Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: TimeFlies    22/05/2017    2 recensioni
Scarlett, diciassette anni appena compiuti e un segreto piuttosto scomodo da nascondere, non potrebbe essere più felice di stare nella sua adorata ombra, lontana da sguardi indiscreti e da problemi presenti e passati che non vuole affrontare.
Adam, riflessivo eppure anche avventato, ha sempre avuto un'innata curiosità e una gran voglia di sapere.
Quando vede Scarlett per la prima volta non riesce a fare a meno di sentirsi attratto dall'aura di mistero che la circonda. Vuole conoscerla, svelare ciò che si nasconde dietro quella facciata di acidità e vecchi rancori.
Tutti i tentativi della ragazza di allontanarlo da sé finiranno per avvicinarli ancora di più portandoli dritti ad un preannunciato disastro. O forse no, perché nei momenti di difficoltà possono nascere le alleanze più impensate, soprannaturale e umano possono trovare un punto d'incontro.
E quando il pericolo si avvicina, l'unica cosa che vuoi è avere qualcuno al tuo fianco. Poco importa se solo poco prima eravate perfetti sconosciuti, se lui è entrato nella tua vita con la grazia di un uragano, se non volevi niente del genere.
A volte, un diciassettenne un po' troppo insistente è tutto ciò che hai, è la tua unica speranza. E tu la sua.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Under a paper moon- capitolo 40


                                                    

                                                 Image and video
hosting by TinyPic

 




40. Adam

Osservare è il miglior modo per imparare oltre a essere il più affascinante. Per quattro giorni ebbi la possibilità di vedere da vicino le abitudini e i modi di vivere di una comunità di licantropi impegnata a organizzarsi per fronteggiare i loro più grandi nemici, i cacciatori. Imparai a riconoscere le dinamiche all’interno di quel nostro branco improvvisato, a intuire chi era più scettico e chi credeva con tutto se stesso in ciò che stavamo facendo, a capire come i lupi mannari mostravano rispetto senza abbassare lo sguardo con fare impaurito.
Mi picchiettai il tappo della penna sulle labbra, sovrappensiero. Davanti a me, almeno una ventina di lupi chiacchierava, discuteva e rideva sorseggiando caffè e cioccolata calda per far fronte all’umidità che quel pomeriggio piovoso si era portato dietro. Riempivano il Luna di Carta con le loro voci così diverse tra loro, erano un incontro di differenze e punti in comune chiassoso ma unito.
Occupavo un tavolo in un angolo, proprio accanto a una riproduzione molto fedele di un quadro di Monet. Srotolata sul legno c’era una mappa di Seattle su cui stavo segnando le zone in cui si concentravano i licantropi. Era un lavoro noioso e di precisione, ma mi teneva la mente occupata abbastanza da non farmi pensare che l’ultimatum di Colin sarebbe scaduto tra due giorni.
Dawn Johnson, la comproprietaria del locale, si avvicinò al mio tavolo con il suo passo sicuro ed elegante. Posò davanti a me una tazza fumante che sprigionava un delizioso odore di cioccolata e zucchero caramellato. Sollevai lo sguardo su di lei, che mi rivolse un sorriso gentile.
«Che ne dici di una pausa?» propose studiandomi con quei suoi occhi scuri eppure allo stesso tempo pieni di luce.
«Non credo di avere tempo» ammisi mordicchiandomi il labbro.
«Non puoi avere il tempo, nessuno lo possiede» replicò lei ravviandosi i ricci castani. «Puoi sfruttarlo, perderlo, investirlo, ma non possederlo. E poi, un po’ di cioccolata non ha mai ucciso nessuno.»
«Ah, mi erano mancate le tue perle filosofiche, D» commentò Sean avvicinandosi a noi, un angolo della bocca sollevato, le mani affondate nelle tasche della giacca da aviatore. Le punte dei suoi capelli erano arricciate dall’umidità della pioggia; lui ci passò le dita fermandosi all’altro capo del tavolo.
Dawn inarcò un sopracciglio. «Il nostro Alfa è arrivato, benvenuto. Qualche novità?»
«Non ancora, ma ci siamo quasi» rispose lui, criptico come sempre.
«Bene, fammi sapere allora» fece lei annuendo.
Nell’allontanarsi, gli sfiorò il braccio in un gesto che racchiudeva un certo affetto, come quello che una sorella maggiore potrebbe provare per un fratello, l’affetto per qualcuno a cui tieni ma che non è così facile da amare. Sean rimase a guardarla muoversi con grazia tra gli altri tavoli, un sorriso cortese che le incurvava le labbra ogni volta che si rivolgeva a un cliente.
Poi l’Alfa sospirò e spostò la sua attenzione su di me. E sulla tazza che mi aveva portato Dawn. «La bevi?» domandò indicandola con un cenno del mento.
La spinsi verso di lui. «È tutta tua. Comunque, di cosa stavate parlando? Novità su cosa?»
Sean prese la sua cioccolata e si sedette sulla sedia accanto alla mia, gli occhi che scandagliavano il locale. Assomigliava a un leone che controlla il proprio regno, fiero e impassibile. «Ho deciso di andare domani dai cacciatori» rivelò accigliandosi appena. «Non voglio far credere a Colin che abbiamo paura, se non aspettiamo l’ultimo minuto sarà costretto ad ascoltarci, non potrà accusarci di essere in ritardo.»
Mi rigirai la penna tra le dita. «Sì, me ne avevi parlato. Però sembrava che Dawn si riferisse ad altro.»
«Sai che alcuni lupi del branco verranno con noi, no? Per sicurezza. Lei ha insistito per esserci.» Scrollò le spalle prendendo un sorso di cioccolata. «Tutto qui. Voleva i dettagli sull’ora e il luogo.»
Abbassai lo sguardo sulla mappa per fuggire un possibile contatto visivo. «Okay. E come funzionerà quest’incontro? Cosa diremo a Colin?»
Sean tamburellò sul lato della tazza con fare distratto. «Gli diremo che adesso c’è un intero branco pronto a reagire. Credo sia abbastanza sveglio da capire che non può fare niente contro cinquanta lupi.»
Rimasi in silenzio mentre nella mia mente si susseguivano gli scenari più disastrosi. Mancava pochissimo alla realizzazione del nostro piano, eravamo a un passo dal cacciare Colin e il suo gruppo da Seattle, eppure tutto quello a cui riuscivo a pensare era che eravamo anche a un passo dall’esporci e rivelare il nostro unico asso nella manica.
«Andrà bene» disse Sean guardandomi. «La superiorità numerica non è il nostro unico vantaggio: ho una strategia molto solida.»
«Posso chiederti una cosa?» domandai ricambiando il suo sguardo. Io stesso sentii l’urgenza nella mia voce.
Lui annuì un’unica volta, l’espressione controllata, le iridi attraversate da un lampo.
Trassi un respiro profondo, per poi espirare piano. «Qualunque cosa succeda domani, qualunque sia la prossima mossa di Colin… promettimi che la proteggerai. Per favore.»
«Proteggerò tutti voi» mormorò Sean e la determinazione nella sua voce era puro acciaio. «Ho già perso un branco, non succederà di nuovo. Scarlett sarà salva, così come lo saranno tutti. È una promessa.»
Mi aggrappai alle sue parole ripetendole dentro di me nel tentativo di calmare il battito affannato del mio cuore. Sean era sopravvissuto a una caccia spietata lungo tutto il confine tra gli Stati Uniti e il Canada, era astuto e previdente, conosceva sia i cacciatori che i licantropi, non avrebbe mai fatto una mossa tanto azzardata se non fosse stato sicuro di saperla gestire.
E questa volta non era solo, aveva un interno branco a guardargli le spalle.


Il cielo sopra Seattle era una coltre plumbea di nuvole cariche di pioggia. Quella notte un temporale si era scatenato sulla città, adesso le strade erano piene dell’odore di asfalto bagnato, l’aria era fresca e umida. Seattle ricordava un campo di battaglia il giorno dopo uno scontro, era silenziosa e calma, quasi cristallizzata.
Sean, cupo e fiero dietro il volante della sua Camaro, sembrava la personificazione di quella tempesta appena passata. Teneva lo sguardo fisso sulla strada, le mani ferme sul volante. Se anche fosse stato agitato, non lo dava a vedere in nessun modo. Sui sedili posteriori, Scarlett scrutava il paesaggio fuori dal finestrino mentre piluccava un pezzo di torta di mele preparata da Dawn. Indossava un maglione verde scuro di un paio di taglie più grandi e aveva raccolto i capelli in una treccia morbida che le scendeva sulla spalla. Era pensierosa, ma non impaurita.
Accanto a lei, Matthew aveva già divorato la sua fetta di dolce, probabilmente per colpa della fame nervosa. Tormentava con le dita un lembo della sua camicia di flanella spostando di continuo lo sguardo da un finestrino all’altro. Dietro di noi c’era un pick-up azzurro guidato da Toby. Dawn era seduta al suo fianco con lo stesso portamento elegante di una regina.
«Spero che torneremo a casa presto» commentò Scarlett quasi tra sé e sé. «Ho ancora i compiti di francese da finire.»
Sean le lanciò un’occhiata dallo specchietto retrovisore. «Sarai a casa prima di cena.»
Lei annuì staccando un pezzo di torta per offrirlo a Matthew. «Bene.»
«Sembra impossibile pensare che fino ad un paio di mesi fa i cacciatori dominavano Seattle» commentò lui accettando con gratitudine il dolce.
«I regni finiscono, i re cadono» mormorò Sean. «È semplicemente arrivato il loro momento.»
Spostai lo sguardo su di lui pur senza aver deciso di farlo. Per un attimo i suoi occhi, schegge di vetro verde, incrociarono i miei e quello che vi lessi mi stupì: speranza, in quelle iridi di solito così torbide e cupe c’era una speranza limpida e forte. Non l’avevo mai visto speranzoso, eppure in quel momento sembrò giusto che lo fosse, che lo fossimo tutti.
Sean spostò la sua attenzione sullo specchietto retrovisore. «Vediamo se quel vecchio catorcio ha ancora un po’ di vita» commentò con un sorrisetto.
Premette sull’acceleratore e il motore prese vita con un ringhio soffuso. L’auto scattò in avanti continuando poi ad aumentare la velocità, ma il modo in cui Sean teneva il volante, il suo atteggiamento rilassato, la facevano sembrare una cosa del tutto naturale. Prendemmo distanza dal pick-up sorpassando un paio di auto e guadagnandoci occhiate sorprese dai loro conducenti. L’espressione di Sean aveva un che di selvaggio ed euforico, si stava divertendo un mondo in quel momento. Vidi anche Scarlett sorridere, gli occhi castani che brillavano. Matthew invece si era aggrappato al sedile con aria terrorizzata ricordandomi molto il suo gatto.
Le sopracciglia di Sean si inarcarono quando il pick-up ricomparve dietro di noi. Lo sentii mormorare qualcosa tra sé e sé per poi sollevare un angolo della bocca. Non riuscì a riprendere distanza per tutto il resto del viaggio, Toby e Dawn rimasero vicini alla Camaro con determinazione impressionante. Ero davvero felice di averli come alleati, si dimostravano ogni giorno sempre più pieni di risorse e coraggio.
Sean fermò l’auto nello spiazzo vicino al quartier generale dei cacciatori. Toby accostò a pochi metri da noi mentre altre auto comparivano e parcheggiavano lì vicino. Tra i loro passeggeri riconobbi diversi lupi che avevo già visto al Luna di Carta. Non mi aspettavo che decidessero di partecipare all’incontro con i cacciatori, non visto lo scetticismo che avevano dimostrato nei confronti di Sean e del piano, eppure erano lì, con noi, uniti per la stessa causa.
Scarlett scese dalla Camaro per andare a salutare Dawn, Matthew si allontanò di qualche passo portandosi il cellulare all’orecchio con espressione seria. Feci per raggiungerli, ma mi fermai quasi subito quando Sean allungò un braccio davanti a me. Non mi stava guardando, la sua attenzione era tutta dedicata all’edificio dove si riunivano i cacciatori. Sul suo viso era calata un’ombra che aveva cancellato ogni traccia di divertimento.
Aprì il vano portaoggetti di fronte a me e le sue dita di chiusero sul calcio di una pistola nera. Spalancai gli occhi trattenendo il fiato d’istinto. Avevo sempre avuto una sorta di repulsione per le armi e tutta la violenza che le circondava, cercavo di evitarle, di tenermene alla larga il più possibile. Ritrovarmene una così vicino mi mise i brividi.
Cercai lo sguardi di Sean, confuso e preoccupato. Avevo proposto l’accordo con Colin proprio per evitare scontri e morti, ma adesso era saltata fuori una pistola: le mie intenzioni pacifiche parevano avere le ore contate. Paura e rabbia mi serrarono la gola, tutto quello a cui riuscivo a pensare era che con un singolo gesto Sean avrebbe potuto distruggere il lavoro di mesi, spazzare via tutto l’impegno e la fatica che ci aveva portati a creare un branco e a riunire tutti i lupi di Seattle contro un nemico comune.
Lui mi lanciò una breve occhiata sfuggevole prima di scendere dall’auto infilandosi la pistola nella cintura dei jeans dietro la schiena e coprirla con la giacca. Aprii lo sportello per poi sbattermelo alle spalle e lo raggiunsi a grandi passi. Avevo il fiato corto, mi sembrava di avere il petto stretto in una morsa.
«Che diavolo stai facendo?» sibilai guardandolo dritto in faccia.
Sean ricambiò il mio sguardo senza fare una piega, le labbra strette in un’espressione di pacato distacco. «Non abbiamo tempo per questo.»
Prima che potessi replicare, mi voltò le spalle e si allontanò in direzione degli altri lupi. Mormorai un’imprecazione a mezza voce affrettandomi ad andargli dietro. Gli altri licantropi si erano riuniti vicino al pick-up e guardavano il loro Alfa nel più completo silenzio, in attesa di ricevere ordini.
«Ricordate tutti le vostre posizioni?» domandò Sean scrutandoli. Al loro cenno d’assenso, continuò: «Bene, allora andate. Colin e i suoi saranno qui tra poco.»
Mentre loro eseguivano, si voltò verso me, Scarlett e Matthew. «Questa è la parte più pericolosa, se non volete partecipare lo capisco. Potete rimanere nelle retrovie con Dawn e gli altri.»
«Non ti lasceremo ad affrontarli da solo» dichiarò Scarlett con fierezza. «Abbiamo cominciato quest’impresa insieme, e la porteremo a termine così… giusto?» aggiunse cercando il nostro assenso.
L’unica cosa che volevo fare in quel momento era farmi dire la verità da Sean, costringerlo a rivelare il suo piano, quello che aveva ben pensato di tenermi nascosto fino a che non era stato troppo tardi per impedirgli di metterlo in atto. Eppure annuii comunque, perché il branco era più importante dell’ennesimo litigio tra me e lui.
«D’accordo allora» fece Sean e c’era una punta d’orgoglio nella sua voce. «Andiamo.»
Dawn, rimasta in silenzio fino a quel momento, fece un passo avanti. «State attenti.»
Indossava una giacca verde militare che ricordava quelle dell’esercito, il suo viso era velato da un’ombra che la faceva sembrare una regina pronta ad affrontare la battaglia imminente.
Appena dietro di lei, Toby ci rivolse un piccolo sorriso d’incoraggiamento. «Facciamogli vedere di cosa siamo capaci.»
Sean sollevò il mento raddrizzando le spalle, un principe ribelle immerso nel suo elemento naturale: la guerra. Senza dire una parola, si avviò con passo sicuro verso il quartier generale dei cacciatori con me, Scarlett e Matthew al proprio fianco. Gli altri lupi erano già allineati a qualche metro dall’edificio, un fronte composto da uomini e donne, giovani e adulti, tutti pronti a combattere per la loro città.
Noi raggiungemmo il centro, lì dove ci avevano lasciato un po’ di spazio. Sean era il fulcro di tutto, sembrava disposto ad affrontare l’intero clan di cacciatori da solo. I mormorii che percorrevano il nostro schieramento si zittirono di colpo quando la porta dell’edifico davanti a noi si aprì. Colin Young uscì per primo, seguito da Brian, Nathan e altri uomini, tutti vestiti di scuro.
Nel momento in cui si resero conto di quanti eravamo, le loro mani corsero alle pistole che tenevano dietro la schiena. Adesso avevamo dieci armi puntate contro di noi e altrettanti cacciatori che ci fissavano con sospetto e rabbia. Se Colin avesse dato l’ordine, ci avrebbero ucciso tutti senza esitare.
«Ah, sapevo di non potermi fidare di te, lupo» ringhiò Colin con soddisfazione beffarda.
Avanzò seguito dai suoi cacciatori, la pistola puntata dritta al petto di Sean. Che però non mosse un muscolo, rimase impassibile a guardarlo. Solo i suoi occhi lasciavano intravedere la sua impazienza, erano frammenti di vetro colpiti in pieno dalla luce.
Colsi Scarlett mordersi il labbro con forza quando Nathan si fermò a un paio di metri da lei, l’arma ferma in mano. Eppure la sua espressione era tutt’altro che calma: era combattuto, quasi disperato. Tutto il contrario degli altri cacciatori, tutti più che pronti a premere il grilletto. Adesso sapere che anche Sean era armato mi sembrava molto meno sbagliato.
«Ti facevo più furbo, Sean, saresti ancora potuto scappare, ma non l’hai fatto» disse ancora Colin, sprezzante. «Sei qui per morire? O vuoi darmi i tuoi preziosi lupetti come pegno per la tua libertà? Vedo che ne hai raccolti degli altri…»
Sean inclinò appena la testa di lato. «Abbiamo ancora un accordo in sospeso, Young.»
«E cosa potrai mai offrirmi tu? Sono io a dettare le regole adesso. Potremmo uccidervi tutti in meno di un secondo e tu pensi ancora di avere qualche potere su di me?» replicò l’uomo inarcando un sopracciglio.
«In realtà sì, molto più di quanto credi» rispose Sean con voce calma.
Colin abbassò appena l’arma, confuso e divertito al tempo stesso. «Ho sempre pensato che avessi molto fegato per averci proposto un accordo, ma adesso credo solo di averlo scambiato per incoscienza. Sei stato coraggioso, questo te lo riconosco, però i giochi finiscono qui.»
L’Alfa annuì piano. «Oh, non potrei essere più d’accordo.»
Successe tutto in una frazione di secondo, troppo velocemente perché potessi vederlo accadere. Un attimo prima eravamo vulnerabili ed esposti, quello dopo tra le mani dei lupi erano comparse delle pistole che puntavano dritte ai cacciatori, una fra tutte, quella con cui Sean mirava al cuore di Colin Young.
Uno scatto metallico riempì per un breve istante il silenzio glaciale che si era creato. Mi lanciai un’occhiata alle spalle e quello che vidi mi lasciò a bocca aperta: Dawn, appostata sul retro del pick-up, imbracciava un fucile da caccia dall’aria molto pericolosa. A terra, accanto al veicolo, Toby impugnava un revolver argentato e sembrava impaziente di usarlo. Altri lupi posizionati dietro le auto parcheggiate erano armati e pronti a sparare. Eravamo passati dall’essere i bersagli a stare dall’altra parte del grilletto nel giro di un secondo. E dall’espressione compiaciuta di Sean intuii che era esattamente quello il suo piano.
Colin spalancò gli occhi impallidendo. Sembrava aver perso la capacità di fare qualunque altra cosa se non fissarci. Gli altri cacciatori spostavano di continuo le pistole cercando di mantenere tutti i lupi sotto tiro, ma si stavano rendendo conto di essere in schiacciante inferiorità. Per la prima volta in vita mia ero felice che qualcuno avesse agito alle mie spalle.
Sean Leblanc aveva dimostrato ancora una volta il perché era riuscito a sopravvivere così a lungo senza nessun tipo di aiuto. E questa volta aveva fatto le cose molto in grande.
«Vediamo di rimettere a posto le cose» esordì, gli occhi verdi che brillavano. «Abbassate le armi, tutti quanti.»
«Brutto figlio di…» borbottò Colin tra i denti, le dita che si muovevano nervose sul calcio della pistola.
«Fa strano trovarsi dall’altra parte, mmh? Non è esattamente piacevole» commentò l’Alfa. «Armi a terra, ho detto. Adesso.»
Nathan posò la propria pistola sull’asfalto e la spinse indietro con il tacco dello stivale. C’era un accenno di speranza a illuminargli il viso, qualcosa che non mi aspettavo di vedere sul volto di qualcuno che aveva ucciso chissà quanti lupi.
Il capo dei cacciatori e qualcuno dei suoi uomini, pur con grande riluttanza, eseguirono l’ordine di Sean, altri però si rifiutarono. Lui indurì la mascella e puntò l’arma contro l’uomo massiccio davanti a me. Solo in quel momento mi resi veramente conto di avere una pistola puntata contro, all’altezza del cuore. La sua bocca nera assomigliava a un buco nero, oscuro e senza fine.
Di colpo avevo un vuoto al posto dello stomaco, una sensazione di panico gelido e strisciante che mi risaliva nel petto. Non ero mai stato così vicino al pericolo, al rischio di morire. Mio fratello era un marine, conviveva con la morte giorno dopo giorno, ma per me era un concetto astratto, lontano, qualcosa che accadeva agli altri. Ora invece ce l’avevo di fronte in tutta la sua spaventosa e immensa presenza.
Il mondo intorno a me divenne silenzioso e immobile, l’unica cosa che sentivo era il mio stesso cuore che mi rimbombava nelle orecchie.
«Ehi ragazzone, stavo parlando anche con te.» La voce bassa e velata di minaccia di Sean si fece largo nel terrore cieco che mi stringeva. «Pistola a terra, ora. Non mi piace ripetermi e non mi piace sparare alle persone, ma lo farò se mi costringi.»
Il cacciatore, un metro e novanta di muscoli e cicatrici, lasciò passare degli interminabili secondi prima di decidersi a posare l’arma sull’asfalto con un grugnito.
«Bene» riprese Sean annuendo. I muscoli del suo collo erano appena in rilievo, l’unico segno che tradiva la sua tensione. «Vedo che riusciamo a ragionare.»
Buttai fuori l’aria in un respiro tremante stringendo i pungi per nascondere il tremore delle mani. Non riuscivo a capire come lui riuscisse a rimanere così composto e concentrato mentre era sotto tiro, la sua calma aveva un che di innaturale e al tempo stesso pericoloso.
«Non finché sarò in vita» ringhiò Tristan, uno dei cacciatori che avevano catturato Scarlett quella che sembrava un’eternità fa.
Puntò la pistola contro Sean, una furia dirompente a incendiargli lo sguardo, il dito già pronto sul grilletto. Probabilmente non aveva tenuto conto dei riflessi micidiali dei licantropi quando aveva deciso di sparare, perché prima ancora che potesse finire di parlare già cinque armi miravano al suo petto.
Ma non fu necessario nessun colpo. Nathan scattò in avanti e spinse Tristan da parte gettando la sua pistola a terra. Lui gli scoccò un’occhiata di fuoco prima di afferrarlo per il colletto della maglietta con rabbia e tirarlo a sé. Torreggiava su Nathan, che adesso sembrava persino più giovane di quanto non fosse, giovane e vulnerabile.
Scarlett fece per avvicinarsi, ma si bloccò all’ultimo secondo, i pugni serrati lungo i fianchi che tremavano appena. L’arma di Sean rimaneva puntata su Colin anche se il suo sguardo saettava su di lei, come per assicurarsi che non facesse niente di stupido.
«Non sei mai stato dalla nostra parte, vero, piccolo traditore che non sei altro?» sibilò Tristan a pochi centimetri dal viso di Nathan. «Ti sei fatto fregare dal fascino malato di questi mostri molto più in fretta di quanto pensassi.»
«Ehi! Piano con le parole» protestò Matthew in tono indignato.
Nathan trasse un respiro spezzato. «Non sono mostri, non lo sono mai stati! Siamo noi ad averli etichettati così.»
Una risata aspra sfuggì dalle labbra dell’altro. «Oh, vuoi dirmi che non hanno mai ucciso nessuno? Che non sono per più di metà animali senza controllo? Apri gli occhi, Evans, guarda in faccia la realtà.» Lanciò uno sguardo sprezzante a Sean. «Se li lasciamo fare, conquisteranno l’intera città e ammazzeranno chissà quanti innocenti.»
«Lascialo, Tristan» ordinò con voce bassa Colin, tutto il corpo in tensione.
«Non c’è bisogno di complicare le cose» convenne Sean. «Lascialo ed evitiamo di ricorrere a mezzi che non piacciono a nessuno.»
Sul volto di Tristan si dipinse un ghigno senza allegria. «Se fosse per me, sareste tutti morti adesso, tutti.» Si voltò a guardare Scarlett dritto negli occhi senza allentare la presa su Nathan. «A cominciare da lei.»
Matthew scivolò davanti a Scarlett come a farle da scudo. Sean fece scattare la sicura della pistola, uno click metallico secco e gelido. Adesso stava mirando esattamente al centro della fronte di Tristan.
«Cos’è che hai detto?» ringhiò e persino io fui in grado di scorgere il suo lupo che mostrava le zanne.
Nathan approfittò di quell’attimo per sferrare un pugno sulla mascella spigolosa di Tristan e sottrarsi così alla sua presa. Lui barcollò all’indietro di un paio di passi, più sorpreso che sofferente. Alcuni cacciatori mormorarono commenti sprezzanti che fecero incurvare le sue spalle come se avesse dovuto sostenere un peso enorme.
«Nessuno deve morire oggi» dissi a voce abbastanza alta perché tutti mi sentissero. «E nessuno deve farsi male. Tutto quello che vogliamo è vivere, avere una possibilità di dimostrarvi che non… che non siamo mostri assassini.»
Scarlett incrociò il mio sguardo per un attimo: c’era una fiamma dorata ad animarle le iridi, intensa come non l’avevo mai vista. «Farci la guerra a vicenda non è la soluzione, porterà solo altri morti. Perché se decidete di riaprire la caccia, questa volta non saremo solo prede.»
Contro ogni logica apparente, Sean abbassò la pistola e la rinfilò nella cintura dei jeans voltandosi a guardare Colin. «Qualunque sia la tua decisione, Scarlett ha ragione: da oggi le cose cambiano. Potete andarvene e sopravvivere o potete restare e scontrarvi con noi. A te la scelta.»
«Vuoi che ce ne andiamo? Che lasciamo la città in mano a voi?» sbottò Colin sprezzante. «Ho dedicato la mia intera vita a questa causa, ho perso tutto per proteggere persone che neanche sanno della vostra esistenza, non abbandonerò tutto per te e il tuo gruppo di lupi.»
«Pensa a Denise, Colin» intervenne Nathan. «Dovresti stare con lei, aiutarla a crescere, essere un padre presente. Non combattere una guerra priva di scopo.»
A quel nome, qualcosa nel petto dell’uomo si spezzò, una profonda tristezza gli invase le iridi velate dalla furia che pareva consumarlo. Dovetti sforzarmi per non guardare altrove, per sopportare tutto il dolore che traspariva dal suo viso stanco. In un moto di rabbia disperata, si abbassò per afferrare la pistola e la sollevò stringendola con entrambe le mani, la bocca all’altezza del cuore di Sean. «È colpa tua, tua e di tutti quelli come te. Siete solo capaci di distruggere.»
Il panico tornò a serrarmi il cuore, ma questa volta non era per me stesso che mi stavo preoccupando. L’urgenza di muovermi, di fare qualunque cosa mi bruciava nel petto, quasi fosse stata acido.
Sean avanzò di un passo, poi un altro, finché la pistola non era premuta contro il suo sterno. Nonostante la sua calma assurda, per la prima volta da quando lo conoscevo apparve esposto, indifeso. E, realizzai, era esattamente ciò che voleva, era stato lui stesso ad abbassare le proprie difese e mostrarsi così vulnerabile. Sembrava che lo stesse invitando a premere il grilletto.
I lupi del nostro schieramento di scambiarono occhiate confuse e allarmate, nessuno aveva idea di cosa avesse in mente, né di cosa fare. Dovevamo aspettare e basta pregando che Colin non decidesse di farla finita?
Scarlett cercò il mio sguardo con urgenza, il petto che si alzava e si abbassava a un ritmo forsennato dettato dalla paura. Dovetti mordermi il labbro fino a sentire il sapore del sangue in bocca per impedirmi di fare qualunque cosa se non rimanere immobile ad aspettare. Un intervento, da parte di chiunque, avrebbe potuto far degenerare quella situazione già abbastanza tesa.
«Può finire tutto adesso» cominciò Sean, la voce bassa come il fruscio del vento tra gli alberi. «Tutto il dolore, la fatica, la rabbia… tutto quanto. L’unica cosa che vi chiedo è di lasciare Seattle.»
Le mani di Colin erano scosse da tremiti, una reazione più che umana, ma che stonava con l’immagine del cacciatore spietato che mi ero fatto di lui: c’era un’anima ferita ed esausta nascosta sotto tutto quell’odio. Per alcuni lunghissimi istanti la pistola rimase premuta contro il petto di Sean, fin troppo vicina al suo cuore.
Poi le labbra di Colin si contrassero in una smorfia di dolore, tutta la sua forza venne meno in un secondo. Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, l’arma abbandonata in una mano. Il suo sguardo era distante, lontano anni luce da quel parcheggio.
Sean espirò piano rilassando i muscoli delle spalle. «Hai fatto la scelta giusta.»
«Non ho scelto niente, lupo, non sono più in grado di farlo» mormorò l’uomo, la voce stanca e svuotata.
Un’ombra attraversò le iridi dell’Alfa, ma fu troppo veloce perché potessi capirne il significato. Annuì una volta sola, di nuovo padrone della situazione. «Dovreste andarvene entro domani.»
«Non riesco a credere che stia succedendo davvero» esclamò Tristan, la voce grondante di disprezzo.
Colin tornò a guardare Sean ignorando il commento. «Solo una cosa. Non possiamo lasciare Seattle completamente priva di cacciatori. Se la voce di questo accordo e delle sue conseguenze dovesse spargersi, vi ritrovereste assediati. E verrebbero a cercare anche noi accusandoci di tradimento.»
Tristan fece un passo avanti rompendo la formazione compatta dei cacciatori e fissò l’uomo dritto in faccia con rabbia. «Non ti permetterò di distruggere quello per cui abbiamo lavorato tanto» sbottò per poi raccogliere la pistola. «Se voi non avete il coraggio di fermare questa follia, lo farò io.»
Avanzò ancora e, prima che avessimo il tempo di realizzarlo, afferrò Scarlett per un braccio e la trasse a sé. Sentii il mio cuore fermarsi quando le premette la canna della pistola contro la gola tenendola stretta contro il suo corpo per impedirle di divincolarsi. Mossi un passo in avanti, evitando di barcollare per puro miracolo.
Premuta contro quei vestiti scuri e anonimi, Scarlett sembrava più piccola di quanto non fosse, temevo di vederla scomparire da un momento all’altro. Era impallidita di colpo sgranando gli occhi e artigliando il braccio del cacciatore quasi per impedirsi di affogare.
Tra tutti, ero quello che poteva fare meno per aiutarla, non avevo né l’addestramento dei cacciatori né la forza e i riflessi dei licantropi, ma la sola idea di saperla di nuovo tra le mani di uno dei suoi assalitori mi rendeva abbastanza avventato da provare comunque a fare qualcosa.
Feci per muovermi ancora, ma Sean mi fermò sollevando una mano. Non aveva ancora preso la propria arma, ma dalla tensione dei suoi muscoli si intuiva che era pronto a scattare. Per la prima volta, l’idea di usare la violenza non mi sembrava più così sbagliata, adesso era necessaria.
«Possiamo essere noi a vincere, non dobbiamo per forza lasciare che siano loro a farlo» iniziò Tristan cercando con lo sguardo l’appoggio degli altri cacciatori. «Siamo soldati, combattiamo perché questa città sia sicura, per dare un futuro migliore a chi verrà dopo di noi. Davvero avete paura di contrattaccare?»
I cacciatori esitarono, Colin imprecò sottovoce, Nathan serrò i pugni lungo i fianchi. Nessuno osava dire niente, né per appoggiarlo né per dargli contro. Avevo la netta impressione che quell’incontro, la solida strategia di Sean, stesse degenerando, era a un soffio dallo sfuggirci di mano. E noi potevamo poco o nulla per impedirlo.
Con la coda dell’occhio colsi Sean annuire piano, un movimento quasi impercettibile della testa. Quasi nello stesso momento, l’espressione di Scarlett si indurì cancellando ogni traccia di paura, le sue iridi si accesero d’oro. Aggrappandosi con forza al braccio di Tristan, sollevò una gamba e usò il tallone dell’anfibio di pesante pelle nera per colpirlo sul ginocchio. Lui lanciò un grido di dolore lasciandola andare.
Scarlett si girò su se stessa, un ringhio basso che le vibrava in gola. Mollò un pugnò direttamente sul naso di Tristan spedendolo lungo disteso a terra. Matthew fischiò in segno d’approvazione attirando su di qualche occhiataccia da entrambi gli schieramenti. Il mio sollievo fu tanto che sentii le ginocchia cedermi, rimasi in piedi per pura forza di volontà.
Un angolo della bocca di Sean si sollevò appena in un sorrisetto. «Vi ho detto che i ruoli erano cambiati, no? Non siamo più solo prede.»
Nel frattempo, Nathan aveva raccolto la pistola di Tristan, che si stava rimettendo in piedi tra imprecazioni e gemiti. Rivoli di sangue scuro gli colavano dal naso dando l’impressione che indossasse una maschera spettrale. Fissò con astio Scarlett pulendosi il viso con la manica della giacca.
Lei, che aveva ripreso la sua posizione accanto a Matthew, ricambiò l’occhiata con altrettanta ferocia. Il tempo di avere paura era finito.
Sean si rivolse a Colin, il mento sollevato in un’espressione di superiorità. «Dovrei farvi ammazzare tutti per questo, lo sai? È stato un affronto ai limiti del tollerabile, un insulto direi. Ma abbiamo deciso di stringere un accordo e odio lasciare le cose a metà, quindi finiamo questa trattativa una volta per tutte.»
L’uomo sospirò a fondo passandosi una mano sul volto stanco. «Stavo dicendo che sarebbe più prudente lasciare qui qualcuno di noi, almeno due o tre persone per essere sicuri che nessun’altro cacciatore cerchi di entrare in città e riaprire la caccia.»
L’Alfa ponderò la proposta socchiudendo gli occhi, del tutto consapevole di avere il coltello dalla parte del manico e con tutta l’intenzione di usare quel suo vantaggio. «Credo si possa fare. Due cacciatori possono restare, ma devono essere disarmati e ben disposti. Non accetterò un altro episodio come quello che è appena successo.»
«Può rimanere Nathan.» Subito dopo aver parlato, Scarlett si coprì la bocca con la mano. Le sue guance si tinsero di rosso mentre abbassava lo sguardo.
Tristan alzò gli occhi al cielo. «Non è neanche un vero cacciatore.»
«Nate è giovane e ha molto da imparare, ma è indubbiamente il più disponibile a cercare un dialogo con voi» commentò Colin. «Dovremmo affiancargli qualcuno con più esperienza però.»
Brian fece un passo avanti, il viso segnato dalle rughe calmo e dall’espressione gentile. Non l’avevo neanche notato, fino a quel momento era rimasto in silenzio a osservare e ascoltare. Ancora una volta, mi apparve più come un padre di famiglia piuttosto che come un assassino, non riuscivo a immaginarlo armato, né tantomeno capace di odiare qualcuno.
«Posso rimanere io, se per voi va bene» propose, la voce calma e pacata. «Sono uno dei più anziani e ne ho viste di cose in questi anni. Io e Nate potremmo lavorare bene insieme, che ne dici, ragazzo?»
Nathan sbatté le palpebre, sorpreso. «Io… sì, va bene.»
Colin fece un breve cenno d’assenso col mento. «Manca la tua approvazione…» Si interruppe in modo brusco nascondendo quell’esitazione con un colpo di tosse. Stava per chiamare di nuovo Sean “lupo”, ma doveva essersi reso conto che non sarebbe stata una mossa molto furba.
Un angolo della bocca di Sean si contrasse in una piccola smorfia. «D’accordo, può andare. Voi altri dovete lasciare la città entro mezzogiorno di domani, o l’accordo salta e vi ritrovate cinquanta lupi che vi danno… la caccia.»
Un mormorio percorse la fila di cacciatori, ma nessuno osò protestare. Persino Tristan sembrava essersi calmato, nonostante la sua espressione fosse ancora cupa e rabbiosa.
«Seattle è una vostra responsabilità adesso» disse Colin e c’era una nota di tristezza nella sua voce. «Spero ve ne prenderete cura.»
Sean annuì, fiero. «Lo faremo.»
L’uomo avanzò di un passo sollevando una mano. «Buon lavoro allora.»
L’Alfa lo scrutò per un attimo, prima di stringerla con fare solenne. «Grazie.»
Colin fece cenno ai suoi di raccogliere le armi poi, dopo essersi scambiato un’ultima occhiata con Sean, si voltò dandoci le spalle. Lui fece lo stesso, si girò invitandoci a seguirlo.
Faticavo a credere che l’accordo avesse funzionato davvero, che fossimo riusciti a portare a termine quell’impresa così grande e pericolosa. Era partito tutto per salvare un’unica ragazza, adesso avevamo tra le mani un’intera città. La mia mente si riempì di tutti gli scenari terribili che potevano succedere, tutte le cose che potevano andare storte, ma le spinsi in un angolo per concentrarmi su quello che invece avevamo ottenuto lavorando insieme come un vero e proprio branco.
Al mio fianco, Sean guardava dritto davanti a sé, un sorrisetto leggero a incurvargli le labbra, quasi come se neanche lui si rendesse contro fino in fondo che ce l’avevamo fatta. Scarlett mi rivolse un sorriso luminoso quando incrociai il suo sguardo, i suoi occhi ambrati sembravano brillare in quella giornata così cupa e grigia sfidando il temporale in arrivo.
Mentre un lampo squarciava il cielo sopra Seattle, il rumore di uno sparo riempì l’aria.



SPAZIO AUTRICE: Ehi! No, non sono dispersa, sono solo molto impegnata e un po' bloccata da un'ispirazione che va a singhiozzo.
Se i miei calcoli sono corretti e tutto va bene, il prossimo dovrebbe essere l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. O meglio, a dir la verità non so ancora se scriverò anche un epilogo, ma l'idea c'è, devo vedere come sarà la situazione quando avrò finito il 41° capitolo
Quindi sì, ormai siamo quasi alla fine di UAPM, ma non per questo le sorprese sono finite, anzi. Chi credete che abbia sparato? E chi è stato colpito? E dopo cosa succederà, quali saranno le conseguenze?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che il finale sia stato sconvolgente come speravo!
A presto <3

TimeFlies
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: TimeFlies