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Autore: Darkparadise    20/05/2017    0 recensioni
È la storia di una ragazza con un brutto passato che la perseguita attraverso i suoi incubi. Lei cerca di scappare da esso e al tempo stesso di ritrovare se stessa, ma per farlo dovrà scoprire la verità che si cela nel suo passato.
Descrizione cortissima, I know, but se mi darete del tempo ne scriverò una migliore
Genere: Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Andai ai binari abbandonati e una volta seduta lì aprii il mio diario per leggere tutto quello che avevo scoperto e scritto. Non era facile ciò che stavo facendo, ancora di meno per trovare informazioni; erano passati tanti anni, forse troppi, ma io avevo bisogno di sapere.
 
 
07/04/2015
 
Sono passati quattro anni da quando papà è morto, tre anni da quando mamma ha abbandonato me e Chad a casa di una nostra lontana prozia, ma soprattutto sono due anni che Chad se ne è andato via. Non è mai stata perfetta la nostra vita, litigavo spesso con papà e mamma mi difendeva sempre, Chad era il figlio perfetto per questo non andavamo molto d’accordo. Mamma aveva già deciso da anni che aspettava la nostra maggiore età prima di lasciare papà, non so perché ma ha deciso di farlo prima. Lui non è riuscito a sopportare questa scelta e giovedì sette aprile 2011 a mezzogiorno preciso si è sparato un colpo in testa, non provo dolore per questo suo gesto e non ci ho mai sofferto; non gli volevo davvero bene, non lo sopportavo e avevo molta paura di lui. Al tempo avevo 13 anni e non capii davvero cosa successe, per me papà era come se se ne fosse già andato; non lo vedevo né sentivo mai, era una presenza fantasma. Mamma, nonostante avesse chiesto il divorzio, piangeva tanto e non riuscivo a concepirne il motivo. Un anno esatto dopo ha lasciato me e Chad dalla lontana prozia Olga, una signora di sessantacinque anni che non aveva mai avuto marito o figli. Non fu molto felice all’inizio di trovarci sulla sua porta, alla fine però si affezionò molto a noi, tanto che ancora adesso è triste a causa dell’abbandono di mio fratello. Io non sento la loro mancanza, di nessuno di loro, mi hanno sempre tradita. Mamma sapeva qualcosa di segreto su papà ed è per questo che chiese il divorzio prima dei suoi programmi, Chad ne fu informato dopo la sua morte e io no. Io non fui mai informata, l’unico motivo per cui ho queste informazioni sono la lettera lasciata da mamma per me che avrei dovuto ricevere ai miei ventuno anni, ma che per sbaglio ho trovato molti anni in anticipo, e la lettera che Chad lasciò alla prozia dicendole come mai ci avrebbe abbandonate. Erano lettere che non avrei dovuto leggere, o meglio non ora. In quella di mamma non viene rivelato quel segreto che ha portato alla distruzione della mia famiglia, mi dice solo che sono l’unica che merita delle risposte, la sola che ha il diritto di cercarle. Questo non lo capisco, non lo concepisco. Perché solo io merito delle risposte? Come mai sono l’unica che può cercarle? Infondo siamo due figli non uno, ma soprattutto cosa sa mamma e cosa sa Chad da averli allontanati da me in questo modo?
Vorrei essere una normale diciassettenne, senza segreti da rivelare e senza risposte da inseguire.
 
Non so perché rileggevo sempre tutto da capo, ne avevo bisogno a livello emotivo; dovevo sempre ricordarmi chi ero, da dove venivo, ma soprattutto perché facevo tutto ciò. C’erano volte che avrei lasciato perdere, ci avevo tentato ma poi non arrivavo da nessuna parte, anzi peggioravo. Avevo passato gli ultimi tre anni pensando solo ad un modo per andarmene dal paesino in cui vivevo con la prozia Olga, tutti ci avevano sempre guardato malissimo, a me e Chad, eravamo gli strambi fratelli abbandonati dai genitori, anche se in due modi diversi. Eravamo gli ultimi arrivati, gli sconosciuti con un passato che non si conformava alle solite famiglie e questo fece sì che io mi chiudessi sempre di più in me stessa. Chad era riuscito ad ambientarsi, era entrato nella squadra di atletica ed essendo bravo ebbe un posto di rilevanza anche a livello di popolarità seppur leggermente emarginato; io ero la sua sorellina con problemi di socializzazione, un carattere difficile e uno sguardo vuoto, assente. Non ero mai andata a genio a nessuno dei miei coetanei, non avevo amici e non desideravo averne. Andavo avanti solo pensando a come fuggire, da tutto e tutti, da me stessa in primis. Mi avevano etichettata come lo zombie, il fantasma e nomi del genere. Il mio tempo libero lo passavo in camera mia, se pioveva, oppure in qualche posto disperso e lontano da tutti, nelle poche giornate di sole che ci concedeva il clima. L’unica che mi avesse sempre seguita era la mia mente, poi il mio diario quando Chad se ne andò, ma in particolare dalla scoperta di quelle due lettere. Le avevo rubate alla prozia Olga e me ne ero andata, avevo finito la scuola e lì non c’era più posto per me, almeno non per quello che volevo perché alla fine avevo trovato un obbiettivo, qualcosa da fare. Non pensavo sarebbe stata così ardua, all’inizio vivevo a stento coi pochi soldi guadagnati dalle paghette e vivevo in squallidi bed & breakfast alla ricerca costante di un lavoro. Nel tempo che mi rimaneva cercavo informazioni utili al mio scopo, poi ero approdata qui, alla mia città natale. Non dei miei, ma la mia. Ero in cerca di una casa stabile e di un lavoro, fu così che incontrai Simone. Non lo vedevo da anni ormai, da prima della catastrofe e feci fatica a riconoscerlo; al contrario, lui, non ebbe dubbi sul fatto che io ero davvero io. “Becka! Mio dio quanto tempo che non ti vedo, ma dove eri sparita? Stai bene? Avresti per lo meno potuto farti sentire o avvertirmi del tuo trasferimento, non sai quanto sono stato in ansia all’inizio. Eri come scomparsa nel nulla, poi fortunatamente tua madre ha avvertito la scuola, quindi anche me, che ve ne eravate andati via per lasciare tutto alle spalle e ricominciare. Come sta tua madre e tuo fratello?” . Fu così che si approcciò a me nel suo bar, che manco sapevo ne avesse uno, ma dopo tutto quel tempo sarebbe stato difficile. Non risposi a quasi nessuna delle sue domande, gli dissi solo ciò che mi serviva senza dargli alcuna spiegazione. Cominciai a lavorare per lui e vivere da lui, il mio migliore amico, o almeno lo era prima. Non faceva domande e questo lo apprezzavo, ma cercava sempre di ritrovare in me la persona che ero; purtroppo era morta, la ragazzina che conosceva non c’era più, aveva dovuto lasciare il posto a un involucro vuoto e pieno di punti interrogativi.
Se in partenza avevo trovato informazioni facili, da quando ero tornata dove tutto aveva avuto inizio, per me, era difficile trovare anche solo uno stralcio di quello che mi serviva. Sapevo troppo poco sulla mia famiglia, su mio padre. C’erano poche informazioni persino in città e quindi per me la situazione era ardua, non potevo arrendermi. Come mi era stato detto ero l’unica a poter cercare, però nessuno voleva aiutarmi.
 
 
09/04/2015
 
Sono andata via dalla casa della prozia Olga, ho preso i miei risparmi e mi sono messa sulle tracce di mia mamma. Sapevo da quello che mi è sempre stato raccontato che era originaria di una cittadina lì vicino, per quello mi ci sono diretta. Purtroppo non sanno molto, conoscono molto bene il suo passato ma da quanto se ne andò pare che sia tornata qui solo una volta tre anni fa. Dicono si sia fermata per una settimana circa prima di ripartire per il sud. Non è chissà che cosa, considerando che potrebbe essersi poi fermata ovunque e che dopo tutti questi anni anche se mostrassi una sua foto nessuno se la ricorderebbe. Però tentar non nuoce, massimo arrivo ad un buco nell’acqua.
Aveva un passato molto interessante in compenso, ho iniziato a conoscere meglio la donna che è diventata mia madre, forse così potrei capire meglio anche il suo modo di ragionare. Si, è un’utopia ma chissà magari qui trovo qualcosa che le apparteneva come un diario o qualcosa del genere e potrò per lo meno leggere i suoi pensieri da adolescente. La cosa che mi lascia perplessa è che non ci abbia mai portato in questo posto, ci ha sempre detto che i suoi genitori erano morti quando era piccola. La sua vita consisteva in bugie ben architettate, spero che per lo meno il suo cognome da nubile sia vero. Potrei anche avere una chance di trovare i miei nonni, vedere qualcosa del suo passato insieme ad avere informazioni migliori e più attendibili.
 
Interruppi la mia lettura siccome con la coda dell’occhio vidi una figura. Era un ragazzo con un cappuccio a coprirgli il volto e camminava verso la mia direzione, presi paura e raccolsi tutte le mie cose per andarmene il prima possibile. Per mia sfortuna alzandomi andai a sbattere contro l’incappucciato che alzò il viso e riuscii a scorgere i suoi occhi color pece, mi ci persi dentro per quanto erano profondi.
“Scusami avrei dovuto guardare dove stavo andando, ti sei fatta male?” non presi la briga di rispondergli e finendo di sistemarmi mi scostai andandomene. Più mi allontanavo più sentivo i suoi occhi che mi seguivano, di sicuro si starà chiedendo che problemi ho. Penserà che sono una stramba, forse anche pazza, ma non mi importa tutti mi giudicano da sempre quindi mi scivola addosso senza problemi.
 
***
 
Quando rientrai nel loft di Simone lo trovai addormentato profondamente sulla poltrona con la testa appoggiata alla mano, aveva un pigiama davvero divertente con su degli orsetti. Trattenni a stento una risata e andai a buttarmi sul letto per dormire, non ebbi fortuna perché il microcefalo si era destato e mi saltò addosso per farmi il solletico. Per un po’ cercai di divincolarmi dalla sua tortura, poi riuscii a trovare un’apertura e spingerlo sull’altro lato del letto.
“Brutto microcefalo! Ti è per caso scappato l’ultimo neurone che ti era rimasto?” urlai fingendomi furiosa anche se in realtà ridere mi aveva fatto bene.
“Al contrario tuo io li possiedo tutti i miei neuroni, di conseguenza è impossibile che ne abbia solo uno e che per di più sia pure scappato. Con chi credi di avere a che fare, eh?” si vantò prendendo una ciocca dei miei capelli tra le sue dita affusolate e tirando leggermente a ogni parola.
“Ahia! E smettila idiota, così mi farai diventare pelata” dissi schiaffeggiando via la sua molesta mano dalla mia povera ciocca.
“Tzè, manco strappandoli come ciuffi d’erba ti si farebbe diventare pelata e hai pure il coraggio di lamentarti per una misera ciocchetta” lo allontanai ancora prima di ributtarmi a pancia in giù con la faccia spiaccicata nel cuscino, ma non voleva proprio saperne di lasciarmi in pace, anzi iniziò a muovere il letto.
“Tu non stavi dormendo?” soffocai nel cuscino la disperazione messa nella frase.
“Ero in dormiveglia, ti stavo aspettando sai? Anche se tu non vuoi io mi preoccupo per te, anzitutto perché esci nell’orario in cui tutti gli ubriaconi tornano a casa e poi perché sei femmina. So che pensi di avere una specie di missione da portare a termine in questo mondo, ciò però non ti esula dall’essere in qualche modo una persona normale che corre rischi”.
“Non mi interessa la tua morale, torna a dormire così potrò farlo anche io perché non sarai occupato a disturbare il mio riposo” e per concludere la nostra simpatica chiacchierata gli lanciai un cuscino addosso.
  
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