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Autore: CaptainKonny    18/05/2017    15 recensioni
La notte che precede un giorno di festa. Il bene e il male tornano ad incontrarsi. Essi ci circondano in ogni momento. E chi l'ha detto che chi è dalla parte del bene non patisca le pene dell'Oscurità?
Una storia tratta da un sogno. Non ha un vero inizio e non ha una vera fine. Spero di avervi incuriosito e di poter suscitare in voi, almeno un po' di quello che questo sogno ha suscitato in me.
E' la mia prima originale introspettiva, perciò siate clementi.
-CK-
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Credi davvero che io abbia paura della tua morte?”

 

Era buio. Le campane suonavano la mezzanotte, scandendo i secondi che ci separavano dall’inizio del nuovo giorno.

Salii i cinque gradini in pietra che mi separavano dal portone in legno massiccio; sull’arco che lo sormontava era stata appesa una ghirlanda di foglie sempreverdi e rose rosse, talmente lunga da ricadere ai lati lungo le colonne di marmo bianco venato di grigio, fino al suolo. Tutte le finestre, con i loro colorati arabeschi, erano illuminate a simboleggiare la festa che stava arrivando, tanto da rischiarare il sagrato a giorno. La Cattedrale, con le sue guglie, i suoi archi, i suoi merletti scolpiti e le sue cupole, non mi era mai parsa tanto imponente.

L’interno era ancora più splendente dell’esterno, con i fari sul soffitto a scacciare le ombre da ogni angolo. Io avevo il mio posto fisso, ancora libero malgrado l’ora tarda.

Percorsi la navata centrale, le quattro file di panchine in lucido mogano sfilavano ai miei fianchi, due per lato. A metà del corridoio le file più esterne si interrompevano per lasciare spazio a due bussole in legno, usate solitamente dalle persone quando volevano avere un “colloquio” privato con il Cerimoniere o uno dei suoi Ministri. Da quel punto in poi la navata si allargava in altri due spiazzi con altrettanti posti a sedere. Tutte le pareti erano pitturate di bianco o rosa pallido, adornate con affreschi di ogni sorta: sanguinose guerre, devote preghiere, eterno amore.

Il mio posto era sulla seconda panchina nella fila di sinistra.

Pochi metri più avanti la navata si apriva, lasciando spazio all’abside semicircolare dove il Cerimoniere avrebbe poi da lì condotto la cerimonia. Un singolo affresco copriva l’intera parete, brillando con colori sgargianti, tanto da sembrare fatto di pietre e gemme preziose di varia fattura. Sotto il dipinto, una singola frase troneggiava su tutta la Cattedrale: “QUI INCONTRERAI LA VERA GIOIA”. Aveva sempre avuto uno strano effetto su di me quella frase.

Seggi erano stati intagliati nel marmo color giallo reale rosato, come una corona alla base del gradino rialzato che ospitava la piattaforma centrale. Vi erano tre gradini per raggiungere i seggi alle spalle della piattaforma e quattro per raggiungere la piattaforma stessa. Tutto era dello stesso color giallo reale, ad eccezione dell’altare centrale che dominava tutta la Cattedrale e dei tre seggi centrali, di uno splendente bianco carrara. Due imponenti statue nero marquinia sostavano ai lati della piattaforma, come due giganteschi soldati di guardia dall’aria seriosa.

Fino a tre anni prima avevo frequentato assiduamente quel posto, per un’attività o per l’altra, eppure ora che ci rimettevo piede provavo al contempo una sensazione di mancanza e una come se non me ne fossi mai andata.

Una tovaglia bianca con ricami dorati ricopriva l’altare, due candelabri con tre candele ciascuno lo adornavano e al centro spiccava una ciotola d’oro. In tutto quel silenzio non poteva percorrermi che un fremito di aspettativa. Il tutto sarebbe durato all’incirca un’ora e mezza.

Ben presto altra gente affluì al richiamo adamantino delle campane, occupando i posti a sedere nelle file di banchi, finchè una famiglia di quattro persone (mamma, papà e i due figli maschi) non si sedette nel banco davanti a me. Un gruppo di ragazzi di un’associazione occupò l’intera ala destra subito dopo la bussola. Alcuni anziani utilizzarono quei pochi minuti per accendere dei piccoli cerini posti su due piedistalli neri a forma di contorti alberi in metallo. Le campane tacquero.

Di colpo tutta la Cattedrale piombò nell’oscurità; qualcuno sussurrò di timore. Un piccolo sonaglio ruppe quel silenzio, accompagnato da due melodiose voci argentine, una maschile e una femminile, portando una ventata d’aria fresca tra la folla. Una processione di piccoli lumi si fece avanti dalle porte in mogano spalancate, facendo voltare molte teste. Una processione di giovani ragazzi, in fila per due, tutti al di sotto dei dieci anni, avanzava lungo la navata, un’onda di tuniche bianche con due strisce scarlatte che partivano dalle spalle fino ai piedi. Tutti cantavano. E la folla taceva in un muto ascolto.

I giovani presero posto sugli sgabelli in legno posizionati ai margini della piattaforma, tutti rivolti verso il centro. Dietro di loro seguivano due Ministri anziani, con tuniche bianche senza alcun tipo di ricamo. Una volta che tutti i bambini si furono seduti, i Ministri chinarono il capo davanti all’altare poi, uno per parte, salirono sulla piattaforma, prendendo posto sulle uniche due sedie in legno dall’alto schienale intagliato. Dietro di loro, le ultime tre figure.

Sembrava che la navata stessa stesse trattenendo il respiro, come se la Cattedrale fosse dotata di un gigantesco polmone. Due Ministri maggiori incedevano con passo lento e volto serio, reggendo tra le mani una candela bianca ciascuno. Li conoscevo bene entrambi e lo stomaco mi si strinse. Erano di due gradi differenti, sebbene ugualmente importanti: il primo portava la tunica bianca sopra una tunica nera, il secondo una tunica bianca più corta sopra una marrone con il cappuccio che avanzava fuori dal colletto. Dietro di loro il Cerimoniere dal volto regale.

I due Ministri maggiori si fermarono davanti agli scalini, aspettando che il Cerimoniere li raggiungesse, facendo ondeggiare la tunica rossa dai ricami d’oro che copriva quasi interamente quella bianca. Simultaneamente portarono il ginocchio sinistro al suolo, in un inchino; poi si rialzarono e il Cerimoniere li superò per prendere posto sullo scranno centrale in marmo. Gli altri due al suo fianco.

Come tutti gli anni e tutte le feste che ricorrono, questa non fu da meno: stessi gesti ripetuti a memoria, parole pronunciate all’infinito, tematiche che non cambiavano mai; solo qualche canto era stato rinnovato e ben presto, la Cattedrale fu di nuovo invasa di luce.

 

Quest’anno tuttavia vi era una novità. Due bambini avrebbero ricevuto proprio QUEL GIORNO il segno per entrare a far parte delle cerimonie della Cattedrale. Segno che solo il Cerimoniere in carica poteva imporre.

Con una voce gioiosa ed un sorriso radioso a solcargli il volto, il giovane Cerimoniere invitò la giovane famiglia a farsi avanti. Un uomo ed una donna, con i loro due figlioletti, un maschio ed una femmina, uscirono dal proprio banco. La loro pelle era scura come l’ebano e i loro visi belli come il sole. La bambina doveva avere pressappoco quattro o cinque anni, i capelli neri legati in piccole treccine su tutto il capo, indosso un innocente vestitino rosa confetto. Il bambino invece doveva avere pochi mesi.

Il Cerimoniere scese dalla piattaforma, tre ragazzini con tre ceri lo accompagnavano. Egli sorrise ai due bimbi e ai loro genitori, guidandoli alla destra dell’abside dove, nascosta, faceva capolino una conca in pietra, accanto alla quale faceva guardia un cero di due metri con impressi simboli di potere. Le parole del Cerimoniere erano colme di benevolenza per i due bimbi, mentre invitava il padre a sollevarli, in modo che lui potesse immergere la mano nella conca e con facilità segnare la loro fronte; una protezione contro i demoni del male che solcavano la Terra. I demoni erano molto pericolosi, specialmente se non si era stati segnati con l’acqua di potere, specialmente attratti dai più piccoli e più innocenti; e, forse attirati dalla bimba non più in fasce ma in età avanzata, essi apparvero.

Il Cerimoniere stava giusto infilando alla bimba una tonaca in raso bianco, simbolo del dono appena ricevuto, quando ai piedi delle scale comparvero quattro figure tenebrose. Un mormorio di disapprovazione si levò dalla folla.

Rimasi a guardare, in piedi come gli altri, immobile; non era la prima volta che vedevo un demone e non sarebbe stata l’ultima.

-Bene bene, cosa abbiamo qui?-

Tre demoni dalla forma umanoide e il corpo interamente rivestito da un’armatura di lucide scaglie nere, si fecero da parte per lasciare più spazio al quarto, quello che aveva parlato; che non era un demone.

Non per niente indossava uno smoking di altri tempi (a testimoniarlo, le balze dei pizzi ai polsini e al centro della camicia sotto la giacca) tutto rigorosamente nero. Chissà, forse per far risaltare maggiormente la sua pelle lattea. Talmente pallida da sembrare bagnata. Il suo sorriso era troppo sottile e troppo ampio per essere umano, così come gli occhi leggermente obliqui. Solo i capelli cortissimi e laccati di gel avevano un tocco di modernità: no, quello non era decisamente un demone.

-Voi non dovreste essere qui!-

Disse il Cerimoniere con ferma autorità, ma per il momento dando ad intendere che voleva evitare le maniere brusche. Povero illuso: se quelli fossero stati umani, forse il suo tentativo sarebbe valso a qualcosa.

-Hai usato le parole giuste Cerimoniere. Ma ci siamo.-

Evidenziò le ultime tre parole la creatura.

-Voi siete esseri oscuri, non avete l’accesso per valicare le nostre porte!-

Avanzò di un passo il Ministro dalla tonaca bianca e nera, alzando la voce indignato.

-Eppure l’abbiamo fatto.-

Un sinistro…lento…sibilo accompagnò quelle parole cariche di Oscurità.

-Questo tuttavia non nega l’evidenza.- il Cerimoniere riprese in mano la situazione –Voi. Demoni. Questo non è il vostro posto. Sapete qual è la pena che vi spetta per aver infranto le regole. Ora andate! Se non volete pagare le conseguenze delle vostre gesta!-

Conficcai le unghie nei palmi chiusi a pugno, scivolando sulla pelle carica di umidità.

Gli occhi della creatura baluginarono di rosso, mentre il sorriso si ampliava mostrando due file di denti appuntiti che ricordavano vagamente quelle degli squali, solo più letali. Qualcosa mi diceva che quegli esseri non avrebbero tolto il disturbo così facilmente.

-Grazie per l’avvertimento Cerimoniere, ma credo che ci tratterremo un altro po’. Vedete, anche noi…abbiamo un lavoro da portare a termine.-

Il male permeava sempre nei luoghi di luce, era un dato di fatto: così era sempre stato e nulla sarebbe mai cambiato. Chissà, forse in fin dei conti, c’era più male in Terra che in tutti gli Abissi del sottosuolo.

-In questo caso non ci lasciate altra scelta.-

Il Cerimoniere levò il braccio destro in alto, l’indice e il medio indicavano la volta della Cattedrale pitturata d’azzurro, tempestata di colombe bianche. Dalla sua bocca fuoriuscì solo una parola; di un’antica e sconosciuta lingua. Poche erano le persone che conoscevano il significato di quelle parole, poiché ogni parola aveva una vita propria e poteva avere delle conseguenze devastanti. Persino il Cerimoniere le utilizzava di rado e, quando questo succedeva, sempre con la massima attenzione. Solo una creatura concepita nel potere stesso avrebbe potuto farne uso correndo un minimo rischio.

Una parola. Una sola. Ed ebbe l’effetto di un tuono, amplificata dall’eco prodotto dalle immense pareti di marmo. Quattro scie di luce verticali discesero al centro della piattaforma: blu, verde, gialla, viola. Una accanto all’altra. Al centro, sopra l’altare, per un singolo istante, una luce brillò. Una folgorante stella bianca rimase sospesa a mezzaria per poi scomparire. Le quattro luci si erano trasformate in quattro giovani dal fisico forte e asciutto, vestiti con semplici magliette e pantaloni di tessuto leggero, calzando stivali al ginocchio. Eppure, dai loro volti traspariva la luce di cui erano fatti, dai loro occhi il potere che possedevano. I Custodi venivano chiamati. E ogni Cattedrale aveva i suoi Custodi.

Un familiare formicolio mi percorse le membra, fin dietro la nuca.

-E’ quindi questa la tua scelta Cerimoniere? Sei sicuro non voler collaborare?-

Gli propose con noncuranza la creatura, come se l’apparizione dei Custodi non avesse sortito su di lui alcun effetto; e quasi sicuramente era proprio così.

-Non conosco le vostre intenzioni, ma dubito che siano buoni propositi.-

Rispose il Cerimoniere, raddrizzando maggiormente le spalle. La creatura allungò un braccio nella sua direzione. La sua mano, bianca come la pelle del viso, era munita di cinque lunghi artigli ricurvi, di un nero splendente. Quando parlò la sua voce parve doppia, come se l’oscura belva dentro di lui stesse emergendo.

-Consegnami i bambini. È loro che voglio. Nessun altro di voi verrà toccato.-

I genitori strinsero a sé entrambi i  loro figli. I tre demoni avanzarono verso gli scalini.

-Come osate porre questa richiesta? Avete così voi segnato il vostro destino.-

-Ebbene sono queste le tue definitive parole Cerimoniere? Io ti avevo avvertito.-

Disse la creatura. Un rauco ruggito si levò dal profondo della sua gola, mentre puntava con occhi fiammeggianti i due innocenti. Il Cerimoniere sudava freddo, la mascella contratta e i pugni serrati. Come se fosse compito suo e non dei Custodi scontrarsi con il nemico. Nel frattempo i Custodi si erano portati al limitare della piattaforma. Ad un muto comando i tre demoni corazzati attaccarono. Anche i Custodi balzarono in avanti, slanciandosi con le lunghe gambe, frapponendosi fra le creature e le loro vittime. Lo scontrarsi dei due corpi di opposti poteri fu pari allo schianto di due macigni che si sgretolano. I muscoli si tendevano e si contraevano sotto il sottile strato di pelle. Potevo avvertirne la pressione nei miei nervi.

I minuti scorrevano un po’ troppo veloci  un po’ troppo lenti. La creatura se ne stava in disparte a guardare. I Custodi formavano un muro che i demoni non avevano la forza di superare. Il Cerimoniere osservava la scena con la preoccupazione che traspariva dal proprio volto. Nessuno aveva il coraggio di fare niente; i demoni non avevano pietà degli umani, tantomeno se erano dei vigliacchi. Poi, una breccia.

Il Custode all’estrema sinistra della difesa vacillò e i demoni approfittarono del momento di confusione per colpire gli altri tre alle spalle. Se una creatura è debole a loro, demoni l’annientano; se è pericolosa, l’indeboliscono e l’annientano; se è più forte, la servono o la fuggono.

-I tuoi Custodi sono deboli Cerimoniere. Sei fortunato che quest’oggi non sia qui per loro.-

La creatura allungò una mano verso i quattro e pronunciò una parola di potere. Delle spirali avvolsero i quattro corpi scagliandoli alcuni metri oltre l’altare, schiantandoli al suolo privi di forze. Un fremito di timore mi percorse da capo a piedi.

-A quanto pare, inoltre, il tuo Guardiano ti ha abbandonato.- si voltò a guardare il Cerimoniere con una finta espressione triste, mentre invece si sapeva che ne gioiva –Cos’è una Cattedrale senza il suo Guardiano? Come un castello con le sue guardie, ma nessuno che le comandi. Sei caduto in basso Cerimoniere, lasciatelo dire.-

Con fare strascicato e deluso la creatura fece apparire sopra al palmo della propria mano destra una sfera di potere, una bolla interamente nera dall’aspetto tutt’altro che innocuo.

Probabilmente l’avrebbe anche scagliata contro il Cerimoniere e la famiglia dei bambini, portando finalmente a compimento la sua missione; se non fosse stato fermato.

-Adesso basta!-

Gli occhi di tutti si puntarono per l’ennesima volta in quella serata sulla piattaforma. Una bambina dai capelli castani cosparsi di ciocche dorate, puntava il suo sguardo fermo sul viso della creatura, senza alcuna traccia di timore. I suoi occhi avevano il colore della cenere, mentre la pelle sembrava avere la consistenza della porcellana. Un cerchietto di minuscole rose bianche le coronava il capo. Indosso portava una tunica bianca, ma a differenza di quella del Cerimoniere e dei Ministri portava il colletto alto e alla vita una corda bianca. Il suo aspetto pareva esile e indifeso.

Eppure non era niente di tutto quello ad attirare l’attenzione dei presenti; ma la sua figura. Difatti la Bambina Bianca pareva trasparente, come se si trattasse di un fantasma o di un ologramma. Malgrado la postura impositiva, non potei fare a meno di notare quanto in realtà fosse provata; mi si strinse il cuore. Se ci fossi stata ciò non sarebbe successo.

-E così i Custodi hanno lasciato la Cattedrale nelle mani di uno Spirito. Questa storia sta diventando tanto curiosa quanto patetica.-

-Per tua sfortuna non sono uno Spirito, mentre invece…tu non sei un demone. Dico bene?-

La creatura spostò il peso da un piede all’altro, sorpresa da quelle arroganti parole. Anche le altre persone ora trattenevano il respiro, avide di sapere.

-Questo non è il luogo per uno Spettro. Te ne devi andare.-

Sembrava un suggerimento, eppure traspariva forza da quelle ultime parole.

-Altrimenti?-

Potevo comprendere la terribile incertezza che aveva avvolto lo Spettro nelle sue spire.

-Verrai cacciato con la forza.-

La Bambina e lo Spettro rimasero a guardarsi in silenzio per lunghi minuti.

-Pronunci parole forti, ma hai il potere di metterle in pratica?-

I nostri pugni, miei e della Bambina, si serrarono contemporaneamente, punte sul vivo dalla veridicità di quelle parole. L’esito di quello scontro era dubbio già di partenza. Il sorriso dello Spettro prese un’angolatura obliqua. Per la seconda volta alzò un braccio e con voce sibilante pronunciò parole di potere. Nella frazione di pochi istanti i tre demoni si avventarono sulla Bambina Bianca.

Con la velocità delle ombre avevano appena superato i tre scalini, quando fu la volta della Bambina di pronunciare un parola di potere. I demoni si arrestarono a mezzaria, rallentati di colpo, prima di venire scagliati indietro con forza inaudita. Prima di toccare il suolo, i tre corpi oscuri si dissolsero in povere nera.

La bimba prese un lungo respiro, sarebbe stato più facile eliminarli se fosse stata nel pieno delle sue forze. Il peso del tempo e delle torture subite gravava sempre più sulle sue spalle.

-Mi sembri provata, Guardiano.-

-Voi esseri oscuri avete sempre il vizio di parlare troppo.-

Non potevamo mostrarci deboli, in nessun caso. Era passato molto tempo, ma forse potevo ancora rendermi utile senza correre il rischio di espormi troppo. Il Cerimoniere e i Custodi ormai potevano fare ben poco.

-Se la metti così, non c’è alcun motivo per cui io debba concederti una pausa.-

La sfera nera comparve nuovamente sul suo palmo con un intensità crescente. Toccò a me pronunciare quell’antica parola e subito avvertii le conseguenze di quel mio “altruistico” gesto.

Fu come se un tentacolo si staccasse dal mio corpo, portando con sé una parte importante di me. Una lancia che sfrecciava a tutta velocità in direzione della Bambina Bianca, come la Terra attratta dal Sole. Notai un’ombra di stupore sul suo viso d’angelo. Era a conoscenza della mia presenza nella Cattedrale, ma dubito si aspettasse un mio diretto intervento. Poi…la pesantezza. Più volte avevo immaginato cosa dovesse aver passato, patito e sofferto, a causa mia. Ma mai avrei pensato potesse sopportare così tanto, sebbene fosse stata creata per resistere; proteggere e difendere erano i suoi compiti. Dovetti impegnarmi a fondo per non permettere alle mie gambe di cedere, mentre emozioni, sensazioni  e ricordi mi colpivano a suon di frustate. Potevo vedere e sentire cose a me sconosciute. Pareti grigie, luoghi bui, umidità, catene, grida, schiocchi di frusta, disperazione, solitudine, sofferenza; tutto in quei pochi istanti. Quasi non mi accorsi dell’espressione “nuova” della Bambina.

La bolla d’oscurità abbandonò la mano dello Spettro. A sua volta il Guardiano protese una mano davanti a sé, come se quel semplice gesto potesse fermare la catastrofe. Questa volta l’antica parola venne scandita in modo netto, risuonando cristallina nell’eco dell’abside.

La magia prese fuoco come un contatto di sostanze chimiche, abbagliando i presenti con la sua luce. Le persone più vicine: quelle dei primi banchi, i Ministri, il Cerimoniere e la povera famigliola, dovettero ripararsi gli occhi con le mani per non rimanerne accecati.

Quando la luce si estinse la Bambina abbassò lentamente il braccio. I Custodi erano ancora inginocchiati a terra, colpiti dalla prontezza del loro Guardiano, mentre lo Spettro pareva ora soppesare più attentamente la situazione. Ero sollevata, eravamo resistiti anche al secondo attacco. Ma non era ancora finita, anche perché i demoni, come tutte le creature oscure, non si trattenevano mai a lungo in un luogo impregnato di magia buona, tantomeno una Cattedrale.

-Chi è stato?-

-Di che parli?-

-Di colui che ti ha aiutato. Sono un essere di livello superiore, posso avvertire la magia che ci circonda. E tu…tu non avresti mai potuto resistere a questo attacco se qualcuno non ti avesse aiutato.-

Malgrado l’apparente calma, lo Spettro iniziava ad irritarsi e a voler porre fine alla questione una volta per tutte.

-Non ha alcuna importanza per te. Ora vattene se non vuoi che ti elimini.-

Il Guardiano cercò di riportare l’attenzione di tutti nella giusta direzione.

-Oh, me ne andrò! Ma non da solo.-

Lo Spettro volse entrambi i palmi verso l’alto, le sue labbra si muovevano in maniera febbrile mentre pronunciavano parole di potere, un antico motivo recitato troppo velocemente perché un essere umano potesse coglierne il significato. Un campanello d’allarme suonò nella mia testa. Non conoscevo le parole, ma ero abbastanza sveglia per capire che la potenza di un incantesimo del genere andava ben oltre le possibilità di una persona sola. Nemmeno la sua evocazione era alla portata di chiunque.

Delle nuvole indefinite si formarono sulle volte, fumo e polvere parevano, di un denso e soffocante grigio. Se non fossero state fermate in tempo avrebbero ricoperto l’intera folla e i due bambini benedetti non sarebbero state le uniche vittime di quella lunga notte. Più la litania proseguiva più le nuvole si inspessivano. Che cosa facciamo? Bella domanda. Beh, non c’era altro da fare. Dobbiamo tentare. I Custodi erano ancora esausti dall’incantesimo di poco prima, perciò restavamo solo noi.

Mossi appena appena le labbra, nessuno se ne accorse, mentre pronunciavo una singola parola concentrandomi a fondo sul suo significato. La stessa che aveva pronunciato contemporaneamente la Bambina Bianca. Ormai le nuvole avevano superato la metà della Cattedrale. Potevo vedere i puntini neri della magia agitarsi in maniera forsennata come uno sciame di mosche. Qualcuno probabilmente si era già dato per spacciato, emettendo gridolini o gemiti strozzati. Ci vollero alcuni secondi prima che sentissi accadere qualcosa.

Come poco prima fu come se qualcosa si separasse da me, ma in modo diverso. Potevo sentire ogni fibra del mio corpo scaldarsi leggermente, per poi rilasciare all’esterno questo invisibile calore, senza provocarmi però alcun dolore; ovviamente sapevo che le conseguenze di questa mia azione le avrei subite successivamente. Le antiche parole facevano effetto e non solo su di me. Sapevo per certo che la Bambina Bianca stava provando la stessa identica cosa. Non si trattava altro che di magia, sempre e solo magia era stata, calda e rassicurante si levava verso il cielo, andando a scontrarsi con la nube oscura. Inizialmente l’effetto fu quello di una massa d’aria che sospinge via la polvere, poi la luce. La nube aveva ormai raggiunto l’altezza della stella bianca apparsa all’arrivo dei Custodi, offuscandone la brillantezza; eppure questa riapparve più splendente che mai. Allungando i suoi sottili e delicati raggi per scacciare le ombre appena nate. Più la luce aumentava più la nube si ritirava e con essa il senso di oppressione che aveva colpito tutti i presenti. Solo quando l’incantesimo oscuro fu spezzato la luce andò diminuendo, ma questa volta senza estinguersi.

Avevo i muscoli talmente tesi da tremarmi, quasi fossi stata io fisicamente a spingere via tutta quell’oscurità. Ero stanca e non poco. E non ero l’unica. La Bambina Bianca aveva lo sguardo fisso sulla stella di luce sospesa sopra l’altare, visibilmente sollevata di vederla risplendere, eppure sapevo che anche lei aveva subito l’influsso della magia, sebbene in maniera diversa.

Fu lo Spettro a riportarci brutalmente alla realtà. O per meglio dire, il suo ruggito di rabbia. Il suo volto si era trasformato in una maschera di puro odio. Gli occhi erano diventati completamente neri, la bocca larga a dismisura. Un brivido di paura mi percorse la spina dorsale.

-Pensi di prendermi in giro Guardiano? Nessuno si prende gioco dello Spettro! Perciò annienterò te e tuto ciò che a te è connesso!-

Automaticamente deglutimmo, sapevamo cosa volevano significare in realtà quelle parole.

Nel frattempo tutti ci eravamo in parte dimenticati dei due bambini, convinti che fossero temporaneamente al sicuro sotto l’ala protettiva del Cerimoniere. Perciò, mi accorsi solo in un secondo momento degli occhi scuri della bambina che scrutavano il mio volto.

Da quell’angolazione aveva avuto tutto il tempo di osservare sia me che la Bambina Bianca, abbastanza a lungo da permettere alla sua infantile intelligenza di carpire il segreto che ci legava; più che a qualsiasi adulto lì presente. Prima che potessi muovere anche solo un dito, fu lei a decidere per tutti. Lasciò il rifugio sicuro tra le braccia del papà, correndo nella mia direzione.

Ovviamente il gesto non passò inosservato: sul viso della Bambina Bianca si formò un’espressione di timore per quel gesto avventato, Cerimoniere e genitori tentarono inutilmente di richiamarla, lo Spettro levò automaticamente una mano per colpirla; era la sua occasione. Uscii dal banco mentre con la coda dell’occhio non mi perdevo il movimento del braccio dello Spettro. Saltai due scalini e allungai le braccia per prendere al volo la bambina ed evitare che venisse colpita. Potevo avvertire dentro di me lo stupore della Bambina Bianca come se fosse mio. Lo Spettro pronunciò l’antica parola e scintille rosse partirono dalla sua mano.

Il tempo di sollevarla e fare un passo in avanti che un intenso bruciore mi partì dal piede destro per poi propagarsi fino al ginocchio.

-Al volo!-

Urlai al Ministro di fronte a me, lanciando con le poche forze che avevo la bambina nella direzione dell’uomo. Questo riuscì ad afferrarla, portando entrambi al centro della piattaforma, dove per il momento erano al sicuro. Io caddi in ginocchio, aspettando che il dolore si attenuasse dove la magia mi aveva colpito. Finalmente, alzai lo sguardo per incontrare gli occhi di cenere della Bambina Bianca, identici ai miei. Ormai non c’era più niente da nascondere.

Tutti se ne restavano immobili ed in silenzio, assimilando quello che avevano appena appreso. Lentamente mi rimisi in piedi, senza distogliere gli occhi dai miei di quando avevo nove anni.

Ce ne hai messo di tempo la sua/mia voce infantile mi riecheggiò nella mente.

-Sono felice di vederti.-

-Anche io.-

Lo so. Ma temo me ne servirà ancora un altro po’! il nostro dialogo in parte a voce in parte mentale era sempre stato una nostra caratteristica. In fin dei conti c’erano cose che gli altri non erano tenuti a sapere. Come ad esempio: la nostra attuale situazione di stallo.

-Adesso capisco come hai fatto a recuperare le energie così velocemente, Guardiano.-

Io e la me piccolina ci voltammo verso uno Spettro dagli occhi scintillanti di avidità.

-Ma temo che nemmeno questo potrà salvarti.-

Rise. Io e la Bambina Bianca ci guardammo.

Che cosa facciamo? Mi chiese.

-Idee?-

-Una.-

Dobbiamo provare, è la nostra unica alternativa le risposi.

Mi voltai ancora una volta verso lo Spettro, poi guardai la stella sopra l’altare.

-Avanti, prendila! Senza quella non potrai mai sconfiggermi.-

Aveva ragione. Finchè la stella fosse rimasta al suo posto la Cattedrale sarebbe rimasta protetta e incolume agli attacchi dell’oscurità. Ma io e la Bambina Bianca non avremmo avuto sufficienti energie per eliminarlo come lei aveva fatto con i demoni. Troppo deboli: io relegata alle leggi degli umani e lei bloccata ad uno stato etereo. Lei esisteva perché io le avevo dato il potere di esistere, ma se io avessi ripreso il mio posto e la stella fosse stata indossata, lei avrebbe cessato di esistere.

Io e lei ci muovemmo in sincrono portandoci in centro alla piattaforma; lei dietro l’altare, io davanti. Non potevo vederla ma sapevo già che avremmo fatto e detto le stesse cose, invocando una magia più antica di noi. Le nostre labbra si muovevano in maniera accennata, intonando una lenta litania.

-Fate pure! Tanto non servirà a nulla!-

Arroganti creature oscure che credevano di poter sapere sempre tutto, non aveva idea a cosa stava andando incontro!

Le nostre mani si sollevarono all’altezza del torace, tracciando gesti e simboli dal remoto significato. Tracciavamo linee, curve, angoli, archi, punte e forme, tutto incastonato dalle parole di potere. Prima che lo Spettro potesse rendersene conto, la magia fece effetto. La stella brillava tra me e la Bambina Bianca senza tracciare alcuna ombra. Tentacoli di luce dorata apparvero all’altezza del petto dello Spettro, convergendo da una sfera di luce, per poi allungarsi su quel demoniaco corpo. Come rampicanti che ti si attorcigliano addosso. Lo Spettro ruggì irato, capendo l’inganno in cui era finito. Non solo la luce lo immobilizzava, ma gli annebbiava anche la mente, impedendogli di usare incantesimi oscuri.

-Se credi di potermi eliminare…!-

-Spettro! Ci sono cose ben peggiori della morte!-

Parlammo in contemporanea, con una doppia voce ancestrale. Tanto che milioni di brividi mi pizzicarono la pelle per l’adrenalina. Potevo percepire il mio corpo che si scaldava, arrivando al punto di surriscaldarsi per poi stabilizzarsi. Come se il mio livello di sopportazione fosse aumentato. Chiunque al nostro posto avrebbe preso fuoco. Il calore che si stabilizzava, talmente elevato da sembrare freddo. Questa volta il potere non prendeva direttamente energia da noi, ma dalla stella nel mezzo. Noi eravamo solo un tramite. Se una di noi si fosse fermata, l’altra non sarebbe stata abbastanza potente per continuare l’evocazione. In tal caso la magia si sarebbe spezzata.

La luce nel frattempo aveva fatto indietreggiare lo Spettro, sollevandolo sopra la folla, sospingendolo nella navata più piccola di destra. Non potevo vedere i miei occhi e quelli della Bambina Bianca divenire di luce anch’essi, tantomeno me ne rendevo conto. Le imprecazioni e i ruggiti dello Spettro divennero lontani, finchè le nostre orecchie non divennero sorde. Solo la luce e le antiche parole riempivano le nostre menti perfettamente collegate, in egual misura. Avevo dimenticato come ci si sentiva ad occupare “quel posto”.

Quando tornai a vedere la realtà la luce aveva quasi del tutto assorbito lo Spettro. Ad occhio nudo si sarebbe detto che fosse la Cattedrale stessa ad assorbirlo, attirandolo nel freddo marmo per mezzo dei suoi tentacoli. L’eco di quegli ultimi ruggiti fu tutto ciò che rimase di quello che era appena accaduto. Tutto si acquietò. Il potere smise di scorrere attraverso le mie vene o, perlomeno, acquisì un andamento normale. La luce si attenuò, fino a tornare visibile per tutti. Un sospiro di sollievo si udì tra i presenti. I Custodi tornarono a reggersi con le loro gambe senza più difficoltà. Solo il cuore batteva ancora furibondo contro lo sterno, ancora carico di adrenalina.

Qualcuno si mosse alle mie spalle. La bambina era tornata tra le braccia dei genitori. Lei e il suo fratellino erano salvi.

-Ce l’abbiamo fatta.-

Mi fece notare con un leggero sorriso sulle labbra la me bambina. Adoravo quel visino, ma non perché fosse il mio. Sapevo di essere io, eppure al contempo era come se per me fosse una persona diversa; un’innocente da proteggere. Forse il segreto stava proprio nel fatto che i bambini erano puri, mentre gli adulti erano facilmente corruttibili; quindi anche io, crescendo, lo ero diventata. Lei mi guardava con occhi luminosi e un sereno sorriso. E pensare che ero stata proprio io a bloccare quell’immagine nel tempo e a permetterle di rimanere. Sospirai.

-Già.-

La seconda volta che posai gli occhi su  di lei la sua espressione era divenuta più seria.

Il tempo sta per scadere avvertivo dolore in quelle parole.

Me ne occorre ancora un po’. Dopo di che…tornerò. Non avrebbe potuto essere altrimenti.

-Grazie.-

-No, grazie a te.-

Solo quando tornerai saremo veramente al sicuro.

Lo spero.

E così sarà.

Un cenno del capo, che la Bambina Bianca ricambiò. Feci lo stesso con il Cerimoniere; solo lui, tra tutti, era l’unico che avrebbe potuto capire un barlume di quello che era accaduto. Anche la famiglia mi sorrise e io ricambiai con un muto saluto; e pensare che loro erano solo all’inizio del lungo cammino che li attendeva. Poi mi voltai, scesi gli scalini e ripresi posto nel mio banco in seconda fila. Molti avevano dimenticato il mio volto, chi ero. Adesso per un bel po’ se ne sarebbero ricordati.

 

La osservai di spalle mentre si allontanava. Era stato un sollievo rivederla, vedere che stava bene; una boccata d’aria fresca. Certo, la sua mente toccava costantemente la mia, in fin dei conti eravamo una cosa sola. Eppure, sapere che era lì, a pochi metri da me, non faceva altro che aumentare quella speranza dentro di me, alimentandola come l’aria con il fuoco. Entrambe sapevamo che il male ci circondava, costantemente. Altro che quello Spettro! Vi era un male ben più terribile. Quello che puoi solo percepire, quello che quando si manifesta non puoi far nulla per fermarlo, solo resistergli. Noi lo sapevamo bene. Questa nostra decisione aveva condizionato profondamente il nostro ruolo nell’attività magica: io non potevo morire, tecnicamente, ma il male percepito, essendo al mio livello, mi pareva letale come un male normale; mentre per lei il male percepito era minore, tuttavia era mortalmente più vulnerabile. Malgrado tutto questo aveva creato una positiva soluzione di stallo per la Cattedrale; temporanea, certo, ma pur sempre sicura. Ora, non rimaneva più molto tempo. Questione di mesi, forse settimane, e poi ciascuno avrebbe ripreso il proprio ruolo in questa storia. E il male lasciato in sospeso sarebbe tornato, più oscuro che mai.

Il Cerimoniere portò a termine il rituale, riportando tutti allo stato gioioso iniziale. Ancora una volta il bene aveva trionfato sul male. Le belle parole e la musica aiutarono i presenti a scordare i brutti avvenimenti di quella serata; ora, era tempo di festeggiare.

Un canto celestiale si levò nella Cattedrale e ad un segno del Cerimoniere le porte d’entrata vennero spalancate. La gente uscì composta, riunendosi sul sagrato dove erano state allestite delle bancarelle con tanto di candele ad adornarle. Su ciascuna vi era qualcosa di diverso: vino, torte, bibite, panini…di tutto e di più. Osservai tutti andarsene, persino i Ministri e il Cerimoniere. Quest’ultimo, prima di uscire, scese dal suo seggio e si voltò verso di me con un sorriso radioso.

-Grazie.-

Annuii con il capo mentre sorridevo a mia volta. Era nostro dovere proteggerli, ma la gentilezza, l’educazione, la riconoscenza, facevano sempre piacere. Osservai il simbolo dorato sulla sua tonaca, al centro della schiena, finchè anch’egli non superò le porte. I quattro Custodi mi rivolsero un inchino rispettoso prima di scomparire tra scintille colorate. Ero rimasta solo io, mentre la Cattedrale diveniva silenziosa, precipitando nell’oscurità a mano a mano che le luci venivano spente. O forse no. Non erano solo le ombre della notte quelle che si allungavano tra le file di banchi. Potevo avvertirne l’umidità sulla pelle, provocandomi brividi lungo le braccia. Conoscevo bene quella sensazione e non avrei mai potuto abituarmici. Lei mi aveva salvato dall’oblio, ma ora stavo per riprecipitarci. Di nuovo.

Non lo udii nemmeno muoversi quando mi mise una grande mano davanti alla bocca; come se fosse servito a qualcosa. Certo, lei sarebbe tornata; ma io non l’avrei mai messa in pericolo. L’altra mano mi afferrò all’altezza del cerchietto di rose, infilando le dita affusolate nei miei capelli. Nel momento in cui mi trascinò indietro, verso di sé, lo scenario cambiò.

Eravamo in quel posto, sempre lo stesso. Sembrava un castello diroccato, abbandonato da tutti. Per me era solo una prigione. C’era buio, freddo, umidità…ma la cosa peggiore erano i ricordi di quel posto, che ancora aleggiavano nell’aria. Incapaci di andarsene finchè il loro/mio carnefice fosse stato ancora in vita. Sospiri, urla, gemiti, pianti, mi rimbombavano in testa contemporaneamente. Potevo sentirlo il suo sorriso delinearsi su quel malefico volto.

Caddi in ginocchio, incapace di resistere a tutte le richieste di aiuto di quelle anime, sopraffatta. I sassolini scricchiolarono sotto i suoi sandali di cuoio, mentre faceva il giro per essermi davanti. Alzai il viso sulla tonaca bianca del Ministro incappucciato; era sempre lui. Anche dopo sedici anni non aveva mai abbandonato la Cattedrale, i suoi Ministri, i suoi Custodi, me…tutto nell’attesa del momento in cui ci avrebbe spezzato. Nessuno poteva dire che non era un abile cacciatore. Il suo viso ormai lo conoscevo a memoria. Lui non invecchiava, io nemmeno. Rimanevo una bambina di nove anni che ha paura dell’uomo…no, del demone…cattivo. I suoi occhi neri ardevano come tizzoni e il suo sorriso me lo sentivo sulla pelle, come il coltello che aveva usato l’ultima volta per incidermi la pelle. Tanto io non potevo morire. E lui si divertiva a torturarmi.

Si accucciò e con due dita sotto al mento mi obbligò a sollevare il viso verso il suo. Tremai. Gli istanti parevano allungarsi senza fine. Ma tanto, noi, non avevamo fretta. Quando parlò capii veramente che il tempo, per me, per lei, per noi, stava per scadere.

-Credi davvero che io abbia paura della tua morte?-

Poi, vidi i suoi riccioli d’ebano avventarsi su di me.   

  
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