea rappresentata dai modi poco ortodossi ma bonari di Shisui lo fecero ricredere sull'intera esperienza, e dopo qualche minuto passato a pensare seriamente di tornare a casa, venne richiamato dalla sua profonda e gentile voce, seguendo la semplice richiesta di passare alla prossima vasca.

“Itachi?”.

Shisui, fermo a qualche metro da lui, in una direzione completamente diversa da quella presa, lo aspettava, il viso pallido, incorniciato da ricci spessi dal colore del carbone, impassibile, di chi non lo avrebbe costretto oltre a far ciò che non voleva.

Ma la mano tesa, verso di lui, il palmo levato in alto pareva avere la forma perfetta per combaciare al suo. Seppur rappresentava un contrasto strano, col calore della carne ed il freddo dei tanti anelli impilati sulle dita affusolate.

Itachi non seppe resistere, guidato dal riverbero delle note basse, eco delle sue parole, e venne trascinato di nuovo a riva, riuscendo a godersi il giro a suo modo, divertendosi in riservato silenzio più a registrare le sue reazioni alle varie creature che visitavano, i commenti infantili ma divertenti, i sorrisi spumeggianti rivoltogli, che al motivo per cui erano lì.

Tutto ad un tratto notò gli occhi neri, velati fino ad ora di un sentimento tenuto a bada, tenuto al sicuro sotto quelle ciglia spesse, scintillare entusiasti non appena passarono alla piscina successiva. Il moro si staccò dal fianco dell'altro ragazzo, correndo in direzione del vetro freddo, il viso improvvisamente illuminatosi di fronte a tanta bellezza, aveva disteso i tratti geometrici in un'espressione di genuino stupore.

Le labbra sottili di Itachi si tesero agli angoli, aspettandosi solo che spiaccicasse il naso contro di questo, ed imprimesse le impronte delle sue mani neanche fosse un bambino.

Sembrava non avesse mai visto prima di allora un'orca, neanche sui libri di testo. Dal vivo faceva tutto un altro effetto, doveva concederlo al ragazzo in brodo di giuggiole, che a bocca aperta esultava a bassa voce ogni volta che il grande cetaceo virava elegantemente nell'acqua tiepida, mostrandosi in tutto il suo splendore. Pelle lustra nera riluceva alla luce artificiale dell'acquario, mettendo in risalto il bianco del ventre, quando con movimenti pigri virò, rivolgendosi ai due ragazzi dall'altra parte del vetro.

Il perfetto connubio tra candore e tenebra. Una vera e propria lanterna in quelle profondità cobalto avvolte nella penombra.

“Ne, Itachi” lo chiamò, giocherellando col ciondolo appeso al suo collo, rigirandolo con aria assente mentre seguiva con lo sguardo il passaggio del grande cetaceo proprio davanti alla vetrata.

“Dimmi pure”.

“Secondo te, in uno scontro con una balena, chi vincerebbe?” chiese con palpabile entusiasmo, volgendo il viso arrossato al ragazzo, che inclinò appena il capo di lato “Tra te e lui dico, ovvio!”.

“Tanto ovvio non è. Si parlerebbe per assurdi, visto che viviamo in habitat ben differenti” mormorò meditabondo lui, stringendo le braccia al maglione viola ed assolutamente anonimo. Shisui sorrise, seppur la domanda fosse alquanto stupida, era assai divertente vedere che anche una persona fredda e razionale come lui tentasse di compiacere la sciocca curiosità ideata dalla sua mente.

“Suppongo vincerebbe l'orca, per dimensioni. Nella norma non superano i nove metri e settecento, ma la mole in scala umana è pari all' 1:120. Sono innocui verso le persone, seppur occasionalmente si cibano di foche e piccole balene, e quindi non disdegnano la carne. Non rischierei di avvicinarmi comunque ad un animale del genere, soprattutto in cattività, sottoposti a livelli alti di stress potrebbero attaccare anche chi le nutre. Questa comunque pare essere in ottima salute, ed umore, se tendi l'orecchio puoi sentire i versi che fa per richiamare un suo simile, probabilmente prelevato per essere curato o per figurare nello spettacolo che si dovrebbe tenere tra una mezz'ora all'aperto” concluse, prendendo finalmente fiato, mentre apriva l'opuscolo che gli avevano dato all'entrata, indicandolo al cugino.

“Vuoi andare ad assistere a quello? Facciamo ancora in tem...”.

Solo allora si voltò verso Shisui, rimasto un tantino a bocca aperta, gli occhi vivaci fissi su di lui. Distolse immediatamente i propri, facendo finta di nulla e di leggere le informazioni dal programma.

“Come mai questa domanda, da un pacifista nell'animo che sei? Come sei arrivato a porti una domanda del genere?”.
Ricevette solo una risata divertita e roca, tra i denti bianchi che scintillavano alle luci azzurrine provenienti dall'enorme parete d'acqua. Itachi sospirò.

“Lo si fa solo per rompere il silenzio che è calato tra di noi! È un appuntamento questo, Itachi, non un corteo funebre!” lo canzonò, allungando le dita per pizzicare la punta del naso dell'altro, che si ritrasse velocemente, avvertendolo con un'occhiata di traverso.

Il maggiore ritirò le mani, prima che il bagliore sinistro registrato nelle iridi quasi rossastre si avverasse in un'esecuzione della silenziosa minaccia.

“Semmai, per assurdo, ti ritroverai a scontrarti tu stesso con questo cetaceo, spero ti schiacci sotto la sua enorme mole, in modo da insegnarti a trattenere le tue dita polipesche quando è palese che la persona che hai accanto non gradisce guadagnare lividi che ti diverti a lasciare a tradimento sulla mia pelle sottile” soffiò alacre Itachi, risistemandosi meglio la bretella della borsa sulla spalla “Oltre che prenderti ulterior gioco di me, visto che sarebbe statisticamente impossibile la mia sopravvivenza in acqua, dato che non so nuotare”.

Stranamente, sentì il cugino trattenere un colpo di tosse divertito, e quando gli rivolse, reticente, attenzione, lo vide piegarsi a metà e reggersi lo stomaco per le tante risate. Lo distolse di nuovo, alzando appena un po' il naso aquilino, con stizza.

“Cos'è tutta questa allegria? Ho appena immaginato la tua morte per mano di un'orca di sette tonnellate. Il pensiero fa rabbrividire me, su di te dovrebbe fare un effetto elevato all'ennesima potenza”.

Shisui si passò una mano sul viso, raccogliendo le piccole goccioline accumulate agli angoli degli occhi a mandorla, poi si raddrizzò, scuotendo il capo, ancora divertito.

“Ora sei tu che parli di assurdità, Itachi. Sei tu a farti venir il mal di mare ogni volta che ti avvicini ad una pozzanghera. Non siamo tutti così cagasotto come te” lo canzonò sagace lui, guardandolo da sopra la sua spalla “E poi non offendere Betsy, potrebbe sentirti e provare a rompere il vetro a suon di testate, per ammazzarci tutti e due in una volta”.

Itachi alzò appena il sopracciglio sinistro mentre l'altro si sporgeva ed appoggiava un dito sul vetro, picchiettando. Ebbe come l'impressione che l'animale si mosse non appena sentì il debole rumore prodotto, facendo echeggiare la sua voce melodiosa per l'intera sala. Al suono, sudò freddo abbastanza evidentemente, fece un passo indietro, pestando inavvertitamente il piede al cugino, e cavare altre risate alte dalla sua bocca.

“Sta tranquillo, ti proteggo io” sussurrò piano quando ebbe finito, affiancandolo. Dita calde sfiorarono quelle ossute strette a pugno, sciogliendole pian piano prima di intrecciarsi.

“Non vedo come”.

Shisui gli si rivolse piano, facendo scintillare per un secondo il piercing a forma di sperone sul suo orecchio destro, catturando l'attenzione del minore, e condurla fino agli occhi, che seppur profondi e fagocitanti, parevano aver assunto una sfumatura bluastra per via delle luci soffuse attorno all'acquario.

“Semplice, attirando la furia di Betsy, con qualcosa che possa offenderla più di un ragguaglio sulla sua forma fisica. Le donne sono facilmente volubili in fondo”.

“Ti rendi conto che è un nome da mucca, quello?”.

“Vuoi trovarne uno tu per lei? Ho provato a sorprenderti, senza scadere nell'ovvio Moby Dick, apprezza almeno il tentativo! È bianca e nera dopotutto!” latrò il moro, alzando ed abbassando le sopracciglia in modo irritante, almeno per l'altro, che fece schioccare appena la lingua contro il palato.

“Sono più che certo che nessuno del personale le abbia affibbiato un nome più patetico di quello, e si attengano alla nomea della sua specie, riportata per tua utilità sulla placca qui vicino” glielo indicò con la mano libera, tirandolo appena un po' di lato “Non che ti sia dato la briga di darci un'occhiata”.

“Sei una barba totale, Itachi” mugugnò in risposta, ciondolando le spalle dalla parte opposta, per tornare davanti al punto dove l'orca ancora disegnava spirali nel blu.

“E tu una piaga, cugino”.

“Noo, questo è un colpo basso!” si lamentò, mettendo più enfasi nel broncio che gli stava rivolgendo, aggrottando con forza la fronte “Non buttarla sull'incesto quando sto provando chiaramente a non mandare a monte l'appuntamento e guadagnare punti di gradimento!”.

Per suo sommo divertimento, Shisui lo vide strabuzzare gli occhi per due secondi esatti, prima di tornare composto, seppur più rigido, ad osservare le alghe danzanti sul fondo dell'acquario. Ciocche scure oscillavano, carezzando gli zigomi taglienti, a nascondere il rosa appena accennato sulle guance pallide.

“Non vedo come, con una faccia tanto idiota come quella che stai facendo. Ed hai cominciato tu” sussurrò con una punta di infantilità Itachi, indice che la sua sorpresa era genuina, e pungere nel vivo Shisui, per non avergli spiegato prima la natura del loro incontro.

Itachi era davvero troppo ingenuo, per un ragazzo di diciannove anni.

Prima di poter rimediare, però, lo vide girarsi di scatto, buttando un'occhiata nervosa alle spalle, poi tornò a parlare a bassa voce, provando a divincolarsi dalla presa ferrea delle dita dell'altro “Parla più piano, ci sono persone che vanno e vengono, evitiamo di dare nell'occhio”.

Shisui richiuse la bocca prima di provocarlo ulteriormente, ma tenne gli angoli alti mentre socchiudeva leggermente le palpebre, facendo sussultare leggermente il minore per la giocosità che vi vide nuotare. Con sua sorpresa lo vide alzare il capo e guardarsi attorno per bene, aspettando che la via fosse libera prima di sfilargli una manica della giacca di jeans delicatamente, ed abbassarsi, nascondersi dietro lo spesso materiale, fino ad appoggiare la fronte spaziosa contro i capelli soffici e corvini.

Itachi sussultò inavvertitamente, sentendo le spille appuntate sul giaccone tintinnare dietro la sua nuca, ed il braccio dell'altro cingerlo con determinazione a sé; di fronte alla chiarezza che ravvivava lo sguardo turbolento, la coscienza totale di sapere cosa stava facendo, il giovane non ebbe tempo per rimostranze.

A Shisui bastò lasciare la più lieve delle carezze con la punta del suo naso sulla guancia pallida, facendo schiudere per riflesso la bocca del più giovane, un sospiro sfuggire leggero e ravvivare la speranza dell'altro.

Lieto della reazione, inclinò di più il mento per dare l'ultimo colpo decisivo alla spessa barriera, che venne giù in frantumi sgargianti, sfavillanti dei colori dell'arcobaleno, mentre sfiorava le labbra schiuse in un piccolo bacio innocente, leggermente umido, capace di far andar a fuoco le orecchie di Itachi, inerme a contatto con la pressione della bocca morbida e calda, e far bruciare le sue narici, per colpa della troppa acqua di colonia che il ragazzo aveva spruzzato attorno al suo collo taurino.

“Lo terremo per noi soli, allora, questo momento” sussurrò amabilmente il riccio, riaprendo pian piano le palpebre, e deliziato dall'espressione di puro sgomento sul viso del diretto interessato, non resistette a schioccare un altro bacio rumoroso, prima che si girasse altrove. Riabbassò il bavero della giacca, sistemandola alla bene e meglio addosso alla schiena del cugino, giusto in tempo per lasciar passare una comitiva turistica, con tanto di porta-bandiera chiassoso che annunciava al gruppo la prossima creatura marina da osservare.

Shisui rise fra sé e sé, dondolandosi sulle sneakers sporche di vernice come se nulla fosse stato, quando internamente sprizzava felicità da ogni poro, a differenza del più giovane, ancora a testa bassa, neanche l'avesse bastonato. Gli diede comunque tutto il tempo per riprendersi, tenendosi sempre al suo fianco. Rincuorarlo con discrete carezze che lasciava contro il suo palmo sudato.

“Terra ad Itachi, ci ricevete?” chiese dopo un po', giocherellando col suo pollice.

“... L'onda anomala è stata più forte del previsto ...”.

“Che hai da bofonchiare, eh? Ti devo cavare come al solito le parole dalla bocca? Occhio che, appena passa questa famiglia più carrozzino, potrei approfittarmene per mangiarti di baci fino a far diventare bordeaux anche la punta del naso” lo canzonò il maggiore, provando a chinarsi di nuovo verso l'altro, guadagnandosi in tutta risposta un'occhiata gelida.

Era meglio evitare, non si sa come era comunque sulla difensiva.

“... Cosa avresti detto, per attirare le ire dell'orca?” chiese piano, evitando deliberatamente di incrociare il viso rilucente di felicità del cugino, per non cadere in tentazione e lasciarsi baciare di nuovo. La cosa migliore da fare era cambiare discorso, e tentare di farsi vedere come era davvero, in fondo, fin troppo imbarazzato. E terribilmente nervoso.

Era stato il suo primo vero bacio, dopotutto.

Shisui si grattò il mento quadrato, fresco di rasatura, impiegando qualche secondo prima di rispondere.

“Mah, qualcosa del tipo che, per me, avresti vinto tu?”.
Finalmente gli occhi amaranto fecero capolino sotto la frangia scura, tornando sul viso pallido del moro.

“E come?” mormorò genuinamente curioso, quasi senza accorgersi dell'assenza della presa dell'altro sulle dita, e reprimendo un brivido quando sentì il calore della sua mano sostare sulla manica penzoloni della giacca.

Andò in completa apnea, non appena vide le labbra morbide di Shisui schiudersi, e cominciare a muoversi.

“Se sei stato capace di insinuarti nel mio cuore, nonostante non sia esattamente la persona più brava nei discorsi, né la più divertente, ma hai dalla tua parte tante valide qualità che sicuramente riusciresti a trovare il modo di accalappiarti il favore di Betsy. Non importa quanto possa essere grande, vorace, o veloce nell'acqua, non avrà mai la grazia e l'acume che ti contraddistinguono, l'intelligenza a dir poco allarmante che dimostravi nel descrivere le creature marine senza neanche guardare la guida che ti porti dietro, solo perché sei umile e non vuoi passare per un so-tutto-io, che spesso ti viene affibbiato impropriamente” sorrise delicatamente, creando piccole fossette sotto gli occhi brillanti “Oltre all'altruismo insito, misto al masochismo, che ti ha portato ad accettare il mio invito, nonostante tu abbia una fifa nera dell'acqua da quando avevi cinque anni, solo per far felice me e toglierti una curiosità. Nessuno sarà mai eccezionale, e tenero, come te, Itachi”.

Il silenzio calò nuovamente tra i due, e Shisui si chiese davvero il perché, quella volta. Era abituato ad avere a che fare con le reazioni fuori dall'ordinario di Itachi, però a rigor di logica, gli aveva fatto un signor complimentone.

Almeno un altro bacio lo meritava, no? Magari con la lingua stavolta?

Perché allora aveva tanto l'aria stralunata di chi si era appena salvato per miracolo da una tempestosa mareggiata?

Si pettinò i capelli ricci per un secondo, indeciso sul da farsi.

“E poi, è una femmina, è già tanto se non ti si è buttata addosso per il tempo che abbiamo passato qui avanti” concluse scoppiando a ridere coralmente, mentre l'altro abbassava il capo e portava la mano sul viso, per l'incredulità più che per l'imbarazzo.

“Sei proprio un imbecille” bofonchiò tra i denti, facendosi comunque tirare bonariamente dal cugino, ed appoggiare la spalla contro la sua t-shirt. Ancora non si capacitava di quanto caldo potesse avere, in quell'ambiente in cui l'aria condizionata regnava da sovrana. A lui si erano raffreddate perfino le ossa a quel punto.

Eppure cominciava ad avvertire un debole tepore all'altezza del cuore, nonostante il disagio palpabile, in quel mezzo abbraccio impacciato da parte del moro. Notò con stupore che l'odore della colonia, dalle note frizzanti e fresche che gli ricordava vagamente le passeggiate fatte da piccoli in riva al mare, a raccoglier conchiglie per le loro madri, non gli dispiaceva più di tanto, se era il calore del suo petto a ravvivarlo.

Dita abbracciarono gentilmente la sua forma da sotto la giacca, una mano risalì la lunga schiena longilinea per annidarsi tra i suoi capelli, lisciando la lustra coda contro le spalle rigide.

“E tu più di me, se ti sei innamorato di uno” sussurrò profondamente lui, posando le labbra sull'orecchio scoperto, in una gentile carezza. Itachi rialzò il viso istintivamente, osservando in silenzio quasi religioso come il riflesso dell'acqua della piscina della balena si proiettasse sulla forma di Shisui, dandogli davvero l'impressione di trovarsi nelle profondità marine; sentiva il suo cuore in tumulto, sotto le dita ossute appoggiate al suo petto, e la forza della pressione schiacciante a gravare sul proprio sterno.

I palmi delle mani tremarono per un secondo, a contatto con il ciondolo di legno che ricadeva sulla t-shirt del ragazzo, sentendo il freddo far scivolare una goccia di sudore tra le sue scapole, dettato dall'impressione, dalla paura di sprofondare sott'acqua, assieme a lui. Il peggior timore, però era immaginare i ricci indomabili ondeggiare in eterno nelle profondità abissali ed oscure, le iridi ossidiane chiudersi, niente più bolle uscire dal suo naso.

Il respiro si fece mano a mano più pesante, l'orrore che potesse essere l'ultimo a sentire sulla sua pelle gelida, prima che l'ossigeno terminasse del tutto, rendendo la testa ovattata ed incapace di intendere e volere di fronte a quel sorriso che non vacillò neppure un secondo, diventando più dolce di attimo in attimo che passavano l'uno negli occhi dell'altro.

Fu grazie a quello che, per la prima volta, Itachi non ebbe paura, né di rimanere vicino a Shisui, e condividere un abbraccio umano, né dell'azzurro che circondava entrambi.

Gli agenti esterni persero importanza, di fronte alla messa a nudo dei loro sentimenti sopiti; dimenticati i rifiuti dell'uno, e la dimenticanza dell'altro.

Itachi appoggiò il mento nell'avvallamento tra la sua spalla ed il collo, sfiorando la pelle pallida libera dalla maglia fresca con un bacio, tossendo una risata bassa del brivido appena accennato che scosse il più intrepido dei due; solo allora Shisui rafforzò la presa su di lui, affondando le dita oltre l'elastico che teneva a bada i capelli lisci del ragazzo, trattenendolo con calore a sé.

Rimasero parecchio tempo in quella posizione, incantati dai volteggi che l'orca compiva, aprendo la bocca mentre i sub le lanciavano il pesce per il suo pasto.

Peccato che la trance di Itachi durò fin troppo, da quel momento in avanti non disse più nulla per ore, probabilmente sotto shock, facendosi trascinare ovunque volesse il cugino.

La prima boccata d'aria fresca la prese all'uscita dell'acquario, solo allora notò il passare del tempo ed il cambio di panorama; si rimboccò le maniche del maglione, e stringendosi al petto bofonchiò un debole “Che freddo”.

Era stato come uscire dall'acqua dopo un bagno prolungato, e la differenza di temperatura lo aveva colpito a tradimento non appena Shisui lo aveva liberato dalla presa possessiva sulla sua spalla. Se ne stava al suo fianco, con un sorriso talmente estasiato da solleticare le orecchie per quanto era ampio e luminoso, proprio di uno squalo che aveva appena divorato un banco di tonni.

Era troppo preso a leccare un cono gelato però, per accorgersi dell'emersione dello spaesato ed infreddolito Itachi.

Strofinandosi le mani sulle braccia, si guardò attorno, e si ricordò solo allora di aver affidato la giacca di jeans al compagno, vedendola penzolare annodata attorno alla sua vita.

Si avvicinò piano a lui, e cominciò delicatamente a slacciarla, ma ci fu un piccolo contrattempo.

Il sussulto sorpreso del ragazzo fu così forte e tuonante da costargli non solo la glassa alla vaniglia, che finì solo parzialmente per terra, ed il resto spruzzato sulle guance cineree di Itachi, ma anche attirare l'attenzione dei visitatori fermi nel cortile come loro, che fecero eco alla sua risata.

Itachi si pulì meccanicamente il viso con la manica, e senza perder tempo marciò a passo militare il più lontano possibile dal supplicante cugino, rinchiusosi in nuovo silenzio, mortificato stavolta, per essersi messo così in ridicolo.

L'acqua, con la sua imprevedibilità, continuava a star poco a genio ad Itachi.

  
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