Emptiness
"E' un bellissimo disegno Satoshi, cosa rappresenta?"
Due occhi brillanti si voltarono nella sua direzione, accentuando il
sorriso
della donna.
Ci aveva messo
davvero molto impegno.
Con le braccia stese, reggeva il foglio ben aperto in modo da poterlo
osservare
meglio, gli occhi talmente concentrati da non curarsi dei vari ostacoli
che
avrebbero potuto intralciare il suo cammino. Più lo
rimirava, più ne era
soddisfatto: era uno dei disegni più belli che avesse fatto
e lei ne
sarebbe sicuramente stata orgogliosa. Un velo di tristezza gli
offuscò lo
sguardo, ma si ristabilì in fretta: aveva una missione e non
avrebbe permesso
alla malinconia di vincere quell'ennesima battaglia.
Arrivato a casa, spinse con slancio la porta d'entrata animato dal
fervore e,
frettolosamente, si tolse le scarpe lanciandole alla rinfusa.
"Sono tornato!" echeggiò la sua voce tra i lunghi corridoi.
In
risposta, un trambusto al piano superiore attirò la sua
attenzione. Corrugò la
fronte
improvvisamente incerto quando un
singhiozzo e dei mormorii sommessi si unirono al coro di
rumori. Mosse titubante un passo in direzione delle
scale, sbirciando il lavoro che, un po' stropicciato, era ancora chiuso
tra le
sue mani tremanti.
Dalla finestra aperta uno sbuffo d'aria estiva gli
scompigliò i capelli: forse
era un buon auspicio.
"...Mentre io sono fuori a difendere la pace tu devi rimanere
a
proteggere la nostra casa."
Si impose un sorriso in volto e a grandi falcate raggiunse il
pianerottolo
soprastante, notando immediatamente la madre accucciata davanti la
porta della sua
camera, tra scatoloni e borse varie.
"Non puoi farmi questo..." biascicò in direzione dell'uomo
che
occupava la stanza, la mano davanti la bocca e le lacrime copiose sul
volto.
"Lo sto facendo per il nostro bene, lo sai"
mormorò il padre
apparendo sull'uscio, sottobraccio un grande materasso. Si
passò una mano sul
viso e l'ombra della sorpresa calò sul suo sguardo alla
vista del bambino.
"Satoshi!"
La madre sussultò, affrettandosi ad asciugare le gote e
ricomporsi, voltandosi
piano verso di lui che, immobile e il foglio penzolante tra le dita,
fissava la
scena improvvisamente serio.
"Sei tornato presto tesoro, non ti abbiamo sentito..."
sussurrò in
sua direzione, accennando un sorriso che, più che materno,
sembrava colpevole.
Abbassò lo sguardo sul disegno, distendendo svogliatamente
il braccio verso i
genitori, del tutto privo dell'entusiasmo che lo aveva accompagnato per
tutta
la giornata.
"Io..." mormorò, scorrendo i vari scatoloni che occupavano
lo spazio
circostante.
"Siamo
io e mia sorella, maestra!"
L'insegnante poggiò una mano sulla sua spalla, consapevole.
"Siete davvero
graziosi, ma come mai indossate questi vestiti buffi?"
"Ma come, non lo sa?" la boccuccia stesa in una smorfia. "Noi
siamo supereroi!"
Giocattoli e
pupazzi fuoriuscivano da quelli ancora da imballare, i vestiti
colmavano le borse addossate alla parete. Il materasso venne sistemato
poco
distante e il movimento con cui l'uomo lo piazzò
causò lo svolazzare di alcuni
disegni che, tolti dalle mura, erano stati poggiati momentaneamente
alla
rinfusa.
"...Io avrei fatto..." sussurrò, spiando lo spazio vuoto
tra
la figura di suo padre e lo stipite della porta.
"Satoshi, va tutto bene?" chiese il padre notando il tremolio delle
sue spalle fanciullesche.
Sentì le lacrime pungere gli occhi, fece vagare lo sguardo
su un punto
indefinito e si impose di colpo alla vista di un lembo bianco
fuoriuscire tra i
vestiti colorati.
"...difenderai la pace nella nostra casa..."
Con stizza accartocciò il foglio e lo lanciò in
direzione dei genitori basiti,
corse lungo il corridoio e si chiuse nella sua camera, scie luminose di
stille
a bagnargli le gote. Soffocò i singhiozzi contro il cuscino,
la stretta delle
mani spasmodiche intorno al guanciale.
Non c'era più nulla da proteggere.
N.d.A.:
604 parole, poco più di una flashfic.
Ieri sera, dopo
anni e con dispiacere, mi sono accorta di ricordare poco nulla
di questo anime che avevo molto amato.
L'ho divorato in poche ore e pianto,
nuovamente, come una cretina.
Un bacio,
hibou.