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Autore: MrsShepherd    11/05/2017    2 recensioni
Spezzoni di vita della famiglia Rizzoli...
Jane e Maura hanno deciso di amarsi e costruire una famiglia insieme. I drammi, le liti e le preoccupazioni di due donne forti, che si amano nonostante la distanza, nonostante le loro diversità, nonostante TUTTO.
Brevi episodi della vita di Jane e Maura collegati da un sottile filo rosso, una bambina dagli occhi color Zaffiro che spero vi conquisterà.
Buona lettura!
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Jane Rizzoli, Maura Isles, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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20. Maura: …ma vegliano silenti
 
- Aspetta, ti aiuto.- mi rivolgo a Jane, che sta goffamente tentando di scaricare la sua valigia dalla zona di sbarco.
- Ti ringrazio.- borbotta lei sofferente. Prende una borsa e se la carica sulla spalla, sollevandola con la mano fasciata, tenta di mascherare la sua espressione che però rivela tutto il suo dolore.
- Sai che non sono per niente d’accordo riguardo a ciò che stai facendo…-
- Lo so, ma mia figlia…nostra figlia, è sparita da tre giorni ed io non posso restarmene qui con le mani in mano.- dice spostando i riccioli ribelli che si sono incastrati tra la sua spalla e il manico della borsa.
- Capisco Jane, ma ti sei dimessa contro il parere medico; le tue ferite non si sono rimarginate e le difese immunitarie sono molto basse, sei ancora parecchio debole e così rischi di peggiorare la situazione. Almeno cerca di delegare e riposare!-
- Le mie parole preferite. Guarda c’è Frankie là, sta arrivando.-  Suo fratello si avvicina agitando le braccia, sudato e con il passo pesante, si carica delle sporte della sorella e ci fa strada verso la macchina. Guida nervosamente verso casa.
- Cosa sappiamo?- chiede Jane guardando febbrilmente la strada in cerca di qualcuno.
- Stiamo setacciando vicino a casa e a scuola. Abbiamo stabilito che si è allontanata da lì; le insegnanti dicono che non si è presentata alle lezioni, quindi è probabile che sia scomparsa una volta scesa dall’autobus.-
- E’ probabile?-
- Non sappiamo neanche se è stata una sua iniziativa o altro…Jane, ti giuro che io l’ho accompagnata alla fermata dell’autobus e sembrava tranquilla! Non avevo idea che…-
- Non ti preoccupare Frankie. Sappiamo che Charlie ultimamente è un po’ imprevedibile, vedrai che non le sarà successo nulla di male…- minimizza Jane
- Avrei potuto accompagnarla io a scuola, se solo non avessi avuto il lavoro…-
Intervengo pacata: Frankie, nessuno ti sta incolpando di nulla, stai tranquillo. Se è scappata, ed un’alternativa possibile, la ritroveremo. E comunque avrebbe trovato un altro modo per allontanarsi…-
- E’ inutile pensare al colpevole adesso; focalizziamoci su come trovarla.-
- Hai ragione, dobbiamo ripercorrere tutti i posti in cui è stata.-
 
Visitiamo la scuola, il parco, il cinema, le case dei compagni, ma nessuno sembra averla vista da tre giorni almeno. Prima di tornare a casa esauste e più vuote di come siamo partite, telefoniamo ai nostri parenti, vicini e lontani, allertandoli della situazione. Tutti ci rispondono di non perdere le speranze e ci faranno sapere se scopriranno anche solo un minimo indizio su dove trovarla.  A cena non mangiamo nulla: entrambe abbiamo un nodo alla bocca dello stomaco e a me non va di cucinare. Jane è sfinita, ma non riesce a calmare la sua ansia e si muove su è giù per il corridoio, in continuazione. Io decido di andare a letto, con la mente più riposata riuscirò a ragionare meglio domani. Prima di raggiungere la mia camera passo davanti a quella di mia figlia: apro la porta socchiusa, che scricchiola sotto il mio dolce tocco. Tutto sembra pulito ed in ordine e la stanza profuma di lavanda e sapone. Passo una mano sulla scrivania e noto che un leggerissimo strato di polvere si è depositato sulla superficie, è la prova che non è tornata a casa da un po’ di giorni e che forse mai più i tornerà. Non voglio che questa stanza diventi un mausoleo esente dal tempo che passa; mi prende il panico, come una bambina, mi adagio sul suo letto ed inizio a singhiozzare mestamente. Dopo poco tempo sento il calore del corpo di Jane adagiarsi a fatica di fianco al mio. È rigida e ha paura di essere toccata, ma per me farà uno sforzo. Si dispone dietro di me, in posizione fetale e allaccia le sue braccia al mio ventre piatto. Sento il suo mento incastrarsi dolcemente nell’incavo del mio collo.
- Pensi che Alcatraz o qualcun altro possano averla rapita?- chiedo con un filo di voce.
- No, non l’hanno presa loro Maura. Alcatraz non sapeva nulla della mia vita qui, sono stata più che accorta.-
- Lo so però…potremmo non rivederla mai più.-
- E’ solo scappata. Affidiamoci a questo. Tornerà o la ritroveremo.-
Sento le sue lacrime calde inumidirmi il collo, si uniscono alle mie e scendono giù fino al mio petto, lambendomi il seno.
- Non potrei sopportare di perderla Jane, è mia figlia.-
- Lo so…- sussurra lei stringendomi più forte. Chiudo gli occhi e la sento echeggiare sempre più debolmente: - Lo so.-
 
 
 
Qualcuno mi strattona una spalla. Forse è Charlotte, mi sveglia perché è arrivato il weekend e dobbiamo andare a prendere sua madre all’aeroporto. Sarebbe bello se fosse così, ma non è la verità.
- Chi mi chiama?- chiedo ancora immersa nel dormiveglia. È Jane. È solo Jane.
- Maura! Maura su svegliati!-
Mi sveglio di colpo e mi tiro su dal letto, la sento brontolare: - Ma come ho fatto ad essere stata così stupida!- si picchietta la testa e percorre la stanza con grandi falcate.
- L’hai trovata?-
- No, ma so dove può essere. Aspettavo che ti svegliassi…- mi porge una fotografia che raffigura una donna sorridente sui sessant’anni. Sussulto alla vista di Angela che mi sorride. Quella stessa espressione è impressa sulla pietra che custodisce la sua tomba:- L’ho trovata sotto il suo cuscino.-
- Mi ricordo di questa foto, gliela diede Angela prima di morire, ma non ne capisco la rilevanza. Perché è importante?-
- Ti ricordi cosa le disse quando le regalo quella fotografia?-
- Le disse…disse che poteva guardarla tutte le volte che si sentiva triste e che lei l’avrebbe consolata da lassù…JANE!- urlo colta da un’improvvisa illuminazione.
- Già. È al cimitero che dobbiamo cercare. Sali in macchina.-
 
Il sole appena spuntato illumina le lapidi che brillano come diamanti sotto la luce mattutina. La rugiada rende tutto più nitido, quasi surreale e mi chiedo se ciò che stiamo facendo stia accadendo veramente o se sia tutto un dolce sogno. Jane mi risveglia dal torpore.
- Maura! Non c’è!- grida terrorizzata, allontanandosi dalla tomba deserta della madre.
Cerco di non perdermi d’animo, forse sono ancora un po’ stordita. Avrei dovuto dormire di più ieri sera.
- Magari arriverà. Possiamo chiedere al custode di tenerci informate e di farci sapere se vede una bambina vicino alla tomba di Angela. Ci avviciniamo alla lapide, lei si guarda intorno preoccupata: - O magari ci ha visto ed è scappata e non verrà più. O peggio. A questo punto non escluderei le possibilità che possa essere morta investita, o assiderata, per la fame, per la sete. Devo chiamare gli ospedali, devo avvertire gli obitori devo…- si china sulla tomba della madre e in preda al panico si mette le mani tra i capelli corvini.
- Tecnicamente, visto la quantità di acqua che c’è in questo posto, o anche solo nella città, non può essere morta di sete e nemmeno di fame, visto che non si muore di denutrizione per tre giorni di digiuno.-  lei alza gli occhi al cielo:- Cerco di farti capire che non ha senso saltare alle conclusioni ed ipotizzare scenari pressoché impossibili. Se no ci viene solo il panico e la nostra capacità di stabilire un giudizio obbiettivo si riduce alla metà.- cerco di condire tutto servendomi della scienza per rassicurarla, ma queste convinzioni non suonano incoraggianti nemmeno a me.
La sua fronte si stacca dal viso incorniciato e freddo della madre, il suo sorriso spento mi fa rabbrividire e a stento trattengo la commozione. Jane si asciuga gli occhi con la manica della giacca. Le tendo la mano per aiutarla ad alzarsi, ma lei incespica e finisce per aggrapparsi al vaso di rame pieno di fiori posto ai piedi della tomba; lo rovescia e l’acqua i riversa sulla pietra.
- Cazzo!- impreca lei pulendosi le scarpe scure dagli schizzi, mi guarda e mi chiede scusa. Poi risistema i fiori, riponendoli accuratamente dove stavano prima.
- Vado a prendere della nuova acqua?- le chiedo io. Ma lei è fredda e immobile come una statua. Rigira un fiore azzurro tra le mani.
- Cosa c’è Jane?- si volta e mi mostra il fiore. Un iris azzurro come uno zaffiro.
- Questo fiore. È il mio preferito. Quando stavo con Casey, lui mi regalava sempre degli iris azzurri perché sapeva che mi ricordavano i suoi occhi. Per questo, ogni volta che visito la sua tomba gli lascio un mazzo di iris azzurri.-
- Non lo sapevo…-
- Nessuno lo sa. non ho mai detto a nessuno il motivo del mio gesto, ma so che se questo fiore è finito qui, vuol dire che Charlotte è viva è so esattamente dove trovarla.-
Si dirige zoppicando verso un ala del cimitero riservata ai caduti in guerra. In fondo ad essa una bambina è china in ginocchio su una tomba spruzzata di fiori azzurri. Jane affretta il passo, ma non riesce a starmi dietro, la supero con facilità e corro verso Charlotte urlando di gioia il suo nome. Lei si volta sorpresa e mi salta al collo aggrappandosi con tutta la sua forza a me. Le mie mani saggiano il suo sterno, riesco a sentire costole e vertebre, prova che la mia bambina è al primo stadio di denutrizione. La guardo in faccia e le bacio gli occhi spenti dalla fame. È tutta sporca e odora di muschio e pioggia, ma non mi importa: - Sei viva! Oh Charlotte! Sei viva!- lei si lascia abbracciare, ma si stacca da me non appena scorge in lontananza la figura di Jane.
- Mamma!- grida con tutta la voce che ha in corpo: - Mamma!!!-
Jane la solleva con una mano e se la porta repentinamente al petto. Sembra sorpresa da quanto leggera possa essere sua figlia. Charlotte comincia a piangere e finalmente, per la prima volta, vedo che è disposta a lasciarsi andare.
- Mamma! Credevo di non rivederti più! Credevo di averti perso per sempre! Avevo paura che te ne fossi andata anche tu come la nonna…- non riesce più a parlare, i suoi singhiozzi le tolgono la capacità di respirare. Jane se ne accorge, la chiude in un enorme abbraccio e le lascia soffici baci sul volto.
- Sono viva Charlie. Stai tranquilla.-
- Lo so che sono stata cattiva! Ti prego non lasciarmi. Non abbandonarmi anche tu. Lo so che assomiglio a papà e lui ti ha fatto soffrire, ma cercherò di cambiare, cercherò di migliorare lo prometto.-
Jane le prende il viso e la guarda negli occhi: - Tu non devi cambiare. Perché sei perfetta così come sei. E io ti voglio bene e non ho intenzione di lasciarti sola!-
Charlotte riprende a singhiozzare, quasi mi sembra un rantolo, non riesco a sentire il suo respiro e ho paura. Il suo volto, immerso nei riccioli scuri della madre è pallido e smunto.
- Jane, sta avendo un attacco di…-
- Lo so.- sussurra debolmente lei facendo un ceno di assenso con la testa. – E’ esausta.-
Si siede sul prato verde, noncurante dell’umidità che presto le inzacchererà i pantaloni. Si slaccia la camicia scoprendosi il petto, riesco ad intravvedere il suo intimo scuro. Con la mano sinistra la adagia delicatamente sua figlia su un fianco e appoggia la sua testolina sporca al suo cuore. Si dondola dolcemente e con la mano libera le sorregge il volto perdendosi nei suoi occhi. – Sono qui con te Charlie. Sono qui. Non ti abbandonerò. Mai. Respira. Tranquilla. Così. Stai andando benissimo.- le sue parole sono lente e chiare, come una cantilena. E per un attimo mi sembra che Charlotte sia piccolissima e mi chiedo quanta forza d’animo possa essere racchiusa in una bambina così fragile. Mi chino anche io sul corpicino di mia figlia e vedo il suo petto affannato alzarsi ed abbassarsi ad un ritmo sempre più blando e regolare fino ad uniformarsi con il battito cardiaco della madre. Le sue palpebre si fanno improvvisamente più pesanti, si abbandona completamente tra le braccia di Jane, cadendo in un sonno profondo.
Jane la culla dolcemente per alcuni minuti poi si rivolge con voce flebile verso di me: - Puoi prenderla tu? Non riesco ad alzarmi…-
Come facciamo da dieci anni, che a me sembrano una vita, ci scambiamo i ruoli e io mi trovo a stringere tra le braccia Charlotte, debole ed indifesa che dorme affannosamente come un cucciolo di pettirosso tra le mani.
- E’ bollente.- sussurra Jane toccandole la fronte. – Chissà come avrà trascorso questi giorni, dove avrà dormito…-
- A casa le faremo un bagno caldo e poi la metteremo a letto. Contatterò il pediatra per definire quali procedure adottare.-
- Per una volta, sono d’accordo con te!- ammicca Jane sorridendo.
- Ti va se guido io? Così tu puoi recuperare il tempo perso con Charlotte.-
- Non stiamo andando troppo d’accorso signora Isles? Ci sarà una legge scientifica in grado di spiegare questo fenomeno al limite del paranormale?- scherza lei. Ormai il peggio è passato. E tutte e due siamo decisamente più sollevate.
- In realtà ci sarebbe una spiegazione scientifica e biologica per…-
- Maura- sibila lei alzandosi a fatica:- Stavo scherzando. Vuoi fare addormentare anche me?- sussurra indicando Charlotte che dorme tra le mie braccia.
- Senti…- continua:- Puoi portarla tu in macchina per favore? Ti raggiungo tra un minuto.-
Fa un cenno di riverenza verso la tomba di Casey, poi si dirige a passi lenti e trascinati verso la tomba di sua madre. Si china a raccogliere il fiore che le era scivolato per terra e lo ripone nel vaso di rame assieme agli altri.
- Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per noi, ma devo imparare a lasciarti andare. Sai, tutto sommato credo che me la caverò.
Addio mamma.-
 
 
 
 
   
 
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