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Autore: Thurin    22/05/2017    1 recensioni
Katarina è un'assassina esperta, la Lama Sinistra di Noxus, le sue lame non falliscono mai nel colpire il bersaglio, neanche quando la sorte la pone di fronte ad ostacoli insormontabili e ad angosciosi ricordi.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katarina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LAME A DOPPIO TAGLIO


 

Lo sforzo la stava piegando, il sudore le imperlava la fronte ed i capelli che, umidi, le ricadevano davanti agli occhi dando al suo viso un aspetto grottesco, quasi fosse un demone ricoperto di tizzoni in fiamme.

Era piegata in una spaccata perfetta, le gambe allineate al terreno, le braccia protese in avanti e gli occhi fissi sui due pugnali in volo verso il bersaglio. Era riuscita a schivare all'ultimo istante un colpo di mazza che le avrebbe frantumato il cranio piroettando su se stessa, poi con un salto mortale aveva oltrepassato quel braccio armato, era atterrata ed aveva scagliato le sue lame a colpo sicuro. Quei pochi istanti le erano sembrati un'eternità a causa della fatica e dei dolori che la tuta attillata le provocava, torcendosi sui muscoli delle braccia e delle gambe.

Osservò il volo dei pugnali che si conficcarono nella dura corazza del bersaglio colpendolo in punti vitali, punti letali, non sarebbe sopravvissuto per più di due minuti a causa dell'emorragia; poi lo avvertì chiaro e forte un colpo alla nuca. Cadde in avanti verso il terreno che ora le stava davanti come una coltre nebbiosa, poco prima di perdere i sensi vide il suo volto riflesso su una pozzanghera putrida: il volto di una ragazzina di dodici anni, coi capelli umidi e la fronte imperlata di sudore, una smorfia di fatica e dolore, naso sanguinante e sopra di esso sottili fessure da cui trapelava una luce verde sempre più fioca. Infine il suono di un voce familiare, la voce di un istruttore severo un veterano di guerre combattute nell'ombra

«Ti sei distratta di nuovo, allora non mi ascolti! Bene vorrà dire che ripeterai l'esercizio altre dieci volte»

Prima ancora che la ragazzina toccasse rovinosamente il suolo, l'immagine venne risucchiata come da un vortice. Katarina aveva gli occhi spalancati, la loro luce verde fissava il bersaglio colpito a morte dalla lama fluttuante, guidata da un riflesso istintivo levò il braccio sinistro sopra la sua testa, giusto in tempo per evitare il colpo di scudo del soldato alle sue spalle. Sfruttando lo slancio e la forza del nemico, fece leva sullo scudo e si lanciò in aria volteggiando sopra il volto incredulo del fante di Demacia, con un altro movimento rapido recise la sua gola ed atterrò alle sue spalle. Con un forte slancio raggiunse il coltello che aveva lanciato in precedenza.

«Lo scudo, hanno sempre uno scudo»

Le bastò una rapida occhiata per scorgere il suo bersaglio; si stava ritirando oltre il campo di battaglia, non lo avrebbe mai raggiunto, abbassò lo sguardo, il sangue che ricopriva i pugnali si era riversato sui bracciali in pelle e sui pantaloni che ora tingevano di riflessi rossastri i neri abiti dell'assassina. La pelle dell'addome le tirava dal dolore, tanto che dovette nascondere una smorfia dietro ad un falso sorriso: mai mostrare dolore, mai mostrare debolezza questo le avevano insegnato. Il vento le sollevava i lunghi capelli rossi accesi dal sole al tramonto, insieme alla polvere del terreno arido ed all'odore del sangue di dieci soldati scelti di Demacia che ora giacevano morti intorno a lei.

Katarina chiuse gli occhi e ripensò a quanto era accaduto: era stata incauta, aveva avuto troppa fretta, una volta infiltrata nell'accampamento avrebbe dovuto attendere la notte per colpire, ma la frenesia dell'omicidio aveva avuto il sopravvento, il desiderio di sangue e rivalsa avevano offuscato il suo giudizio, ed ora la preda era fuggita, avrebbe dovuto seguire di nuovo le sue tracce.

«Tutto da capo quindi»

Quelle parole la ferirono profondamente nell'orgoglio; nel suo cuore era riconoscente verso i suoi maestri che l'avevano portata ad essere quello che era, la Lama Sinistra di Noxus, tramite duri ed estenuanti addestramenti. Gli errori commessi nelle afose giornate di allenamento erano incisi nella sua mente come moniti a non sbagliare più, a raggiungere la perfezione. Riconoscenza e sofferenza. Lame a doppio taglio ecco cosa erano quei ricordi, proprio come i pugnali che aveva scelto come strumenti di morte, per non dimenticare a chi doveva la sua seconda opportunità, per non dimenticare il costo dei suoi errori.


 

I colori accesi del tramonto erano ormai spenti, persino le foreste e le colline in lontananza avevano assunto lo stesso freddo colore della notte senza luna, quando Katarina spronò il suo cavallo verso nord. Aveva seguito le tracce della pattuglia in ritirata fino ad un fiume dal guado poco profondo.

«Niente tracce, la pista non prosegue oltre il fiume, dannazione! Dove si saranno accampati?»

Girò il destriero in modo da avere una migliore visuale del corso del fiume: verso est si potevano intravedere le montagne, anche di notte il percorso era ben visibile, ma non presentava tracce del passaggio di cavalli. Verso ovest scorse poco distante una fitta foresta di conifere, scese da cavallo conducendo l'animale per le briglie mentre con lo sguardo cercava un qualche segno del passaggio recente della truppa devono essere passati di qui per forza ma come? Il pensiero le rimase in testa per un bel po', fino a quando non scorse orme di piedi, piedi che calzavano pesanti stivali di ferro. Alzò lo sguardo, si dirigevano verso la foresta, man mano che avanzava le tracce si facevano più evidenti: devono essere smontati da cavallo. Le tracce si interrompevano al limitare della foresta, oltre quel punto il fitto fogliame e l'oscurità rendevano impossibile scorgere altri segni.

L'assassina noxiana spostò un ciuffo di capelli ribelli con uno sbuffo annoiato: così ovvio, così banale si ritrovò a pensare fra sé e se non fosse stato per l'oscurità della notte, si sarebbero potuti scorgere i suoi denti bianchi aprirsi in un sorriso giocoso. Una foresta oscura, una cacciatore assetato di sangue ed una preda che si crede astuta l'idea che ad aspettarla oltre quella coltre di rame nodosi vi fosse una trappola, la faceva rabbrividire di piacere.

«Vogliono giocare a nascondino?! E va bene, vengo a prendervi birbanti»

Aveva sempre amato giocare, da piccola si divertiva a trovare sempre nuovi e fantasiosi nascondigli per ingannare la tutrice che i suoi genitori avevano scelto per la sua istruzione. La cosa che amava di più era uscire fuori dal suo nascondiglio e far prendere un bello spavento a quella povera donna di mezz'età. Quando poi, grazie ai maestri assassini di Noxus, capì che poteva unire l'utile al dilettevole, Katarina decise che avrebbe fatto dell'omicidio il suo gioco preferito. Ed ora in quella notte, davanti a quella foresta, lei era pronta a giocare.


 

Dopo aver tranquillizzato il cavallo invitandolo a non fare il minimo rumore, Katarina valutò con cura i rami degli alberi scegliendo un percorso che le avrebbe permesso di non toccare terra una volta entrata nel cuore della foresta. Con un balzo sul tronco di fronte a lei raggiunse il primo ramo che usò come trampolino per salire sempre più in alto passando da un albero all'altro; si era addentrata per qualche miglio tra la fitta vegetazione, la luce delle stelle filtrava appena tra i rami, ma da quell'altezza la rossa assassina poteva facilmente cogliere il minimo movimento su una vasta area sottostante. Non passò molto tempo prima che scorgesse la fioca luce di un fuoco da campo, si avvicinò saltando come un gatto da un ramo all'altro fino a scorgere le sagome dei soldati insieme a quelle di tre lepri allo spiedo sul fuoco; questa volta non avrebbe commesso errori, avrebbe preso alle spalle il primo e sfruttando l'effetto sorpresa si sarebbe lanciata sugli altri due, nessun rumore, nessun movimento inutile, rapida ed efficiente.

Eseguì il balzo verso il primo soldato in modo magistrale e con un sorriso sarcastico affondò la lama con forza. Sofferenza. Nessuna resistenza, il manichino cadde a terra con un tonfo sordo rivelando lo sguardo meravigliato di Katarina illuminato dal fuoco, un altro errore, un'altra ferita al suo orgoglio. Non ebbe il tempo di pensarci troppo, dalle sue spalle il soldato col torso spoglio di ogni difesa si avventò su di lei mulinando la spada verso la sua testa, Katarina si piegò all'indietro sulla schiena, la spada le passò davanti agli occhi, attese fino alla massima estensione del braccio del suo avversario prima di esibirsi in una capriola avvinghiando le sue gambe sul collo del soldato demaciano. Aiutandosi con le braccia si raddrizzò finendo a cavalcioni sulle spalle della sua vittima, un rapido movimento del braccio e la lama si conficcò nella carne del petto, dritta al cuore. Riconoscenza. La Lama Sinistra si assicurò che l'ultima immagine impressa sugli occhi spalancati e vuoti del soldato, fosse quella del suo sorriso sardonico e dei suoi occhi verdi e freddi come l'abbraccio della morte imminente.

Da un altro albero di fronte a lei un secondo soldato armato di spada e scudo si lanciò con un grido furioso verso Katarina che ora sovrastava il corpo senza vita del compagno, non ebbe tempo di fare più di cinque passi prima che una lama partita dalla mano sinistra dell'assassina si conficcasse nella sua gola, rapida e leggera come una freccia. Un fiotto di sangue strozzò il grido selvaggio del fante in armatura, mentre con una risata a denti stretti Katarina saltellò allegramente verso di lui spingendolo a terra col tocco di due dita sulla fronte. Piegandosi per raccogliere il pugnale, con gli occhi verdi che ridevano di gioia, si soffermò a rimirare il bel taglio che aveva reciso la gola del soldato. Riconoscenza. Si sentiva sicura, appagata, mancava solo un bersaglio all'appello ora manca soltanto il pesce grosso.

«Me li ricordavo più coraggiosi gli ufficiali di Demacia, è stato fin troppo facile far fuori questi due»

Già, troppo facile. Il pensiero le sfiorò appena la mente, ma il colpo di scudo alla nuca arrivò dritto al bersaglio. Sofferenza. Il sangue si confondeva coi capelli rossi che ora brillavano maggiormente alla luce del fuoco, d'istinto scattò in avanti oltre il falò e si voltò rialzandosi. Il suo sguardo era colmo di rabbia, vedeva il comandante di fronte a lei, ora, ridere e prendersi gioco di lei.

Come vuoi bastardo, basta giocare. Aveva ferito il suo orgoglio, aveva interrotto il suo piacere più grande, o forse era il senso di colpa per l'ennesimo errore che aveva risvegliato in lei quella rabbia sopita. Lame a doppio taglio, riconoscenza e sofferenza, le uniche sensazioni che ormai era in grado di provare.

Con un movimento rapido corresse l'impugnatura delle lame, si mise in posizione, respirò profondamente mantenendo fissi gli occhi sul bersaglio che ora stava in guardia oltre quel velo rossastro e scoppiettante. Riconoscenza o sofferenza, il tutto si sarebbe risolto in battito di ciglia, un solo colpo, una sola possibilità. Chiuse gli occhi e flesse i muscoli.

   
 
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