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Autore: mido_ri    20/05/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Mar, 16 ottobre, mattina

Entrai in classe prima del solito, tutti i banchi erano vuoti, eccetto l'ultimo.

"Ovviamente"

- Hey, Ale -

Il ragazzo mi rivolse la parola senza guardarmi in viso, era troppo concentrato a scrivere velocemente su un quaderno.

- Non hai fatto i compiti? -

- No -

- Ah, che sgarro! Dovrei dirlo alla prof...-

- Finiscila -

Sorrise mentre cancellava frettolosamente l'inchiostro con il bianchetto.

- Già vedo il titolo in copertina: Alunno modello, Riccardo Buonarotti, si astiene dal fare i compiti. Il mistero è ancora irrisolto -

Stavolta mi rivolse uno sguardo contrariato.

- Come se tu li avessi mai fatti -

- Esatto, io almeno non li ho mai fatti -

Fece una smorfia e riprese a scrivere, ma io ero troppo curioso per poter lasciare correre l'argomento senza ottenere alcuna informazione da lui.

- Allora, come mai ieri non hai studiato? Eri troppo impegnato a pedinare qualcuno? -

Riccardo mi guardò di nuovo, alzando le sopracciglia.

- Non ti stavo seguendo -

- Ah, quindi mi stai dicendo che il pomeriggio esci da solo e ti metti a fissare le vetrine? In entrambi i casi risulti uno psicopatico -

- Va bene, prima che inizi a tartassarmi con i tuoi discorsi sarcastici, sì -

- Sì  cosa? -

- Sì, ti stavo seguendo -

Abbassò lo sguardo, era un po' imbarazzato.

- Perché? -

- Non ti interessa -

- Sì, invece. È un reato stalkerare la gente -

Il suo corpo ebbe un sussulto, la punta della penna scivolò velocemente sul foglio disegnando una linea nera e tremolante.

- Scusami... è che quella ragazza non me la racconta giusta -

- In che senso? -

- Be'...ecco...non ho chissà quali motivazioni -

Le sue guance si colorarono di un rosa scuro.

"Glielo chiedo?"

Prima che il mio cervello potesse elaborare un qualsiasi tipo di riflessione, la mia bocca si aprì incoscientemente e parlò.

- Sei geloso? -

Sussultò di nuovo, stavolta la penna gli sfuggì di mano.

- N-no... è che io... sì...credo -

Il battito del mio cuore accelerò un po'.

- Oh...penso che sia normale -

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia.

- Normale? Normale?! Io non sono come te! -

- Come...che intendi? -

- Gay -

Il mio corpo parve intorpidirsi all'istante, come se qualcosa mi avesse trafitto lo stomaco inaspettatamente.

- Ma tu mi hai baciato -

Mi guardò con disappunto, stavolta alzando le sopracciglia.

- No, tu  mi hai baciato -

La freccia penetrò più in profondità.

- Non sembravi così contrariato -

- Ero felice e ti volevo ringraziare -

- Be', prego! -

Diedi un calcio a una sedia e feci per uscire fuori, ma il ragazzo mi fece voltare bruscamente verso di lui afferrando un lembo della mia maglia.

- Ascolta...cerca di metterti nei miei panni...non ho mai provato attrazione per un ragazzo. Ecco, l'ho detto... -

Lo feci allontanare con una spinta sul petto, la sua espressione era alquanto sconvolta.

- Non mi interessa, in ogni caso non dobbiamo stare insieme -

- Perché? -

- Non lo vedi? Già mi bastano le offese che ricevo dai miei stessi amici, non credo di voler sopportare anche le cose che direbbero a te -

- È solo questo il problema...? -

- No, hai ragione...io non sono normale, e neanche tu lo sei se mi stai accanto-

Riccardo mi guardava fisso, cercando di carpire qualcosa anche dalle mie espressioni facciali, ma ero ben sicuro di non averne alcuna in quel momento.

- Non sto capendo, questo discorso non ha senso! -

Si passò una mano fra i capelli e prese un respiro profondo, poi riprese la parola.

- Okay, scusami, ho iniziato io, però dobbiamo chiarire questa cosa...tu cosa provi per me? -

Sgranai gli occhi, di certo non mi aspettavo una domanda così diretta.

- Nulla, siamo solo amici -

Parve leggermente deluso dalla mia risposta, ma in fondo sapevo che si aspettava una frase del genere e sapevo anche che non ci credeva davvero.

- E allora perché mi hai baciato? Perché mi guardi sempre con quella faccia? -

- Quale faccia? -

- Come se fossi l'unica cosa che ti fa stare bene in questa grande montagna di merda -

Quelle parole mi colpirono in faccia come uno schiaffo, non per il linguaggio scurrile, ma perché erano vere.

"Sì, è questa la verità. Ci sei arrivato già da tempo, non è vero? Forse dalla prima volta che ci siamo visti"

Ma io dovevo salvare lui, prima di me stesso, e per farlo non mi restava altro che negare l'evidenza. Il fatto che si fosse arrabbiato con me era stato un gran bel colpo di fortuna.

- No, ti sbagli. Ti ho baciato perché mi andava, perché sono un frocio di merda e perché...-

Mi ritrovai con il viso umido, bagnato dalle lacrime.

"Che cazzo mi sta succedendo? Perché non riesco più a parlare?! No...no! Sono un idiota..."

- Ale...? -

Riccardo si avvicinò e prese ad accarezzarmi la schiena con una mano, stringendomi in un debole abbraccio.

- Vattene -

- Ale...so che mi stai nascondendo qualcosa, perché non parli? Scusa per prima…se ti ho fatto arrabbiare…non volevo -

- Stai zitto -

Lo spinsi di nuovo.

- Fra i due sei tu quello che spara più cazzate! Quante bugie mi hai detto finora? -

Di rimando mi guardò stranito, di nuovo.

- Che stai dicendo? Io non...-

- Non mi hai mai detto come la pensi veramente! Non mi hai mai guardato nello stesso modo per due giorni di seguito...non mi hai mai detto niente di te -

Aprì la bocca per prendere la parola, ma sovrastai la sua voce con la mia.

- No! Se devi dire altre stronzate è inutile che apri la bocca, non voglio sentirti -

- Smettila...ti stai facendo un'idea sbagliata di me...io...-

Eccola, di nuovo quell'espressione di terrore.

"Adesso chi è il pazzo? È difficile dirlo..."

- Ale...-

- Riccardo -

- S-sì...? -

- Dov'è tua madre? -

Si mosse all'indietro come se avesse ricevuto un pugno in faccia, poi si coprì il volto con le mani, ma non m'importava, dovevo sapere.

- Questa...questa conversazione non sarebbe dovuta mai iniziare...-

- Ro, rispondi -

Si tolse le mani dal viso e fissò i suoi occhi folli nei miei.

- Non chiamarmi così! Non farlo mai più! -

Il suo sguardo divenne rabbioso e ostile nei miei confronti.

- Vuoi rispondere?! Cazzo! -

- È morta! È morta, è morta, è morta, è morta! -

Si inginocchiò a terra, con la testa fra le mani. Proprio in quel momento il bidello si affacciò nella classe, curioso.

- Che state combinando voi due? -

Negli occhi di Riccardo si accese una scintilla che mi fece sussultare.

"Ha lo stesso sguardo di sua madre... com'è possibile?”

- Niente! -

Il ragazzo si alzò da terra, asciugandosi il viso con le mani tremanti.

- Io...mi sono arrabbiato perché mi ha fatto uno scherzo -

L'uomo ci squadrò da capo a piedi, poi si limitò ad alzare le sopracciglia e a scomparire fischiettando dal campo visivo di entrambi.

Non appena se ne fu andato, Riccardo cominciò a guardarmi in modo supplichevole.

- Ale...scusami...io...non so che mi è preso...di nuovo… -

- Non importa -

- Sì, invece...scusa se non ti ho detto di lei...scusami...-

Stavo per dire la fatidica frase "è finita, sparisci dalla mia vita"  su cui stavo meditando da intere nottate, ma lui mi anticipò.

- Ho sbagliato...ho sbagliato di nuovo....dovevo fare il bravo bambino...-

"Bravo bambino?"

- Scusami...scusami...forse è meglio se la finiamo qui...mi dispiace...-

Raccolse in fretta la sua roba, mentre io lo guardavo sbigottito, ma allo stesso tempo con orrore.

Uscì dalla classe il più velocemente possibile, lasciandomi da solo in quell'aula dove l'aria era piena dei miei dubbi e delle mie domande senza risposta.

"Non ci sto capendo più niente, mi sento un idiota"

 

Falsificai un permesso per uscire alla seconda ora, firmato da un mio ipotetico cugino maggiorenne.

Una volta fuori di lì, mi affrettai a tornare a casa.

Mar, 16 ottobre, sera

Ero seduto a leggere un libro illuminandone le pagine con la torcia del cellulare quasi scarico, quando il trillo del campanello mi fece sobbalzare dalla poltrona. Mi passarono per la mente migliaia di ipotesi negative su chi potesse esserci al di là della porta, finché una voce familiare non chiamò il mio nome dall'esterno.

- Ale! Sono io, Matteo! -

Bussò forte ripetutamente.

- So che sei qui dentro, aprimi! -

Mi avvicinai alla porta e guardai attraverso lo spioncino, volevo essere sicuro al cento per cento che fosse lui.

Aprii la porta con cautela, poi mi ritrovai dinanzi alla sua espressione sollevata.

- Hey, da quanto tempo...come stai? -

Lo invitati a entrare con un gesto della mano, nonostante quel salotto ormai sembrasse una buca per topi e odorasse di marcio.

- Uno schifo -

Scrollai le spalle e mi lasciai cadere sulla poltrona su cui ero seduto poco prima.

- Lo immaginavo... è un vero porcile qui...ma non ti avevano vietato di ritornare? -

- Esatto, ma non voglio essere affidato a qualche casa famiglia o altro, a pensarci mi viene la nausea -

- Oh... perché non vieni a stare da me? Non credo che potrebbe farti così schifo...e poi potremmo avvertire anche la polizia, i servizi sociali o chiunque ti stia cercando. In fondo conosci bene la mia famiglia, no? -

A quella prospettiva il mio cuore parve alleggerirsi, ma non volevo essere così sfacciato, nessuno avrebbe davvero voluto in casa un adolescente depresso, per giunta con gli attacchi di panico e le allucinazioni.

- Non fare complimenti, eh. È stata mia madre a costringermi a venire qui...non che io non volessi...in ogni caso è qui fuori -

- Ah...pensavo fossi venuto da solo -

- Scherzi? Come sarei potuto venire da solo a quest'ora? Anche lei immaginava che ti fossi nascosto qui... be', alla fine sei molto prevedibile...-

Gli lanciai un'occhiataccia, poi sorrisi.

- D'accordo, però non trattarmi troppo come una principessa -

- Come vuoi...-

Sorrise anche lui, poi mi accompagnò di sopra a prendere vestiti, libri per la scuola e altro.

 

La madre mi Matteo mi guardò preoccupata attraverso lo specchietto mentre guidava sulla strada buia e attraverso l'aria nebbiosa.

- Ti vedo molto giù, piccolo -

Il suo tono materno per un attimo mi fece sentire la mancanza di mia madre; tentai di scacciare quel brutto pensiero, ma Rosanna tirò di nuovo in ballo l'argomento.

- È terribile quello che ti è successo in così poco tempo...davvero terribile...ma ora ti aiutiamo noi, va bene? Cercheremo di farti stare meglio -

Nonostante quelle parole suonassero inverosimili, mi diedero una speranza, chissà, magari un giorno si sarebbe potuta trasformare in sicurezza.

Mi voltai verso il finestrino; delle gocce d'acqua si scagliarono contro il vetro, poi cominciarono a scivolare giù velocemente, spinte dall'attrito.

"Non voglio più avere a che fare con lui...voglio dimenticare tutto, tutto. È così semplice, basta stargli lontano, no? Se ho vissuto tutto questo...posso farcela anche stavolta"

La stanza che mi aveva preparato sua madre era piuttosto piccola, ma di certo non potevo pretendere di più; nonostante non sapessi neanche dove sistemare la mia roba, seppur poca, c'era un fattore più che positivo: un bagno tutto per me, e non era niente male.

Prima di cena mi distesi nella vasca da bagno, era così rilassante che avrei potuto rinunciare a mangiare per rimanere immerso nell'acqua calda tutta la notte, ma avevo troppa fame.

- Ale! È pronto! -

Matteo bussò alla porta del bagno, saltai letteralmente fuori dalla vasca, grondante d'acqua e con una gamba addormentata; afferrai un'asciugamano e me la avvolsi intorno alla vita, giusto un attimo prima che il ragazzo aprisse la porta scorrevole di scatto.

- Ti vuoi muovere?! -

- Calmo, calmo, mi devo vestire un momento -

Feci un cenno con entrambe le mani per invitarlo a uscire, ma l'asciugamano, che non avevo indossato bene per la troppa fretta, cadde rovinosamente a terra.

- Oddio -

- Oops -

Rimasi a fissarlo finché non uscì autonomente dal bagno, eravamo entrambi troppo imbarazzati per poter dire altro.

 

- Allora, ti piace questa pasta? -

- Sì -

Sorrisi per rasserenare la donna che mi stava di fronte.

- Meno male! Matteo mi critica sempre per come cucino...-

- Ma', non lo faccio mica per cattiveria! È per farti migliorare -

- Sì, certo...-

La donna sbuffò e riprese a mangiare con calma.

Il padre di Matteo, di cui in quel momento non ricordavo il nome, non si espresse neanche una volta, ma mangiò silenziosamente tutto ciò che la moglie gli mise sotto il naso.

Finito di cenare, ci alzammo tutti dal tavolo e ognuno si dileguò in una zona diversa della casa: Matteo corse nella sua stanza dicendo che doveva finire una partita alla PlayStation, suo padre si andò a sedere sul divano e accese la TV, sua madre, invece, rimase in cucina per sparecchiare e lavare i piatti; solamente io rimasi fermo, in piedi, a chiedermi cosa avrei dovuto fare.

Diedi uno sguardo all'orologio, erano le nove e mezza.

"Be', penso che andrò a dormire"

Indossai il pigiama, poi spensi la luce e mi infilai nel piccolo letto.

Quella sera neanche lo scroscio della pioggia riusciva a tranquillizzarmi.

"È morta! È morta, è morta, è morta, è morta! "

Quella voce mi riecheggiò nella mente più e più volte, fino a convincermi che sarebbe stato impossibile riuscire a dormire. Prima che altre migliaia di domande si infilassero nella mia testa, mi alzai dal letto e uscii dalla stanza in punta di piedi. Nel corridoio le luci erano spente, fatta eccezione per la stanza di Matteo.

Bussai lievemente, poi entrai.

- Hey -

- Oh, Ale -

Il ragazzo era così concentrato a cercare di non far schiantare un'auto contro un muretto, che non mi guardò neanche in faccia. Mi sedetti sul letto accanto lui e lo guardai schiacciare spasmodicamente i tasti sul joystick, finché sullo schermo della TV non apperve un rosso e lampeggiante game over.

- Cazzo! Quel bastardo ha vinto di nuovo! -

- Stavi giocando contro Marco? -

- Sì -

Sbattè il joystick sul materasso e sbuffò.

- Ancora ci provi? Lo sai che non potrai mai batterlo, sta lì davanti dodici ore al giorno -

- Stai zitto, un giorno ci riuscirò -

- Sì...come no -

Lo canzonai, poi mi stesi sul letto a pancia in su, con le braccia dietro la testa.

- E tu? Che hai fatto? -

- Oh...niente, ho provato a dormire, ma quel letto non mi ispira più di tanto –

- Capisco -

 

Si stese anche lui accanto a me e si voltò a guardarmi con una strana espressione in volto.

 

Le nostre labbra si scontrarono inevitabilmente, percepii all’istante l’errore di quel contatto, ma non mi arrestai.

- Hey, aspetta un attimo -

Al contrario, Matteo si allontanò dal mio viso quasi subito.

- Sei sicuro che così vada bene? -

- Sì -

- No, ecco…intendo…Riccardo -

Distolsi il mio sguardo dai suoi occhi insicuri.

- Ho chiuso con lui -

Non aspettai neanche un suo cenno di assenso, ripresi a baciarlo con foga, non perché avessi bisogno dei suoi baci, ma perché avevo fame di normalità, e le sue labbra ne avevano l’amaro e desiderato sapore.

Non sapevo quanto tempo fosse trascorso fra baci e sospiri, fatto sta che ci ritrovammo entrambi aggrovigliati fra le coperte, stanchi e ansanti, io per la voracità con cui avevo agito, lui perché, attraverso quel contatto tanto intimo, aveva sicuramente sentito sulle spalle gran parte del peso sotto il quale ero costretto a piegarmi ogni giorno, ed era sfinito.

- Ne sei proprio sicuro? -

La sua voce mi riportò indietro da una sfilza di brutti pensieri.

- Ti ho detto di sì, è finita fra me e Riccardo…come se poi ci fosse mai stato qualcosa fra di noi -

Alzai lo sguardo e presi a fissare il soffitto bianco sporco.

- Be’, meglio per te, non ho intenzione di essere solo una sostituzione -

- Ma non stiamo mica insieme -

- Lo so, però non mi va giù di essere stato soltanto quello -

Sbuffai e mi voltai dall’altro lato.

- Sì, sì, tranquillo -

Risposi con indifferenza, poi, credendo che Matteo si fosse sentito offeso per qualche motivo, ripresi la parola, tirando in ballo un argomento inutile.

- Si sta stretti qui dentro, non trovi? -

- Non dovresti essere tu a dirlo, dal momento che sei stato tu a infilarti nel mio letto-

- Giusto…be’, altri argomenti? Il mio portabagagli è vuoto –

Il ragazzo si lasciò sfuggire una risatina.

- Immagino sia per questo che sei sempre così acido -

Gli lanciai un’occhiataccia, poi allungai il braccio verso la piccola abat-jour e spensi la luce.

Mer, 17ottobre, mattina

Mi risvegliai nella stanza di Matteo, solo. Mi alzai controvoglia e andai in cucina nella speranza di trovare qualcuno, ma non c’era neanche l’ombra di uno di loro.

“Cazzo, no”

Corsi a prendere il cellulare e chiamai Matteo, nessuna risposta. Evidentemente era a scuola. Mi lasciai cadere all’indietro sul letto, sconsolato.

“Lo sento, sta arrivando”

Stetti immobile su quel piccolo letto, aspettando di sentire dei passi pesanti o una voce gelida che chiamava il mio nome.

“Dove sei?”

“Ti sto aspettando”

“Stavolta puoi venire a prendermi, sono pronto”

Sobbalzai quando il grande orologio a pendolo in cucina cominciò a riprodurre un suono simile a quello delle campane. Era già mezzogiorno, tuttavia non trovai la forza e la volontà di alzarmi.

Dopo un tempo indefinito, uno sferragliare di chiavi mi convinse ad alzarmi. Mi affacciai all’arco del salone per controllare chi fosse; un uomo stanco fece il suo ingresso nella stanza.

- Buongiorno -

Pensai che fosse cortese salutare il marito della donna che aveva deciso di ospitarmi.

- Ciao -

Rimasi imbambolato a fissarlo mentre posava le chiavi sul tavolo e si toglieva cappotto e giacca; si sedette sul divano e diede una leggera pacca con la mano sul posto libero accanto a lui.

- Vieni un po’ qui -

Esitai per un attimo, poi lo raggiunsi; d’altronde lo conoscevo da quando ero piccolo, anche se non avevo mai capito il perché del suo essere sempre così tranquillo e pensieroso, e ciò mi metteva ansia ogni volta che eravamo troppo vicini.

- Come stai? -

- Oh…ehm…insomma…-

- Matteo mi ha detto che ormai non esci più e non parli neanche con i tuoi amici -

- Già…-

- È comprensibile…dopo tutto quello che hai dovuto sopportare -

Stetti in silenzio, non avevo la minima idea di cosa avrei dovuto rispondere, ma per fortuna lui continuò a parlare.

- Ma…sai, credo che il miglior modo per affrontare queste situazioni sia cercare di non pensarci, uscire, stare con le persone care -

- Ci ho provato, ma evidentemente c’è qualcosa che me lo impedisce -

L’uomo annuì.

- Stai attento, Alessio. È meglio che tu rimanga coi noi -

- Attento a cosa? -

- Sei amico di Riccardo Buonarotti, giusto? -

- Sì -

- Allora è meglio se gli stai lontano -

- Perché? -

L’uomo prese il giornale sul tavolino e lo aprì, il suo viso scomparve dietro alla carta giallastra.

In prima pagina una notizia scritta in maiuscolo citava: “DONNA DI 37 ANNI MORTA PER STRANGOLAMENTO. RITROVATO CADAVERE IN UN TERRENO PRIVATO. ACCUSATO IL FIGLIO QUINDICENNE”

  
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