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Autore: TheMadnessInMe    16/05/2017    2 recensioni
In tutto questo non c’è nulla di strano, nulla di sconvolgente, lo so. Quello che ha lasciato senza fiato chiunque, ciò che mi ha distrutto, è accaduto dopo quel che vi ho riferito fino a questo momento.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Florence POV

A coloro ai quali giungeranno le mie parole voglio fare solo una semplicissima premessa: non so se questi miei pensieri riusciranno a sfiorarvi, ma se così dovesse essere, sappiate che vi sto lasciando questa testimonianza dall’oltretomba, mediante un processo di cui non mi è dato sapere.

Settembre era ormai alle porte eppure non mi sembrava vero, in quanto la mia estate sembrava essersi volatilizzata dall’oggi al domani. Se da un lato non vedevo l’ora di sporcarmi nuovamente le mani di pittura, dall’altro avrei desiderato altre due settimane libere, desiderio – ahimè– ovviamente irrealizzabile.

Questo era quello a cui avevo pensato una mattina, mentre mi alzavo dal letto per aprire le tende e dare il mio buongiorno a Roma.
 La mia giornata era iniziata come ogni altra, caratterizzata dalla solita routine che sicuramente tutti voi conoscerete, ma non appena scoccarono le due del pomeriggio mi ricordai che quel giorno, alle quindici, avrei dovuto incontrare Dante –un mio amico– al bar Night And Day in via Ventuno Aprile.
Dopo aver dato un’occhiata all’orologio, dunque, decisi che sarebbe stato meglio iniziare a prepararmi e fu così che sparii dietro il mio armadio.

Dal momento che odio essere in ritardo, lasciai la sede con un minimo di anticipo non appena fui pronta, in modo da poter vivere con calma quella vita frenetica che, in qualche modo, sentivo caratterizzava anche me.
Si può dire infatti, che condivido la concezione romantica dell’artista, secondo la quale l’uomo romantico non può star fermo un momento a causa del proprio vortice di emozioni che lo spinge alla costante ricerca di qualcosa di migliore, qualcosa che –per immensa sfortuna– si rivela essere inconoscibile e irraggiungibile ma che ciononostante attira a sé il romantico come una calamita con un pezzo di ferro.
Il mio flusso di pensieri si arresta non appena scorgo l’insegna del bar Night And Day in via Ventuno Aprile, la mia destinazione. Una volta all’interno del bar, dunque, do un buongiorno generale ai baristi e, guardandomi attorno, decido di prendere posto a un tavolino più o meno appartato posto accanto alla finestra, così da poter guardare la fiumana di gente che ogni giorno popola le strade romane. Soddisfatta della mia scelta, posiziono un gomito sul tavolino e poggio una guancia contro il palmo della mano e, guardando distrattamente l’andirivieni presente in strada, quasi mi dimentico del mio appuntamento con Dante. Mi rendo conto che il ragazzo è in ritardo solo quando sento provenire delle parole dalla radio, le quali affermano che ormai sono scoccate le tre e cinque minuti. La mia attesa dura solo dieci minuti in più ma –devo ammetterlo– ci basta poco per farmi spazientire certe volte, ecco perché quando Dante raggiunge il tavolino gli rivolgo una sorta di rimprovero.

«Sei in ritardo, scemo.» - gli dico senza degnarlo di uno sguardo mentre scosto un ciuffo dagli occhi con fare spazientito.
«Lo so ma ho incrociato questa ragazza e dal momento che viene da Boston ho pensato che potremmo darle una mano.» mi dice con tono pacato mentre indica una ragazza accanto a lui. Soltanto adesso mi volto, dirigendo tute le mie attenzioni alla ragazza al suo fianco: ella ha lunghi capelli biondi ossigenati e gli occhi di un azzurro così intenso che, mentre li guardo, mi pare di star affondando, come sopraffatta dalla violenza del mare.
È semplicemente magnifica.
«A che corso ti sei iscritta?» - le chiedo, cercando di non mostrare un interesse eccessivo nei suoi confronti.
«Al corso di teatro.» - risponde la ragazza.
«Ah, il mio stesso corso allora!» - afferma Dante con una certa allegria.
Di tutta risposta, la ragazza– il cui nome scopro essere Chanel–, gli rivolge un sorriso gentile.
Dopo aver consumato qualcosa nel bar passiamo il resto del pomeriggio tra le strade di Roma, mostrando alla bella americana quel che preferiamo della città.

Passare i pomeriggi con Chanel e Dante, fare giri per la città assieme a loro e dormire tutti e tre in un’unica stanza era ormai diventato parte del quotidiano, così come lo erano diventate le risate che costantemente riempivano le nostre giornate. Sentivo che la mia giornata poteva essere davvero piena e perfetta solo se Chanel rideva. In particolare adoravo guardarla mentre gettava la testa all’indietro con quel suo fare adorabile rischiando quasi di soffocare tra le sue stesse risate.
La biondina ha riempito, in questo modo, molte delle mie giornate di quest’ultimo anno– almeno fino a poco prima che venissimo a conoscenza delle date degli esami finali, notizia che fu come una secchiata d’acqua gelida, in quanto eravamo decisamente a corto di idee.
Tuttavia, in uno dei pomeriggi che precedevano la data d’esame, incontrai nuovamente i miei amici al solito bar, bar in cui conobbi Chanel, per cercare di risolvere assieme al loro il problema riguardante i nostri esami.

«Sono arrivata, scusate il ritardo.» - dice Chanel, prima di posare la tracolla ai piedi della sedia e prendere posto accanto a me.
A quale forza devo far appello ogni volta per non avvicinarmi a lei e respirare il suo profumo, per non posare– in un momento di pura follia– le mie labbra sulle sue e rubarle un bacio.
«Qualche idea?» - domanda con un certo fare speranzoso.
«Macché.» - sentenzio mentre sbuffo dal naso e batto ripetutamente un piede a terra con fare nervoso.
«E come se non bastasse il tempo stringe.» - aggiunge il ragazzo seduto al tavolino insieme a noi.
«Okay, innanzitutto vediamo che tipo di esame dobbiamo dare singolarmente.» - dice Chanel.
«Perché, tu hai un’idea?» - chiedo in sincronia a Dante, con un’espressione speranzosa in volto.
«Sì, ma… Non so se potrebbe andare.» - risponde la biondina.
«Io dovrei scrivere un testo teatrale.» - afferma il ragazzo mentre addenta un cornetto.
«Io dovrei dare l’esame di pittura ma mi manca il soggetto.» - dico io, nascondendo il viso dietro una tazza di tè fumante.
«Allora…» - mormora Chanel, più a sé stessa che a noi due, come se stesse cercando di concentrarsi. «Dal momento che io dovrei mettere in scena qualcosa, stavo pensando che forse…»
«Che forse…?» - dice Dante, interrompendola bruscamente, seppur senza volere.
«E dai, Chanel, il tempo stringe!» - sbotto, ormai preda del mio stesso nervosismo dettato non tanto dalla scadenza per gli esami, quanto dalla vicinanza di Chanel. Averla così vicino a me, tanto da avere la possibilità di sfiorarle un braccio o una gamba, se solo volessi, mi rende nervosa.
«Florence vedi che se ti arrabbi poi non so più distinguere il tuo viso dai tuoi capelli!» dice Chanel stuzzicandomi mentre trattiene una risatina.
A quanto pare ha un’ottima memoria.
«Quando saremo fuori dal bar verrai schiacciata.» - le sibilo a denti stretti, con una sottile ironia che sono sicura che Chanel coglierà.
«Ma se sei alta solo dodici centimetri più di me!» -ribatte lei, putandomi un indice contro con fare inquisitore.
«In ogni caso…» - dice poi, alzando di poco la voce per attirare l’attenzione. «Dante potrebbe riscrivere un testo per Giuditta e Oloferne, io potrei interpretare Giuditta e Florence potrebbe fare delle tele per delineare meglio gli ambienti in cui si svolge la vicenda. Ah, e dovresti anche interpretare il ruolo di Oloferne.» - aggiunge in seguito, rivolgendosi a me.
«Aspetta… Io dovrei fare Oloferne?» - balbetto io, incredula mentre mi maledico per aver mostrato– seppur per un momento– una certa insicurezza.
«Sì. Insomma, è l’unica buona idea che mi è venuta in mente. Ti prego accetta… Ti prego, ti prego, ti prego…» - mi fa, alterando il suono della voce e giungendo le mani in segno di preghiera rendendo ogni obiezione da parte mia praticamente impossibile. Come potrei oppormi del resto, come potrei resistere a quegli occhi dolci in cui vorrei soltanto annegare?
Così, scacciando i miei pensieri e assumendo una finta espressione contrariata, sbuffo e alzo gli occhi al cielo, fingendomi rassegnata. «E va bene.» , dico. «Ma solo perché siete voi.»

Passammo tutti i giorni a seguire immersi nei nostri lavori: Dante lavorava alla sceneggiatura, io alle tele e Chanel, poverina, si destreggiava tra le proprie battute e le mie, dandomi di tanto in tanto qualche consiglio tecnico affinché io potessi rendere maggiormente sulla scena. Queste furono le attività di ognuno di noi fino al giorno precedente a quello della prova finale.

«Diamine ma perché devono esserci tutti i docenti?» -chiedo retoricamente, sbirciando da dietro una spessa tenda di colore rosso posta su una delle metà del sipario.
Dannazione, ho nuovamente dato cenno della mia insicurezza, devo prestare più attenzione. Come potrei sperare che Chanel possa provare interesse per me se mi mostro così debole?
«Perché devono esaminarci, genia.» - sentenzia Dante mentre prende a camminare ripetutamente avanti e indietro.
«Dante, la sceneggiatura è molto curata e lo sono anche i dialoghi. Non hai nulla di cui preoccuparti.» - gli dice Chanel dandogli qualche pacca su una spalla per confortarlo.
«E tu, Florence...» - aggiunge in un tono che posso definire semplicemente soave, facendomi fermare il fiato in gola. La ragazza, inoltre, posa entrambe le mani sulle mie spalle con fare gentile ma al contempo buffo, in quanto lei– più bassa di me di dodici centimetri– vuole confortare me.
 È quasi come se Pollicino stesse confortando il gigante.
«… Tu hai fatto davvero un ottimo lavoro.» - aggiunge. «Non solo hai realizzato le tele per la scenografia, ti sei anche messa in gioco. Mi hai aiutato nei dialoghi.»

Mio malgrado ritira le mani dalle mie spalle e, scostando un ciuffo biondo ossigenato dal viso, sbircia al di là del sipario. Poi tira un profondo sospiro, sparendo nuovamente dietro alla stoffa rossa.
«O la va o la spacca.» - dice allungando una mano verso il centro, invitandoci in modo indiretto a seguire il suo esempio, come forma di incoraggiamento reciproca prima di entrare in scena mentre mi limito a seguirla.

Quando Chanel mi aveva assicurato che non avrei più badato alla mia ansia da prestazione una volta iniziato lo spettacolo– devo ammetterlo– non le avevo creduto ma devo anche constare, adesso, che invece era vero: la messa in scena, infatti, sta procedendo senza intoppi e quasi mi sto divertendo a interpretare il ruolo di Oloferne, quasi mi dispiace che tra poco tutto questo avrà fine.
La penultima scena si conclude e, come da copione, Chanel va dietro le quinte per prendere una spada e mettere in atto la scena dell’omicidio, ricomparendo poco dopo sulla scena.
Dal momento che non percepisco alcun rumore di passi, mi domando quando arriverà Chanel con quella spada nella mano, quando me la punterà al collo per uccidere Oloferne, mentre l’ansia inizia lentamente a riprendere possesso della mia mente.
Questo processo però si arresta automaticamente quando mi sento afferrare per i capelli, il che mi fa capire che la fine della tragedia è ormai arrivata. Chanel mi punta la lama alla gola, posizionandola poco sopra le clavicole e, con un colpo secco, mi recide la gola in modo così realistico che anche il dolore sembra reale.
Quando avverto un forte bruciore alla base del collo però, nello stesso punto in cui pochi secondi prima era stata puntata la spada, capisco che la sensazione di bruciore è dovuta a una ferita reale che ha preso a sanguinare.
Chanel lascia la presa e io non posso impedire al mio stesso corpo, ormai morente, di cadere di schiena sul parquet del palco scenico.
Cerco in tutti i modi di restare cosciente, di tenere gli occhi aperti ma le mie palpebre diventano sempre più pesanti e sono costretta a chiuderle mentre l’oscurità si avvicina pericolosamente al mio corpo inerme.
Avverto le braccia di Chanel attorno ai miei fianchi, il suo petto muoversi a intervalli irregolari contro il mio e le sue labbra– quelle candide e dolci labbra che così tante volte avevo sognato di baciare– a contatto con le mie, ormai fredde.
Quest’unica sensazione di tepore e quest’unico bacio, che per così tanto tempo avevo sperato di dare o di ricevere, sono le uniche emozioni che mi è concesso di portare con me all’oltretomba, prima di dover lasciare la mia amata Chanel con un guscio vuoto tra le braccia. Lei, nonostante la sua insicurezza, ha avuto il coraggio di compiere un gesto semplicissimo ma che a entrambesoprattutto a me– sembrava essere irrealizzabile.

Non dovete pensare che io abbia lasciato Chanel da sola, però, perché non è così. In qualche modo io, dal luogo in cui mi trovo, veglio su di lei, la proteggo per quanto mi è possibile e cerco di illuminare le sue giornate nello stesso modo in cui lei ha illuminato le mie.

Conoscete già il punto di vista di Chanel e siete venuti a conoscenza anche di quello di Dante, che poverino, non sopportando l’idea di aver distrutto psicologicamente Chanel, si è gettato nelle acque del Lungotevere, assillato dall’idea dell’ergastolo e dai sensi di colpa e dal rimorso, ponendo così fine alla sua stessa vita.

A me non resta dunque che il ricordo di quell’anno passato a Roma, l’ultimo anno della mia vita, passato in compagnia del mio amico Dante di quella ragazza straniera, Chanel, che nonostante i miei tentativi di mostrarmi scaltra e sicura di me, aveva imparato a conoscermi per quello che ero realmente e che anzi, me ne rendo conto soltanto ora, amava particolarmente il lato più debole e umano della mia personalità.


Questa mano viva, che ora è calda e capace
di stringere forte, potrebbe, se fosse fredda
nel gelido silenzio della tomba,
ossessionare i tuoi giorni e raggelare le tue notti piene di sogni
così che tu vorresti prosciugare del sangue il tuo cuore
per far scorrere nuovamente nelle mie vene la vita scarlatta,
e avere finalmente coscienza tranquilla: ecco, prendila -
io la porgo a te.
— John Keats, This living hand now warm and capable, traduzione

 
  
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