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Autore: Christian_Jiang    11/05/2017    0 recensioni
Un ragazzo proveniente dal Medio Evo, chiamato Adam, interrompe le mie monotone giornate. Gli insegno tutto ciò che so sul ventunesimo secolo, ma lui mi insegnerà qualcosa di molto più grande...
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    Era passata una settimana dal nostro incontro. Adam si era abituato molto in fretta al veloce ritmo del ventunesimo secolo. La TV gli faceva venire il mal di testa, così come il computer, perciò dovetti ricorrere a vecchie enciclopedie con ogni genere di informazione. Il curioso ragazzo non sapeva leggere, ma guardava le immagini e mi chiedeva il loro significato. Così gli spiegai il concetto della gravità, la nascita delle stelle, i principi dell’elettricità… Parlai anche della situazione politica in Europa, del fatto che l’Inghilterra fosse ancora una monarchia e delle Americhe. Naturalmente gli descrivevo anche i semafori, le automobili e le regole della strada, affinché non venisse investito. Ormai Adam era diventato assai vivace; il pietoso stato in cui versava il primo giorno era ormai un ricordo remoto e quasi inconcepibile.

    Era domenica sera. La mia stanza era molto più ordinata, con libri ben riposti sugli scaffali, il letto rifatto e il pavimento pulito.

    “Non vedo l’ora di conoscere le altre persone di questo mondo!”

    “Sì. Ricordati dei semafori!”

    “Lo so: il rosso, come il frutto proibito, mi dice di star fermo; il verde, come l’acquasanta, mi dice di andare! Ormai so tanto del vostro mondo, e riuscirò a passare praticamente inosservato!”

    Sospirai. Sarebbe stata dura per lui passare del tutto inosservato! Avrei mentito sulla sua provenienza, per evitare inutili scompigli.

    “Adam, ti devo dire una cosa,” feci all’improvviso, “sai… c’è una ragazza chiamata Angelica. È davvero bellissima, ma quello che mi colpisce di più è la sua riservatezza, che cela una grande intelligenza. Domani… parlerò un po’ con lei.”

    “Ti capisco… Anch’io ho provato sentimenti del genere, anzi, li provo tutt’ora. Basta che non fai niente di orribile, se sai cosa intendo. Me lo dicono sempre, poiché i garzoncelli del mio villaggio combinano disastri e ahimè!, quante bastonate!”

    “Non ci saranno bastonate…” risposi, ma non specificai, poiché Adam aveva iniziato a pregare: le sue solite preghiere serali duravano parecchi minuti, eppure lui non mi sembrava il tipico “medievale stereotipato” che ficcava Padre, Figlio e Spirito Santo in ogni frase…

 

    “Svegliati, svegliati! Manca un… uno alle sette!”

    Guardai l’orologio sul cellulare. “Vuoi dire che manca un’ora alle sette? Sono le sei in punto,” mugugnai, “devi guardare il numero a destra.”

    “Svegliati lo stesso! È un giorno importante, devo prepararmi!”

    Sorrisi davanti all’innocenza di Adam, quasi come se fosse quella di un bambino piccolo. Mi alzai, mi stiracchiai, e sollevai le tapparelle, facendo entrare la tenue luce mattutina di maggio. Dovevo davvero prepararlo al giorno più importante della sua vita. Gli diedi i miei vestiti (avevamo la stessa taglia): una leggera felpa col cappuccio, pantaloni neri e scarpe senza lacci. Io mi vestii in modo più ricercato, poiché quello era un giorno importante anche per me. Non mi sentii in colpa per questo piccolo atto di egoismo.

    Sul bus Adam non faceva altro che contemplare il paesaggio, restando a bocca aperta davanti agli “alti” edifici, ammirando le macchine che per lui erano pezzi di tecnologia quasi inconcepibile, e guardando le espressioni, i vestiti e il portamento di tutti i passanti. Un po’ mi vergognavo, poiché il mio amico stava facendo di tutto per non passare inosservato.

 

    “Chi è lui?” mormorarono i miei compagni, guardando ora lui ora me con un’espressione tra lo stranito e il sorpreso. Il chiacchiericcio si era improvvisamente fermato alla nostra imbarazzante apparizione.

    “È un mio amico. Viene a fare un giorno di prova. Solo uno.”

    Improvvisamente tutti si precipitarono davanti ad Adam, stringendogli la mano, ricambiando i suoi sorrisi e presentandosi uno ad uno. Pensavo che portandolo l’attenzione sarebbe ricaduta su di me, ma in quel momento ero più trascurato che mai. Gettai lo sguardo sul banco di Angelica: la bella ragazza dai capelli scuri che piovevano sulle spalle in delicate onde profumate stava disegnando e guardava di sottecchi il nuovo arrivato. All’improvviso sorrise; con sorpresa mi accorsi che aveva appena ricambiato uno sguardo di Adam.

    Durante la lezione il mio amico non faceva altro che disegnare schizzi dall’aspetto antico sul suo quaderno, non sapendo scrivere. Gli insegnanti gli avevano chiesto da che scuola venisse, e lui diceva: “Da un istituto tecnico,” proprio come gli avevo indicato. Nemmeno instillandogli origini umili ero riuscito nell’intento di renderlo meno importante davanti ai tanto agognati sguardi dei miei compagni. Con rabbia, vedevo che le ragazze non facevano altro che osservarlo. Mi accorsi allora che Adam doveva essere davvero di bell’aspetto, con quei capelli biondi e quegli enigmatici occhi azzurri che non si vedevano più dai tempi della peste nera. Dal timore, non mi girai nemmeno per vedere dove fosse puntato lo sguardo di Angelica, la mia Angelica.

    Alla fine delle lezioni, radunai tutto il mio coraggio e andai verso il banco della ragazza, la quale stava leggendo un mattone della letteratura russa. Ormai la mia autostima era a pezzi: Adam faceva sembrare la sua umile felpa col cappuccio un capo d’abbigliamento costoso e alla moda, mentre io ricordavo di più un bimbo in un abito dieci volte più grande di lui. Mentre tutti rivolgevano domande al nuovo arrivato, io cercavo di formare una frase di senso compiuto davanti ad Angelica. I suoi occhi scuri non mi comunicavano niente; erano un mare profondo di sentimenti e pensieri celati alla perfezione. La sua delicata destra teneva il libro, mentre con la matita alla sinistra ne scriveva i passaggi più interessanti.

    “Ecco,” feci. Nessuno aveva mai visto Angelica insieme a un ragazzo. La sua intelligenza e riservatezza rendeva la sua bellezza mille volte più inaccessibile, e la maggior parte delle persone preferiva rinunciare a tale obiettivo irraggiungibile.

    “Da dove vieni di preciso?”, sentii chiedere ad Adam. “Vengo dall’Inghilterra!”, sentii rispondere. “Dicci qualcosa in inglese dai!” “Good day, everychon!” “Che strano, sarà tipo scozzese o qualcosa da quelle parti lì.” Risa incontrollate. “Come hai conosciuto lui?”, riferito a me. “È il mio migliore amico! E sono sicuro che anche io sono il suo migliore amico.”

    Repressi dalla mente quelle innocenti e infantili frasi di Adam. “Ecco, Angelica. Vorresti andare da qualche parte con me uno di questi giorni?”

    “Dove?”, la ragazza abbassò il libro che aveva in mano. I suoi occhi erano ancora impenetrabili.

    Avevo già l’indirizzo del ristorante pronto, ma all’ultimo momento cambiai idea. “C’è un grande negozio di libri nella città qui a fianco; all’ultimo piano c’è anche un ristorante. So che quello sarà il luogo migliore per noi due.”

    Angelica sorrise e si alzò. All’improvviso riuscii ad intravedere qualcosa nel suo sguardo. “Sai, è dall’inizio che ho notato in te qualcosa di diverso. Aspettavo questo da mesi ormai! Sapevo che saresti stato più lento della gente normale. Una libreria! Sei davvero un genio. Ci vediamo  lì dopodomani.”

    Aveva detto più parole davanti a me che in tutto il giorno. Mi sentivo finalmente realizzato. “Grazie, grazie!”; “grazie” era l’unica parola che riuscivo a proferire in quel momento. Non c’era stato bisogno di usare Adam per dimostrarle che avevo amici. Non c’era stato bisogno di nessuno di quei problemi su cui avevo inutilmente riflettuto in quei giorni. Angelica era colei che mi capiva più di tutti, persino più di me stesso. Chiamai Adam, che mi seguì come un cagnolino fedele. Sul suo quaderno c’erano molti numeri di telefono.

  
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