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Autore: queenjane    22/05/2017    0 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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 “Prima di rimediare un altro calcio, sappiate che sono venuto in pace e ho portato una bottiglia di vino e la cena, R-R è in riunione e farà tardi, lo zarevic è atteso fuori da uno dei suoi valletti e. lo accompagno io, se mi attendete qualche minuto, giusto il tempo per il passaggio delle consegna “
“Mangiamo pure al vostro ritorno.”  Poi : “Fuentes, siete una scocciatura, lo sapete?”
“Lo so, ma in genere le donne mi ritengono piacevole. Per la cronaca, non ho moglie o figli, quindi evitate quella faccia”
Risi, era impossibile. “Assaggio il vino, muovetemi..”  Alexei..
 
“Spiegami una cosa”avevamo deciso di darci del tu e parlare civilmente, forse, dividendo vino, pollo arrosto con insalata e uno sformato di patate.
“Che ci fa una principessa, amica delle figlie dello zar a fare la spia e la bara?” intuì di avere centrato il punto.
“Sì. Sei giovane, ricca, piena di salute e talenti e rischi di farti ammazzare per cosa, come ha detto lo zarevic. Ho sentito anche se non volevo. E di cose ne ho viste tante e forse tu sei la più strana” mi scrutò, le luci delle lampade, accese nella sera, creavano golfi di ambra e luci  sul suo viso, le sue iridi erano verdi come le foglie di una nuova primavera. Era calmo, sicuro di sé, non il pallone gonfiato del pomeriggio.
“ Sono utile, non indispensabile, faccio quello che posso.”Presi il bicchiere tra le mani, Chablis bianco, facendo tintinnare il cristallo “ Avevo un marito, Fuentes, è morto l’anno scorso, di questi tempi, a Tannenberg, gli hanno sparato alla schiena. Si chiamava Luois de Saint-Evit. Come un animale.. devo fare qualcosa, di utile o provarci, a modo mio. Per una sorta di scherzo, Rostov Raulov è un grande nelle sue alzate di ingegno e .. Non sono ubriaca, almeno non ancora” Aveva chiesto e dovevo andare, ero la più brava.. Oddio.
“Questa è un motivo”Alzai la testa, sorpresa dal suo intuito. “E ti capisco, da una parte”
“ E le tue ragioni, Fuentes? Ora ti ho riconosciuto, sei in Russia dal 1903, almeno credo, che eri tra i segretari di mio zio, mi pare, giocavo e ti ho tirato un pestone per correre dietro al mio gatto. Non ti ho badato, ti è caduta una pila di fogli dalle mani e ti sei messo a quattro zampe per raccoglierli tutti. Avevo otto anni, ero una mocciosa viziata”percepii di arrossire”Il calcio fu ..che figura” bevve un sorso di vino, come me, adesso toccava a lui parlare. E avevo dieci anni, all’epoca successiva, ma che capivo. E non deponeva a mio favore che fossi petulante e viziata come pochi.
“Alla lunga non importa, eri ancora una bambina. La storia è lunga, comunque.. Solo a titolo di cronaca, mia madre era russa e mio padre spagnolo, ho una grande famiglia ma è meglio che stia fuori dai piedi.”la sua voce, dallo scherzo era sfumata nella serietà.
“Capisco. Forse. Alla nostra Fuentes.. “ Di sicuro conosceva le lingue, dal russo eravamo spaziati al francese e all’inglese senza imbarazzi o increspature.
“Chiamami Andres.”
“Io sono Catherine, detta lupo e tempesta. Fin da piccola, mi hanno appellata alla francese, come la omonima zarina. Olga Nicolaevna per economia Cat, alle volte Kitty Kat, gattina in inglese”Sorrisi. In quei momenti non mi faceva male ricordarla.
Catalina. In spagnolo.” Fino a lì ci arrivavo pure io. In mio nome, alla spagnola, fu come entrare in una frontiera che portava al paese dell’altrove, senza ritorno, un previsto disastro che era stato solo rimandato.
“I Rostov-Raulov discendono da uno spagnolo, si chiamava Felipe  de Moguer, si reinventò titoli e fortuna nel 1700, alla corte di Caterina II”
“Alla battaglia di Cesme, in Anatolia, prese il titolo di conte Rostov, poi sposò una principessa, Elisabetta Raulov, diventò principe ipso jure, diventando così Rostov-Raulov, per non perdere quello che si era guadagnato. Aveva 18 anni quando diventò conte, riscattando una nascita illegittima, suo padre era un marchese, Aleksander ne è sempre fiero, dice che per voi, i suoi discendenti, nulla è impossibile”
“Vedremo.. Andres, il padre di Felipe si chiamava Xavier dei Fuentes, vi suona familiare?”
“I Fuentes di Ahumada, marchesi ma il fratello di Felipe, Nicolas, divenne principe a sua volta, vennero elevati dopo la caduta di Napoleone, tanto fedeli erano rimasti al re di Spagna.”
“Andres Fuentes, principe”
“Un figlio minore, un cadetto”
“Sei sempre un principe”  nemmeno se io e Alessio ci fossimo accordati su quella battuta, che non era affatto tale. “E domani vado a salutare lo zarevic.. Per me, non per lui” Andres non ripose, mi osservava e basta, i suoi suntuosi occhi verdi erano una poesia.  
E io ero una Fuentes, allora per lontane ascendenze, parecchio risalenti, a onor del vero, e tanto era.
 




“Buona fortuna, Catherine, il Signore sia con voi. Ci vediamo a Natale, se non prima” lo zar benedisse me e Andres erano le sette, forse prima di mattina, un piccolo segno della croce, in tasca teneva il mio libriccino dell’Iliade, se Alessio avesse avuto voglia glielo avrebbe dato. E lo volle, per casino mio e altrui.
  Tacendo che alle cinque di notte (nell’ora del cambio della guardia, lo zar d’accordo) ero passata a dargli un bacio e avevo capito che non dormiva. Intuito,. la notte amplifica pensieri e separazioni, mi aveva trattato male ( e in fondo aveva ragione, ad essere in collera), e gli spiaceva, pensava di avere fatto qualche cosa di ineludibile. Io di bambini non ho mai capito nulla, tranne che con lui, a grandi linee, almeno allora. “Zarevic.. vuoi, volete che resti un poco?”  “Sì” “I’ll be back”, tornerò, avevo sussurrato in inglese, piegandomi sul ginocchio, un inchino nel buio, rischiarato dalle lampade votive dinanzi alle sue icone, rispondeva solo il respiro, era il principe ereditario, il rango andava rispettato, senza fallo. Poi avevo allungato una mano, sfiorandogli la spalla, una piccola carezza, mi aveva risposto la sua schiena rigida, contratta, salutavo il bambino che mi aveva amato e ancora mi voleva bene, forse.


“Mi dispiace. Credetemi” e lo dicevo per scarico di coscienza, la mia, chiaro, ribalda, infida.  “E .. con te, perdonatemi, con Voi, non sono mai stata cattiva in modo volontario né volevo illudervi..” tranne che dal gennaio 1913 in avanti, bugiarda che sei, quando hai scoperto le lettere e lo ignoravi, anche se eri lì con lui, scrollai la testa, ignorare la voce della coscienza era un ben duro affare.
“ Allora salutami perbene come sempre, mi hai abituato in un altro modo e non che cambi la faccenda, bada. Capito?”la sua voce sottile come vetro, le sue risate le avrei sentite di nuovo solo più avanti. 
Si mischiavano lo Zarevic, il principe ereditario, e il bambino, dove finiva uno e cominciava l’altro, il punto di sutura, o forse era un ricamo inestricabile, nessuna demarcazione.
Mi aveva posato il viso contro l’avambraccio sinistro, mentre con la destra gli  sfioravo le spalle, si era rigirato e me lo ero ritrovato addosso, in due giorni aveva imparato come stringermi, senza pesare, le nocche contro il mio plesso solare, scostandogli i capelli dalla fronte, il gesto rovesciato e gemello di quello che aveva compiuto lui due giorni prima, toccando la guancia.


Silenzio. Liquido e rarefatto. E le mie parole erano poi diventate, una storia, una canzone infinita di amore e perdono, ero rimasta.
 “Torno, fidatevi..E io mi fido di voi, so che siete un osso duro, non mi faccio ammazzare e voi superete ogni eventuale accidente. Va bene? Non vi volevo illudere.”Un piccolo cenno della testa.”Spiegami, perché mi dai del Voi” “Era .. Voi siete lo zarevic, in ogni situazione vi devo rispetto” Una pausa “Io voglio Cat, non la principessa formale, che è la più brava di tutti i reparti...so che sei brava ma così.. “ “Alexei, io..  Non pensavo di trovarti, mi hai fatto, anzi ci hai fatto una sorpresa. E mi eri mancato tanto e volevo farti fare qualcosa di bello, peccato che tu poi abbia creduto, giustamente, che sarei rimasta di più. Non ti volevo illudere o prendere in giro, tranne che vale quanto sopra, io mi fido di te, resisti, sei un osso duro”Sbuffò “ Se non ti avessi trovato per sbaglio, ti avrei visto? So che ti sono mancato, o credo” in quello ero stata sincera“ No, avrei evitato” Per omettere questo strazio “ E mi sei mancato, libero di credermi, ma così per te è peggio” mi strinse ancora più forte “ E TU NO?” “Io sono grande, rispetto a te, meno sensibile” “Che bugiarda .. sei più sensibile di quanto pensi”Deglutì “Dammi un bacio e a presto, mi fido di te, se sei la più brava qualcosa vuol dire” un gallo solitario cantava, ma era presto, mancavano ancora due canti. E avrebbe preferito che fossi meno abile.. la più brava a fare cosa o chi?
“Io pure, Zarevic, mi fido” gli avevo raccontato due o tre barzellette, brillanti, non aveva riso, che sennò mi dava soddisfazione, ma lo avevo distratto, baciandolo a caso, la fronte, le guance, ricambiata. Che potevo fare senza troppi danni, per non fargli venire l’ansia, che era intelligente, con una grande fantasia, o non troppa ansia, finchè ero lì era tranquillo.. Aveva chiesto, a suo padre e mio zio, ci scommettevo, e tanto era stato un fallimento“ Ti va bene se ogni tanto ti scrivo due righe, solo per te, e ci sentiamo al telefono?”
 “Sì.. Solo per me?”
“Solo per te. Ciao Aleksej, arrivederci Zarevic” omisi di affermare non ti preoccupare, che sarei stata proprio stupida.
Ed  ero uscita, dopo una breve stretta, un bacio. Ave Cesar, morituri te salutant. Quella mattina non vi era nebbia e tuttavia vedevo tutto sfuocato, una steppa perlacea. E non era perché dovevo ma perché volevo.
“…prima che il gallo canti, mi avrai rinnegato tre volte..” Tenni la schiena alta, le spalle erette, un passo dopo l’altro, vai via, senza girarti, me lo imposi.  
Lo zar riferì che aveva pianto per una settimana filata, prima di dormire, dopo, ma Alessio non volle parlarne e suo padre non intese forzarlo. La malinconia gli rimase, come una sorta di nebbia, un velo.  E se non fossi andata a salutarlo sarebbe stato peggio, lo avrebbe vissuto come un abbandono, l’ennesimo,mi ha odiato e mi avrebbe odiato ancora di più se non fossi passata .
L’ora che precede l’alba è spesso fredda e buia, mi risvegliavo e mi gettavo addosso la coperta, svuotata da tutto, mi rigiravo e le nocche incontravano la sagoma di Andres, il suo caldo respiro e viceversa. Allora parlavamo ben poco.
Quattro giorni dopo, ci scambiammo due parole in croce al telefono, dopo vari passaggi. “Zarevic..” “Ci . . Ciao“ Esitante “Tutto a posto, cosa leggi?” E non rispose. “Ti chiamo e ti scrivo..”Gli soffiai un bacio nella cornetta
   
 
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