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Autore: sparewheel    19/05/2017    4 recensioni
Affrontando le conseguenze di un desiderio espresso involontariamente, Emma finirà per ottenere quello che mai avrebbe creduto possibile e per scoprire che un futuro inaspettato può essere ben più prezioso di un desiderio realizzato.
Swanqueen ambientata qualche tempo dopo gli eventi della 6x10 e che non segue gli sviluppi della 6B.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 4.

Essere immersa in libri di magia e formulare teorie erano attività che solitamente non le dispiacevano. Ma nei casi in cui le ricerche risultavano improduttive e le ipotesi si rivelavano puntualmente sbagliate, non c’erano piacere o soddisfazioni, solo un’immensa frustrazione.
E Regina non aveva mai avuto molta pazienza.
Non che fosse impulsiva, non lo era quasi mai, ma… era più una da tutto e subito.
A ripensarci, non capiva come avesse fatto ad aspettare tanto per perfezionare il sortilegio oscuro.
Probabilmente il dolore e la vendetta erano stati un valido incentivo.
Nel presente però non c'erano minacce all'orizzonte né nemici da punire. E, per quanto preoccupante, il suo problema magico era...beh, solo suo, perciò meno rilevante.
Anche perché, nel caso fosse peggiorato, avrebbe sempre potuto mettersi al polso quel bracciale e bloccare la propria magia. Avrebbe guadagnato tempo e sarebbe stata sotto controllo, poteva essere davvero un ottimo piano di riserva.
Peccato che, quando ne aveva parlato a sua sorella, lei si era fortemente opposta a quell’opzione.
Per lei il bracciale non era la causa, ma nemmeno la soluzione al problema.
Probabilmente il periodo di prigionia dopo New York l’aveva segnata più di quanto non mostrasse. O forse Zelena non concepiva il poter vivere senza magia, mentre lei aveva avuto 28 anni da sindaco per abituarsi.
E 14 anni da mamma per capire che ci sono legami ben più importanti di quello con la magia.
Se fosse servito a proteggere Henry, avrebbe rinunciato al suo potere senza battere ciglio.
Ma fortunatamente non era ancora a quel punto. C’erano altri libri da consultare, altre ipotesi da vagliare, altre domande a cui rispondere.
E tempo.
Finalmente c’era tempo per pensare al futuro.
Spostando lo sguardo dal libro che stava fissando ormai da diversi minuti, senza però davvero leggerne il contenuto, Regina vide sua sorella immersa nella lettura.
Seria, concentrata, …si stava impegnando per lei.
Ed era strano, a volte ancora non riusciva a credere di aver lasciato nel passato gli anni di solitudine e sofferenza. Ma era così, il presente era davvero diverso.
Ed era davvero bello.
“Trovato qualcosa?” le chiese Zelena, sentendosi osservata.
“No, ancora nulla. Tu?”
Ma prima che sua sorella potesse rispondere, un’allegra musichetta invase la stanza. Zelena prese in mano il proprio cellulare e, leggendo il nome sullo schermo, sospirò.
“Si, credo di aver trovato una nuova stalker.”
Si portò il cellulare all’orecchio e: “Lei è viva e sta bene. E tu sei pesante” disse, concludendo la chiamata subito dopo, senza preoccuparsi del suo interlocutore.
Regina la fissò con sguardo interrogativo.
“Era la cara salvatrice. Sicuramente voleva avere tue notizie.” Puntualizzò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E perché mai Emma avrebbe chiamato te per avere notizie su di me?”
“Ah questo non lo so. Non ho ancora ben capito come funzionate voi due.”
E mi sa che non lo avete capito nemmeno voi pensò, ma si trattenne dal dirlo.
Zelena si alzò dal divano su cui aveva passato le ultime ore e decise che era arrivato il momento di tornare da sua figlia. Regina stava bene e una pausa dalle ricerche avrebbe giovato ad entrambe.
Anche perché era certa che al momento sua sorella fosse più concentrata sulla telefonata di Emma che non sui suoi problemi magici.
E infatti, dall’altra parte della stanza, Regina aveva appena preso in mano il proprio cellulare e stava imprecando sottovoce per l’assenza di suoneria.
“Sembra che tu stia meglio, quindi direi di fare una pausa. E ci sono dei libri che voglio consultare a casa mia… ci aggiorniamo più tardi?” propose Zelena.
Regina annuì e, dopo averla ringraziata, salutò sua sorella e tornò ad esaminare lo schermo del proprio cellulare.
Oltre alle varie chiamate perse da parte di Emma, c’erano diversi messaggi.
Sedici messaggi da due mittenti, per la precisione.

Come stai mamma?

Ho detto alla nonna che sei stata male. Si è agitata e mi ha fatto mille domande. Probabilmente dopo scuola verrà a trovarti…scusami.

Mamma, perché non mi rispondi? Ti sto scrivendo tra una lezione e l’altra, non mi distrai dalla scuola!
 
Nel leggere i messaggi di Henry, le si strinse il cuore e allo stesso tempo un piccolo sorriso le si formò sulle labbra. Le dispiaceva moltissimo averlo spaventato quella mattina, non sarebbe più dovuto accadere.
Ma era comunque davvero fortunata ad avere un figlio così dolce e premuroso.
Doveva rassicurarlo immediatamente, dirgli che adesso stava bene, che non doveva preoccuparsi.
E, soprattutto, doveva reimpostare il volume della suoneria, in modo da non perdere mai più un messaggio del suo piccolo principe.
Solo dopo aver assolto quei compiti, Regina si occupò della seconda conversazione.
 
Regina! Henry ha detto che sei svenuta, che succede?

Stai male?

Hai preso un virus?

Anche Neal ha preso un virus la scorsa settimana, è stato terribile

Ti consiglio di stare a riposo e mangiare sano

Non sei andata a lavoro, vero?

Dopo scuola passo a trovarti

Anzi, prima vado a casa e ti preparo un brodo caldo

Ah no, posso prenderlo da Granny e venire subito dopo!

Si, vado da Granny

Ci vediamo tra poco

Intanto non ti abbattere, vedrai che passerà presto e starai bene

A dopo!
 
C’era poco da fare, Snow era sempre…Snow. Ed averla attorno in modalità crocerossina era un qualcosa che al momento Regina non era in grado di sopportare.
Le attenzioni erano piacevoli, l’affetto e il supporto potevano essere il migliore rimedio contro ogni male, ma l’ossessione e la pesantezza…no, non poteva farcela.
Perciò doveva rassicurarla e dirle che stava bene.
O poteva terrorizzarla tirando in ballo il contagio ed una ricaduta per il piccolo Neal.
Qualsiasi cosa pur di impedirle di varcare la soglia di quella casa.
Sistemata anche Snow, fu la volta di Emma.
Regina compose il numero e lo sceriffo le rispose al primo squillo, come se stesse aspettando la chiamata col cellulare in mano.
“Ehy, Regina.”
La voce di Emma le parve strana, tesa.
L’aveva fatta preoccupare?
No, certo che no. Probabilmente fino a quel momento Emma era stata intenta a giocare ad uno di quei suoi stupidi giochini sul cellulare e aveva risposto per sbaglio.
“Emma. Ho visto adesso le tue chiamate. È successo qualcosa?”
“No, no. Volevo sapere come stai. Va meglio?”
“Molto meglio, grazie. Ma te l’aveva già detto il tuo emissario, no?” la punzecchiò Regina, tornando a sedere sul divano.
“Si, in modo molto sintetico e sgarbato, ma non posso lamentarmi.” Rispose prontamente Emma, la voce più leggera ed uno strano eco a disturbare leggermente la chiamata. “Avete scoperto qualcosa riguardo il tuo problema magico?” le chiese.
“Non molto. Zelena pensa ad un incantesimo prosciugante o ad un qualche veleno. Le ho raccontato della freccia, ma i sintomi sono strani e i tempi di azione non coincidono. Dobbiamo continuare a cercare.” Concluse il sindaco.
Ed Emma rimase in silenzio.
Probabilmente il sentir nominare la freccia le aveva riportato alla mente brutti ricordi. E Regina sentì il bisogno di alleggerire la conversazione.
“Hey, lo sai che so badare a me stessa e non c’era alcun bisogno di chiamare mia sorella, vero?”
“Certo che lo so. Ma sappiamo entrambe che avevi già programmato di andare nel tuo mausoleo una volta finito di leggere i libri che hai li, quindi ho pensato di farti recapitare tutto a casa e risparmiarti la fatica.”
Regina sorrise. Emma aveva letto alla perfezione le sue intenzioni.
“Non sapevo ti occupassi di consegne a domicilio. Devo anche andare a fare la spesa e a ritirare i vestiti in lavanderia, ci pensi tu?” scherzò.
“Beh, se mi lasci una bella mancia perché no? Sai, il mio capo non mi paga abbastanza e devo arrotondare come posso.”
“Per quello che fai durante l’orario di lavoro, direi che il tuo capo ti paga anche troppo.”
“Forse, ma tu non dirglielo o a rimetterci sarà la paghetta di nostro figlio.” E la frase fu seguita dal tonfo di uno sportello che veniva chiuso con non troppa delicatezza.
“Comunque” continuò lo sceriffo, “tornando alle consegne a domicilio, che ne dici di venire ad aprirmi la porta?”
Regina sospirò e chiuse la chiamata, dirigendosi verso l’ingresso.
Aprendo la porta si trovò d’avanti Emma con un familiare contenitore tra le mani e il cellulare malamente incastrato tra la spalla e l’orecchio.
“Brodo di pollo di Granny” disse Emma, sollevando leggermente il recipiente. “Ero alla tavola calda quando mia madre mi ha chiamata e mi ha ordinato di lasciartelo all’entrata e scappare. Le hai detto che sei contagiosa, vero?” chiese, superando il sindaco ed entrando in casa, direzione cucina.
“Esatto. E l’ho fatto per non avere scocciature, non per avere di nuovo te alle calcagna.” rispose Regina, falsamente seccata, prima di seguirla.
“Che posso dire? Mi piace tormentarti.”
“Ecco scoperto perché sei sempre qui” ribatté istintivamente Regina con tono scherzoso. Ma subito si rese conto a quali pensieri quella battuta avrebbe potuto portare e si fermò a guardare Emma.
Per fortuna, lo sceriffo stava continuando ad armeggiare tranquilla tra i vari cassetti della cucina e non sembrava aver dato peso alle sue parole.
Regina tirò un sospiro di sollievo.
Da quando la storia col pirata era finita, Emma passava meno tempo possibile in quella che sarebbe dovuta essere la loro casa.
Non ne avevano mai parlato esplicitamente, ma Regina lo aveva notato. Per questo i pranzi insieme erano tornati ad essere una costante, gli inviti a cena a Mifflin Street erano aumentati notevolmente e le chiacchierate serali non erano eventi poi così rari.
Meno discorsi seri possibile, buon cibo, tanto Henry e la giusta dose di alcol.
Era quella la loro ricetta segreta per andare avanti.
Il tempo avrebbe fatto il resto.
“Mangiamo prima che si freddi?” suggerì quindi Regina. Ed Emma le sorrise, porgendole un piatto di zuppa ancora fumante, con quell’affetto e quella dolcezza che sempre le scaldavano il cuore.
Erano quelli i piccoli momenti che le davano la forza di lottare contro qualunque cosa. Perché per quelle persone... con quelle persone... Regina ne era certa, sarebbe andato tutto bene.
 
 
Era andato tutto storto, tutto.
E lei non sapeva che diavolo fare per rimettere le cose a posto e tornare indietro.
Solo qualche ora prima, il portale era stato aperto, pronto a riportarle a Storybrooke.
E, con i pensieri fissi su casa e la mano in quella di Regina, anche Emma era stata pronta a tornare.
Ma poi era comparso Robin.
Con un tempismo dannatamente perfetto, proprio come quando Regina lo aveva incontrato nella foresta incantata, mentre lei era bloccata a New York, in una vita tanto felice quanto falsa.
E anche questo Robin era falso, ma con quello sguardo serio e penetrante, quella smorfia che faceva sempre con la bocca, quell'inconfondibile fastidio che la colpiva allo stomaco ogni volta che lo vedeva...
Era talmente Robin che non c'era da stupirsi che Regina avesse voluto seguirlo.
E adesso quell'incosciente era con lui nella foresta, da ore, a fare chissà cosa...e chi se ne frega se Henry stava aspettando con ansia il loro ritorno? Chi dà peso alle minacce della guardia reale o alla condanna a morte pendente sulla testa della Regina Cattiva e pronta da decenni per essere eseguita???
Nessuno!
Perché l'importante è mollare tutto per una brutta copia della propria anima gemella e non guardarsi indietro e… no, no.
No.
Pensare queste cose non è giusto.
Ok, respira Swan, respira.
Regina è forte, sa fare le proprie scelte, sa difendersi.
Ma era tutto sbagliato, Emma lo sentiva.
Sentiva che doveva trovarla, doveva vederla, doveva saperla al sicuro.
Concentrandosi, richiamò la propria magia e cominciò a ripetere incessantemente il nome di Regina, a ripensare alla sensazione della sua mano stretta nella propria, a disegnare con la mente quegli inconfondibili occhi sempre così colmi di emozioni.
A riempire il proprio cuore con la folle speranza che tutto quello sarebbe stato abbastanza per ricongiungerle.
E quando una nuvola di fumo bianco le apparve davanti, Regina che finiva in ginocchio e il sangue che le sgorgava copioso dal collo, Emma pregò con tutta se stessa di non essere arrivata troppo tardi.
  
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