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Autore: Angelo_92    22/05/2017    2 recensioni
Mi ritrovo a seguire la linea gialla, in un luogo desolato, dove si ode il solo suono dello scricchiolare infelice delle corde che tengono prigioniere le barche alla bitta.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NUOVA VITA

 

Cammino faticosamente fra le strade della città, mentre un esercito di quieti umani con le cuffie mi assale.
Con i loro sguardi persi non si curano di ciò che li circonda, immersi in chissà quali pensieri, mi arrivano addosso come un fiume in piena. Silenziosamente quegli esseri mi stanno dilaniando l’anima. Sento dentro me il lento e continuo brusio di una termite che imperterrita scava il legno della mia esistenza, mentre ogni giorno perdo una piccola parte di me, cellula dopo cellula, sento di stare per scomparire.

Oggi ho paura a guardarmi allo specchio, ormai non so più chi sono, so che quel volto che vedo non mi sembra più il mio.
I miei occhi mi fanno paura, quello sguardo esprimono ancora umanità, producono una luce che non riesco a vedere in nessun altro; in una società di silicio e onde elettromagnetiche non c'è più spazio per me. Non so più perché esisto, quale senso abbia la mia vita, vivo in un mondo che non mi appartiene.

Fatico a dormire, nel mio letto i pensieri mi assalgono come nemici di una guerra che non conosco. Ogni giorno mi decompongo come una foglia sul terreno, mi sento come scomparire da una esistenza vuota e infelice. La sera arrivo a letto che sono un deserto, il nulla, una terra di desolazione infinita; poi di notte, attraverso i sogni, mi ricompongo e mi ricostruisco, pian piano, con quel poco di me che ancora rimane.
La vita mi riempie e mi svuota come il secchio di una cisterna, costretto a vivere una vita che nemmeno sento mia.


Come un disperato da anni sto cercando quelle poche briciole di anima che questo universo ancora possiede.
Le cerco nelle persone, nei libri, nella musica. Conservo quei libri che tutti ignorano come fossero reliquie sacre di un mondo che ormai non esiste più. Assorbo ogni frammento di vita, di anima, che riesco a trovare, solo così riesco a considerarmi vivo, ma più sono vivo e più soffro. Probabilmente la vita è sofferenza, le esistenze umane si uniscono tra loro fino a diventare una unica cosa.

Non capisco se sia meglio vivere e soffrire o non vivere affatto. Studiando, leggendo e ascoltando musica trovo l'arte, l'essenza, il senso.
Ed è scorrendo le pagine dei libri che mi sento Napoleone, felice e veloce sul suo bel cavallo, sento il suo sudore scorrermi sulla fronte dopo che il grande condottiero ha vinto una delle sue battaglie; mi sento comunista tra le righe di Karl Marx, fiero di quella bandiera rossa simbolo di libertà e uguaglianza; mi sento un monarchico, fedele solo al mio re, e all’occorrenza anche un po’ fascista, perché io alla famiglia ci tengo.

Di quelle idee mi inebrio, vivo, respiro, ed è così che sono un pessimista leopardiano, un veritiero manzoniano, fiero illuminista, di cultura decadente, spesso ermetico, solo quando mi stanca il neoclassico.
Vedo in strada Dante Alighieri, mi saluta e mi fa un sorriso, ma io della sua Divina Commedia non ricordo una sola parola, ma colgo le emozioni e le idee dietro le sue incomprensibili parole perché molto volte le puoi comunicare senza che gli altri capiscano le tue parole.
Non ricordo nemmeno la tabellina, mica si vive di matematica, né la nostra anima è fatta di numeri. Non vivo di nomi, ma di parole che tocchino il cuore, di accostamenti di note musicali capaci di superare la barriera della realtà fino a sprofondare negli abissi della nostra esistenza.

In una società fatta di sesso e di curve, abbiamo avuto una modella, bellissima, Emily Dickinson, che non aveva curve pronunciate, ma molto pronunciata era la sua fantasia poetica. Non mi stanco di ascoltare Franco Battiato, di volare nei suoi mondi lontanissimi con la sua musica rivoluzionaria, ma poi c’è Giovanni Verga, vecchio padre, che mi riporta nella dura realtà della Sicilia. 

Li vedo tutti, questi grandi uomini, vedo i loro pensieri, il loro tentativo di insegnarci che non siamo fatti solamente di materia, ma di emozioni. Mi danno la consapevolezza che non siamo altro che anime confuse, quasi spente, corpi inermi in una realtà che non ci appartiene, che non ci rende felici, ma che obnubila la grande meraviglia della vita stessa.

Non mi sento un artista, mi sento solo uno sciocco pensatore, un idiota che cerca emozioni più in un libro che non in una dose di cocaina.
Mi sento un ribelle, un rivoluzionario, non perché sia mai sceso in piazza o abbia mai creduto nei complotti, ma perché credo ancora nei sentimenti, perché credo che questi siano più importanti di un seno di silicone e di un complimento di occasione; io di sentimenti vivo, ed è da questi nascono le idee e le opinioni.
Vivo di una sensibilità eccessiva, costretto a fare miei i mali del mondo, a cercare l’essenza di tutte le cose, e mi ritrovo a sforzarmi di credere nei finti sorrisi, nelle belle parole, nelle associazioni, nei gruppi, alla ricerca di non so cosa, nella speranza di trovare quel poco di umanità che mi dia ancora la forza di vivere.

L'anima mia è l'anima di chi non si arrende, di chi pur sapendo che sta morendo lotta ancora per i sentimenti, per le idee, per la vita. Forse è malattia mentale la mia e niente più, o forse mi manca quel cinismo che tutti hanno.
Soffro di un dolore solitario, invisibile, che nessuno può vedere. Ogni giorno lotto tra il desiderio di farla finita e la voglia di trovare ancora altre briciole di vita lì dove nessuno riesce a vederle. Sono quasi scomparso, ma non sono ancora morto. Non so se vincerà la vita o la morte.
Non so a cosa serva questa vita, le emozioni mi danno una scarica di esistenza, ma non la felicità.
E' la felicità che devo trovare, non so dove. Vado a cercarla.

Esco di casa. Cammino, non so verso dove, guidato da non so quale Dio. Voglio solo essere felice. Mi ritrovo a seguire la linea gialla, in un luogo desolato, dove si ode il solo suono dello scricchiolare infelice delle corde che tengono prigioniere le barche alla bitta. Il mare le vuol portare lontano, eppure loro sono costrette a rimanere dove l’uomo le trattiene, perché si sa, l’uomo imprigiona tutto e tutti, anche sé stesso.
Quella lunga linea sembra non finire mai, come la mia vita. Passo dopo passo, seguo il suo percorso. Ogni tanto il verso di un gabbiano mi riporta alla realtà, ma poi la mente ritorna lì, costretta a seguire una vita, una linea, un progetto, una convinzione.

Poesia, versi, magia, cuore, la sofferenza dell’anima, sembra tutto un grande incantesimo, forse sono un artista in cerca della fine. Sto soffrendo, sto morendo, ma in un certo senso sono felice. Soffro maledettamente ma non verso una sola lacrima, ormai sono disconnesso dalla realtà. Sono anima, il corpo è come morto. Ho solo un grande dolore al cuore, forse perché proprio il cuore è il punto più vicino all'anima. Non sto capendo nulla, non vedo niente, mi sembra di udire il solo suono elegante dell’acqua dopo l’ultimo tuffo della mia vita.

Non ci sono né colori, né odori; provo solo un grande senso di vita, di pace, di serenità, mi sento vivo come non mi era mai successo, percepisco la mia anima gioire, non odo più le inibizioni di una realtà che mi ha solo soffocato, che mi ha dato emozioni ma non la felicità; so di aver perso il mio corpo ma di aver liberato la mia anima.

Non mi interessa essere felice, quella è per gli umani, ora che sono anima pura le emozioni non mi riguardano. Sono un grande adesso, sono l'uomo che volevo essere. Adesso devo solo trovare i grandi del passato, da loro voglio imparare ciò che nella realtà non sono riuscito a comprendere, ed è così che la mia anima si accrescerà, sarò ancora più grande, sarò Dio, sarò quel Dio a cui volevano farmi credere quando ero ancora nel mio corpo.


 

  
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