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Autore: _BlueLady_    16/05/2017    2 recensioni
Fine e Rein: due ragazze come tante, un pò maldestre, esuberanti, con un pizzico di vitalità in più.
Due ragazze come tante, solo gemelle. Una fortuna per molti, una sfortuna per loro.
Soprattutto quando i ragazzi da loro amati dimostrano ogni volta di avere una preferenza per la gemella opposta, anche in estate, in occasione di una vacanza col loro gruppo di amiche.
La domanda sorge spontanea: "Perchè preferiscono sempre lei a me? Cos'ho io di sbagliato?"
Sorgono così gelosia, invidia, frustrazione, rammarico.
"Sarebbe bello, almeno per una volta, essere come lei"
Il desiderio nasce spontaneo, quando prima era soltanto semplice curiosità.
Grazie ad una singolare successione di eventi, che comporterà la realizzazione di un episodio a dir poco straordinario, Fine e Rein capiranno che non è sempre la bellezza fisica la carta vincente che ci rende amabili agli occhi di una persona, e che essere se stessi nell'anima e nel corpo, conservando la propria integrità, è il principio più importante.
Perchè essere amati per ciò che si è, è la cosa più bella che ci possa mai capitare.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine, Rein, Shade
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ CAPITOLO 12: CAMBIO PROSPETTIVA ~
 
Come volevasi dimostrare, certo come il sorgere del sole ogni mattina, Fine era in ritardo.
Shade la stava aspettando davanti al cancello, irritato ed impaziente, da più di un quarto d’ora. Era certo di non poter contare sulla sua parola d’onore, la conosceva abbastanza per non fidarsi. Tuttavia sperava che la paura di farsi vedere coinvolta in un’uscita compromettente assieme a lui sarebbe bastato a farla essere puntuale, almeno una volta della sua vita.
Invece doveva ricredersi: Fine, come Rein, era estremamente distratta, priva di qualsiasi misura temporale, con la testa tra le nuvole, una bambina troppo cresciuta. Certe volte si domandava come facessero le due gemelle a stare al mondo, a sperare di sopravvivere alle sfide della vita, distratte com’erano.
Osservò ancora una volta l’orologio al polso, constatando nervosamente che i minuti passavano inesorabili: se avesse aspettato ancora, si sarebbero inevitabilmente imbattuti in Altezza di ritorno dalla sua corsa mattutina, e allora col cavolo che Fine poteva sperare che il loro accordo potesse ancora restare un segreto.
Conosceva bene la cugina, e sapeva che per nulla al mondo si sarebbe risparmiata di far sapere al resto del gruppo che lui e quella ragazzina dai capelli rossi si “intrattenevano segretamente in una relazione clandestina”. O, se era disposta a collaborare, sapeva benissimo che non l’avrebbero convinta a tenere le bocca chiusa senza prometterle nulla in cambio. E Altezza era un’ottima ricattatrice, quando si impegnava. Soprattutto se c’era di mezzo lui.
Il solo pensiero bastò a raggelargli il sangue nelle vene: che Fine si fosse sentita in imbarazzo poco gli importava, del resto se li avessero scoperti sarebbe stata unicamente colpa sua, ed era giusto pagasse per la sua mancanza di serietà, ma che trascinasse con sé anche lui nel suo complotto, proprio non gli andava giù.
Certo, avevano trascorso un piacevole pomeriggio assieme durante la loro prima uscita, e doveva ammettere che quella strana ragazzina dai capelli rossi era sempre in grado di stupirlo abbandonandosi a scenate isteriche degne della migliore Crudelia de Mon, ma dall’essere inevitabilmente incuriosito da lei a farsela piacere ne passava parecchio.
C’erano aspetti del suo carattere che ancora non gli erano del tutto chiari. Non riusciva a spiegarsi perché improvvisamente Rein avesse cominciato a comportarsi come un docile cagnolino ammaestrato in sua presenza, mentre la sorella si era improvvisamente trasformata in una belva pronta a divorarlo al minimo sgarro. Fino ad allora non l’aveva minimamente calcolata, eppure dalla loro uscita sentiva che qualcosa era inevitabilmente cambiato nelle gemelle. Lo vedeva, eppure non riusciva a capire cosa ci fosse sotto.
Era certo che anche Bright avesse notato qualcosa di insolito nel comportamento delle due, ma non aveva ancora osato farne parola con lui. Poteva anche essere che le loro fossero soltanto delle semplici sensazioni, del resto quelle due erano delle pazze scatenate, e quella era l’unica, inconfutabile certezza.
- Accidenti a te, Fine, se aspetto un altro po’ divento vecchio – maledisse la rossa tra sé e sé.
Cosa diamine ci voleva per una volta nella vita ad essere puntuale?
Aveva appena terminato la frase, quand’ecco che scorse da lontano, nei pressi del portico della villa, una chiazza rossa uscire frettolosa di casa, coi capelli sparati in aria ed una buffa espressione isterica dipinta in viso.
- Alla buon’ora!- la salutò accigliato, mentre il cancello si abbandonava ad uno stridente cigolio nel venire aperto – Sei in ritardo. Se tardavi di un altro minuto non mi avresti più trovato – la rimproverò, squadrandola da capo a piedi, le braccia incrociate ed un’espressione irritata in volto.
- Scusami – lo salutò Rein col fiatone, piegandosi in due per la corsa fatta per raggiungerlo in tempo – La sveglia non ha suonato e, beh, vista l’ora in cui siamo andati a letto ieri, le sette sono un orario assolutamente improponibile per svegliarsi – si giustificò.
- L’appuntamento era alle sette qui davanti, quindi la sveglia dovevi puntarla almeno mezz’ora prima – asserì lui, sbuffando.
- Ancora peggio! Ti rendi conto della levataccia che mi hai costretta a fare? Ho dovuto prepararmi in meno di due minuti per essere puntuale! Non ho nemmeno fatto colazione! – esclamò lei accigliata, come a volergli fare intendere che se era lì quella mattina, era per fargli un immenso favore.
- Non sei stata puntuale comunque, anche perché se davvero ti fossi svegliata alle sette e avessi impiegato soltanto due minuti a vestirti, senza nemmeno fare colazione, a quest’ora, ovvero le sette e mezza del mattino, non saremmo ancora davanti al cancello di casa a discutere del tuo ritardo! – le rispose lui a tono.
- Infatti non mi sono svegliata alle sette, ma alle sette e venti! Ti ho detto che la sveglia non ha suonato! – gli fece eco lei, sostenendo fieramente il suo sguardo.
- E allora non dire che le sette sono un orario improponibile per svegliarsi, quando nemmeno ti sei alzata a quell’ora! –
- Perché ti sembrano proponibili le sei e mezza del mattino, invece, visto e considerato che siamo in vacanza?!-
Shade stava per aprire bocca e ribattere nuovamente, quando realizzò il motivo per il quale stavano discutendo. Scosse la testa rassegnato, constatando quanto quella ragazzina fosse talmente sciocca e immatura, da trascinare anche lui in discorsi futili ed infantili. Come diavolo si era ridotto? Cosa gli era passato per la testa il giorno in cui le aveva proposto un simile accordo? Davvero valeva la pena sprecarsi tanto per una tipa insopportabile come quella? Nemmeno si piacevano, dunque era pressoché inutile perdere tempo a provare a costruire un rapporto.
Una promessa, tuttavia, era una promessa, e sebbene quella sciocca ragazzina non era abbastanza matura per farsi carico delle proprie responsabilità, lui non era altrettanto sprovveduto.
Le aveva promesso di reinsegnarle a nuotare, e così avrebbe fatto. Anche se questo avrebbe significato sopportarsi ogni mattina per il resto dell’estate.
- Andiamo, siamo già abbastanza in ritardo. Dobbiamo muoverci se non vogliamo che Altezza ci veda – le intimò, avviandosi verso la spiaggia.
- Solo lei può svegliarsi ad un orario simile per andare a correre. Siete proprio parenti, voi due – sibilò Rein, ancora imbronciata per lo spiacevole risveglio avuto quella mattina, e per come lui l’aveva trattata.
Shade accusò il colpo, trattenendosi a fatica dal rispondere alla sua provocazione.
Quella ragazzina era capace di smuovergli internamente l’intero sistema nervoso, dovette mordersi la lingua con i denti per non avviare un’altra discussione con lei al limite dell’inverosimile. Discutere con lei era come tornare bambini, quando ogni pretesto era buono per litigare, e ci si rinfacciava i dispetti a vicenda tenendosi il muso finché uno dei due non offriva all’altro una caramella in segno di pace. E tutto improvvisamente veniva dimenticato. Fino alla lite successiva.
Doveva ammettere, però, che in fondo in fondo quel gioco lo divertiva.
- Fine? – la chiamò, voltandosi indietro verso la figura che lo seguiva.
- Sì?- alzò lo sguardo lei.
- Buongiorno anche a te – la prese in giro, alludendo alla lite di poco prima, tirando le labbra in un sorriso impercettibile.
Lei gli sorrise fiera, orgogliosa, birichina.
- Il buongiorno era prima che arrivassi tu – recitò, ed entrambi scoppiarono inevitabilmente a ridere, constatando che, anche quella volta, a modo loro, pace era stata fatta.
 
- Se vuoi imparare a nuotare, devi come minimo entrare in acqua – esclamò Shade già a tre metri dalla riva, con l’acqua che gli arrivava alle costole.
- Ci sto provando, non vedi? – piagnucolò Rein dal bagnasciuga, con le gambe rigide e le lacrime agli occhi.
- Andiamo, non mi dirai che non sei nemmeno in grado di pucciare un piede dentro l’acqua? – sbuffò lui, realizzando improvvisamente in cosa si era andato a cacciare – Come fai a lavarti quando sei a casa? Non dirmi che non osi nemmeno entrare nella doccia. Devo per caso cominciare a dubitare della tua igiene quotidiana? -
- Quello che faccio io nella mia intimità non deve interessarti. E per la cronaca sono una persona pulitissima! Ho soltanto un leggero problema con il mare, tutto qui – ribatté lei stizzita.
- Più che leggero, lo definirei un grosso problema. Muoviti, non abbiamo tutto il giorno – le intimò, sperando di convincerla a fare il primo passo in acqua.
- Che razza di insegnante sei, tu? Vuoi aiutarmi, oppure ti sei offerto soltanto per prenderti gioco di me? – abbaiò Rein di rimando, constatando quanto il moro si stesse divertendo alle sue spalle.
- Vederti abboccare alle mie provocazioni è piuttosto divertente, lo ammetto, ma se prima non sei convinta tu non posso costringerti a buttarti in acqua. Devi avere un po’ di coraggio, Fine, cosa vuoi mai che ti capiti?-
Shade nemmeno ebbe il tempo di finire la frase, che un’onda improvvisa si abbatté su di lui, andandogli a scompigliare il ciuffo ed infradiciandolo completamente.
- Ecco, è esattamente questo che mi preoccupa! – asserì Rein, osservando il moro riemergere da sott’acqua – Le onde mi spaventano. Non potevamo cominciare le prime lezioni in una piscina per bambini? –
- Fine, davvero se ti avessi portato in una piscina per bambini mi avresti ancora rivolto la parola?- le domandò Shade, squadrandola di sottecchi – Ti conosco abbastanza da essere certo che un affronto simile non me lo avresti mai perdonato –
Rein abbassò lo sguardo, sconfitta.
- Ho paura di aver sbagliato ad accettare il tuo aiuto, Shade. È solo una perdita di tempo. Lasciamo perdere, e torniamo a casa. È inutile tentare di insegnarmi qualcosa che non imparerò mai – mormorò cupa, completamente sfiduciata in se stessa.
Shade la osservò accartocciarsi a poco a poco su se stessa, facendosi piccola piccola in preda alle sue incertezze.
- Ho capito, c’è bisogno di mezzi drastici – asserì, avanzando a grandi passi verso di lei, ed emergendo dall’acqua.
- Shade, cosa hai intenzione di fare? Shade, mettimi giù! Non osare portarmi in acqua! Non osare allontanarti da riva! Non osare buttarmi in acqua! SHADE!-
Un sonoro tonfo, accompagnato da schizzi e bollicine qui e là, pose fine alle proteste di Rein, che subito riemerse dall’acqua con un gran sospiro, e si aggrappò con forza al petto del moro, che rideva divertito del suo piccolo trionfo.
- Hai improvvisamente deciso di uccidermi?- abbaiò acida lei, fissandolo accigliata negli occhi – Per poco non morivo annegata!-
- Quante storie per un piccolo bagnetto! Lo sanno tutti che un bel tuffo in acqua è l’ideale per abituarsi da subito alla temperatura – alzò le spalle lui, mentre lei si arpionava come una cozza al suo bacino.
- Iiihh! Ho visto un pesce! – strillò Rein, agganciandosi con gambe e braccia al corpo del ragazzo – Siamo in mare, è piuttosto normale ci siano pesci. E smettila di aggrapparti a me come un cucciolo di koala, non sembra ma mi fai male – le disse lui spazientito, disarcionandosi dalla sua presa.
Una volta riuscito a liberarla e convinta Rein che non vi fossero pericoli – erano ben lungi dall’essere in mare aperto, l’acqua andava a sfiorare le cosce di Rein quasi all’altezza del costume – cominciarono finalmente la loro lezione, o almeno, ci provarono.
- D-dunque, adesso che si fa?- gli domandò Rein, rigida come un palo, incapace di muovere un muscolo.
- Per prima cosa ti rilassi, poi mi dici in cosa hai bisogno di aiuto – le rispose Shade, notando la sua agitazione – Vuoi che ci spingiamo in là a nuoto, giusto per riacquistare un po’ di pratica?-
Rein deglutì, avvampando dalla testa ai piedi.
Abbassò lo sguardo, rigirandosi i pollici. Ciò che doveva dire le creava parecchio imbarazzo.
- Ecco, come dire, i-io… non si tratta di riacquistare la pratica. Devo proprio ricominciare da zero – pigolò.
- Come da zero? Sai almeno stare a galla?- le domandò lui basito.
Rein scosse piano la testa, con gli occhi che pungevano di vergogna.
- Non ci posso credere…- sospirò Shade tra sé e sé, constatando che la situazione era più grave del previsto – E tu dovresti essere la migliore nuotatrice della tua scuola? Mi prendi in giro?-
- Ti ricordo che sei in presenza di una ragazza alquanto traumatizzata, qui!- fece leva Rein sull’argomento, sperando che quello bastasse a convincerlo della situazione.
Shade sospirò rassegnato, conscio che non aveva altra scelta.
- D’accordo, cominciamo dalle basi. Lezione numero uno: come stare a galla in acqua-
 
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A villa Ishijama, mentre Mirlo e Lione dormivano ancora un dolce sonno ristoratore, Fine, al piano di sopra, aprì gli occhi rintontita, realizzando con sorpresa che erano solo le otto del mattino.
Quella storia dello scambio, constatò, le aveva fatto decisamente un brutto effetto, visto e considerato che per svegliarla a quell’ora nemmeno le cannonate di solito bastavano. Quando a casa doveva svegliarsi presto per andare a scuola, ci pensava in primis sua madre con le buone e, quando quelle non erano sufficienti – la maggior parte delle volte – ci pensava Camelot con le cattive a tirare giù dal letto lei e sua sorella. Su una cosa lei e Rein decisamente si assomigliavano, e cioè la pigrizia.
Si voltò dal lato del letto in cui pensava stesse ancora riposando la gemella, mugugnando versi incomprensibili ancora stanca e assonnata, ma come constatò che, là dove era convinta di trovare sua sorella, non c’era nessuno, trasalì di colpo, balzando a sedere con gli occhi spalancati.
In un primo momento pensò l’avessero rapita gli alieni – era l’unica giustificazione plausibile al fatto che Rein fosse già in piedi di prima mattina – poi però la sua attenzione cadde su un biglietto che faceva capolino dal suo comodino, esattamente sotto al cellulare.
Lo prese in mano, e riconobbe l’inconfondibile calligrafia di Rein.
Il biglietto diceva “Tutto ok, non spaventarti. Gli alieni non mi hanno ancora rapita. Sto lavorando per te. Reggimi il gioco con le altre finché non torno, se dovessero domandarti di me. Poi ti spiego. A dopo”
Rimase qualche istante a fissare il pezzo di carta interdetta, provando a capire cosa intendesse la sorella con quel “Sto lavorando per te”. Possibile potesse c’entrare un appuntamento con Shade?
Il solo pensiero la fece arrossire di botto, e decise di prepararsi in fretta e furia con il cuore a mille, per uscire a fare una passeggiata. Ormai il sonno era svanito, e lo stomaco reclamava insistentemente di essere riempito.
Scese dal letto, si rinfrescò in bagno, aprì l’armadio in cerca di un abbigliamento comodo da indossare. Optò per un paio di pantaloncini di jeans e la solita canottierina sportiva – sapeva già che Rein avrebbe avuto da ridire, ma lei si sentiva comoda così. Infine legò i lunghi capelli turchini nel solito paio di codini.
Dopo aver fatto un’abbondante colazione – la fame non le mancava mai – si preparò ad uscire. Stare sola in casa in attesa che le amiche si svegliassero la deprimeva, era pervasa da un’improvvisa voglia di scoprire il mondo. Si fiondò verso il cancello della villa, correndo allegramente.
Quando fu in strada, non fece in tempo a girare l’angolo che subito andò a sbattere contro qualcuno, cadendo a terra di sedere con un sonoro tonfo.
- Rein! Scusami, non ti avevo vista! – si scusò una voce alquanto familiare, mentre una mano l’aiutava ad alzarsi.
Non appena alzò lo sguardo, incontrò un inconfondibile paio di occhi color cremisi ormai ben conosciuti.
- Ciao Bright, scusami, ero di fretta e proprio non ti ho visto – lo salutò con una risatina imbarazzata.
- Lo vedo. Dove vai così di corsa? Hai un appuntamento? – le domandò lui allegro.
Al suono di quella parola, Fine non riuscì ad evitarsi di arrossire, mentre il suo cuore fece una piccola capriola nel petto.
- C-come? No, no, assolutamente! Stavo semplicemente facendo una passeggiata, tutto qui. Tu invece?-
Bright alzò le spalle, disinvolto: - Non riuscivo più a dormire, così ho pensato di fare quattro passi. So che mia sorella a quest’ora è in giro, quindi speravo di incontrarla. Shade non c’è, non ho idea di dove sia andato. Stare da solo in casa mi deprimeva –
Nel sentire che Shade era uscito, ancora una volta non poté fare a meno di avvampare di imbarazzo. Possibile che lui e Rein si fossero dati appuntamento da qualche parte? Se così fosse stato, allora…
- Oh, beh, poco male, ho incontrato te. Vorrà dire che ci faremo compagnia a vicenda. Sempre se vuoi, ovvio – asserì il biondo, sorridendole sincero.
- Eh? Ah, sì, ma certo che mi va! – si ridestò dai suoi ragionamenti, pensando che se Rein fosse venuta a sapere che Bright le aveva chiesto di passare del tempo insieme, e lei lo avesse accidentalmente rifiutato, non gliel’avrebbe mai perdonato.
- Hai già fatto colazione?- le domandò lui, avviandosi verso il centro della cittadina.
- A dir la verità sì, ma c’è sempre spazio per uno spuntino – ridacchiò lei, illuminandosi non appena l’udì parlare di cibo.
Bright ridacchiò divertito, profondamente intenerito dalla sua spontaneità.
- Andiamo a farne una seconda, allora –
 
- Non riesco a credere che tu sia stata in grado di divorarti tutta quella roba, Rein. Sei quasi peggio di tua sorella Fine. Non pensavo che una come te fosse dotata di un simile appetito! Hai sicuramente un secondo stomaco, nascosto da qualche parte!-
Fine non l’avrebbe mai immaginato, ma passare del tempo in compagnia di Bright non le dispiaceva. Più lo conosceva, più la sua idea su di lui cambiava.
- Diciamo che non sono una che si fa problemi a tavola – scherzò, mentre si incamminavano assieme sul lungomare.
- Meglio così, vuol dire che sei una che dà soddisfazione quando ti si invita fuori a cena!- esclamò lui, ridacchiando di gusto.
Al suono di quelle parole, ancora una volta, la rossa (non più rossa) avvampò, deglutendo a fatica un boccone di saliva che le si era bloccato in gola.
Non seppe spiegarsi il perché, ma il cuore aveva preso a batterle ferocemente in petto, quasi fosse in procinto di esplodere.
Bright aveva parlato di un appuntamento. Un invito fuori a cena. Con lei.
Beh, tecnicamente non si trattava proprio di un invito diretto a lei, considerata la situazione paradossale in cui si trovava, ma comunque era un’allusione ad un’uscita.
Deglutì a fatica un altro boccone di saliva, mentre la sagoma del biondo di fronte a lei le faceva strada verso il mare.
Cosa avrebbe dovuto fare? Ignorare quell’ultima frase? Rispondere? E se le avesse chiesto esplicitamente di uscire cosa avrebbe dovuto dirgli?
Si ritrovò a pensare che la sorella, nell’udire una simile proposta, sicuramente sarebbe andata su di giri, e non ci avrebbe pensato due volte a dire di sì al biondo. Anche se, però, in quel momento lei vestiva i panni di Rein, nel profondo restava pur sempre Fine, una timida ragazzina impacciata, decisamente poco esperta sull’amore. Non che sua sorella Rein fosse tanto migliore, ma aveva di sicuro affrontato più appuntamenti di lei, su questo non c’era alcun dubbio.
Non sapendo cosa rispondere, si limitò ad esternare una risata imbarazzata, mentre il battito del suo cuore riprese a stabilizzarsi.
- A quest’ora del mattino i negozi sono ancora tutti chiusi, e in giro non c’è quasi nessuno – cambiò discorso Bright, una volta che se la ritrovò camminare a fianco – Si respira un’aria leggera, pulita, che profuma di libertà. Ci si sente liberi dalle responsabilità della giornata. È come se tutto fosse immortalato all’interno di un istante: i tenui colori rosati del cielo che pian piano si scuriscono, il sole che fa capolino pigramente dall’orizzonte, il mare che accarezza delicatamente la spiaggia ancora deserta. Ci si sente soli, ma in pace con se stessi –
Fine l’osservò scrutare il mare da lontano, per poi chiudere gli occhi e respirare l’aria salmastra che penetrava a fondo nei polmoni, dandogli nuova vita.
- Comincio a capire cosa ci trova Altezza di così affascinante nell’alzarsi presto le mattine d’estate – mormorò ancora, e Fine sorrise, chiudendo gli occhi assieme a lui, lasciandosi accarezzare dalla brezza marina, il chiocciare dei gabbiani tutt’intorno a rompere la quiete di quell’atmosfera incantata.
A Rein sarebbero piaciute tanto quelle parole, pensò. L’avrebbero accesa ancora più di ammirazione verso quel ragazzo dallo spirito romantico.
Doveva ammettere che, nel sentirlo parlare, anche lei si era abbandonata ad una sincera ammirazione per Bright.
Una curiosa sensazione di tepore mai provata prima le si accese nel petto, all’altezza del cuore.
Restarono così ancora un istante, finché da lontano non udirono farsi sempre più vicino un suono curioso, insistente, impertinente.
- Che cos’è?- domandò Fine riaprendo gli occhi di scatto.
- Sembra l’abbaiare di un cane – asserì Bright sull’attenti.
Non passarono neanche due minuti, che subito si mostrò ai loro occhi la ragione di tutta quella confusione: un cucciolo di Golden, avrà avuto all’incirca un anno d’età, che si avvicinò a loro con fare giocoso ed amichevole.
- Oddio, ma è una meraviglia!- esclamò Fine, che per gli animali aveva un vero e proprio debole – Ciao cucciolone, come stai? Sei solo? Dov’è il tuo padrone? – mormorò, accovacciandosi di fronte a lui e grattandogli il mento e la zona posteriore delle orecchie. Il cane si mise seduto, godendosi le coccole gratuite.
- Bright, è un amore, dovresti accarezzarlo anche tu! – esclamò Fine entusiasta, voltandosi verso il biondo che si era lasciata alle spalle.
Quando lo vide, notò Bright in preda ad un’insolita agitazione. Il biondo se ne stava fermo immobile, con gli occhi spalancati ed il respiro mozzato, rigido come un palo, a fissare la figura del cane di fronte a lui come se avesse appena visto un fantasma.
- Bright, che ti prende?- gli domandò Fine, leggermente preoccupata.
- N-niente, è solo che… io ho paura dei cani – ammise lui tutto d’un colpo, pronunciando a fatica quelle parole.
- Sta scherzando, spero! Ma guardalo! Come si fa ad avere paura di un cucciolone simile?- esclamò Fine di rimando, tempestando di coccole il cagnolone che si era sdraiato a pancia in su come a chiederne una razione doppia.
- Lo so, sembra ridicolo, ma… non ci riesco, è più forte di me. Quando vedo un cane mi irrigidisco, il panico si impossessa di me e non riesco più a muovere un muscolo – asserì il biondo col fiato corto, in un profondo stato di shock.
Fine l’osservò in preda alla sua paura, e comprese le sue emozioni. Erano le stesse che avvertiva lei quando si trovava in presenza di un ragno. La paura era tanta, da non essere nemmeno in grado di scappare.
I ragni facevano decisamente più schifo dei cani, pensò, ma non per questo Bright era da biasimare.
- Capisco cosa provi, è la stessa cosa che provo io di fronte ai ragni – rabbrividì – Tuttavia, se almeno provassi ad accarezzarlo ti accorgeresti che non è spaventoso come credi che sia – lo incoraggiò.
- Non era tua sorella l’aracnofobica? – riuscì a domandarle Bright in un barlume di lucidità.
Fine si morse un labbro, maledicendosi per la sua lingua lunga.
- Sì, hai ragione, volevo dire che è la stessa cosa che prova Fine di fronte ai ragni – si corresse – Coraggio, almeno prova ad accarezzarlo. È un cucciolo, non è aggressivo –
Bright tentennò un istante, poi tentò di allungare una mano verso il muso dell’animale, ma la ritrasse immediatamente quando il cane rizzò le orecchie attento di fronte a quel gesto impacciato.
- Non così – lo rimproverò Fine, afferrandolo per un braccio e portandolo vicino al cucciolo – Non devi mai avvicinarti ad un cane che non conosci alzando la mano sopra la sua testa, penserà che vuoi picchiarlo. Devi avvicinarti così, con il palmo della mano rivolto verso l’alto, in direzione del suo muso. Devi lasciare che ti annusi, perché prenda confidenza con te. Poi potrai accarezzarlo –
Bright fece come gli era stato detto, trattenendosi a forza dall’impulso di scappare a gambe levate quando il cane si alzò nella sua direzione per annusarlo.
L’animale impiegò qualche secondo ad analizzare la mano del biondo tesa in atteggiamento amichevole – secondi in cui a Bright per poco non venne un infarto – poi gliela leccò, infradiciandogliela tutta.
Il biondo ritrasse la mano umidiccia con un’esclamazione di disgusto, e l’animale approfittò del suo momento di distrazione per saltargli addosso ed infradiciarlo con la sua saliva dalla testa ai piedi.
- D’accordo, d’accordo, ho capito! Siamo amici!- biascicò il biondo levandoselo di dosso a fatica, con il ciuffo dei capelli umidiccio e completamente tirato all’indietro, quasi l’avesse appena leccato una mucca.
- Direi che gli sei piaciuto – ridacchiò Fine divertita, osservandolo intenerita alzarsi in piedi e scrollarsi di dosso i litri di bava del cane dalle mani.
- Diciamo che come primo incontro, dopo anni che non accadeva, è stato piuttosto ravvicinato. Ma non mi è dispiaciuto – fece eco lui con una risata, mentre da lontano s’udì il richiamo di un fischio, a cui il cane rispose subito fiondandosi a tutta velocità nella direzione da cui proveniva.
Bright e Fine videro da lontano la sagoma di una giovane ragazza dai capelli rosa, lunghi fino a toccare quasi terra, chinarsi verso il cucciolo ed agganciargli il guinzaglio al collare.
Era tornato a casa.
I due sorrisero nel vederlo allontanarsi allegramente in compagnia della sua padrona.
A Fine parve strano, ma le sembrò quasi che quella strana ragazza prima di allontanarsi le avesse sorriso, come se l’avesse riconosciuta e fosse a conoscenza del suo piccolo segreto.
Fu la sensazione di un istante, poi svanì.
- Sarà meglio riavviarsi verso casa – la riscosse Bright dai suoi pensieri, dirigendosi nella direzione opposta al mare.
Fine lo seguì, cercando ancora con lo sguardo la sagoma della ragazza che sembrava quasi essere improvvisamente svanita nel nulla.
- A proposito – catturò la sua attenzione Bright, accanto a lei – Grazie. Mi hai fatto rivivere un ricordo dimenticato da tempo – le sorrise riconoscente, e lei arrossì.
- Ma figurati, è stata la cosa più naturale del mondo, per me – gli rispose, mentre il cuore tornava a scalpitarle feroce in petto.
- Proprio per questo ho apprezzato. Sei speciale, Rein. Mi piace molto stare in tua compagnia –
Fine trasalì, lasciando che la sensazione di calore nel petto si espandesse, fino a bruciarle le guance e gli occhi.
Avrebbe voluto chiedere a Bright la ragione del suo terrore per i cani, ma capì che quello non era il momento più adatto per fare domande. Ci sarebbe stata sicuramente un’altra occasione.
Lo sperava con tutta se stessa.
 
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- Per essere una che si dichiara completamente incapace, non stai andando poi così male – osservò Shade sorpreso, mentre Rein al suo fianco galleggiava facendo il morto ancora tesa e titubante – Dici?- domandò lei, senza parlare più del necessario temendo ancora di affogare.
- Sono riuscito ad insegnarti a stare a galla e a spingerti qualche metro più in là dalla riva in una sola mattinata. È un grosso traguardo, considerato come eravamo partiti. Se tutte le volte però ci devi mettere un tempo così lungo ad entrare in acqua, comincio a considerare l’idea di farmi pagare le ore di lezione – ridacchiò lui.
- E io che credevo che sotto sotto nascondessi un animo nobile e generoso! Sei un subdolo approfittatore invece!- biascicò lei, ancora concentrata a non annegare per potersi dedicare completamente a lui.
- Se preferisci, stellina, possiamo trovare un altro metodo di pagamento – la provocò lui maligno.
- Stellina?- ribadì lei interdetta sentendosi appioppare quel nomignolo ridicolo.
- Messa così, con quel costumino color corallo e i capelli rossi, sembri proprio una piccola stella marina. Dovresti trovare uno scoglio a cui appiccicarti sopra –
- Vuoi vedere come mi appiccico a te invece per strapparti tutti i capelli che hai in testa?- esclamò lei, interrompendo la sua meditazione a galla, e dirigendosi a grandi passi verso di lui con fare minaccioso. Si erano spinti lontano quanto bastasse ad immergersi completamente, lasciando scoperte soltanto le spalle e la testa.
- Attenta con chi ti scontri, soprattutto in acqua. Sei in netto svantaggio, ricordalo – la avvertì lui, con quel sorriso sghembo stampato sul viso che le fece venir voglia di prenderlo a schiaffi.
- Sei solo un pallone gonfiato!- gli si avventò addosso, ma nel farlo inciampò in un sasso sott’acqua, che le fece perdere l’equilibrio ed inghiottire una valanga d’acqua.
- Fine!- esclamò Shade, fiondandosi su di lei e recuperandola appena in tempo prima di vederla affondare definitivamente sott’acqua – Aggrappati a me – le intimò non appena l’ebbe raggiunta, costringendola ad avvolgere le braccia attorno al suo collo perché avesse un saldo appiglio a cui sorreggersi.
- G-grazie…-
Per un istante si osservarono negli occhi, e Rein trasalì nell’incontrare quello sguardo magnetico, sinceramente preoccupato per lei.
Non l’aveva mai notato, prima di allora, ma doveva ammettere che gli occhi di Shade erano davvero belli… due baratri bui in cui perdercisi dentro, rischiando di non uscirne più.
Istintivamente arrossì, quando si rese conto di aver formulato un simile pensiero nei confronti di quel ragazzo alquanto detestabile.
Shade ridacchiò, quasi avesse percepito quali fossero i pensieri che le avevano attraversato la mente in quell’istante.
- Sei diventata rossa, stellina…- le sussurrò, ed un brivido gelido le corse lungo la schiena, le gote accese di sentito imbarazzo.
- Direi che per oggi può bastare. Sei stanca, non è necessario strafare il primo giorno – cambiò discorso lui senza darle il tempo di replicare, riavviandosi pian piano a riva con Rein in braccio.
- Domani riprendiamo da dove siamo rimasti. Puntuali – sottolineò, come a voler far intendere che non le avrebbe concesso ulteriori ritardi.
Rein annuì piano con la testa, lasciando che la sensazione di calore in petto provata poco prima si affievolisse.
“Sarà stata la stanchezza” si disse “quell’odioso mi obbliga ad alzarmi ad orari assurdi” e lo fulminò con lo sguardo, osservandolo rivestirsi dopo che si era cambiato il costume infradiciato.
Ripensando a com’era andata quella mattinata, e constatando fin dove si era spinta grazie al suo aiuto, si ritrovò istintivamente a sorridere ricolma di gratitudine di fronte a quel ragazzo insopportabile che ora la stava osservando leggermente perplesso.
Lui non lo sapeva, ma l’aveva aiutata a compiere un grande passo in avanti lontano da un passato pieno di ricordi dolorosi.
Si convinse che la decisione di lasciarsi reinsegnare a nuotare non era stata poi così fallimentare. Anche se si trattava di avere come insegnante un tipo come Shade.
- Ehi, stellina, tutto a posto?- la chiamò lui, riscuotendola dai suoi pensieri – Vogliamo andare, prima che Altezza ritorni a casa e ci scopra? -
- Sì, certo – lo seguì lei, afferrando asciugamano e borsa da spiaggia, ed avviandosi lungo le dune di sabbia assieme a Shade.
L’osservò camminare poco distante da lei, il fisico scolpito e la carnagione ambrata baciata dai raggi solari.
- Shade?- lo chiamò a un tratto.
- Sì?-
- Guai a te se osi chiamarmi ancora stellina –
Lui sorrise provocatorio.
- D’accordo, stellina -


Angolo Autrice:

E finalmente aggiorno anche qui! 
Da quanto non riprendevo in mano questa storia? Giusto un pò... ogni tanto mi piace riprenderla in mano e lasciare correre la mente verso pensieri leggeri e positivi.
Sebbene anche questo appare come un capitolo di transizione, cominciano ad accadere delle cose, e da ora in avanti ne accadranno sempre di più. Spero di avervi messo addosso giusto quel pizzico di curiosità che vi spingerà a proseguire la lettura.
Mi scuso dei ritardi, ma ben sapete che ho poco tempo da dedicare alla scrittura. Mi auguro solo che la lettura almeno ripaghi la lunga attesa.
Come potranno svolgersi ora le cose? Si risolveranno, o si complicheranno ancora di più?
Grazie a tutti coloro che seguono i miei deliri mentali. E grazie ancora di più a chi li apprezza.
Vi lascio, con la speranza che continuerete a seguirmi fino alla fine.
Baci sparsi

_BlueLady_

 
  
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