Serie TV > NCIS
Ricorda la storia  |      
Autore: RobyLupin    10/06/2009    11 recensioni
[Tiva]
“Agente David, ti sei ubriacata?”
Lei lo guardò stupita.
“Ub-Ubriacata?” sbuffò, picchiando una mano sul tavolo. “Certo che no. Come ti viene in mente una cosa del genere?” scosse con forza la testa. “Io sono perfettamente sobr-sobb- …”
Tony alzò un sopracciglio.
“Sobria… ?”
“Sì!” confermò; batté le mani, contenta che avesse colto il concetto così facilmente e tutto da solo.

Prima classificata nella sezione film delle Olimpiadi indette tra Writers Arena e Collection of Starlights
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autore: RobyLupin (o ^Nihal88^)

Titolo: Drunk

Fandom: NCIS

Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David

Avvertimenti: Nessuno

Note: A fondo storia.

Disclaimer: So di darvi uno shock tremendo, ma devo purtroppo informarvi che NCIS non è di mia proprietà, ma di Donald P. Bellisario, CBS e combriccola. Anche perché diciamocelo: se fosse mio di certo non sarei qui a scrivere una fan fiction, ma ai tropici a spassarmela con i guadagni. Possibilmente insieme a Micheal Weatherly.

 

 

 

 

Drunk

 

Gli dei esaudiscono le preghiere del cuore e non quelle della bocca.

(Proverbio cinese)

 

 

Tony DiNozzo non era mai stato un pantofolaio. Amava uscire, entrare in un pub e, magari, mettere in moto il suo fascino italiano per conquistare qualche bella ragazza; metodo non particolarmente originale, forse, ma che funzionava. Sempre.

Dopo la storia di Jeanne, però, le cose erano cambiate: usciva meno, quasi mai in cerca di qualche avventura e, solitamente, col Pivello o con qualche altro collega. Quando ci ragionava sopra, non poteva fare a meno di pensare che fosse quella la vera fregatura dell'innamorarsi sul serio: quando poi finiva, ti sentivi uno schifo.

Quella era, per l'appunto, una di quelle sere scialbe che caratterizzavano la sua vita da qualche mese a quella parte: ennesima visione di ‘Agente 007 - Dalla Russia con Amore' seguita a ruota da ‘Missione Goldfinger'.

"Elettrizzante. Davvero elettrizzante." Pensò ironicamente, prendendo una confezione di pop-corn e avvicinandosi al microonde. Aprì lo sportello, la mise all'interno dell'elettrodomestico e, una volta regolato il timer, si appoggiò al tavolo ad aspettare che fossero pronti.

Si guardò attorno nella sua cucina, segnandosi mentalmente di dare una pulita ai mobili quando ne avrebbe avuto il tempo. Ad un certo punto, l'occhio gli cadde sul proprio riflesso nel vetro della finestra. Fissò la sua copia negli occhi per qualche secondo, accigliandosi. Qualcosa non andava. Si avvicinò rapidamente, studiandola con attenzione. Sì, c'era decisamente qualcosa che non tornava, ma non avrebbe saputo dire esattamente cosa. All'improvviso, l'illuminazione: quello non era lui. Non poteva esserlo: Tony DiNozzo non sarebbe mai rimasto in casa la sera prima del suo giorno libero; sarebbe uscito a divertirsi. Tony DiNozzo non si sarebbe mai depresso per una donna. Mai. Decisamente.

Si diede una spianta all'indietro, spegnendo senza tanti complimenti il microonde, quindi prese la giacca e uscì, deciso.

Era l'ora per il vecchio Tony di tornare.

 

Quando il vecchio Tony entrò nel pub, il suo primo istinto fu di girare i tacchi e tornarsene a casa: rimandare di un paio di giorni il suo rientro in scena non era poi una cattiva idea, no? In fondo, James Bond lo stava attendendo, e non era carino far aspettare qualcuno che aveva la licenza di uccidere.

Fece un passo indietro, sistemandosi la giacca, quando vide qualcosa che lo bloccò. Sorrise inconsciamente mentre riconosceva l'avventore del locale in fondo alla stanza: era di spalle, certo, ma non c'erano dubbi sulla sua identità. Decise più o meno in quel momento che, forse, la serata era ancora salvabile. Si tolse la giacca, attraversando il locale fino al suo obiettivo; le diede un leggero scappellotto sulla nuca prima di sedersi di fronte a lei, sorridendo strafottente.

"Buonasera, Ziva."

Lei, che sembrava decisamente confusa da quello che era successo, lo guardò incerta per qualche secondo, massaggiandosi il punto leso. Alla fine, parve riconoscerlo.

"Buonasera, Tony!" esclamò, entusiasta. Tony storse il naso, notando la sua voce leggermente strascicata e i bicchieri vuoti davanti a lei.

"Agente David, ti sei ubriacata?"

Lei lo guardò stupita.

"Ub-Ubriacata?" sbuffò, picchiando una mano sul tavolo. "Certo che no. Come ti viene in mente una cosa del genere?" scosse con forza la testa. "Io sono perfettamente sobr-sobb- ..."

Tony alzò un sopracciglio.

"Sobria... ?"

"Sì!" confermò; batté le mani, contenta che avesse colto il concetto così facilmente e tutto da solo.

Tony alzò gli occhi al cielo: forse, aveva parlato troppo presto di serata salvabile. Prese in mano uno dei bicchieri, lo annusò e quindi si ritrasse, storcendo il naso.

"Da quando bevi vodka?"

Lei fece un gesto vago con la mano. Tony storse di nuovo il naso, contando i bicchieri in mezzo a loro.

"Sai, Ziva, bevi parecchio per essere un agente del Mossad addestrato a non abbassare mai la guardia."

Lei ridacchiò.

"Ma io sto in guardia, Tony," ribatté, convinta. "Non mi sfugge nulla!"

"Ah-ah. Nulla, eh?"

"Esatto! Nulla di nulla!"

Alzò il braccio con una foga che la sbilanciò appena, facendo segno al barman di portarle un altro bicchiere. Tony alzò anche l'altro sopracciglio.

"Non ti sembra il caso di smetterla, per stasera?"

Lei sbuffò e lo fissò con sguardo vacuo.

"Nah."

"Io dico di sì, invece." Ribatté lui, mentre la cameriera posava l'ordine davanti alla collega. "Il conto, per favore."

"Ahhh, Tony, smettila!" Ziva alzò un braccio e afferrò il polso della cameriera, bloccandola. Quella la fissò a metà tra lo scioccato e il confuso, mentre la donna sembrava cercare le parole giuste da dire. "Un altro bicchiere, prego." Biascicò, infine.

La cameriera guardò alternativamente tra di loro, senza sapere cosa fare. Tony le fece un cenno discreto con il capo, confermandole il conto, e lei annuì, andandosene in fretta verso il bancone. A quel punto, Tony si voltò di nuovo verso Ziva, che fissava con interesse il fondo del bicchiere che aveva appena svuotato.

"Da quant'è che sei qui, esattamente?" le chiese, più per tenerla impegnata che per altro.

Lei non distolse gli occhi.

"Mmmh... Da un po'."

Tony ridacchiò.

"Da parecchio, suppongo, per ridurti in questo modo."

Ziva assottigliò gli occhi e gli puntò un dito al petto, dondolando leggermente.

"Mi ascolti bene agente DiNozzo: io sto benissimo. Sono in formis-formissima," inciampò sulla parola, quindi si morse il labbro e scosse la testa.

"Già, ho notato."

"Oh, non voglio prediche da te, Tony," sbuffò lei, contrariata. "Sono affari miei se bevo come un turco."

"Quello è fumare, Ziva. Fumare come un turco, non bere." Rise.

"Quello che è!" ribatté, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia. "Fatto sta che stasera si beve." Lo fissò negli occhi con inaspettata serietà, come se lo stesse valutando. Improvvisamente, Tony iniziò ad avere paura. "Tu cosa prendi?"

"Come?"

"Cosa prendi?" ripeté, sbuffando. "Stasera offro io, Tony." E batté una mano sul tavolo, come a voler confermare le sue parole. Lui la fissò, lievemente preoccupato: ci mancava solo che anche lui si sbronzasse, al momento.

"No, grazie. Al momento sto a posto. Magari un brandy più tardi, ma per ora nulla." Aggiunse alla sua occhiata truce. Ziva alzò le spalle.

"Mi sembri proprio McGee in questo momento." Lo sfotté.

Tony aggrottò la fronte: anche da sbronza non perdeva occasione di canzonarlo, a quanto pareva. Certo che, paragonarlo a McGee... questo era un colpo basso, diavolo!

"Ritira."

Lei schioccò la lingua, ironica. Tony le puntò un dito contro.

"Tu..." si morse il labbro. Non. Doveva. Farsi. Fregare. Non da Ziva ubriaca. Doveva fare la persona razionale e responsabile per una volta, dato che al momento era l'unico tra i due a poterlo fare.

"Pi-vel-lo." Sillabò lei, ghignando.

"Cameriera!" chiamò Tony, schioccando le dita. "Una vodka. Liscia. Subito!"

...

Dannazione!

 

Tony scese dall'auto e fece velocemente il giro del veicolo fino al posto del passeggero.

"Forza, Ziva. Siamo a casa." Disse, aprendo la portiera e slacciandole la cintura di sicurezza. "Si va a letto, ora."

Si massaggiò la testa, considerandosi fortunato a possedere abbastanza materia grigia funzionante da aver poi evitato di cascare veramente nel trucco psicologico di una spia ubriaca. Aveva pagato il conto di Ziva e, in un modo o nell'altro, era riuscito a trascinarla via.

"Avevi detto che mi avresti portata in pub carino!" commentò acidamente lei dopo aver visto  dov'erano. D'accordo, forse le bugie non erano politicamente corrette, ma di certo funzionavano sempre.

"Un'altra volta magari."

Ziva mugugnò qualcosa d'incomprensibile, quindi schioccò la lingua e tentò di spingerlo via.

"Ahh, ho capito che hai in mente, stupido mani-maniaco! Ma la mia risposta è no! Scordatelo!"

Tony si allontanò appena, alzando un sopracciglio.

"Come?"

Lei gli puntò l'indice contro il petto.

"So cosa hai in mente, Tony DiNozzo," annunciò, teatralmente.

"Bene, sono contento che tu lo sappia," rispose lui, guardingo. "Ora ti spiace uscire dalla mia macchina, così che ti possa accompagnare dentro?"

Lei scosse la testa, decisa.

"Non farò sesso con te, Tony!" Tentò di spostarlo e fece per uscire.

"Cosa?!"

"Sono leggermente brilla, forse," continuò lei, ignorandolo. "Ma non credere di poterti approfittare di me, DiNozzo! Sono addestrata per ucc-uccidere, sai?" alzò il mignolo. "Potrei farlo con questo dito, se lo voles-volessi."

"Oh, scusa tanto se mi preoccupo per te, MacGyver!" sbottò, contrariato: d'accordo le prese in giro, ma qui si stava sfociando nell'offensivo.

Ziva lo ignorò; cercò di nuovo di scansarlo, e stavolta lui la lasciò fare.

"Fai come ti pare, David!" le urlò dietro, mentre lei iniziava a risalire il prato, barcollante. La fissò qualche secondo, poi sbatté la portiera e si diresse verso il posto di guida. "Cosa da pazzi! Come se io mi approfittassi tutti i giorni delle ubriache. Sono un gentiluomo, io, e che diavolo! Ingrata..." aprì violentemente la portiera, quindi si bloccò e alzò lo sguardo verso il punto in cui stava la collega, gli occhi assottigliati per la rabbia. Ziva era col sedere a terra in mezzo al giardino e batteva furiosamente la mano sull'erba.

"Al diavolo, Tony," pensò. "Che se la cavi da sola. Sei stato fin troppo paziente con lei, stasera."

Fece per salire in macchina, quindi si bloccò. Lanciò un'altra occhiata a Ziva, che imprecava ad alta voce in israeliano. Scosse la testa e sbuffò.

"Dannazione!" Borbottò tra i denti, chiudendo la portiera con un colpo secco e facendo di nuovo il giro della macchina. "Sono troppo cavaliere, ecco la verità."

Raggiunse la donna e, ignorando i suoi deboli tentativi di opporre resistenza, le passò un braccio sotto le spalle per sostenerla e la trascinò verso la casa.

"Le chiavi, Ziva."

La risposta fu un mugugno soffocato e un'altra imprecazione, stavolta in francese. O, almeno, quello che credeva fosse francese; non era mai stato particolarmente portato per le lingue, dopotutto.

Sbuffò, quindi le frugò senza troppi complimenti nelle tasche del cappotto. Ci mise pochi secondi a trovare quello che cercava: infilò le chiavi nella toppa e aprì, accendendo la luce.

"Ora ti lascio andare un attimo," le disse, chiudendo la porta dietro di loro e lasciando che poggiasse la schiena al muro. "Vado a prenderti qualcosa da bere e da mangiare. Tu aspettami qui, d'accordo, Ziva?" la donna mugugnò qualcosa d'incomprensibile, e Tony sospirò. "Giusto, sei sbronza. Non andresti comunque lontano." Gettò un'occhiata alla collega, quindi alla porta, poi di nuovo a lei. Allora infilò di nuovo le chiavi nella toppa, chiuse a doppia mandata e se le infilò in tasca. "Per sicurezza." Spiegò, più a se stesso che a lei.

Raggiunse velocemente la cucina, rimediando in fretta un bicchiere d'acqua e un pacchetto di cracker, quindi si diresse di nuovo verso l'ingresso. Si bloccò però sulla soglia, sbuffando: Ziva era seduta scompostamente per terra e si teneva la testa tra le mani, borbottando qualcosa d'incomprensibile e cercando, senza riuscirci, di soffocare i singhiozzi. Alzò gli occhi al cielo: ci mancava solo la sbornia triste, per completare la serata.

Si avvicinò lentamente, la osservò ancora qualche secondo, quindi s'inginocchiò accanto a lei; poggiò per terra acqua e cracker e le prese le braccia, allontanandole dal viso per poterla guardare. Lei, però, chinò il capo e chiuse gli occhi per evitare il suo sguardo.

"Che succede?"

Lei scosse la testa.

"Ziva... ?"

"Lasciami stare." Mugugnò.

"Se mi dici che ti è successo all'improvviso lo farò, promesso."

Lei rimase zitta qualche secondo, come valutando la proposta, quindi disse:

"Mi sono ubriacata."

Tony dovette trattenersi per non scoppiare a ridere.

"Questo era chiaro a tutti, Ziva."

Lei sbuffò e alzò la testa; gli occhi erano umidi.

"Io non mi ubriaco mai, Tony! Non perdo il controllo! Mi hanno addestrata per questo!" Spiegò, accorata. Tony pensò che, se non fosse stata completamente ubriaca e sull'orlo di una crisi isterica, sarebbe anche potuta essere definita tenera. Per quanto Ziva potesse esserlo, ovviamente. Scosse la testa per liberarsi da quel pensiero molesto.

"Beh, può capitare," tentò di consolarla. Inutilmente: le sue parole ebbero solo il potere di farla aggrappare di slancio al suo collo, mentre scoppiava definitivamente a piangere.

"Tali si vergognerebbe di avere una sorella come me!"

Tony si accigliò.

"Non dire idiozie, Ziva."

"È così!" insistette. "Si vergognerebbe di una sorella che si ubriaca nel giorno della sua morte, ne sono certa!" E continuò a singhiozzare.

Tony alzò meccanicamente una mano e iniziò ad accarezzarle la testa, senza avere idea di cosa dovesse fare a quel punto: se c'era di mezzo Tali, la questione cambiava.

Sapeva ben poco della sorellina di Ziva, a dire il vero. Gli accenni che aveva fatto da quando si conoscevano erano stati minimi e poco approfonditi; tutto quello che sapeva, in effetti, era che Tali era morta in un attentato kamikaze quando era giovane, e che Ziva le era molto legata. Non che la collega avesse esplicitamente parlato dell'affetto che la legava alla sorellina, sia chiaro: nel caso, Tony avrebbe probabilmente pensato che fosse stata rapita dagli alieni. Semplicemente, quando gliene aveva accennato, Ziva aveva un'espressione che non si poteva fraintendere. E se quel giorno era particolarmente legato alla morte della sorellina, Tony non si stupiva che si fosse data all'alcool per sostenersi. Lo preoccupava, forse, ma non lo stupiva. Ziva era indubbiamente forte, ma il fatto che si tenesse sempre tutto dentro e non parlasse mai di quello che provava non le rendeva le cose più facili.  

"Inciampare ogni tanto capita, Ziva. L'importante è rimettersi in piedi dopo." Si sentiva incredibilmente banale al momento, ma era vero quello che aveva detto, no?

"Ma che stai dicendo?" borbottò lei, allontanandosi e aggrottando la fronte; Tony sospirò: cielo, odiava l'effetto che l'alcool aveva sui neuroni della gente.

"Niente, Ziva. Niente." Disse quindi, sospirando di nuovo. "Stavo solo cercando di usare qualche frase ad effetto per consolarti, ma vedo che non sei disposta a collaborare, stasera." Scherzò. Inaspettatamente, lei ridacchiò e Tony sorrise senza rendersene conto.

"Tu sei tutto matto." E scosse la testa.

"Felice che te ne sia accorta. Ora conto che te ne dimenticherai domattina appena sveglia, come nella migliore tradizione delle sbornie."

Di nuovo quell'espressione crucciata sul suo volto che Tony stava seriamente iniziando ad odiare.

"Sono un disastro. Bere troppo per dimenticare non è da me. Da te, forse, ma non da me."

"Sceglierò di ignorare l'ultima frase." Bofonchiò; Ziva ridacchiò di nuovo. "Soprattutto perché, probabilmente, è vera." Di nuovo. A Tony sfuggì un sorriso divertito. "Ma, a costo di sembrare un vecchio saggio, ripeto: capita a tutti di sbagliare, Ziva. Non devi scoraggiarti per questo. E, se può consolarti, ho idea che il mal di testa che avrai domani mattina sarà un buon monito per la prossima volta che ti troverai davanti a della vodka."

"Mi sembri Gibbs in questo momento."

"Gibbs ti avrebbe preso a scappellotti."

"Vero." Scoppiò a ridere di nuovo, e Tony la lasciò fare. Dopo qualche secondo, si fermò e lo guardò seriamente. "Quindi credi che Tali non ce l'abbia con me?"

"Nah," rispose. "Al massimo, ovunque sia al momento, si starà facendo quattro risate alle tue spalle."

Gli diede uno scappellotto che le fece perdere l'equilibrio, e Tony dovette sostenerla di nuovo per evitare che crollasse sul pavimento.

"Ora, però, temo sia il caso di andare a nanna, Ziva. Prima ti addormenterai, prima ti sveglierai desiderando che mettano fine alle tue sofferenze con una pallottola in fronte."

"Mmh-mh."

Tony decise di interpretarlo come un ‘sì', quindi l'aiutò a sollevarsi. Evitando che investisse e rovesciasse il bicchiere sul pavimento, l'aiutò ad arrivare in camera da letto. Andando tentoni riuscì a trovare l'interruttore della luce, quindi fece poggiare Ziva alla parete.

"Vado a prenderti l'acqua che ho lasciato nell'altra stanza. Ferma qui, ok?"

Lei mugugnò qualcosa in assenso, e Tony corse velocemente verso l'ingresso. Ci mise pochi minuti ma, quanto tornò, si bloccò istintivamente sulla soglia: Ziva non c'era più; i suoi vestiti, invece, sì.

Contro ogni buonsenso, scavalcò le scarpe sulla soglia e fece qualche passo all'interno della stanza. Poggiò il bicchiere sul comodino, quindi si chinò a prendere la maglietta che la donna aveva lanciato sul letto. Dall'altra parte della stanza, erano chiaramente visibili i suoi pantaloni.

Stava ancora decidendo sul da farsi, quando la porta secondaria della camera - che, scoprì così, dava sul bagno - si aprì, lasciando uscire Ziva. Tony non seppe se dirsi sollevato o deluso quando notò che indossava almeno una canottiera sulla biancheria. Quando se ne rese conto, si diede dell'idiota.

Tossicchiò per richiamare l'attenzione della collega, che parve accorgersi solo in quel momento della sua presenza.

"Allora, se tu sei a posto, io andrei." Sì, era decisamente meglio che se la svignasse, dati gli ultimi sviluppi della faccenda.

Ziva lo fissò assorta per qualche secondo, quindi fece qualche passo verso di lui. Tony arretrò istintivamente di un passo quando lei gli sfiorò la guancia con la mano.

Errore.

Il letto dietro di lui lo tradì, e Tony si ritrovò a cadere all'indietro. Afferrò istintivamente il braccio di Ziva, trascinandola sul materasso con sé. Riaprendo gli occhi dopo la caduta, sobbalzò nel ritrovarsi quelli annebbiati di Ziva a pochi centimetri dalla sua faccia.

"Sai Tony," biascicò, sorridendo. "Sei proprio un bravo ragazzo." E gli sprimacciò una guancia con la mano. Tony non seppe se spaventarsi o scoppiare a ridere per l'assurdità della situazione.

"Grazie del complimento, Ziva. Ora, se ti spostassi, io me ne andrei. Credo tu te la possa cavare da sola, d'ora in poi."

Lei parve rifletterci attentamente.

"Nah." Annunciò infine, accoccolandosi meglio su di lui.

Tony iniziò a sudare freddo.

"Sul serio, Ziva. Spostati."

Ma quella non rispose, né si mosse in alcun modo. Tentò allora di levarsela di dosso, ma per tutta risposta lei lo arpionò con le braccia.

"Ti ho detto di no, Tony. Sei comodo." Ribadì, fregando il naso sul suo torace.

Tony sospirò pesantemente, quindi ritentò di spostarla con le sue forze, ma non riuscì a smuoverla di un millimetro: era dannatamente peggio di un koala, al momento.

"Andiamo, Ziva, levati." La pregò di nuovo; la sua risposta fu un lieve russare.

"Dannazione!" pensò, rendendosi conto che si era addormentata di colpo. Maledette sbornie! E ora?

Sbuffando, afferrò un cuscino e se lo sistemò sotto la testa. E ora avrebbe aspettato che si svegliasse, per forza. Si passò una mano sulla faccia.

"Su, forza Tony, sorridi... Domani sarà peggio."

Pregò solo di riuscire ad essere più veloce delle pallottole che gli avrebbe certamente sparato addosso quando si sarebbe ritrovata mezza nuda e senza memoria addosso a lui. O, almeno, che fosse una morte veloce.

 

"Edoné! Cosa stai facendo?"

La ragazzina sobbalzò, voltandosi di scatto ed assumendo un'aria più innocente possibile. Sua madre la fissava dalla soglia, le mani sui fianchi e l'espressione battagliera. Edoné si ritrovò istantaneamente a cercare una scusa plausibile alla sua presenza nella stanza privata del padre.

"Io..."

"Quante volte ti abbiamo detto che la Polla delle Dimensioni non è un giocattolo?"

Edoné abbassò lo sguardo con aria colpevole.

"Ma non stavo facendo nulla! Guardavo solo, giuro!" Tentò debolmente di difendersi. Psiche alzò un sopracciglio, truce. Attraversò velocemente la stanza fino alla figlia, quindi la scostò e guardò nella Polla, dove l'immagine di Tony e Ziva sul letto era ancora presente. Allora si voltò di nuovo ad affrontarla, la fronte aggrottata.

"Nulla, eh?" Edoné evitò accuratamente di incontrare lo sguardo accusatorio della madre. "E questo come lo chiami?"

La ragazzina sbirciò la scena con la coda dell'occhio: l'uomo ormai si era addormentato a sua volta, e lei non poté evitare di sorridere, soddisfatta dal lavoro svolto.

"Allora?"

La voce della madre la riportò alla realtà. Edoné alzò appena gli occhi, timorosa.

"La mia buona azione quotidiana?" tentò; Psiche sbuffò.

"Ti abbiamo detto mille volte che non devi farlo. La Pozza non è un giocattolo," ripeté. "Interferire nelle vite dei mortali, se non sai come fare, provoca solo disastri. Devo forse ricordarti cosa accadde quando t'intromettesti nell'amore di quei due giovani di Verona? Tuo padre aveva lavorato a lungo perché andasse tutto bene, invece che è successo? Suicidati entrambi senza tanti complimenti, e due famiglie estinte in un colpo solo per mancanza di discendenti!"

"Sì, ma..."

"Cosa?"

"Ma stavolta non ho fatto nulla di male!" si difese Edoné con foga. "Volevo solo aiutare papà!" Raccolse da terra il libro che stava leggendo fino a qualche ora prima e lo mostrò alla madre. "In questo libro c'è un mortale che parla della teoria dell'inconscio - o come si dice, e..."

Psiche alzò gli occhi al cielo: diamine, Freud no! Ci mancava solo che la figlia iniziasse a leggere le teorie di quel mortale matto, ora! Per la prima volta in millenni, maledì il fatto di trovarsi in una dimensione senza tempo e spazio, in cui le varie epoche del mondo mortale erano raggiungibili col solo pensiero.

"... In pratica parla dei desideri che i mortali non ammettono di provare, di come si manifestino nei sogni... Di come rimangano inconsci, insomma. E quei mortali ne erano l'esempio lampante!" stava intanto continuando a dire Edoné. Guardò la madre con una luce eccitata negli occhi. "Insomma, sono secoli che osservo quei due," indicò la Polla. "Ed entrambi volevano stare insieme! Il loro cuore era chiaro al riguardo, ma sono così testardi... non lo ammettevano nemmeno con loro stessi! Loro volevano uscire insieme, dormire insieme, svegliarsi la mattina con l'altro di fianco... Io ho solo fatto in modo che potessero farlo davvero!"

Iniziò a raccontare cosa fosse successo durante quella sera tra i due umani, accompagnando la narrazione con ampi gesti delle braccia per aumentare l'enfasi. Psiche ascoltò rassegnata e, quando la figlia ebbe finito, si limitò a sospirare pesantemente: come spiegare ad una ragazzina che non era esattamente questo che quei due intendevano?

Si passò una mano sul viso, quindi gettò un'occhiata ai due mortali che dormivano e spostò gli occhi sulla figlia.

"Prega il tuo bisnonno che il lavoro che tuo padre dedica loro da tre anni umani non vada sprecato dopo questa tua trovata," le disse, spingendola fuori dalla stanza. "Se lei dovesse sparargli, domani mattina, credo che Eros ti punirebbe sul serio, stavolta. Potresti dire addio definitivamente alle gite nei boschi con zia Artemide, se dovesse ripetersi la storia di Verona."

"Ma io li ho aiutati!" protestò Edoné: possibile che non capisse un concetto tanto semplice?

"Certo, amore. Ciò non toglie che quel povero ragazzo rischia di non vedere un'altra mattina." E la spinse fuori dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. Sperò che la pistola da cui la mortale non si separava mai fosse scarica, quella notte.

 

 

 

 

 

Note: Poche cose, giuro XD

Iniziamo da Ziva: so che risulta un po'... teatrale, diciamo, ma vorrei sottolineare che è ubriaca, e gli ubriachi sono teatrali. xD

Poi, Edoné e Psiche sono personaggi mitologici greci che io ho solo rivisitato. Se siete a digiuno sull'argomento, andate a questi indirizzi per saperne di più su di loro:

 Personaggio di Psiche

Personaggio di Edoné -di cui ho tenuto il nome greco, ovviamente-

Leggenda di Eros e Psiche

Il bisnonno è invece Zeus, ovviamente. La Polla delle Dimensioni e la dimensione senza tempo e spazio in cui gli dei vivono sono invece una mia totale invenzione.

Le citazioni utilizzate nella storia (come indicato dal bando) sono le seguenti:

-          "Elettrizzante. Davvero elettrizzante." (James Bond in "Agente 007 - Missione Goldfinger")

-          "Magari un brandy, più tardi" (Frau Blucker in "Frankenstein Junior")

-          "Sorridi.... Domani sarà peggio." (dal libro "Le leggi di Murphy", di Arthur Bloch)

Infine, il proverbio cinese su cui mi sono basata è ovviamente quello riportato a inizio fiction.

Grazie mille ai giudici e complimenti anche alle altre partecipanti. ^^ Spero di leggere presto le loro storie. ^^

Grazie in anticipo anche a chi leggerà commenterà ‘ste mio primo tentativo di Tiva. XD Spero di tornare presto a scrivere di ‘sti due. Mi fanno morire, sinceramente. X°°D

Besos^^

  
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: RobyLupin