Equivoco
C’erano molti conigli, forse anche
troppi per i suoi gusti. In tutti i suoi trentadue anni di vita Nick non aveva
mai visto una quantità simile di conigli tutta riunita insieme; in città non si
aveva la possibilità di scorgerne molti, pochi conigli vivevano a Zootropolis e solo una di questi poteva definirsi sua
amica.
Ce ne erano di tutti i tipi: giovani,
anziani, alti, bassi, in carne, più snelli, chi aveva le orecchie più lunghe e
chi più corte, vi era una miriade di tonalità delle pellicce, da quelle a tinta
unita, a quelle a macchie, ma quello che li accomunava tutti era lo sguardo che
gli indirizzavano.
La sua vecchia antenata si sarebbe
leccata i baffi, pregustandosi la scorpacciata che si sarebbe fatta.
Ma non erano i suoi stessi
sentimenti; a essere onesti, tutti quei conigli che lo fissavano gli mettevano
ansia.
Sentiva la cravatta farsi stretta,
l’allentò; aveva bisogno di più aria. Deglutì a vuoto.
«Rilassati, Nick!» gli giunse la
dolce voce di Judy.
Come poteva?
Li sentiva anche lei mormorare,
chiedendosi cosa centrasse una volpe con loro, che diritto aveva a stare lì, in
mezzo a loro?
Se avesse voltato la testa verso di
lei – sapeva che sarebbe stato osservato da molte paia di occhi – era sicuro di
trovarla serena, divertita dal suo comportamento, per lei esagerato.
Ma proprio perché era consapevole di
tutti quegli occhi puntati addosso – e iniziava a sentirsi colpevole di un
crimine che non aveva commesso – non lo fece, tenne ostinatamente lo sguardo
fisso davanti a sé, con le orecchie appiattite sulla testa, anche se forse in
quel momento incontrare gli occhi rassicuranti di Judy sarebbe stato tutto
quello che gli serviva.
Non aveva la minima idea, se lei lo
stesse guardando o se, semplicemente, avesse captato il suo disagio ascoltando con
le sue lunghe orecchie sensibili.
«Non sei tu quello che si sta
sposando!» lo prese affettuosamente in giro.
Una vera fortuna.
Altrimenti sarebbe stato
letteralmente mangiato da una folla inferocita di conigli.
Come già altre volte prima di allora,
Nick si chiese come aveva fatto a cacciarsi in una tale situazione, come aveva
fatto Carotina a convincerlo e, soprattutto, lui come
aveva potuto anche solo credere alle sue parole?
La risposta si trovava in quei suoi
splendidi occhi ametista, così ammaglianti, avevano il potere di fargli fare
qualsiasi cosa lei gli chiedesse e Judy nemmeno conosceva l’ascendente che
esercitava su di lui.
Un giorno o l’altro, questa coniglietta mi manderà in rovina.
Ma l’effetto collaterale era che lo faceva
sentire felice come mai si era sentito in tutta la sua vita e non era sicuro di
volersi privare di una sensazione come quella; per certi aspetti, si riteneva
un egoista.
Sentì una zampa piccola e calda
raggiungere la sua, tesa, che stringeva con forza il tessuto dei pantaloni e
dargli una leggera carezza.
Quel contatto lo indusse a fermare il
movimento continuo della sua coda per il dispiacere del piccolo coniglio dietro
di lui, che cercava in tutti i modi di afferrarla, incantato dal colore e dalla
morbidezza.
Questa volta Nick sentì l’urgenza di
trovare i suoi occhi e, una volta che incatenò il suo sguardo a quello della
coniglietta, si dimenticò di essere perennemente osservato dagli altri astanti.
Ricambiò la stretta di Judy e le
rivolse il primo e vero sorriso da quando erano entrati in chiesa e Nick aveva
scoperto davvero quanto numerose
potevano essere le famiglie di conigli in un’occasione così importante.
Se le sue azioni fossero state
considerate inappropriate dalla maggior parte dei presenti, Nick non lo seppe
mai, perché proprio in quel momento risuonò nella grande sala l’inno nuziale e
la sposa fece finalmente la sua entrata in scena, lasciando tutti di stucco.
Durante il suo passaggio, commosse
molte coniglie e, con la coda dell’occhio, Nick notò che anche Judy era
emozionata, non riusciva a trattenere una lacrima di gioia, mentre il suo
piccolo nasino non riusciva a smettere di tremare.
Anche Stu Hopps, nonostante cercasse di darsi un contegno, era preda
delle proprie emozioni.
Era naturale, visto che stava –
metaforicamente e letteralmente – accompagnando la figlia nella vita di un
altro coniglio.
I suoi occhi furono catturati dalla
sposa: era proprio bella nel suo classico vestito bianco, sorrideva radiosa.
Per un istante, si immaginò la sua
collega ammantata di bianco, con il velo a celarne i luminosi occhi viola –
sentì un pizzicore alla zampa, doveva alzare quel velo – e pensò che nessuna
sposa sarebbe stata più bella di lei.
Nel tempo dei suoi pensieri, la
sorella di Judy aveva raggiunto l’altare, affiancando quel coniglio che sarebbe
diventato suo marito, e il prete iniziò a parlare.
***
Finita la cerimonia, tutti gli
invitati furono condotti all’aperto, dove si tenne un ricco buffet.
La tensione della volpe volò via in
un attimo, quando registrò le bontà ai tavoli, in particolare adocchiò una
gustosa torta ai mirtilli – fatta da Bonnie, ne sono certo! – e gli venne l’acquolina alla
bocca, pensando a quel sapore che mandava le sue papille gustative in
visibilio.
Nella sua mente non c’era più spazio
per conigli curiosi, diffidenti e ostili.
Non si era accorto che Judy era
andata a parlare con i suoi parenti o con quelli dello sposo – per lui era
uguale, erano davvero in troppi, era impossibile memorizzare i loro volti. A
lui bastava riconoscere i genitori di Judy e i suoi fratelli e sorelle, anche
se non aveva avuto la fortuna di conoscerli proprio tutti e
duecentosettantacinque.
Per fortuna non mi ha fatto imparare i nomi dei nonni, degli zii e delle
zie, dei cugini e delle cugine!
La vide camminare verso di lui e si
prese del tempo per osservarla.
Era carina – anzi no bella, bellissima – in quel vestito color
lavanda, che le risaltava gli occhi, con quel fiore bianco all’orecchio
sinistro.
Erano poche le occasioni in cui
poteva vederla indossare un vestito – la prima volta era rimasto sorpreso,
perché si era reso conto di quanto potesse essere femminile – e lo lasciava
sempre senza parole, meravigliato.
La coniglietta si fermò a qualche
passo da lui e gli dedicò uno sguardo serio e indagatore.
Avrò qualcosa fuori posto?
Mi sarò macchiato con la torta di mirtilli?
«Devo proprio dirtelo, agente Wilde.
Non sei niente male vestito così» gli sorrise, avvicinandosi.
Non c’era traccia nel suo tono di
presa in giro, era pura sincerità e dolcezza, un suono così piacevole per le
sue orecchie – ora concentrate interamente su di lei, come tutti gli altri
sensi – ma avrebbe dovuto sentirlo, il campanello d’allarme.
«Però quella cravatta…»
storse il nasino, contrariata.
«Cos’ha che non va?»
«Si vede che non sai allacciarti una
cravatta come si deve.»
Era pronto a ribattere, quando
percepì le sue zampine aggiustargli il nodo della cravatta e avvertì un lieve
sfioramento del pelo della sua zampa con quello del suo collo; le parole gli
morirono in gola.
«Ecco fatto. Ora va molto meglio»
constatò, soddisfatta.
Solo quando Judy portò le zampe lungo
i fianchi, la volpe ritornò a respirare normalmente e a riprendere il controllo
delle proprie facoltà mentali.
«Mi stai dicendo che non ti piace il
mio stile?»
«Beh… non è
esattamente il mio genere» ammise lei, figurandosi alla mente i suoi abiti
casual.
Non capiva perché Nick si ostinasse a
abbinare la cravatta a una semplice maglia a maniche corte. Se pensava che così
facendo otteneva una certa eleganza, doveva ricredersi, perché il risultato
finale era lungi dall’esserlo. Però, doveva ammetterlo, era un suo tratto
distintivo.
«Ma è quello che ti ha colpito di me.
Ammettilo, dai» la stuzzicò la volpe.
«Io non ho mai detto una cosa del
genere. Come ti viene in mente?» sembrava oltraggiata.
Non le era mai piaciuto che le si mettessero
in bocca parole che non aveva mai pronunciato e che non aveva mai neppure
lontanamente pensato.
E lui si stava divertendo un mondo a
vedere le espressioni che faceva, era troppo buffa; un attimo sembrava
imbarazzata, l’attimo dopo incollerita – aveva dalla sua il fatto che si
trovavano a una celebrazione pubblica, così lei non gli avrebbe rifilato i suoi
pugni punitivi, perché doveva comportarsi rispettabilmente.
Era certo, tuttavia, che uno solo, di
quei pugni, non sarebbe stato abbastanza.
«Ed ecco qui mia sorella con il suo
fidanzato!» una nuova voce s’intromise nella loro conversazione.
Il sorriso compiaciuto scomparve dal
muso della volpe per lasciare il posto a un’espressione di puro terrore,
abbassò automaticamente le orecchie sul cranio.
Sentì il sangue gelare, mentre per un
brevissimo istante gli parve che tutti si fossero zittiti e avessero diretto
almeno una delle proprie orecchie nella loro direzione.
Poteva sopportare – più o meno – le
occhiatacce e i bisbigli di tutti quei conigli, ma era diverso sentire, a
chiare lettere e in modo così definitivo, quello che tutti si stavano chiedendo
e che loro avevano evitato di specificare.
Anche Judy era allibita.
«Non siamo fidanzati. Io e Nick siamo
amici. E colleghi.»
Aveva perso il conto, ormai, di tutte
le volte che aveva dato quella spiegazione.
Iniziava a sentirla così fredda,
atona, seppure fosse la verità. Era stufa di dover sempre chiarire cosa erano
loro due, perché gli altri non ci arrivavano da soli.
Nonostante la pronta risposta di
Judy, quella strana sensazione serpeggiava ancora tra loro.
«Ah sì, la mamma ha detto qualcosa
del tipo che siete amici, ma che vi comportate come due fidanzati» precisò
l’altra, come se nulla fosse.
Quell’affermazione colpì la
coniglietta.
Non era sicura se le facesse più male
il fatto che sua sorella l’avesse detto con noncuranza o il fatto che sua madre
non le avesse mai confidato le sue impressioni riguardo al loro rapporto.
«La mamma ha detto questo?» s’incupì
Judy.
Non la turbava troppo se erano degli
sconosciuti a credere che fossero una coppia, ma se le persone a loro più
vicine ne erano convinte, iniziava a dubitare. Aveva notato come, ogni volta
che affermava con convinzione che lei e Nick erano soltanto amici, i colleghi
le sorridessero accondiscendenti, ma in realtà non credevano affatto alle sue
parole.
E se avessero ragione loro? Se io e Nick fossimo più di amici?
E lui, cosa ne pensava di tutta
quella faccenda?
Non ne avevano mai discusso; passato
il momentaneo senso di imbarazzo, tornavano a comportarsi come sempre, come se
nulla avesse intaccato la loro quotidianità.
Forse sbagliavano, forse avrebbero
dovuto fare più attenzione a quei piccoli segnali e analizzare meglio la
situazione.
«Non vorrai rovinare il giorno più
bello della mia vita, vero?» le domandò, leggermente preoccupata, la sorella,
resasi conto dell’espressione seria di Judy.
La conosceva: se c’era qualcosa che
la turbava, non aspettava per risolvere il problema, andava dritta al nocciolo
della questione.
«No, certo che no.»
Non avrebbe mai fatto una scenata al
matrimonio della sorella. Se l’aveva ventilata come ipotesi, allora non la
conosceva così bene.
Nick si sentì di troppo, avrebbe
preferito trovarsi altrove; lo scambio di battute intercorso tra le due sorelle
lo aveva messo a disagio più di quanto già non fosse.
Glielo aveva detto, a Carotina, che non sarebbe stata una buona idea, ma lei
aveva cercato di convincerlo che non ci sarebbero stati problemi, che si
sarebbero divertiti, avrebbero festeggiato e sarebbe stata una bella giornata
da ricordare.
Carotina, devi imparare a darmi ascolto, ogni
tanto.
«Ehm congratulazioni! E figli maschi»
augurò Nick ai neo sposini, con un sorriso tirato, protendendo una zampa al
compagno della sorella di Judy, che gliela strinse con qualche esitazione.
Così come erano apparsi, i due sposi si
dileguarono, approcciandosi ad altri parenti, lasciando aleggiare un
imbarazzante silenzio tra i due amici.
«Carotina,
la prossima volta ti conviene portarci davvero il tuo fidanzato a questi eventi di
famiglia.»
La sua doveva essere una battuta per
alleggerire l’atmosfera, ma uscì più come un’affermazione, quasi un consiglio.
«Sì, mi sa che farò così» convenne
lei, ancora scossa.
***
Arrivò il tanto atteso momento del
lancio del bouquet e, seppur controvoglia, anche Judy venne trascinata tra le
partecipanti. Era l’unica a starsene ferma, annoiata, mentre le altre erano in
trepidazione e pronte a saltare, se era necessario, e con sgomento delle altre
conigliette il mazzo di fiori atterrò proprio tra le zampe di Judy.
La coniglietta lo guardò, stupita. Non
se l’aspettava, in realtà non l’avrebbe nemmeno voluto; non ci teneva come le
altre giovani conigliette, perché non credeva alle dicerie e poi non aveva
nessuna fretta di sposarsi.
Eppure i suoi occhi cercarono la
figura snella di Nick, che le sorrise, con quel suo modo tipico di prenderla in
giro, che all’inizio le aveva dato sui nervi, ma che aveva imparato ad amare,
perché sapeva riconoscervi l’affetto che Nick provava nei suoi confronti, ma
che voleva mascherare.
Forse non doveva cercare poi troppo
lontano quel fantomatico fidanzato.
Almeno che la prossima volta non sia proprio quella che lo porti
all’altare.
Scosse la testa per allontanare quei
pensieri così estranei, probabilmente suggestionati dal momento.
Non doveva preoccuparsi troppo:
quelle conclusioni non significavano nulla, erano irrealizzabili, erano nate e
morte in quell’istante, non avrebbero avuto seguito; le avrebbe dimenticate
molto presto.
Il suo sguardo indugiò ancora
sull’unica volpe tra i presenti, mentre stringeva tra le zampe quel piccolo
presagio del futuro.
Ehilà! C:
Che posso dire?
Si nota che voglio vedere questi due
sposarsi e che siano (finalmente!) marito e moglie, vero? :D
Direi solo un filino. XD
Io non ne ho colpa, datela
all’ispirazione! ù.ù
Ho semplicemente immaginato che Judy
e Nick andassero al matrimonio della sorella e che lei li presenti come
fidanzati. E loro non lo sono, almeno non ancora. ;)
Forse non è nulla di troppo
originale, ma io mi sono divertita a scrivere di loro due. Sono troppo pucci. *^*
Semplicemente adoro. :3
Spero possiate perdonare la mancanza
di originalità, augurandomi che possa comunque risultare una lettura semplice e
piacevole. ;)
Grazie. ♥
Come sempre pareri, consigli e
critiche costruttive sono ben accetti.^^
Alla prossima! ;)
Selly