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Autore: BowtiesAreCool    21/05/2017    0 recensioni
AU! Gemme Dell'Infinito
Coppie: Phil/Clint - Accenni Steve/Tony - Accenni Thor/Loki
Dal banco dietro Coulson proveniva un sonoro russare: era inconcepibile come un ragazzo dell'età di Anthony Stark potesse avere tanto sonno arretrato, eppure non c'era lezione mattutina che egli trascorresse sveglio, vigile, attento alle parole del professore. Abbandonato sulla superficie costellata di scritte e graffiti, Tony poggiava gli scarmigliati capelli neri sulle braccia coperte di ematomi, chiudeva le palpebre cerchiate di livida insonnia, quindi spalancava la bocca ad un quieto, letargico russare. Persino gli insegnanti avevano perso ogni speranza di vederlo interessato a quel che avevano da dire.
Con un mezzo sorriso, Phil si girò, sistemandosi i capelli castani sulla fronte, gli occhi azzurri posati gentilmente sul viso dell’amico, e lo scosse appena. “Ehi.” Bisbigliò. “Va bene dormire, ma evita di russare, così disturbi tutti.”
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Otto


 
 
Al di là dello spazio un animo era in tumulto e l'uomo che aveva preso il nome di Thor agitava con rabbia il martello, chiamando a sé tempeste e nubi di stelle, lampi di galassie, fracassare saettante di comete. "Com'è possibile?" Chiese, furioso. "Che mi abbiano messo in ginocchio?" Si voltò verso Lingua D'Argento. "Come?"
"Perché non sei ancora in grado di utilizzare al massimo il potere della Gemma. E loro le usano da molto più tempo." L'altro era seduto su un trono d'oro, il viso poggiato sul pugno chiuso, annoiato. "Ti rifarai."
Thor lo squadrò con attenzione e gli si avvicinò, i passi pesanti sul pavimento a specchio del Non-Luogo dove dimoravano e dove lo spazio infinito si allungava fino a scolorire in un Non-Orizzonte di stelle pallide. Il mantello scarlatto mormorava sulle spalle, donandogli un'aura possente, forte. "E la Gemma ti controlla?" Lo interrogò. "Sei schiavo di essa?"
"Certo che no.” Replicò l’altro, piccato. “Ma io sono più forte di te."
"Ed io debole, al tuo confronto? Mi sento un Dio, Maestro, un Signore delle Tempeste."
"Non sarei un Maestro se non fossi il più forte, non credi?" Parlò annoiato, sollevando gli occhi all'insù.
Thor tacque, rifilandogli tuttavia un'occhiata sardonica. "Irriverente Maestro." Commentò. "Il tuo fascino è serpentino e mi stringe tra le sue spire."
"Non provare a tenermi testa, Thor. Ricorda a chi devi il tuo potere e la tua obbedienza."
"Non potrei mai, Maestro." L'altro piegò il ginocchio a terra e chinò il capo. "Sono il tuo Araldo."
"Li ritroverai." Si sollevò con lentezza e scese i tre gradini che lo separavano dall'altro. "E mi porterai le Gemme."
"Dovessi strapparle dal loro cuore straziato, saranno tue."
L'uomo piegò le labbra in un ghigno. "Non deludermi, Thor."
Il Dio sollevò la testa e le labbra si arcuarono in un sorriso. "Non lo farò, Maestro."
"Avrai potere sui miei Chitauri che ti aiuteranno a prendere le Gemme."
"Comanderò le tue schiere. Cavalcheranno il fulmine con me e porteranno distruzione ai tuoi nemici."
Il Maestro sorrise soddisfatto. "Bene. Ora va a pensare ad un piano mentre io penso ad eventuali piani B e C."
Thor annuì e si ritirò, lasciando Loki nell'immensità del vuoto e nel Non-Luogo. I suoi passi sparirono e rimase dietro di lui unicamente l'aria carica di elettrico.
 
*****
 
"Questo è per augurarti un buon risveglio. Ricorda: It's a good day from morning 'till night." Insieme al messaggio Clint aveva inviato un file audio -Che, come da anticipazione, altro non era se non "It's a Good Day", di Peggy Lee.
Phil si era svegliato non propriamente di buon umore ma non poté fare a meno di sorridere all’ascoltare la canzone e a ripensare a Clint. Gli rispose con un semplice Buongiorno andando poi a lavarsi il viso e scendendo subito in cucina per scusarsi di nuovo con le due donne.
Isabella era a fornelli, intenta a preparare del caffè: pareva rilassata, mentre chiacchierava con Steve del più e del meno, ma l'arzigogolo di occhiaie sotto le palpebre erano un chiaro segno della notte passata insonne. Il Capitano la stava aiutando a preparare la colazione, attento alle frittelle e alla quantità di caffè da mettere nella moka. Victoria non era presente -Con ogni probabilità si stava occupando del bendaggio di Tony.
"Buongiorno." Phil entrò a piccoli passi e subito si avvicinò alla donna.
"Buongiorno." Lo salutò Steve con calore. Il sorriso che la donna rivolse al figlio era sincero, sebbene sfumato agli angoli da una nota di tristezza. "Buongiorno."
"Steve ti dispiace..." Indicò la donna. "Vorrei parlare un attimo con lei."
"Nessun problema." Il Capitano prese un vassoio su cui già aveva posato una tazza di latte caldo e alcuni pancakes. "Porto questo a Tony."
"Grazie." Il ragazzo lo seguì con lo sguardo fino a vederlo scomparire dietro la porta. "Mi dispiace." Disse poi, ritornando con gli occhi sulla donna. "Non volevo dire quelle cose. Ero arrabbiato e... Davvero non volevo!"
Isabella sospirò e posò il bacino contro il lavello. "Né io né Victoria riusciamo a toglierci dalla testa il pensiero che quelle cose, comunque, covassero dentro di te."
"Ma non è vero!" Le si avvicinò e ricercò le sue braccia. "Non eravate neanche con loro, non avreste mai potuto salvarli! E non penso quelle cose, credimi!"
"Ma avremmo dovuto impedirle di andare. Di mandare altri." Isabella lo strinse con forza. "Ti voglio bene, piccoletto."
"Anche io! Vi considero davvero le mie mamme, non so dove sarei senza di voi!"
La donna gli diede un bacio sulla fronte, posando poi il mento sulla sommità della testa. "Voglio soltanto proteggerti."
"Lo so. Ma voglio risolvere questa cosa con le mie forze."
"Mi preoccuperò sempre per te."
"Ti voglio bene." Bisbigliò il ragazzo, godendo del calore della donna con un sorriso tranquillo. "La mamma è arrabbiata?"
"No. È solo... Giù di corda."
"Mi dispiace così tanto..."
"Va tutto bene, piccoletto. Però... Non farlo più. Di mentire e scappare via. Ti prego."
"D'accordo. Promesso."
"Dai, vai ad abbracciare anche Victoria o si ingelosirà di tutte le attenzioni che mi dedichi." Scherzò Isabella.
Ridacchiò molto più rilassato. "È con Tony?"
"Oh, sì. Tra lei e Steve non so chi sia l'Infermiera più preoccupata."
Phil le lasciò un bacio sulla guancia prima di dirigersi al piano di sopra. "Posso entrare?" Chiese, bussando alla porta.
La risposta fu Steve che apriva la porta e sorrideva e gli faceva cenno di accomodarsi. Tony pareva un pashà, adagiato sulle lenzuola e tre guanciali: con la mano sinistra si portava i pancake alla bocca e il bicchiere di latte era già mezzo vuoto; il braccio destro, invece, era abbandonato alle dita sapienti di Victoria, intenta a fasciargli la spalla e a controllare la contusione.
"Ehi, come ti senti?" Il ragazzo andò a sedersi accanto all'amico. "Ti trovo meglio."
"Sono servito e riverito e imbottito di antidolorifici." Disse Stark. "Sto una favola."
L'altro ridacchiò. "Bene." Gli accarezzò il viso con affetto. "Mi hai davvero fatto spaventare."
"Non avevo idea che quel tipo potesse richiamare il martello. Non usa magneti. Non mi pare di aver visto magneti."
"Forse è il potere della Gemma... Potremmo provare a toglierglielo."
Tony socchiuse le palpebre, adagiando meglio le spalle al cuscino. "Dovremo esercitarci con lo swing."
"Sono sicuro Steve ci insegnerebbe molto volentieri."
Il Capitano fece un mezzo sorriso. "Giovani d'oggi." Disse.
Phil ridacchiò prima di tornare serio e spostare lo sguardo sulla donna. "Possiamo parlare mamma?"
Victoria, fino a quel momento rimasta in silenzio, si girò verso il figlio e annuì.
"Riposa ancora un po'. Andrò io dai tuoi a rassicurarli." Disse, alzandosi.
"Oh." Fece Steve. "È solo tanta scena."
"Non è vero, Rogie!" Gnaulò Stark. "Sono malato!"
"Ma smettila!" Rise Phil. "Riposa. Anche tu, Steve." Disse, già accanto alla porta.
"Lo farò." Annuì lui. "Non temere."
Phil uscì e aspettò che la donna lo raggiungesse. Poi la abbracciò. In silenzio, solo cercando le sue braccia con affetto.
E Victoria lo tenne a sé senza dire una parola, conscia che nessuna parola, nessuna voce avrebbe mai e poi mai potuto essere eloquente quanto quell'abbraccio. "Sono fiera di te."
"Mi dispiace." Le si strinse forte contro. "Mi dispiace.”
"Non ne parliamo più. È passato."
"Non pensavo quelle cose, credimi!"
"Lo so, Phil, lo so. Non ti preoccupare. È passato, davvero."
Il ragazzo le si aggrappò contro. "Ti voglio bene. Siete tutto per me."
"E tu lo sei per noi." Victoria lo tenne a sé, con dolcezza, con tenerezza e calore.
Rimase abbracciato a lei per un tempo indefinito, prima di allontanarsi con gli occhi appena lucidi. "Andiamo a fare colazione."
"E lasciamo a quei due un po' di privacy." Convenne Victoria. Lo prese sottobraccio, con dolcezza, sviando lo sguardo striato di commozione.
In cucina, Phil abbracciò anche Isabella, ricercando affetto e coccole. "Stasera forse vedo di nuovo quel mio amico..." Buttò lì, mentre erano seduti a mangiare.
Isabella inarcò il sopracciglio. "Non mi avevi mai parlato di lui.”
"In realtà... L'ho conosciuto qualche giorno fa... Lavora nel circo..."
Victoria lo fissò da sopra la tazza. "Ma tu odi il circo."
"...Già..." Arrossì. "Lui fa l'arciere. È molto bravo."
"E di bell' aspetto." Aggiunse Isabella.
Il viso gli divenne ancor più rosso. "Davvero? Non l'ho notato."
"Come no." Rincarò la dose la donna.
"Davvero!"
Isabella sorbì il suo caffè con calma, scambiando un'occhiata con Victoria. "Potrebbe venire a cena da noi."
"Cos-- No!" Saltò su. "Cioè... Perché?"
"Perché è un tuo amico, no?"
"Ma non avete mai invitato i miei amici a cena..."
"Che sciocchezza. Tony lo abbiamo invitato più di una volta."
Phil aprì la bocca per replicare ma nessun suono ne uscì. Alla fine afferrò la sua tazza di nesquik e vi si trincerò dietro.
Isabella fece un sorriso vittorioso, arcuando le sopracciglia con soddisfazione. Arcuò gli angoli della bocca, mentre Victoria le faceva segno di no col capo.
"Magari tra un po' di tempo..." Disse lui alla fine.
"Certo. Quando avrete fatto come minimo cinque uscite e starete pensando di ufficializzare la cosa."
Phil spalancò la bocca. "M-- Ma l’ho appena conosciuto! E poi non mi piace in quel senso!"
"Adolescenti."
"Isabella." La richiamò Victoria -Che nonostante il tono faceva mostra di un divertito sorrisetto. "Lascia in pace il ragazzo."
"E poi lui è più grande. Non vi preoccupa questo?"
A quel punto, gli occhi di entrambe puntarono su di lui. "Quanto più grande?"
"Ha diciotto anni."
"Non entrerà in questa casa e tu devi stare attento. Non lo frequentare." Replicarono quasi all’unisono.
Phil spalancò gli occhi. "Cosa? Solo perché ha tre anni più di me?"
"Certo. Alla vostra età è una differenza troppo grande."
"Siamo solo amici. Anzi, conoscenti. Non c'è niente di cui aver paura."
Victoria socchiuse le palpebre. "Fai attenzione."
"Si mamma." Sorrise. Poi sbiancò. "Devo andare a fare rapporto a Fury!"
Isabella annuì. "È stato informato dell'attacco di ieri sera. Prima ha detto di riprenderti."
"Sto bene. Meglio che vada ora e dopo mi vedrò con Clint. Torno per ora di cena."
"Non dare troppa corda a Clint, se vedi che le sue intenzioni sono ambigue." Gli consigliò Victoria.
"...Ambigue? In che senso?"
"Con un secondo fine."
Phil continuò a guardarla confuso. "E che secondo fine potrebbe mai avere nei miei confronti?"
Isabella si schiarì la voce. "Portarti a letto per sfogare gli ormoni."
"Po--" Spalancò la bocca e divenne paonazzo. "No! Non lo farebbe mai!"
"Ti sto solo mettendo in guardia."
Scosse le spalle. "Non lo farebbe e neanche io." Lavò la tazza e diede un bacio alle due donne. "A stasera."
"A stasera, piccoletto." Isabella gli sorrise e Victoria gli portò lo zaino.-Nonché delle cartucce.
"Cartucce?"
"Hai svuotato i caricatori ieri notte e non sappiamo nulla di quel pazzo, né quando potrebbe saltare fuori."
Afferrò lo zaino. "Farò attenzione." Promise. "Voi prendetevi cura di Tony e Steve."
"Stai tranquillo." Victoria lo rassicurò con un sorriso, "Vai, ora. E chiama se hai bisogno."
"A dopo!" Uscito di casa Phil rilasciò un respiro. Poi afferrò il cellulare e invitò Clint per pranzo.
"Perfetto! Dimmi ora e dove!" Recitava il messaggio. "E corro da te."
"Ci vediamo al bar di ieri e poi decidiamo?" Rispose che già stava salendo le scale per raggiungere l'ufficio di Fury.
"Ottima idea. Le tue zie ti hanno lasciato libero?"
"Abbiamo fatto pace, si. Ora ho lezione, ci vediamo alle dodici!"
"Perfetto. Buona lezione.”
Davanti la porta dell'ufficio, Phil si sentì un bambino sperduto. Avrebbe dovuto ammettere il suo fallimento nel proteggere Tony e Steve e nel trovare un modo per sconfiggere le Gemme. Prese un respiro e bussò leggermente, sperando inconsciamente che il direttore non lo sentisse.
"Avanti." Dannato udito da pipistrello di Fury. All'interno della stanza, già insonorizzata e protetta, esplodevano le immagini del combattimento con Thor. "Donald Blake." Disse il Direttore. "Fedina penale perfetta. Neanche una multa. Carriera fulgida. In cosa si è trasformato?"
Phil abbassò gli occhi e si sedette. "Ha detto che si chiama Thor. Ma non ho capito che Gemma possiede."
"Spazio." Rispose per lui Fury. "O realtà."
Sospirò. "Mi dispiace, signore, ma le informazioni che abbiamo non ci permettono di affrontarle al meglio. Tony ha rischiato di morire. Credo dovremmo agire diversamente."
"Se hai idee, Agente Coulson, sono tutto orecchie "
Il ragazzo scosse la testa. "Non ne ho signore. L'unica cosa che so è che io sono solo una distrazione per loro, sul campo. Finché si preoccuperanno di difendermi, non potranno combattere al meglio."
Fury inarcò il sopracciglio. "Sei stato addestrato per essere il loro supporto, Agente Coulson, e sei stato giudicato idoneo."
"Lo so, signore." Annuì. "Ma, sinceramente, sono inutile. Le armi non funzionano e se loro devono pensare a proteggermi, non possono combattere."
"Allora sii in grado di proteggerti."
Sollevò gli occhi. "Come?"
"Ti addestrerai con May." Gli riferì lui. "E insieme a Mimo. Dovrai essere al livello dei tuoi compagni , se non di più."
"Mi perdoni signore, ma non credo sia un problema di allenamento, quanto di armi. Nessuna arma che possediamo è in grado di scalfire alieni e Gemme."
"Il tipo di arma, come la si usa, quando sfruttarla, sono nozioni in grado di salvarti la vita."
Il ragazzo corrucciò le sopracciglia. "Ho già queste nozioni, signore."
"Agente Coulson, stai forse insinuando che alla veneranda età di quindici anni sai già tutto quello che ti occorre sulle armi? Ad ogni livello?"
Sollevò un sopracciglio. "...Quasi tutto?"
"Agente Coulson, metti a freno la tua umiltà. Non sai nemmeno la metà."
"Ma signore--"
Il Direttore lo guardò dritto negli occhi. "Avrei preferito aspettare che tu fossi più maturo: sembra che gli eventi abbiano deciso per te. La Cavalleria, Mimo, Vedova Nera, saranno loro ad occuparsi di te."
Phil perse colore. "Sta dicendo che dovrò ricominciare l'addestramento?"
"E migliorarti. È come un Upgrade."
Boccheggiò appena. "Ma l'ho finito appena un anno fa, speravo di avere più tempo per riposare..."
"Se le circostanze fossero state diverse, te lo avrei permesso."
Abbassò il viso, amareggiato. "Devo cominciare subito, signore?"
"Da domani, Coulson. Per oggi, scendi a patti con l'idea."
Annuì. "Grazie signore." Si sollevò. "A domani."
"A domani."
Una volta fuori, il ragazzo si sentì quasi svenire: non voleva ricominciare l'addestramento, significava rinunciare a tutto e pensare solo a combattere e a dormire. Non avere più tempo per giocare con Tony e chiacchierare con Steve, non avere più tempo per vedere Clint... Senza contare che la Romanoff e la May lo avrebbero distrutto... Sospirò e si diresse all'uscita. Inviò un sms a Isabella e poi si diresse all'appuntamento, anche se gli si era chiuso lo stomaco.
"Mamma mia che faccia." Il sorriso di Clint fu un sole in grado di spazzare via le nubi. Rischiarò l'atmosfera, caldo e raggiante. Aveva addosso dei semplici pantaloni della tuta ed una canotta viola.
"Ciao." Phil gli sorrise. "Perdonami, ho avuto un brutto incontro. Come stai?"
"Bene! Ho dato da mangiare ai cavalli e pettinato Marley. Posso fare qualcosa per il tuo incontro?"
Scosse la testa. "Non importa. Dove preferisci andare a mangiare?"
"Sushi?" Propose lui.
Annuì. "Si, mi piace."
Clint gli sorrise e lo condusse allegro oltre il bar, saltellando un poco sui piedi e canticchiando una vecchia canzone.
"Tu sembri di buon umore..."
"Il sole splende, gli uccellini cantano, perché non dovrei essere felice?"
Annuì. "E' vero..."
"Il malumore avvelena l'anima e toglie battiti al nostro cuore."
Phil sorrise. "Si, è vero."
"È una cosa da vecchi saggi cinesi." Gli spiegò lui. "Quando nasciamo ci viene consegnato un numero limitato di battiti."
"Davvero?" Si strinse la tracolla al fianco. "Questa mi giunge nuova."
"Me lo hanno raccontato un po' di tempo fa." Continuò il circense. "Emozioni come la rabbia ne fanno perdere a fiotti."
Il ragazzo lo colpì appena con la spalla. "E tu ci credi davvero?"
"Perché no?" Rise Clint. "È affascinante, anche se non è vero. E aiuta a vivere con tranquillità."
Phil continuò a sorridere -Si sentiva di nuovo di buon umore. "Hai uno spettacolo oggi?"
"Stasera! Però nel pomeriggio faccio attività coi bambini."
"Bambini? Di che si tratta?"
"Faccio provare il tiro con l'arco ai bambini."
"Oh... Posso assistere?" Chiese con un sorriso. "Mi piacerebbe provare."
"Ma certo!" Clint gli sorrise. "Ne sarei più che felice!"
Arrossì appena. "Bene, grazie. Devo pagare qualcosa?"
"Il prezzo è un'altra cena con me, che ne pensi?"
Il ragazzo finse di pensarci su. "Ci sto!" Disse poi.
Clint gli diede una pacca sulla spalla, per poi indicare un ristorante all you can eat. "Et voilà!"
"Sai che qui non ci sono mai stato?" Gli si appoggiò appena contro. "Si mangia bene?"
Clint arrischiò allora a mettergli un braccio attorno alle spalle. "Mi hanno detto di sì."
Phil sorrise a quel gesto e piegò appena il viso verso di lui. "Speriamo sia così, allora."
E gli occhi di Clint, così vicini, erano caldi rispetto alla venatura azzurro-ghiaccio che li attraversava. "Ne sono sicuro."
"Hai un colore degli occhi davvero particolare." Bisbigliò, osservandolo attentamente.
"Davvero? Ti piace?"
Annuì. "Si, molto. Non ho mai visto occhi simili in tutta la mia vita."
Clint sorrise e tenendolo stretto a sé lo accompagnò fino al tavolo e, con cavalleria da tempi andati, lo aiutò a sedersi. "Pronto agli strafoghi?"
"Io sono nato pronto!" Gli sorrise a quel gesto così galante e poi incrociò le braccia sul tavolo, del tutto a suo agio.
Contento di vederlo tanto rilassato, Clint si fece portare due menù, la salsa di soia e le bacchette. "Si aprano le danze!" Esclamò, passando la lista a Coulson.
"Tu hai un piatto preferito?"
"Chirashi di salmone!"
"Davvero? Io sono per il Ramen e il sashimi."
Clint scorse il menù. "Per la tua gioia, ci sono entrambi."
"Bene! Allora prenderò quello!"
"Per me, invece.." Fece Clint, rivolto alla cameriera che si era appena avvicinata. "Sashimi di salmone, chirashi di salmone,hossomaki sempre al salmone e alga giapponese."
"Per me sashimi di salmone, ramen e ravioli alla griglia." Phil sorrise e passò il menù alla ragazza. "Grazie."
Lei sorrise, lasciando un menù per le ordinazioni seguenti e chiese con la sua voce cinguettante cosa volessero da bere. "Una Asahi per me." Rispose Clint.
"Acqua, grazie."
Ancora un annuire sorridente. Tornò poco dopo con acqua e birra e Clint si premurò di versare la prima a Phil. "Ho una fame incredibile."ammise.
Annuì. "Si, anch'io." Picchiettò le dita sul tavolo e si guardò intorno. "È un posto carino..."
"Vero?" Il giovane si prese un sorso di birra, per poi versare un poco di salsa di soia dentro la ciotolina laccata di marrone "E il prezzo è assai onesto." Disse.
Annuì. "Si è vero." Sorrise e si trovò a corto di parole, l'unica cosa che fece, fu studiare il viso e gli occhi dell'altro.
Clint fece un sorriso. "Ho qualcosa sulla faccia?"
"No, assolutamente." Scosse la testa. "Mi piace solo guardarti."
"Davvero? Non me lo dicono quasi mai, se sono fuori dallo spettacolo. Beh." Confessò l'altro. "Sei anche il primo che abbia mai invitato fuori, bisogna dirlo."
"Davvero?" Chiese sorpreso. "Eppure avrai conosciuto un sacco di persone!"
"Sì, ma..." Clint scrollò le spalle. "Entrano ed escono. Come una folata di vento."
"Nessun che ti sia rimasto nel cuore?"
"Nessuno ha mai dato retta ad un ragazzino." Disse lui. "Sono i miei compagni, che ho nel cuore. A loro non interessa la mia età."
Corrucciò le sopracciglia. "Compagni?"
"Colleghi. Quelli che lavorano con me al circo "
"Oh... E non c'è nessuno che ti è entrato nel cuore tra i tuoi compagni?"
"Sono tutti più grandi di me e tutti già accoppiati. Ogni tanto si lasciano, si rimettono insieme, si litigano, ma io finisco sempre per essere la spalla su cui piangere."
"Un vero amico, quindi." Phil sorrise e prese un sorso d'acqua. "E posso sapere come mai mi hai chiesto di uscire?"
"Mi è piaciuto il tuo spirito." Rispose Clint, "La tua risposta pronta quando ho cercato di rifilarti i volantini."
Ridacchiò. "Era una pessima giornata. Sono stato molto scortese, mi dispiace. Ma tu sei stato anche parecchio insistente."
"Era una pessima giornata." Si scusò lui, ridendo.
Phil rise con lui e si sentì estremamente bene. "Grazie." Disse poi, "Avevo bisogno di staccare un po'."
Il sorriso di Clint, radioso e luminoso, si allargò con dolcezza. Sapeva come porsi, cosa dire, quando e come rivolgersi a lui. Sembrava toccare ogni minuscola propaggine del suo carattere e del suo umore, traendone una quieta, dolce, significativa melodia. "Grazie a te." Disse. "Per avermi permesso di farlo."
Phil non poté fare a meno di allungare una mano verso la sua, a sfiorargli le dita con le sue. "Sono davvero felice di averti incontrato e spero di rimanere in contatto anche quando andrai via."
L'altro intrecciò le dita a quelle di Phil e la pelle era calda contro quella del giovane, poteva sentire il sangue scorrere nelle vene e il battito accelerato del cuore. "Credo sia giunto il momento di prendere un portatile ed installare Skype."
L'altro ridacchiò con le guance appena colorate di rosso e lo stomaco che, a quel contatto, fece delle capriole. "Oppure potresti pensare di fermarti qui. Andare a scuola e diplomarti, magari."
"Pensi che accetterebbero uno scappato di casa come me?"
Scosse le spalle. "Perché no?"
Clint strinse un poco di più la presa sulla sua mano. "Allora credo proprio che prenderò in seria considerazione l'idea."
"Davvero?" E i suoi occhi brillarono di sorpresa. "Lo faresti per me?"
"Certo." gli assicurò lui ed il suo sguardo non tradiva alcun segno di menzogna; era sincero, franco, credeva davvero in quel che stava dicendo.
"Clint, ne sei davvero sicuro? Non mi conosci neanche!"
"Nella mia vita ho seguito più l'istinto, della ragione." Gli rispose lui. "E il mio istinto mi dice che fermarmi qui potrebbe essere in grado di cambiarmi la vita, come quando sono scappato dall'orfanotrofio per unirmi al circo."
"Non ti sei mai pentito della tua scelta?"
"No. E' stata la cosa migliore che potessi fare."
"Beh... Però pensaci. Si tratterebbe comunque di lasciare la tua famiglia."
Clint gli sorrise. "Ti prometto che ci penserò, allora. E ne parlerò con loro."
Annuì. "Bene."
"Tu lo hai mai fatto? Un colpo di testa che ti ha cambiato la vita."
Scosse la testa. "No. Quando i miei sono morti sono stato affidato alle mie zie e sono sempre stato con loro."
"Perdonami." Fece allora Clint. "Non volevo farti tornare in mente brutti ricordi."
Phil strinse le dita alle sue. "Non li ricordo molto e credo di averla superata da un bel po'."
L'altro gli trasmise la sua vicinanza, la sua comprensione. "Anche io ho perso i miei quando ero bambino." Gli confessò. "Ma non avevo parenti cui essere affidato. Fino ai dodici anni sono rimasto nell'orfanotrofio e poi ho scavalcato il muro che mi divideva dal mondo esterno."
"Ma le mie zie non sono davvero mie parenti." Inclinò il viso. "Erano amiche dei miei genitori, tutto qui."
"Ah." Clint sorrise, con un che di imbarazzo. "Ho veramente fatto una gaffe."
"Ma no!" Rise lui e scosse la testa. "Sono state molto buone a volermi crescere. Avevo otto anni e non ero proprio facilissimo. Hanno avuto molta pazienza."
"Sappi che hanno fatto un ottimo lavoro." il ragazzo annuì. "Io mi sono trincerato nella rabbia e nel silenzio. Odiavo tutto e tutti, tenevo alla larga chiunque cercasse di avvicinarmi -Per questo, credo, nessuno mi ha mai voluto nella sua famiglia."
Phil sorrise comprensivo. "Li hai persi all'improvviso?"
"Sì. Un incidente d'auto."
"È più difficile quando accade." Annuì. "Però credo che all'orfanotrofio avrebbero potuto fare di meglio per aiutarti."
"Avevano tanti di quei bambini... Non potevano focalizzarsi su di me."
"E ora stai meglio? Sei meno arrabbiato?"
"Sì." Clint annuì. "Il mio cuore ha trovato pace."
"Ne sono felice." Poi arrivarono le portate e la conversazione verté su argomenti più leggeri.
A fine del pranzo, quando ebbero ordinato gran parte del menù, Clint appoggiò le spalle sulla sedia, satollo. "Che goduria!"
"Questo posto è buonissimo!" Phil sospirò beato. "Ci porterò anche le miei zie!"
"Direi che è un'ottima idea---!”
Inclinò il viso con un sorriso. "Devi andare?"
Clint lanciò un'occhiata all' orologio da polso, uno di quelli di plastica dozzinale dai colori improbabili. "Nah. Posso stare fuori ancora un po'."
"Sicuro?"
"Sicurissimo!"
"D'accordo. Ti va una passeggiata?"
"Solo se accompagnata da un gelato."
"Ci sto!"
Clint insistette per pagare. Uscito poi fuori dal ristorante si stiracchiò ben bene, beandosi della luce del sole che gli scivolava addosso. Lentamente, poi, fece scivolare la mano in quella di Phil.
Il ragazzo intrecciò subito le dita alle sue con un enorme sorriso grato. "Dove vuoi andare?"
"Le mie conoscenze finiscono con questo all you can eat. Conosci qualcosa qui vicino?"
Si mordicchiò le labbra. "Forse uno sul porto... Ma non so se è buono."
"Beh." Il ragazzo gli sorrise. "Scopriamolo!"
Annuì. "Andiamo!"
Per tutto il tragitto Clint non lasciò la sua mano e le dita, la pelle erano calde come un lieve capogiro. Parlò del più e del meno, invitando Coulson a fare lo stesso, mostrandosi interessato ad ogni parola che usciva dalla sua bocca e dimostrando questo suo interesse facendo domande, annuendo.
Il gelato fu preso e gustato seduti sul porto e Phil non era mai stato così rilassato e felice.
"Emani onde positive." Commentò Clint, facendo dondolare le gambe ."Mi piace."
"Onde positive? Davvero?" Rise. "È perché sono felice con te."
"Anche io lo sono." Il circense posò la tempia sulla sommità della sua testa.
"Mi piace il tuo profumo..."
"Sì? Di cosa profumo? Spero non di cerone, ti prego, fa' che non sia cerone."
Ridacchiò. "Sai di erba e terreno bagnato." Chiuse gli occhi. "Zucchero filato."
Clint sorrise, un sorriso a fior di labbra. Gentile, dedicato. "Tu sai di casa."
"Casa?" Sollevò il viso per guardarlo. "Quindi so di dolce?"
"Sì. È un odore rassicurante." Spiegò Clint. "Di farina. Di bucato. Di cose piacevoli, che scaldano il cuore."
"Grazie."
"Grazie a te." Clint si mise a guardare in avanti e gli occhi brillavano al tenue lumeggiare delle creste sulla cima dell'acqua.
Phil sollevò gli occhi sul suo viso. "È tutto okay?"
"Sì. Solitamente sono sempre in movimento, mi piace stare fermo a guardare cosa ho intorno."
"Capito." Poggiò di nuovo il viso sulla sua spalla e chiuse gli occhi, beandosi della vicinanza dell'altro.
Fu allora che il ragazzo si arrischiò a dargli un bacio sulla testa, un lieve sfiorare di labbra e pelle.
Phil sentì dei lunghi brividi lungo la schiena e sollevò il viso per guardarlo. "Non smetterò mai di ringraziarti. Avevo proprio bisogno di non pensare."
"Puoi contare su di me, Phil." Gli assicurò lui. "Ci sono io per te."
"Grazie." Bisbigliò, allungando il viso a lasciargli un bacio sulla guancia.
Il circense lo strinse allora a sé, ridendo con dolcezza di quella loro quieta intimità -Due anime che si toccavano l'una con l'altra, teneramente. "Grazie a te."
"Devi proprio andare, vero?"
"No no." Disse lui. "C'è ancora tempo."
Sorrise. "Ma a che ora devi andare?"
"Venti minuti e mi avvio."
"Allora va bene." Gli lasciò un altro bacio sulla guancia.
E Clint rispose con un bacio sulla sua guancia, uno sulle palpebre, uno sulla fronte.
"Come fai a farmi sentire così?"
"Sono me stesso. Forse è questo."
"Si, forse è questo."
"L'importante è che tu ti senta bene. Il resto non conta."
"È così infatti."
Clint gli diede un ultimo bacio sulla fronte, per poi rimanere alcuni istanti con la bocca sulla sua pelle. "Devo andare però, ora."
"Oh, di già?" Arrossì. "Scusa. Hai ragione. Puoi chiamarmi quando vuoi."
"E anche tu." Clint gli diede un bacio sulla punta del naso.
"Grazie per la giornata."
"Grazie a te. Comunque ci vediamo fra poco,no?" Fece il circense. "Alle prove di tiro con l'arco."
Phil si mordicchiò le labbra e guardò l'orologio d'acciaio che portava al polso. "Mi dispiace, ma è meglio che torni a casa."
Per un attimo, un fugace istante, Clint abbassò gli occhi e lo sguardo si macchiò di scura melanconia. "Okay." Disse poi, con un sorriso. "Forse è meglio non tirare troppo la corda con le tue zie."
Il suo sguardo, però, non sfuggì agli occhi attenti dell'altro. "Mi dispiace. Magari posso venire domani!" Provò. "Oppure possiamo vederci a pranzo o a cena!"
"Va benissimo." Clint sorrise. "A parte lo spettacolo serale e la pulizia mattutina, i miei orari sono flessibili al massimo!"
"Bene!" Sorrise. "Allora ti chiamo o mi chiami tu!"
"Perfetto. E se vuoi venire al circo, basta che chiedi di me, a qualunque ora."
"Perfetto." Indeciso su come salutarlo, tentennò leggermente, limitandosi, poi, a sfiorargli solo la mano. "A presto, allora."
"A presto." Clint tenne la mano nella sua, piegandosi poi a lasciarvi un bacio.
Quando tornò a casa, Phil era di ottimo umore. Aprì la porta con un enorme sorrise. "Sono a casa!"
Non gli rispose nessuno. Isabella e Victoria erano uscite e la seconda aveva lasciato un fumetto di Capitan America sul tavolo della cucina. Sopra di esso, un post-it giallo, su cui Isabella aveva scritto un allegro: Stasera pizza! Il numero e il menù erano già sul frigo.
Il ragazzo sorrise e afferrò il fumetto, salendo poi nella camera degli ospiti. Bussò leggermente alla porta. "Tony? Steve?"
Gli aprì Steve, dopo alcuni secondi, uno Steve assonnato, a torso nudo e con le mani che aggiustavano pigramente le ciocche disordinate. "Oh, Phil!" Esclamò. "Perdonami, stavo riposando."
"Oh, scusa!" Lo guardò dispiaciuto. "Volevo solo sapere come stava Tony."
"Entra." Gli sorrise il Capitano, andando a recuperare la camicia abbandonata sulle lenzuola. Stark era accoccolato sotto le coperte, girato sul fianco della spalla sana. Dormiva quieto e anche la sua maglia -strano- era stata gettata alla meglio poco oltre il materasso.
Phil si sedette sulla sponda del letto e accarezzò lentamente i capelli dell'amico. "Non dovrebbe fare sforzi." Bisbigliò, gettando un'occhiata eloquente a Steve.
Questi sbatté le palpebre, per un attimo perplesso. "Non ne sta facendo, infatti."
"Allora perché è senza maglietta e lo eri anche tu?"
"Victoria gli ha cambiato le fasciature prima di uscire e Tony ha preferito rimanere senza, ché le bende e la maglia gli davano fastidio." Il Capitano piegò la testa. "Io dormo sempre senza."
Il ragazzo distolse lo sguardo. "Come dici tu."
"Non mi credi?"
Scosse le spalle. "Non sono affari miei." Si sporse a baciare la guancia di Tony con tenerezza. "Vi lascio riposare." Bisbigliò, sollevandosi dal letto.
Steve si alzò in piedi, mentre Stark stringeva le palpebre e cercava una sistemazione migliore sotto le coperte. "Non mi permetterei mai di fare simili cose sotto il tuo tetto." Gli disse il Capitano. "Mai."
"Lo ami?" Gli chiese invece l’altro.
Steve rimase in silenzio per tanto, troppo tempo per una domanda di tale portata. Si chiuse la porta alle spalle, perché non una voce arrivasse a Tony.
"Non lo so." Ammise lui. "Quel che so è che accanto a Tony, tutto il dolore, tutto ciò che ho perso sembra acquisire un senso perché mi hanno portato sino a lui."
"È una bella cosa." Sorrise.
"Ma è amore?"
"Credo solo tu possa rispondere a questa domanda."
Il Capitano piegò la testa, sviando lo sguardo dal suo. "È se fossero le Gemme? Niente più di una attrazione simulata?"
"Beh... Credo che solo il tempo possa dircelo, non credi?"
"Per esperienza personale, il tempo porta più domande che risposte."
"Allora non so che consiglio darti. Segui il tuo cuore e basta."
Steve gli fece un quieto sorriso, per poi invitarlo a scendere a prendere un the con lui. "E tu come stai? Hai un aspetto assai diverso."
"Mi obbligano a riprendere l'addestramento per aiutarvi di più sul campo."
"Addestramento?" Steve prese il bollitore, per poi girarsi a guardarlo. "Come farai con gli studi?"
"Farò quello e quello, solo che non riuscirò più a stare a casa."
Il Capitano mise due tazze in tavola e lo zucchero e il latte. "Sono desolato." Disse poi. "Più di una volta non sono stato in grado di proteggerti come avrei dovuto."
"Devo essere io a proteggervi, non il contrario."
"Perché?"
"Perché è il mio compito." Afferrò la tazza. "Devo diventare più forte per farlo."
"Posso aiutarti anche io."
Sollevò un sopracciglio. "Come?"
"Sono stato nell'esercito. Posso aiutarti."
Phil sorrise. "Grazie ma credo che un allenamento basti e avanzi. Allo S.H.I.E.L.D. si parla di otto, nove ore al giorno, sette giorni su sette, quindi..." Sospirò. "Io lo odio."
Steve pose in tavola anche lo zucchero. "Non così diverso da quello che facevo io."
"Sono anni che lo faccio e mi erano stati promessi almeno tre anni di vita normale. E invece non è passato neanche un anno. Ho quindici anni! Voglio uscire con gli amici e andarmi a divertire, innamorarmi!" Lasciò andare la testa sul tavolo. "Volevo avere un po' di tempo per me..."
"Sai, conobbi un uomo, una volta." Steve si sedette al suo fianco. "Ben Parker. Mi disse che da grandi poteri derivano grandi responsabilità."
L'altro sollevò gli occhi su di lui. "Io non ho grandi poteri, Steve."
"Come no? I poteri non sono soltanto le Gemme."
"Ci sono altri tipi di potere?"
"Il coraggio di affrontare e sopportare tutto questo. Di usare le armi. Di fare fronte a quanto sta accadendo."
"Sono qualità, non poteri." Sorrise. "Prima finirà questa storia, prima tornerà tutto alla normalità. Potresti anche ritornare a casa tua."
"Già." Per un attimo il volto di Steve si rabbuiò. "Potrebbe."
Sorrise mesto. "Se vuoi tornare, possiamo trovare una soluzione.”
"Ancora non credo sia possibile."
"Forse quando le Gemme saranno riunite..."
Steve scosse la testa e incrociò le braccia sul tavolo. "Non lo so. E se il mio Destino fosse rimanere qui? Le tue zie mi hanno detto che sono stato dichiarato disperso in missione."
"Potresti ritornare nel momento esatto in cui sei sparito."
Il Capitano tacque e si dedicò con insolita attenzione a versare il thé, quasi il farne cadere una singola goccia potesse avere effetti indesiderati sull'equilibrio mentale cui stava lentamente anelando. "Il tempo è una intelaiatura fragile." Sussurrò. "Non so dire cosa potrebbe succedere, se tornassi."
"Credo lo scopriremo solo andando avanti."
"Concordo." Steve mise un goccio di latte nella propria tazza, rigirando lentamente il cucchiaio e facendo salire un quieto aroma di vaniglia. "Sono cambiate così tante cose... Non riuscirò mai ad impararle tutte."
"Hai tutta la vita, non scoraggiarti così."
Steve sorrise e gli occhi corsero ad una foto di Victoria e Isabella, appesa al frigorifero: le due donne camminavano sulla battigia, mano nella mano, di spalle all'obiettivo. "Sono felice che le cose siano cambiate."
"Suppongo fosse difficile dimostrare amore nella tua epoca."
"Diciamo che non era ben visto. Doveva essere nascosto. Finché non si sapeva, finché non era palese... Nella minima parte dei casi e per gente rispettabile a livello economico. Per tutti gli altri, la storia è assai diversa."
"Ora siamo molto più liberi." Sorrise Phil. "E Tony è un bravo ragazzo."
"È una persona molto buona. E coraggiosa."
"Lo è davvero. Per questo... Se non sei sicuro di quello che provi, non dargli speranze."
Il giovane annuì e posò la tazza che si era appena portato alle labbra.
"Scusa." Phil sorrise dispiaciuto. "Sono molto protettivo nei confronti di Tony ma è la mia famiglia al pari delle mie zie."
"Non ti devi scusare." Il Capitano gli rivolse un sorriso, come a sottolineare meglio le sue parole. "Capisco che tu lo voglia proteggere."
"Tu gli piaci davvero tanto." Prese un sorso di the e sospirò. "Sono un po' geloso." Ammise. "Vorrei avere anch'io qualcuno accanto."
"Perché non Tony?" Gli chiese lui, allora. "Sembrate molto uniti."
Scosse le spalle. "Non c'è stato il colpo di fulmine."
Steve annuì, per dire che aveva capito. "Come pensi che sia, questo colpo di fulmine?"
"....Non lo so... Qualcosa che ti toglie il fiato e ti fa stare bene."
Il Capitano si prese il tempo per pensare, mentre il the raffreddava dentro la ceramica. Vi tamburellò sopra le dita, chiudendo gli occhi per goderne la salda consistenza. "Deve essere una sensazione come mai nella vita."
Phil socchiuse gli occhi e pensò a quella giornata trascorsa con Clint. "È unica." Bisbigliò. "Non esiste nulla di meglio."
"La consapevolezza che va tutto bene."
Annuì. "È magico."
"Ogni pezzo va al suo posto."
"Ti è già capitato?"
"No." Steve scosse la testa. "Ma è una sensazione che ho iniziato a provare dacché sono qui."
L'altro sorrise. "Con Tony?"
Il Capitano permise ad un sorriso di affiorargli alle labbra.
E Phil rispose con egual sorriso. "Sono felice per te."
"Grazie. Per tutto quel che state facendo per me."
"Non abbiamo fatto nulla, credimi."
"Mi avete accolto. Mi avete dato la possibilità di vivere di nuovo."
"Siamo la tua nuova famiglia."
"Lo siete." Annuì Steve. "Lo siete davvero."
"Andrà sempre meglio." Finì il the e sospirò. "Vado un po' a riposare. Chiamami se hai bisogno."
"Lo farò sicuramente." Steve prese entrambe le tazze, apprestandosi a lavarle. "Dormi un poco e non pensare a nulla."
"Grazie." Lo salutò con una pacca sulla spalla e andò a chiudersi in camera. Fu tentato di inviare un sms a Clint ma si trattenne per non essere troppo insistente e andò a buttarsi sul letto.
Come richiamato dal suo pensiero, tuttavia, lo schermo del cellulare si illuminò e il nome del circense sfarfallò nero su di esso. "Coi bambini è andata bene. È durata poco, ne sono venuti solo tre e poi i genitori li hanno trascinati via! Balordi. Come stai?"
"Bene, solo un po' stanco." Sorrise felice. "Stasera hai lo spettacolo?"
"Oh, sì! Ancora un'oretta e poi comincio a scaldare i muscoli."
"Allora dovresti riposare un po'."
"Lo sto facendo. Sono attualmente in panciolle contro il caldo stomaco del mio miglior amico -Marley, il leone."
"Quindi il profumo di oggi era l'odore del leone?"
"Anche. Ma di leone lavato, sia chiaro."
"Ovvio! Grazie ancora per la bellissima giornata."
"Grazie a te. È stato...Fantastico stare al tuo fianco."
"Anche per me. Spero di rivederti presto."
"Che ne dici di domani?"
Il ragazzo si mordicchiò le labbra. "Mi dispiace ma non credo di potere. Le mie zie vogliono che cominci ad andare in palestra e... Non so a che ora mi libero." Mentì.
"Possiamo vederci prima, se vuoi."
"Ho scuola..."
"Okay. Capito."
"Mi dispiace! Forse nel weekend..."
"Okay."
"Ci sei rimasto male?"
 "Un po'. Però capisco che sia difficile mettere in accordo i propri desideri e quelli della famiglia."
Perché lui è libero, al contrario di te, spuntò un violaceo pensiero nel suo cuore, Al contrario di te, lui può far quel che vuole, senza chiedere a nessuno il permesso.
Phil chiuse gli occhi e lasciò da parte il cellulare per un attimo. Poi lo afferrò di nuovo e premette la cornetta verde per la chiamata.
"Ehi!" Gli rispose Clint, dall'altra parte. "Che succede?"
"Volevo solo scusarmi." Bisbigliò. "Purtroppo non posso non andare ma posso trovare un po' di tempo dopo cena, se ti va."
"Sarebbe perfetto!" Esclamò lui. "Non ti devi scusare, davvero."
"Lo so ma... Vorrei davvero passare più tempo con te ma non posso. Non posso davvero fare a meno di andare."
"Non c'è problema, dico davvero. L'importante è vederti, anche solo per cinque o dieci minuti." La sua voce era sincera, calda di un fugace sorriso. Ma di nuovo, quella sensazione livida fiorì nell'animo di Coulson: sei un bambino, pareva dirgli, che deve chiedere il permesso alle mamme e altro non è, se non una mezza cartuccia.
Phil ingoiò con forza. "Okay." Disse. "Ti lascio un buon lavoro allora."
"Aspetta---Sicuro di stare bene?"
Dall'altro lato non si udì nulla per qualche secondo. "Si." Disse, poi. "Solo che mi dispiace. È un brutto periodo."
"Ne vuoi parlare?"
"No, ti ringrazio. Passerà. Passa sempre tutto alla fine."
"Parlare accelera spesso il processo di guarigione." Gli disse. "E spesso le cose ristagnano, più che passare."
"Lo so ma ora non me la sento."
"Okay. Sappi che puoi chiamarmi quando vuoi. A qualsiasi ora. Se hai bisogno, io sono qui."
"Grazie, sei un amico."
"Di niente. Ti dedicherò il mio spettacolo, stasera. Tutte le frecce saranno in tuo onore!"
Ridacchiò. "Grazie Clint."
"Per te, lo faccio volentieri."
"E grazie anche per la giornata, sono stato davvero benissimo."
"Non mi sono mai sentito meglio in vita mia."
"Spero potremmo replicare il prima possibile. Se vuoi... Ti mando il mio indirizzo, così puoi venire a trovarmi se non riuscissimo a vederci."
"Okay! Perfetto!" E l'esaltazione nella sua voce era palese, "Prometto che non sarò invadente. Non troppo."
Sorrise. "Puoi venire quando vuoi, mi fa piacere."
"Quando vuoi e puoi, sai che il circo è sempre qui."
"Lo so, grazie."
"Okay. È meglio che inizi il riscaldamento o i miei muscoli saranno più freddi di una cena congelata."
"D'accordo, buon spettacolo, ci sentiamo presto."
"A presto. Ti penso continuamente."
"Davvero?" E l'emozione nella voce di Phil era palpabile.
"Davvero."
Lui pensa a te. Sussurrò la voce violacea.
Può guardarti come nessuno ti ha mai guardato.
"Anche io." Sussurrò. "In ogni attimo e mi pento di non averti baciato."
"Io mi sono fermato perché pensavo di correre troppo."
"Non mi sarei spostato..."
"Allora sarà mia premura rimediare quando ci rivedremo."
"Guarda che ci conto."
"Promesso."
"Buon lavoro, allora."
"E a te buona serata."
Phil riattaccò e affondò il viso nel cuscino, scoppiando poi a ridere. Non si era mai sentito così felice in vita sua.
 
   
 
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