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Autore: Montana    17/05/2017    1 recensioni
La notte in cui Newton trova Amy Prewett morente nella Foresta Proibita, Leta Lestrange è convinta che per il suo futuro non ci sia niente da fare. Sorprendentemente, Newton deciderà altrimenti.
[Questa storia è un missing moment della long "Cos'è successo a Newt Scamander", i fatti qui narrati si collegano al capitolo 17]
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Lestrange, Newt Scamandro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Newt Scamander's Saga'
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Una donna per cui uccidere
 
 
19 Marzo 1915
Parco di Hogwarts, al limitare della Foresta Proibita
Notte
 
Leta Lestrange era una donna finita, e stava venendo a patti con questa nuova consapevolezza con fin troppa calma e lucidità.
Non sapeva né come né cosa, ma qualcosa era andato tremendamente storto nel suo piano ben congegnato. Eppure, aveva fatto tutto con estrema cura: aveva sostituito gli ingredienti di Newton così che sbagliasse la pozione e ricevesse una punizione, aveva falsificato perfettamente la sua calligrafia per mandare il messaggio alla Prewett, aveva drogato e incantato l’unicorno, aveva zittito la Prewett e si era resa invisibile per assicurarsi che il colpo fatale andasse a segno.
Quando aveva visto Amelia scaraventata contro un albero e poi colpita al ventre dall’animale imbizzarrito, doveva ammetterlo, il senso di trionfo era stato preceduto da una leggera nausea, ma ormai i giochi erano fatti: lei sarebbe tornata al Castello e la Prewett sarebbe stata ritrovata, prima o poi, morta. Nessuno avrebbe sospettato di lei e Newton ne sarebbe stato distrutto. Era quello il motivo principale per cui faceva tutto questo, vedere Newton soffrire senza più la spalla della sua stupida amica Hufflepuff su cui piangere.
Ma qualcosa era successo, Newton aveva terminato la sua punizione in meno tempo del previsto e chissà come era arrivato fino a lei, fino alla Foresta Proibita e l’aveva colta sul fatto. Ora era lì dentro, e Salazar solo sapeva cosa le sarebbe successo una volta che ne fosse uscito con il cadavere di Amelia Prewett.
Aveva pensato di smaterializzarsi, prima di ricordarsi che era impossibile farlo sul suolo di Hogwarts. Poteva correre fino ai cancelli, uscire e smaterializzarsi, ma era come incollata al suolo. Un gelido terrore le insidiava le viscere mentre si rendeva conto per la prima volta in vita sua di non sapere cosa fare.
La sua ossessione per le creature magiche e per gli esperimenti alchemici la facevano passare per pazza con il resto della famiglia già da anni, ma considerate tutte le unioni fra consanguinei una parente un po’ schizzata non dava particolare fastidio a nessuno, anzi, era prevedibile. Ma il contrabbando di creature magiche (e non una creatura qualsiasi, un fottuto unicorno), l’uso di pozioni e Maledizioni Senza Perdono su una di queste e soprattutto l’omicidio non erano cose su cui si poteva passare sopra senza problemi, neanche in una famiglia come la sua.
Sarebbe finita ad Azkaban. O al San Mungo, con i pazzi, se avesse avuto fortuna.
In quel momento, un fruscio come di qualcosa in rapido avvicinamento cominciò a provenire dalla Foresta, e in un attimo ecco comparire Newton, cereo e sconvolto alla luce della luna, con il corpo della Caposcuola tra le braccia. Le passò accanto senza neanche vederla, mormorando qualcosa e camminando il più velocemente possibile, ma Leta fece in tempo a notare che una mano della ragazza stringeva il maglione di Newton, in un gesto disperato ma attivo. Vivo.
Le sembrò improvvisamente di essere senza peso e iniziò a correre dietro a Newton: forse aveva ancora una speranza.
 
Il rientro al Castello fu come camminare dentro un sogno. I suoni, le urla di Newton, i passi pesanti sul pavimento di pietra, tutto le arrivava ovattato, e anche le immagini erano come distorte, opache, distanti.
Vide Newton entrare nel grande ingresso deserto e lo percepì gridare qualcosa per svegliare i quadri, lo seguì fino all’Infermeria dove lo vide svegliare infermiere e pazienti, stringendo a sé il corpo apparentemente senza vita di Amelia. Vide le infermiere togliergliela dalle braccia e appoggiarla su un lettino, vide le lacrime sul suo viso e il sangue sul suo maglione, e proprio mentre l’unica parte lucida del suo cervello partoriva l’idea di aspettare il momento opportuno per Obliviare Newton fu bruscamente riportata alla realtà dall’apparizione nel suo campo visivo di un’infermiera, che le stava domandando se avesse anche lei bisogno di cure. Scosse la testa, la lingua ancora troppo pesante per parlare, e incrociò lo sguardo di Newton che pareva averla notata solo in quell’istante.
Gli vide negli occhi uno sguardo che non aveva mai avuto prima, carico di sofferenza, odio e una collera spaventosa. Deglutì a vuoto, vedendolo partire a passo di carica verso di lei, incurante delle infermiere e della sua amica moribonda.
La prese per un braccio e la trascinò fuori, abbastanza lontano dall’Infermiera prima di sbatterla contro il muro e puntarle la bacchetta alla gola.
«Ora mi dici cosa le hai fatto e come possono salvarla, altrimenti il custode domattina dovrà lavare il tuo sangue da queste piastrelle, è chiaro?» le ringhiò contro, gli occhi lampeggianti di rabbia.
«I-io non le ho fatto niente» rispose lei, tremando. Non pensava che Newton potesse diventare così, per nessun motivo.
La pressione della bacchetta sulla sua gola si fece più insistente «Non è il momento di raccontarmi delle bugie, Leta, non è proprio il momento»
«M-mi stai facendo male»
Newton si allontanò immediatamente da lei, come se fosse diventata incandescente, e con un secco movimento della mano la disarmò.
«Cosa c’è? Non sono Amy, io so fare gli incantesimi non verbali. Non come lei, lei che è riuscita a produrre soltanto poche scintille rosse per farsi trovare dopo che tu l’avevi silenziata perché non potesse difendersi e l’avevi lasciata morente in una maledetta radura! Ora dimmi cosa le hai fatto, quale incantesimo hai usato per ridurla così e poi ti conviene sperare che si salvi o andrai presto a farle compagnia nell’Oltretomba»
«Non sono stata io»
«Leta, non sono stato abbastanza chiaro?»
«Non l’ho colpita io! C’era un unicorno imbizzarrito nella Foresta, l’ha inseguita e colpita con il corno»
«E le ha anche tolto la voce, per caso?»
«N-no, quello l’ho fatto io. Volevo rendere la cosa più interessante…»
«La cosa? Quale cosa, un duello clandestino nel cuore della notte? Interrotto da un unicorno impazzito che casualmente ha concentrato la sua collera su Amy?»
«C’era davvero un unicorno!»
«Non ci sono unicorni nella Foresta Proibita, Leta! La passo al setaccio ogni mese da anni!» gridò lui, al limite dell’esasperazione.
«Stanotte c’era, ce l’ho portato io!» rispose lei con lo stesso tono.
Newton parve gelarsi «Hai contrabbandato un unicorno? No, Leta, tutto questo non ha il minimo senso…»
«L’ho contrabbandato, drogato e messo sotto Imperio perché inseguisse la Prewett nella Foresta» continuò Leta, l’adrenalina che parlava per lei.
«Hai… hai lasciato Amy praticamente disarmata alle prese con un unicorno impazzito perché la uccidesse?» mormorò lui.
Il silenzio di lei fu una risposta più che eloquente.
«Io… non… basta» balbettò lui, allontanandosi.
«Aspetta!» disse lei, prendendolo per una manica «Io non volevo ucciderla, lo giuro. Ero arrabbiata, volevo solo spaventarla, volevo…»
«Spaventarla? Sapevi benissimo che non era in grado di fare un incantesimo non verbale, te l’ho detto io stesso e mi maledirò fino alla morte per questo!»
«Lo so, ma pensavo che la pressione bastasse per sbloccarla! Non volevo che morisse, Newton, te lo giuro»
Per un attimo il ragazzo parve vacillare, poi un nuovo lampo gli attraversò lo sguardo «Quando sono arrivato alla Foresta, mi hai detto di non sapere dov’era Amy, e quando ho insistito mi hai detto che era inutile agitarsi, tanto era già morta. Non hai scusanti, Leta. Lasciami il braccio, devo andare dal Preside»
«No!» gridò lei a quel punto, strattonandolo e facendolo sobbalzare «Ti prego, non raccontarglielo! Mi espelleranno, Newton, mi manderanno ad Azkaban per omicidio o tra i pazzi se Amelia sopravvive!»
«Ed è dov’è giusto che tu stia»
«La mia famiglia, loro non me lo perdoneranno mai! Mi abbandoneranno, non avrò più nessuno, né un nome, né una casa! Ti prego, Newton, se mi hai mai voluto bene…»
A quelle parole lui si rivoltò come un animale ferito «Non osare… non osare pronunciare mai più una frase del genere. Sei pazza e devi essere curata, mi dispiace solo di non essermene accorto prima» disse, liberandosi dalla sua stretta e ricominciando ad allontanarsi.
Leta sapeva qual era la carta che le rimaneva da giocare.
«Le creature» gracchiò.
«Le? Quanti unicorni impazziti hai liberato là fuori stanotte?»
«Non ho solo un unicorno. Ho un sacco di creature, acquistate in questi anni, in un serraglio. Sono qui ad Hogwarts. Se non racconti nulla al Preside, possono essere tue. Se dai la colpa a me, scompariranno insieme a me»
Newton, immobile, la fissava «Non è vero. È un’altra delle tue stupide bugie per cercare di controllarmi» mormorò.
«Te lo giuro su quello che vuoi, Newton, in quella stanza ci sono più creature di quante tu ne abbia mai viste in vita tua e potranno essere tue, se vorrai. Devi solo coprirmi»
«L’hai quasi ammazzata, Leta» le rispose lui, con uno strano tono apatico, prima di girarsi e ricominciare a camminare verso l’ufficio del Preside. Rassegnata, la Slytherin lo seguì.
 
Un’ora dopo, Leta uscì dall’ufficio del Preside, sconvolta: si era presentata davanti alla commissione fermamente decisa a non dire una parola, per non dare ai professori la soddisfazione di vederla arrampicarsi sugli specchi. Non aveva sicuramente previsto che Newton, entrato nell’ufficio prima di lei, si fosse preso la colpa di tutto quello che era successo quella notte.
Newton era ancora lì fuori, appoggiato al muro con la sua bacchetta in mano.
«Newton, perché…»
«Dove sono? Nella Stanza che Scompare, quella al settimo piano?» la interruppe lui.
«Cosa? Ah, le creature. Sì, sono lì. Sai come funziona, basterà che desideri di trovarle. Ma Newton, perché hai detto che sei stato tu?»
«Non mi è venuta una scusa migliore»
«Ti espelleranno, e se Amelia muore…»
«Amelia non morirà. E io non verrò espulso, non per una bravata del genere. Sono un bravo studente, riceverò una punizione e basta. Al massimo mi confermerò come pecora nera della mia famiglia» aggiunse.
Leta notò una strana vibrazione nella sua voce, e un’idea la colpì come un fulmine a ciel sereno «Non l’hai fatto per le creature. L’hai… l’hai davvero fatto per me?» mormorò, incredula.
«L’ho fatto perché tutti potessimo trarne qualcosa»
«Amelia non ti perdonerà mai»
«Amy capirà. Avrebbe fatto lo stesso, al mio posto. Domattina andrò a prendere le creature, le porterò in un posto sicuro dove non potrai mai toccarle. Ti ridò anche la tua bacchetta, ecco. Ma se oserai avvicinarti di nuovo ad Amy, te lo giuro sulla mia stesa vita, non ti andrà così bene. Mi hai capito?»
Leta annuì e riprese la bacchetta «Newton, io…»
«No. Non voglio più sentire neanche una parola. Potevo sopportare che facessi soffrire me, ma Amy non aveva nulla a che fare con tutto questo. Addio, Leta»
Detto questo, senza neanche un’ultima occhiata, l’Hufflepuff girò sui tacchi e tornò verso l’Infermeria, lasciando Leta sola e con la sensazione che nulla di buono sarebbe uscito da quella storia.
E, ahimè, aveva ragione.
  
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