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Autore: marea_lunare    22/05/2017    1 recensioni
Rinascita.
I due uomini si guardarono di nuovo negli occhi quando la voce si spense.
Non c’era malizia nei loro sguardi, solo puro e semplice affetto. Non sorrisero, non parlarono. Si guardarono e basta, perché loro sapevano. Sapevano di essere l’uno la causa della rinascita dell’altro. Si erano salvati la vita a vicenda, ma non se lo erano mai detti. Se lo confessarono a vicenda in quel momento, mentre la foto di un distrutto paesaggio afgano li guardava ammirarsi l’un l’altro, come fossero stati lo spettacolo più bello del mondo.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III

La mostra era quasi giunta al termine. Avevano trascorso lì dentro più di tre ore senza nemmeno accorgersene e stava arrivando l’orario di chiusura.

“Dovrebbe essere rimasta solo questa parete” affermò John.

Sherlock era rimasto indietro ad osservare il ritratto di un anziano uomo indiano con il volto colorato da polveri dai toni sgargianti e due orecchini dorati a forma di quadrifoglio che risaltavano ancora di più grazie alla carnagione mulatta. (5)

Sempre con le mani dietro la schiena e nella sua tipica posa regale, si avvicinò di qualche passo al dottore, il quale si stava accostando all’ultima parte dell’esposizione fotografica.

Improvvisamente, John inspirò e si lasciò sfuggire un “Ti prego no…” che allarmò all’istante Sherlock.

Quando l’ebbe raggiunto, sciolse le mani dietro la schiena e le lasciò cadere lungo i fianchi, sentendo John gemere.

Davanti a loro c’era il volto di una bambina afgana, dotata di una grazia mai vista prima. (6)

Indossava un vestito rosso a fiori, in netto contrasto con i capelli neri come la pece, lisci e raccolti in due treccine che le ricadevano dietro le piccole spalle. Poi gli occhi. Due enormi iridi color nocciola che guardavano fisso l’obbiettivo e incatenavano lo spettatore come fossero due magneti, rispecchiavano la luce del sole e splendevano di giovinezza, stanchezza e paura. Il volto paffuto e le labbra leggermente dischiuse davano l’impressione che fosse sul punto di parlare, un’espressione di leggero stupore che le aleggiava sul volto.

Una bellezza che brillava della semplicità di una bambina e che gridava alla vita. Quegli occhi sembravano dire “Anche se sono stanca, io voglio vivere”.

Poi Sherlock fece scorrere lo sguardo verso l’altro ritratto, quello che aveva così colpito John, e un respiro gli sfuggì dal petto.

Un bambino afgano li guardava con un’espressione di tristezza e rabbia dipinta sul volto. (7)

Indossava quella che all’inizio poteva sembrare un piccolo turbante, ma che alla fine si rivelò essere una benda che gli copriva quasi tutta la testa, un enorme cerotto gli copriva la piccola guancia insanguinata, l’occhio sinistro completamente chiuso forse da un’infezione o un ematoma e la casacca bianca quasi totalmente rossa di sangue.

“Oh John…”.

L’ex soldato si girò verso di lui, guardandolo con gli occhi semichiusi dalle lacrime e un sorriso mesto.

“Ne ho visti tanti di questi bambini. Potrei essere io uno dei colpevoli, capisci? Il sangue che quel bambino ha sulla maglietta. Potrebbe essere il suo oppure di suo padre o qualcuno a lui caro, a cui io ho sparato. Io potrei aver distrutto la sua vita, Sherlock, la vita di quel bambino”.

Quelle parole arrivarono al detective come una montagna di schiaffi, perché solo in quel momento si rese conto di quanto gli incubi di John venissero fomentati da quell’enorme senso di colpa che si portava dietro da anni, sapendo di essere uno dei complici della distruzione diffusasi in Afghanistan, nonostante lui pensasse di essere dalla parte della ragione.

Una lacrima fece capolino dall’occhio di Watson, che la lasciò cadere tranquilla sulla sua guancia, per poi raggiungere la punta del mento e cadere sul pavimento.

Automaticamente, Sherlock gli mise una mano sulla spalla, l’unico contatto che si sentiva di rivolgere al dottore senza sembrare ambiguo, nonostante lo avesse già preso per mano una volta, mentre scappavano dalla polizia.

“Non sei tu il responsabile John. Ne sei convinto da quando sei tornato dal servizio militare, ma ti posso assicurare che non è come dici tu. Tu sei stato costretto a combattere e ti avevano fatto credere di essere dalla parte del giusto, ma nella guerra non c’è chi ha ragione o chi ha torto. Ci sono solo i morti e la distruzione. Come mi hai detto tu una volta, la guerra la giocano i potenti, che usano le persone come se fossero pedine solo per acquistare più potere di quanto già non ne abbiano, per soddisfare la loro avidità. Però ciò non significa che tu sia come loro. Tu non sarai mai come questi uomini, tu resterai sempre l’uomo migliore che io abbia mai conosciuto e il mio unico amico. Sei stato un militare e un medico e tutt’ora salvi le persone per cercare di alleviare quel malessere che ti grava sul petto da anni. Ma lascia che ti dica questo, John: tu non hai niente da farti perdonare. Hai servito il tuo paese con fedeltà e ne sei uscito distrutto, trovando però la forza di fare da punto di riferimento ai tuoi commilitoni che ormai avevano perso la speranza. E per me questa è una cosa degna non solo di ammirazione, ma anche di rispetto”.

John rimase sbigottito dalle capacità dialettiche di Sherlock e dalla semplicità con cui riusciva a far uscire tante cose belle da quelle labbra a cuore che il 98,2% del tempo sproliloquiavano sugli argomenti più consoni ai casi di cui si occupavano.

Si asciugò la guancia con il dorso della mano, cercando di riprendere il controllo di se stesso.

“Hai ragione, John. Entrambi siamo anime spezzate dal corso degli eventi, ma possiamo solamente raccogliere i nostri frammenti e andare avanti” concluse il detective sorridendogli con sincerità.

John si rese conto che il suo battito cardiaco era ormai diventato irregolare e uno strano calore gli stava inondando il petto. In quel momento di accorse della forza che Sherlock era capace di dargli anche solo con la sua presenza.

“Grazie” gli sussurrò.

Sherlock tolse la mano dalla spalla di John e, di nuovo in silenzio, si diressero verso l’uscita.

Scesero le scale e giunsero in strada, incamminandosi verso il loro appartamento.

Le loro mani si muovevano a ritmo della loro andatura, sfiorandosi più volte per poi ritrarsi come spaventate da quel contatto.

Il dottore rimuginava su ciò che Sherlock gli aveva detto, riuscendo finalmente a capire fino in fondo l’umanità che quell’uomo aveva sempre dimostrato nei suoi confronti. Nonostante spesso bisticciassero, nonostante Sherlock gli rispondesse quasi sempre con un tono acido e da schiaffi in faccia, il detective in qualche modo si era sempre preso cura di lui, tramite tante piccole azioni della loro quotidianità a cui lui non faceva più caso. Anche il semplice fatto che trascorressero tutto il giorno insieme, sapeva che non era dovuto alla semplice convivenza.

Ormai il loro ‘Noi due, insieme contro il mondo’ era diventato la parte più importante delle loro esistenze.

“Allora, caro Sherlock, è stato così male?” sorrise John con tono canzonatorio.

In attesa della risposta del detective, Watson si avvicinò di qualche millimetro a Sherlock, prendendogli la mano. Sapeva quanto quei contatti fossero una novità per il consulente, perciò non glie la strinse, ma semplicemente intrecciò la punta delle loro dita, così che potessero rimanere unite anche senza premere.

Sherlock sussultò, ma continuò a camminare indifferente.

Nessuno li guardava storto, nessuno faceva commenti, nessuno sapeva chi fossero. Nessuno vedeva Sherlock come un mostro, quando John Watson era al suo fianco.

A quel pensiero, Holmes sorrise e strinse debolmente le dita calde e forti del soldato nelle sue, fredde, lunghe e affusolate.

“No, John. Non è stato affatto male”.







(5) Hindu Legends That Inspired the Colorful Holi Festival | Rubin ...


 


(6) Portraits by Steve McCurry | Steve mccurry, Beautiful eyes, Portrait


(7) Purtroppo non sono riuscita più a trovare questa foto, è scomparsa da internet e non riesco a capire per quale motivo. 


 


 

Note dell'autrice: Ciao a tutti! Eccoci qui con l'ultima parte di questa mini long. Spero vivamente che vi sia piaciuta e che sia stato bello tanto per voi quanto per me attraversare questo mondo fatto di immagini e fotografie che rispecchiano l'anima dei nostri due protagonisti, svelando le più intime debolezze che spesso tentano di nascondere anche a se stessi.
Commenti o critiche di qualsiasi genere sono sempre ben accette e, come sempre, ringrazio chi ha letto fino a qui seguendomi in questo piccolo viaggio e chi ha lasciato una recensione ai capitoli precedenti. 
Ci vediamo presto <3 

   
 
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