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Autore: telesette    16/05/2017    0 recensioni
Scaricata per l'ennesima volta dal Joker, salvata in extremis da Batman, Harley Quinn prova seriamente a riflettere su ciò che la vita ha ancora in serbo per lei e ciò che le interessa davvero...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman, Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Ma come si è potuto scatenare questo inferno?

Una volta giunto sul luogo dell'incendio, Jim Gordon non poteva credere ai suoi occhi.
La fabbrica era stata completamente divorata dalle fiamme, le esalazioni acide avevano reso l'aria talmente irrespirabile che gli agenti furono costretti ad estendere l'uso delle maschere antigas entro un raggio di oltre due chilometri, e gli uomini del Joker scampati fortunosamente alla morte erano in condizioni tali da non poter essere interrogati in alcun modo. Bullock commentò sarcasticamente che anche un incendio doloso non poteva danneggiare ulteriormente i fondi della compagnia chimica Axis, la quale era già andata in... fumo da un pezzo.

- Risparmiati le tue scemenze, Harvey - fece brusco Gordon, facendogli andare le patatine di traverso. - Assicurati piuttosto che sia rimasto qualcosa da fare avere alla Scientifica!
- Okay okay... Quante storie per un vecchio tugurio bruciato!

Gordon sospirò.
Probabilmente aveva già una vaga idea di "chi" avesse qualcosa a che fare con l'incendio, anche se il "perché" gli sarebbe sempre rimasto ignoto. Alcuni agenti avevano cominciato a rimuovere delle macerie in cerca di indizi e, così facendo, avevano portato alla luce qualcosa di interessante.

- Commissario, venga, qui sotto c'è qualcosa!

Gordon avvicinò lo sguardo e, da sotto i resti di alcune travi annerite e lamiere deformate, spuntarono fuori una sottile mascherina nera da Arlecchino e una inconfondibile tuta rossa e nera con un farsetto bianco e un cappuccio da giullare cuciti assieme.

- Buon Dio - mormorò Gordon. - Che fine orribile, povera ragazza!

***

Nello stesso momento, a molti chilometri di distanza, Harleen Quinzel stava finendo di sciacquarsi il viso dentro una bacinella piena di acqua fresca. Il buon vecchio Alfred si era premurato di portarle gli asciugamani puliti, allorché lei lo ringraziò debolmente, e si disse contento di saperla sana e salva. La Batcaverna non era certo il posto più accogliente ed affascinante del mondo ma, per una ex-criminale fuggitiva, poteva dirsi forse l'unico posto veramente sicuro.

- Suppongo sia un po' troppo tardi per servire la cena - commentò Alfred, osservando l'orologio che segnava mezzanotte passata. - Ma forse la signorina gradirebbe qualcosa di caldo? Un thé, un bicchiere di latte, della camomilla...
- No, grazie Alfred - mormorò Harley riconoscente. - Ho lo stomaco chiuso anche per una goccia d'acqua, in questo momento!
- Come desidera - fece il maggiordomo comprensivo. - Nel caso cambiasse idea, non esiti a chiamare comunque!

Ciò detto, Alfred entrò nell'ascensore collegato ai piani alti della villa, lasciando Harley e Bruce in modo che potessero parlare tranquillamente.

- Ora capisco da dove viene la tua gentilezza - esclamò Harley rivolgendosi a Bruce con un sorriso. - A star insieme con le persone giuste, si impara tutti il modo migliore di stare al mondo!
- No, non si tratta di questo - la corresse Batman. - Certo i buoni amici sono importanti, questo è indubbio, ma chiunque può imboccare una strada cattiva a seconda delle circostanze!

Harley sospirò.
Lei era appena diventata una delle poche persone a conoscenza del segreto dietro all'oscuro Crociato di Gotham. A stento riusciva a credere che un miliardario dolce e remissivo come Bruce Wayne non fosse altro che una necessaria facciata per il rude e aggressivo Uomo Pipistrello. Ora che le lacrime erano andate via, assieme al mascara ed al fondotinta, si sentiva molto più lucida e pronta ad affrontare la realtà, per quanto difficile e dolorosa.

- Non preoccuparti, non ho intenzione di rivelare il tuo segreto - lo rassicurò. - Domattina lascerò per sempre la città, me ne andrò il più lontano possibile da Gotham, e poi cercherò di rifarmi una vita da qualche altra parte!
- Puoi anche rimanere, se vuoi - ribatté Bruce. - Nessuno vuole mandarti via: sei libera di decidere ma, nel caso non te ne fossi accorta, qui troverai sempre delle persone che tengono a te!
- E' per questo che forse dovrei andarmene - osservò Harley tristemente. - Insomma, ammettiamolo: non è certo facile avere a che fare con una come me, giusto?

Bruce non disse nulla, era troppo concentrato su ciò che stava scrivendo al computer, ma Harley interpretò il suo silenzio come un tacito assenso.
L'orso di pezza era ancora lì, nella sua borsa, eppure sembrava così totalmente estraneo a ciò che era presente in quel luogo. Harley lo accarezzò, quasi commossa al pensiero di quanto dura e difficile fosse la vita del suo proprietario, e dentro di sé si domandò se veramente i suoi problemi esistenziali e sentimentali fossero poi così gravi da non poter essere risolti. L'uomo accanto a lei viveva perennemente dentro al proprio inferno, fatto di orrori e violenze di vario genere, ma anziché sfuggirgli aveva preferito affrontare e dominare le proprie paure diventando la paura stessa.

- Prenditi un po' di tempo per riflettere - provò a dirle Bruce. - Hai avuto una gran brutta notte, non dovresti avere fretta su una decisione così definitiva!
- No, suppongo di no - annuì Harley. - Per te come è stato, invece, voglio dire... Quanto hai riflettuto, prima di decidere che ciò che volevi era questo?
- Non l'ho scelto io - sottolineò Batman. - Molti pensano di poter decidere e pianificare il proprio futuro, dando le cose più care ed importanti addirittura come scontate; ma quando anche l'ultimo dei farabutti può disporre della vita delle persone a suo piacimento, arriva un punto in cui non puoi più scegliere... Perché, anche se chiudi gli occhi e provi a convincerti, la verità è che non hai scelto proprio niente e che altri hanno deciso per te!
- Ma non è troppo pesante da portare questa maschera? - domandò allora Harley, alludendo al cappuccio appoggiato a lato del computer.
- Al contrario - rispose l'altro. - E' più pesante toglierla che metterla!
- Scusami, ma non ti seguo...
- La maschera, in sé, non è che un simbolo - provò a spiegarle Bruce. - Tutti noi possiamo scegliere se affrontare una realtà "sporca", una realtà che ci fa male, o se invece voltare la testa dall'altra parte e fingere che nulla sia mai accaduto. Ma quando ti guardi allo specchio, dove la verità fa i conti con il proprio sguardo, la maschera diventa la tua migliore alleata per non costringerti ad osservare il peso del tuo fallimento!
- E' questo che pensi di te, quando sei Bruce Wayne? - chiese Harley perplessa. - E' assurdo, come puoi avere così poca stima di te stesso?
- La stima è ciò di cui hanno bisogno coloro che cercano gratificazione - puntualizzò allora Bruce. - Come Bruce Wayne, come uomo intendo, la sola immagine che riuscirei a dare sarebbe quella di un inutile idealista... Batman è diverso: è il modo per spingere chiunque a identificarsi in lui, un'idea senza un volto, è questo l'unico scopo della sua esistenza!
- Ma hai pensato a cosa succederebbe se... Voglio dire, se tu dovessi morire o...
- Te l'ho detto: per me è indifferente "chi" indossa la maschera, basta che sia qualcuno disposto a tutto, anche all'impossibile, pur di contrastare il crimine alla radice... Quando toccherà a me morire, e certo non mi faccio illusioni riguardo a questo, ci sarà sempre un Batman a combattere per impedire che altri vivano quel dolore!

Harley tacque.
La rettitudine morale di Bruce Wayne era a dir poco sconvolgente. Costui non aveva alcun interesse per la propria vita, bensì per quella degli altri, un concetto che molti faticherebbero a comprendere. Quando ancora faceva la psicologa, Harleen Quinzel si era ritrovata a trattare con pazienti di ogni genere: maniaci depressivi, sadici violenti, vittime di allucinazioni e molto altro ancora... Ma mai le era capitato di conoscere uomini anche solo vagamente somiglianti a Joker e Batman.
Uno rappresentava il perfetto quadro anarchico dell'antisistema: vivere senza inibizioni, elevando il sorriso a qualunque genere di azione, indipendentemente dall'essere malvagio o meno. L'altro, invece, era il suo esatto contrario: serio ed inflessibile, votato alla causa più estrema dell'altruismo, capace di agire sempre nell'interesse degli altri più che per sé stesso.
Ma quale dei due era nel giusto?
Harley era davvero confusa. D'istinto avrebbe voluto abbracciare anche lei quella stessa filosofia, essere d'esempio per qualcuno e soccorrere le persone in difficoltà, ma il suo passato da criminale non era certo un buon biglietto da visita per iniziare quel genere di carriera.
Tuttavia, attraverso le parole di Batman e l'atmosfera elettrica di quel luogo e dei pipistrelli che la circondavano, Harley capì di voler sinceramente entrare a far parte di quella leggenda.  

- Devo andare adesso - esclamò ad un tratto Batman, indossando in fretta la maschera e la cintura. - Giù in città hanno bisogno di aiuto!
- Aspetta, vengo con te!

Prima che Batman potesse impedirglielo, Harley era saltata al suo fianco dentro la macchina.

- Non se ne parla - sentenziò lui brusco. - Scendi immediatamente, è un ordine!
- Non è una scelta, lo hai detto tu - lo schernì lei. - Tu senti il dovere di fare quello che fai, ebbene io sento che voglio aiutarti... che ti piaccia o no!

Batman strinse gli occhi, piuttosto dubbioso, tuttavia mise in moto la Batmobile e partì a tutta velocità.

- Ne riparleremo dopo - esclamò. - Può darsi che mi sbagli, o può darsi di no, in ogni caso questo è il tipo di gioco in cui sono io a dettare le regole: o si fa come dico io o come dico io, non si discute!
- Ma certo, come no - mormorò Harley sottovoce, facendogli le boccacce. - Bleah, antipatico!

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