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Autore: Margo_Holden    21/05/2017    0 recensioni
Con un passato travagliato alle spalle, mai del tutto superato, Hazel si trascina ogni giorno nel diner in cui lavora come cameriera, cercando di evitare tutti, perfino la vita stessa. Ma il destino è inarrestabile ed imprevedibile.
Così un giorno mentre si reca a lavoro, incontra lui.
Alex è un criminale, con una montagna di cicatrici e tatuaggi che parlano per lui, del suo passato, che come una tempesta lo ha corrotto dentro, fino a divorarlo, a distruggerlo, a cambiarlo.
Queste due anime che sembrano pianeti opposti, finiranno per convergere, nel modo più improbabile possibile.
Ma il loro non sarà amore, perché il cuore di Hazel è infestato dal veleno della vendetta, che l'acceca e la rende sorda. Nel suo personale inferno infatti, torreggia come un re, fra tutti i mostri, Alexander.
Così mentre una guerra tra gang divampa per la grande mela, e mentre Hazel sente su di sè, la costante presenza di due losche figure che sembrano reclamare il proprio sangue, i due riusciranno finalmente a lasciarsi il fantasma del passato alle spalle, per tornare a vivere?
[DA REVISIONARE]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 21






Pioveva.
La poggia cadeva dal cielo impetuosa ormai da tre ore.
Erano le undici passate e un po' per la poggia e un po' per l'orario, in strada non c'era nessuno.
Nella cabina telefonica nei pressi di Hell's Kitchen però, si poteva udire ovatta una voce.
Messo il gettone, l'uomo aspettò trepidante che la voce dall'altro capo del telefono, accettasse la chiamata.
Intanto il cielo fu illuminato da un lampo argentato e allora l'uomo nell'attesa del momento, cominciò a contare i secondi che passarono prima di udire l'esplosione del tuono e per misurare quanto vicino esso fosse.
Ne contò sette, ciò voleva dire che il tuono era lontano dalla cabina. Non c'era quindi nessun pericolo.
─ Pronto, chi è che parla?
Finalmente udì la voce dall'altro lato e prendendo un respiro profondo, cominciò con il suo monologo.
─ La texana non è mai morta e il russo non vi ha mai detto la verità... 

Doveva salvare una vita, sacrificandone un'altra.
D'altronde, questa era la dura legge del mercato della vita.

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Finalmente il cielo si era aperto, rivelando un pallido sole sotto un manto celestino.
Nonostante tutto però, faceva ugualmente freddo. 
Chris aveva obbligato Hazel a passare la mattinata con lui, poiché era da molto che non lo facevano. Costretta ad una settimane di ferie arretrate, la ragazza si era finalmente decisa ad uscire con l'amico, anche perché, l'aveva minacciata apertamente.
─ Allora ti decidi a parlare o sono costretto a farlo io? Sai che quando mi ci metto posso essere molto persuasivo.─ e finì la frase sorridendo e sorseggiando il suo caldo caffè nero.
Erano seduti ad un bar, avevano ordinato la colazione e ora ad entrambi, non restava che raccontare tutti gli avvenimenti che si erano persi in quelle lunghe settimane di assenza.
Hazel lo guardò di traverso, dall'alto del suo cappuccino all'italiana o almeno era quello che sarebbe dovuto essere, in realtà era solo caffè lungo con un goccio di latte.

Chris non smetteva un secondo di fissarla, era deciso in quello che stava facendo.
Rassegnatasi, Hazel rilasciò l'aria trattenuta un secondo di più dai polmoni e cominciò a parlare.
─ L'ho trovato. 
Sulla faccia dell'amico si dipinse uno sguardo confuso, ma poi capì a cosa l'amica alludesse. 
Quell'ombra l'aveva tormentata per settimane, diventando quasi un incubo, non solo notturno.

Hazel guardò la faccia di Chris leggendo negli occhi quella giusta curiosità che parafrasava la sua voglia di scoprire di più,  sempre di più. 
Sospirando, riprese il discorso. Gli raccontò della sera in cui si era ritrovato quell'uomo in casa, di come aveva incontrato Alex e soprattutto, chi era Alex. Non menziono però,  quanto c'entrava l'uomo nel suo passato e quello che aveva in serbo per lui. 
 
─ Gesù Haz, mi stai dicendo che un biondino, non che suo amico, si è intrufolato in casa tua e ti ha minacciato. Tu però invece di correre dalla polizia, hai accettato quella sua malsana offerta. Ma tutto ciò, ti ha portato ad incontrare lui, che per sopravvivere fa l'assassino?! ─ urlando per tutto il tempo, Chris aveva appena espresso il suo parere su tutta la questione.
Hazel si guardò intorno, pregando e sperando che nessuno dei presenti l'avesse sentito blaterare ed urlare. Nel farlo vide però, che tutti erano indaffarati a spettegolare e a  parlottare tra di loro. Tutti tranne due uomini che sedevano a tre tavolini più dietro, che con le facce scure se ne stavano seduti, o meglio, sbragati sulle seggiole in ferro battuto nero, con gli occhiali da sole sugli occhi e guanti neri alle mani.
Hazel nel vederli deglutì visibilmente preoccupata.
─ Non urlare buon cielo! Ti rendi conto che sono discorsi che devono rimanere il più segreti possibili?! E poi cosa vuoi che facessi?! Mi ha minacciata di fare del male a John e a te, brutto imbecille. 

Ma l'amico non sembrò minimamente scalfito dal rimprovero bonario della ragazza, anzi tutto tranquillo continuò a sorseggiare il suo caffè.
Per alcuni secondi rimasero in silenzio.
Chris rilassato prese ad inviare messaggi con il cellulare, ma Hazel continuava a guardare con la coda dell'occhio i due tipi misteriosi. 
Ad un certo punto arrivò a formulare l'idea che fosse stato Alex a mandare quei due, ma poi, alla luce dei fatti, non vi trovò nessun buon motivo per cui l'uomo avesse dovuto ricorrere a quegli strani trucchetti solo per poterla tenere sotto controllo. In fondo, il giorno precedente era stato molto chiaro, riguardo a tutto ciò.
 Un sorrisetto nacque temerario sulle labbra screpolate, quando ripensò a lui e a quello che avevano fatto. 
Quando aveva fatto l'amore con lui, tutto era sembrato andare nel verso giusto. Gli aveva trasmesso emozioni vere e contrastanti. Aveva sentito dentro di sé, la malsana voglia di fargli del male e quella di carezzarlo, quella di dovergli tutta la passione di cui il suo corpo era fornito. 
Quella non era stata semplice unione carnale di due amanti, che dopo tanto tempo sfogano i loro istinti, ma un unione di ossa, di carne, di sangue rosso e nero, di vene viola, di occhi, di respiri interrotti e sussurrati e di anime. Si erano concessi, serviti su un piatto d'argento, e tutto questo nella pace del momento che, purtroppo, era durato troppo poco perché poi il risentimento era risalito a galla e quelle anime danzanti, avevano smesso di ballare per ricominciare a graffiarsi, a mordersi, a farsi del male.

─ Chris ascoltami bene, dobbiamo andarcene, ma senza dare troppo nell'occhio nel modo più silenzioso possibile.  ─  sussurrò quelle parole con un mal celato terrore.
Il ragazzo dai capelli rossi annuì.
Si fidava così ciecamente della ragazza, che se avesse dovuto concedergli la propria vita in una mano, l'avrebbe fatto. Perché se Hazel aveva detto ciò, un motivo c'era.
Si alzarono in religioso silenzio e dopo essere entrati nel bar per pagare, altrettanto silenziosamente, vi uscirono.
Indossando un paio di occhiali nero pece, Hazel volse il proprio sguardo celato e nascosto dalle lenti, verso i due senza farsi notare.

La gola divenne secca quando non li vide più.
Erano spariti, si erano alzati, forse dileguati o forse li aspettavano trepidanti nel parcheggio.
Di nuovo la paura la investì.
E se li avessero attaccati? Che cosa avrebbero potuto fare loro due verso quei mostri?
Al solo pensiero gli risaliva dalla gola una bile amara.
 ─ Corriamo in macchina e andiamocene da qui. 
Così prese a camminare svelata davanti l'amico, che intanto la seguiva interdetto e confuso.

Intanto, dall'altra parte delle città, verso il porto dismesso dell'isola di Roosevelt, Alex stava contando i morti sventrati appartenenti al proprio clan.
Ormai era cominciata la guerra.
Loro avevano ucciso un pezzo grosso e questo era il prezzo che avevano dovuto pagare.
Affianco a lui, un Sam attento scrutava i corpi dissanguati mentre tirava le proprie conclusioni e un Donovan al quanto preoccupato.
─ Non c'è dubbio...è un esecuzione che ha lo scopo di lasciare un messaggio ben preciso.

Allora Sam prese a girare intorno ai cadaveri.
Prima a destra per poi ritornare a sinistra.
Si avvicinava e dopo aver osservato un corpo abbastanza a lungo, si allontanava da esso.
Poi indicò con il dito la matassa di corpi raggomitolati gli uni sugli altri.
─ Vedete, oltre ai segni e alle ecchimosi sul volto, perché hanno una mongolfiera apposto della faccia...  ─ detto questo, cominciò a sghignazzare della sua stessa tetra battutina, per poi continuare con l'attenta analisi dei corpi  ─...hanno subito altre torture di vario tipo, per citarne una: l'esportazione del tessuto cutaneo su entrambi i bracci, e sono quasi sicuro di poter affermare che credono che tra di loro ci sia una spia, un uccellino che sente e canta tutto a qualcun'altro che sta al di fuori del loro rispettabilissimo clan.

─ Come fai a dirlo con certezza? 
Lo interruppe Donovan con una faccia disgustata e dal colore pallido.
Alex a quella vista, cercò di tenere per se la nascita di un sorriso derisorio.
Quel ragazzo ne aveva di strada da fare!
Spazientito, Sam sbuffò e riprese, lanciando un'occhiataccia al moro, il monologo.
─  Perché altrimenti non ci sarebbero questi cinque qui, ma Alex, con un buco in fronte.
A quel punto Donovan guardò negli occhi Alex, il quale, quest'ultimo, vi lesse una cocente preoccupazione.
─ Sta tranquillo coglione, finché sarò su questa terra e camminerò per questa vie, nessuno mi farà del male.  ─ gli rispose cercando di tranquillizzarlo.

Almeno per quanto riguarda quello fisico. 
Caro Donovan, non c'è niente di più brutto che il dolore interiore. Quello amico mio, non ti lascia nemmeno la possibilità di respirare.  

Il discorso, se pur fatto da quel sadico di Sam, era chiaro e più che giusto.
A quanto pare la cara Cathlyn non gli aveva detto di avere una spia.

Improvvisamente squillò il cellulare.
Con fastidio lo estrasse dalla tasca e lesse il nome di chi lo stava disturbando sul display.
Di tutti i nomi si sarebbe aspettato, ma non certamente quello di Hazel.
In un baleno accettò la chiamata e rispose.

─ Alex degli uomini ci stanno seguendo.
Nella voce della ragazza si poteva leggere tutta la tensione del mondo.
Strinse la mascella così forte, che per un attimo pensò che si potesse rompere.
Ma fortunatamente ciò non successe.
 Sono fuori casa, ma non ho il coraggio di scendere.

Bastarono quelle parole e la consapevolezza del pericolo, a farlo correre come un dannato tra le strade di Manhattan per arrivare a Brooklyn, in meno di  due ore.
Ma quando arrivò lì, non si sarebbe mai aspettato di trovare la ragazza in lacrime seduta sugli scalini adiacenti all'entrata.

Con il fiatone si guardò intorno, cercando di scovare un indizio, magari una macchina.
Nuvolette di fumo bianco uscirono dalla sua bocca, mentre il respiro lentamente tornava regolare. Non trovando niente che gli fosse utile, ritornò con lo sguardo verso di lei.

Nel vederla in quelle condizioni, una voragine si aprì nel suo stomaco.
Era come se un fuoco si fosse impossessato del suo sangue e le lame affilate delle sue ossa.
Hazel lo vide e non fu mai così felice come prima di allora.
In un impeto di coraggio e disperazione, le si buttò addosso.
Alex ne fu felicemente sorpreso.
La strinse a se. Doveva proteggerla, sentirsela plasmata addosso e fu per questo che chiuse gli occhi, respirando e inebriandosi l'olfatto dei suoi capelli che sapevano di cocco.
Hazel invece, entrando in comunione con il suo calore, con la forza che quel corpo scolpito dagli uragani e dalle tempeste emanava, sentì evaporare tutta la paura e il terrore che le avevano pervaso lo spirito quel giorno.
Non erano mai stati così lontani e così vicini, come in quel momento.

Si staccarono leggermente per far incontrare i loro occhi.
─ Stai bene? 
La ragazza fece solo su e giù con la testa.
Poi un rumore, come di qualcuno che forzatamente si schiariva la voce, li fece tornare alla realtà.
Alex stacco il filo che li univa per primo, seguito poi, con rammarico da Hazel.
─ Si, sto bene anche io, se ve lo stavate chiedendo.

Chris, si era dimenticata che lì non era da sola ma con Chris, che l'aveva supportata per tutto il tempo.
Staccandosi definitivamente dall'uomo, si allontanò da lui, per andare verso l'amico che intanto gli rivolgeva sguardi di approvazione.
Era in quei momenti che si ricordava della vera natura di Chris. Riuaciva ad essere un fuoco d'artificio, anche quando il cielo era azzurro.
  ─ Ah scusami, Alex lui è Chris... ─  si rivolse al russo indicando l'amico per poi fare il contrario, tutto questo con un sorriso stampato sulle labbra sottili ─...Chris, lui è Alex, l'uomo di cui ti parlavo.
Ed ammicó mordendosi il labbro, con gli occhi che brillavano di una strana luce, da renderli quasi acquosi.
Alex sorrise, ma per non farsi accorgere dalla ragazza, girò il viso verso destra mentre portava le mani in tasca.
Ripresosi, salutò come di dovere Chris e il rosso fece lo stesso, strinse la mano callosa che l'uomo gli dava.
Finiti i convenevoli, Chris con una scusa decise che era arrivato il momento di andare, capendo che i due avevano molto di cui parlare da soli, così mentre il ragazzo si allontanava verso la fermata del bus, i due salirono le scale per entrare poi, in casa di Hazel.

   
 
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