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Autore: Ormhaxan    23/05/2017    3 recensioni
Scozia, XI secolo. Edith di Scozia è la prima figlia di Malcolm III e Margaret del Wessex; cresciuta secondo i precetti cattolici, a soli sei anni viene condotta, insieme a sua sorella minore Mary, presso il convento inglese di Romsay, dove sua zia materna, Christina, è badessa.
Henry di Normandia è il quartogenito di William il Conquistatore, un giovane uomo ambizioso che, pur di arrivare al trono lasciato vuoto dopo la prematura scomparsa di suo fratello William II, è disposto a tutto.
Quando la sua pretesa al trono d'Inghilterra vacillerà, sarà proprio Edith, discendente dei sovrani sassoni e del valoroso Alfredo il Grande, a salvaguardare la corona di Henry attraverso il sacro vincolo del matrimonio.
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Henry osservò con un cipiglio corrucciato l’uomo che entrò con aria guardinga nelle sue stanze private: un pesante cappuccio marrone copriva il suo viso e dal lembo inferiore mantello consunto dalle tinte scure continuavano a picchiettare sul pavimento ligneo piccole goccioline d’acqua che, una dopo l’altra, stavano formando un’esigua pozza d’acqua piovana.
«Vostra Grazia, — lo apostrofò inginocchiandosi al suo cospetto e tirando indietro il cappuccio, rivelando una chioma scarmigliata e scura, un viso stanco e degli occhi color cioccolato contornati da occhiaie profonde — perdonate l’intrusione a quest’ora tarda. Il mio nome è Robert Harecher1 e giungo qui dalla mia città natia, Domfront.»
Il giovane uomo che Henry si trovò davanti aveva qualche anno più di lui, parlava con sicurezza, eppure i motivi del suo arrivo a Parigi erano ancora sconosciuti e questo fu un motivo sufficiente per il giovane figlio del Conquistatore per rimanere guardingo: dopo tutto, si disse mentre se ne stava seduto e stringeva con entrambi le mani i braccioli lignei dello scranno dalle venature scure, quell’Harecher avrebbe potuto essere una spia al servizio dello scaltro de Bellême o, ancora, di suo fratello Robert.
«Quali notizie giungono attraverso voi dalla città normanna? – chiese finalmente – Il mio nobile fratello ha per caso deciso di dimostrare pietà e riammettermi nei suoi regni?»
Ci fu un attimo di silenzio, seguito da un timida negazione: «Mi rincresce, Vostra Grazia, ma nessun perdono giunge con me da parte di vostro fratello. In vero, nessuno dei miei padroni sa che sono qui, poiché è la mia famiglia e il mio popolo a chiedere il vostro aiuto per sconfiggere i soprusi della famiglia de Bellême.»
Henry increspò leggermente la labbra sottili contornate da una barba ben curate, cercando di non ridere amaramente a quella richiesta: «Milord, se per caso non lo aveste notato, le mie uniche compagnie a momento sono quelle di un pugno di uomini senza troppa esperienza e di un prelato abbastanza folle da seguirmi in esilio per occuparsi della mia anima immortale. – rivelò aspramente – Nessuno in questo paese o in Normandia è abbastanza pazzo da concedermi un esercito, persino Filippo continua a tergiversare, ignorando le continue richieste di udienza, dimentico che io sia suo ospite. Ditemi, dunque, come potrei mai sconfiggere il vostro signore, uno degli uomini più potenti e scaltri al servizio di mio fratello il duca?»
«Vostra Grazia dimentica che molti sono quelli scontenti da vostro fratello, che tanti altri ancora non esiterebbero a darvi il loro aiuto per riconquistare ciò che vi è stato negato. – Robert di Domfront parlò con rispetto, il capo basso e lo sguardo fisso ai suoi piedi — Inoltre, non dimenticate coloro che odiano il mio signore: i Giroie, gli Hauterive, persino gli Alençon; tutti loro sono stati umiliati, hanno visto molti della loro famiglia essere uccisi brutalmente o mutilati, covato odio e vendetta per molti anni.»
Aveva sentito dei modi barbari utilizzati da Lord de Bellême per tenere a bada i suoi vicini e nemici: lui stesso non ne faceva segreto, anzi si pavoneggiava ogni volta che ne aveva occasione, sbeffeggiando i suoi nemici costretti alla sottomissione e ridendo delle sciagure a loro inflitte. Henry aveva ascoltato più volte quelle storie raccontate dal diretto interessato durante i banchetti a cui aveva presieduto per volere di suo fratello maggiore, udito quelle macabre vanterie che lo avevano nauseato fino a perdere l’appetito.
Voci correvano sotto forma di sussurri da mesi, chiacchiere passate di bocca in bocca che raccontavano di come i cittadini di Domfront fossero esasperati dal loro lord e meditassero una qualche sommossa per liberarsi dal suo giogo.
Le voci, però, erano sempre rimaste tali, o almeno fino a quel momento. Un momento che avrebbe potuto essere prezioso per Henry e per il suo futuro, un momento che avrebbe dovuto sfruttare con scaltrezza, senza svelare troppo le sue carte.
«Sarà anche come sostenete voi, ma rammento che Domfront è una città con forti cinte murarie, circondata da un fossato molto profondo e non cadrà prima di molti mesi di assedio: per allora, Bellême avrà già chiamato i rinforzi, l’esercito di mio fratello.»
Henry prese un sorso di vino dalla coppa precedentemente riempita da uno dei suoi paggi e proseguì: «Inoltre, tra quelle mura ci sono le persone che più amo al mondo, i miei figli e la loro madre e non intendo mettere in pericolo la loro vita.»
«Milord… — il giovane uomo deglutì a fatica, la gola improvvisamente secca e le parole difficili da trovare — Ciò che vi sto per rivelare non recherà alcun piacere alla mia persona o alla vostra; per questo motivo, vi supplico umilmente di cercare di contenere la vostra collera, per quanto questa sarà giusta e più che condivisibile.»
Henry si mosse improvvisamente scomodo sulla sua seduta, tanto impaziente quanto terrorizzato nell’udire le parole del giovane uomo al suo cospetto; una strana sensazione iniziò a strisciare subdola come un serpente dentro di lui, nel suo sangue, attanagliandolo al centro del petto.
Robert Harecher iniziò il suo racconto partendo dalla visita del Duca di Normandia presso la sua città natia: narrò del sontuoso banchetto in suo onore, dei giorni che aveva trascorso tra le mura del castello; narrò degli sguardi lussuriosi che, senza vergogna alcuna, aveva riservato esclusivamente a Lady Sybilla, alla gentile dama solo in apparenza libera di agire secondo la propria volontà. Infine, con capo basso e mani intrecciate che si torturavano per la vergogna di tale compito, raccontò della notte in cui il Duca aveva fatto chiamare Sybilla, ordinandole di raggiungere le sue stanze e passare la notte con lui con promesse di un futuro migliore, libero dal giogo della prigionia, per lei e i suoi due figli. Di tale notte, non aveva nascosto alcun dettaglio, nessun riprovevole avvenimento riguardante il dopo che si era consumato tra i freddi e semibui corridoi del castello.
«È stata mia moglie, che serve nel castello e si prende cura, tra le altre, anche di Lady Sybilla a raccontarmi l’accaduto, lo stato in cui l’ha trovata quella sera stessa e poi ancora la mattina dopo; è stata lei a raccontarmi del suo viso gonfio all’altezza di un occhio e le sue vesti da notte…»
«Basta!» Henry alzò una mano a mezz’aria, esclamando quell’ordine che venne udito più come una supplica.
«Un giorno, — proseguì in un sussurro rivolto più a se stesso che al normanno — mi prenderò la testa di mio fratello, così che paghi per ciò che ha fatto alla donna che amo. Prima, però, mi prenderò il suo regno pezzo dopo pezzo, mettendo in ginocchio i suoi alfieri, umiliando tutti loro.»
«La città di Dumfront sarà al vostro fianco, Vostra Grazia, aprirà le sue porte al vostro arrivo e vi osannerà come suo salvatore.»
Henry soppesò le parole del normanno, le quali parlavano di solidarietà e alleanza da parte di Dumfront e, con un po’ di fortuna, anche delle fortezze vicine. Dovevano solo aspettare il momento giusto, attaccare in un momento poco sospetto, quando la guardia sarebbe stata bassa: questo e l’aiuto di coloro che ancora gli erano fedeli — il Conte di Chester, Lord Redvers, i fratelli Mandeville — e di quelli che avevano subito soprusi da Bêlleme, sarebbe bastato a prendersi il castello e tornare finalmente dalla donna che amava. 

«Svegliate William de Grandmesnil e ordinategli di venire subito da me. Ditegli che Henry ha una missione da dargli, una missione che solo lui può compiere.»


 


**



Alla fine, Filippo di Francia aveva garantito cinquanta uomini, cinquanta mercenari ben addestrati in cerca di gloria e ricchezze.
Cinquanta uomini non era ciò che Henry aveva sperato — ne aveva chiesti cento — ma con l’aiuto dei suoi fedeli e della popolazione di Dumfront sarebbero stati abbastanza per prendere la città e i domini vicini.
Erano passati quasi due mesi da quella notte in cui Robert Harecher gli aveva fatto visita, l’inverno2 era quasi al suo termine e tutto era pronto per la conquista: William aveva cavalcato, non visto, verso i castelli dei nobili da sempre alleati del figlio minore del Conquistatore, portato preziose e segreti messaggi che parlavano di un ritorno in Normandia, della presa di uno castello e di una popolazione scontente che avrebbe aiutato tutti loro.
A quei messaggi, ognuno dei nobili signori aveva risposto con il proprio supporto, chiamano a raccolta i vessilli, mettendo in marcia un elaborato e astuto piano che avrebbe messo insieme quasi  trecento uomini.
Pazienti, attesero il momento propizio per attaccare, forti nella loro consapevolezza che lord de Bêlleme si sarebbe trovato, insieme ad un manipolo di uomini a lui fedeli, lontano dalla fortezza, impegnato a reprimere delle sommosse a Ovest, proteste che Henry stesso aveva fomentato, anche grazie all’aiuto dei lord di quelle zone.
La presa del castello e della città di Dumfront avvenne poco prima dell’alba, con l’aiuto delle ultime tenebre e degli uomini che, comandati da Robert Harecher, aprirono i cancelli e permisero a Henry di fare il suo ingresso al galoppo e mettere in ginocchio nel giro di due ore i restanti uomini d’arme rimasti a sorvegliare le cinte murarie.

«La città è nostra!» ruggì il figlio minore del Conquistatore, levando nell’aria gelida dell’alba la sua spada resa purpurea dal sangue di quei pochi che non si erano piegati e che, coraggiosi, avevano combattuto fino alla fine.
Altre grida di vittoria si levarono attorno a lui, riempiendo il cortile adiacente al castello, le strade dove la gente, troppo a lungo repressa, stava uscendo dalle umili dimore per acclamare e accogliere il loro nuovo signore, il nobile Henry che aveva librato tutti loro dal gioco della famiglia Bêlleme.
«Ben fatto, Henry. Una grande vittoria! — esclamò entusiasta William, abbracciando quello che era diventato come un fratello — Devo confessarlo, inizialmente ho pensato che il vostro piano fosse folle, una trappola che vostro fratello aveva preparato per voi, ma adesso che tutto è finito non posso fare altro che compiacermi e gioire con voi per questa schiacciante conquista.»
«Grazie, amico mio. – Henry accennò un sorriso — Non dimenticherò mai ciò che avete fatto per me, l’essermi stato vicino anche nei momenti più bui e quando sarà il momento prometto che vi ripagherò di tutto quanto.»
«So che lo farete. — disse l’altro, prima di notare che lo sguardo dell’amico si era spostato verso una delle finestre del castello alle sue spalle — Andate da lei, Henry. Andate dalla vostra donna e dai vostri figli.»
 

Sybilla stringeva ancora il rosario tra le mani quando Henry entrò con la stessa forza di una tempesta di neve nelle sue stanze.
Con il fiato corto, il giovane uomo si fermò sullo stipite della porta, facendo vagare gli occhi scuri attraverso la sala, rilassando le ampie spalle e ammorbidendo lo sguardo solo quando notò la figura in penombra.
«Henry…»
Un nodo le stringeva la gola, quel momento le parve come uno dei tanti sogni che l’avevano accompagnata nel corso di quei mesi trascorsi nel castello; quando la distanza che gli separava venne annullata e, finalmente, Sybilla sfiorò con l’esile mano gli scuri ricci di Henry, entrambi realizzarono che niente di tutto ciò che stava accadendo era frutto della propria mente. Henry era là, davanti a lei, proprio come Sybilla era davanti a lui.
«Vi avevo promesso che sarei tornato, — le disse semplicemente, sfiorando con le dita libere dal guanto un piccolo ciuffo di capelli ribelli che ricadeva proprio al centro del suo viso ovale — e come ben sapete mantengo sempre le mie promesse.»
Sybilla si concesse un breve sorriso, chiedendo subito dopo: «Come avete fatto a prendere il castello? Come avete fatto a tornare in Normandia?»
«Tutto vi verrà spiegato a suo tempo, di questo non dovete dubitarne. — rispose, mentre un braccio andava a cingerle la vita — Adesso, baciatemi.»
Sybilla non se lo fece ripetere una seconda volta e, intrecciate le braccia dietro la sua nuca e in punta di piedi, lo baciò con trasporto e impazienza.

 


**




«Appena uscirò da questa stanza voglio vedere i nostri figli. Conoscere e prendere in braccio la nostra splendida figlia.»
Henry se ne stava a mollo in una vasca lignea, il corpo stanco immerso fino al mento nell’acqua calda che Sybilla aveva fatto preparare poco dopo il suo arrivo.
I due amanti avevano passato minuti lunghissimi a baciarsi, stringersi, piangere persino, e benché il loro desiderio di stare nuovamente insieme non solo nello spirito ma nella carne fosse forte, entrambi avevano ritenuto più opportuno chiamare qualcuno che aiutasse Henry a togliere la pesante armatura e preparasse un bagno caldo.
«Vostro figlio sarà contento di rivedervi, per settimane intere ha chiesto di voi.  Siete mancato a tutti noi, mio amato, ma credo che Rod3 abbia sentito particolarmente la vostra assenza.»
«Non sono stato presente per il suo compleanno e me ne rammarico. – ricordò Henry, rilassandosi sotto il tocco leggero di Sybilla, che con devozione gli stava lavando la schiena e le spalle doloranti — Mi farò perdonare quanto prima e questo vale anche per voi: avrei dovuto esservi vicino nel momento del parto e di questo vi chiedo perdono. Non avrei mai e poi mai dovuto abbandonarvi, ma ho fatto ciò che ho fatto…»
«Abbiamo deciso del nostro futuro insieme, mio adorato; nessuno vi biasima per la decisione presa, tantomeno io. Sono stati mesi difficili per entrambi, ma sappiate che qui dentro sono stata trattata bene, che la Contessa si è rivelata una buona amica, così come altre persone qui dentro.»
Lo sguardo di Henry si adombrò, nella sua mente ritornarono le parole di Harecher, il tremendo racconto della notte in cui…
Henry rabbrividì al sol ricordo. La rabbia montò nuovamente dentro di lui.
«So cosa mio fratello vi ha fatto. – confessò, tenendo lo sguardo fisso davanti a lui, sulla parete coperta da un arazzo riccamente decorato — So cosa è accaduto e per questo non posso che sentirmi responsabile.»
Sybilla sussultò, presa alla sprovvista, e abbassò lo sguardo senza dire nulla.
«Non ne parleremo più se è questo che volete, — riprese Henry — ma voglio che sappiate che un giorno mio fratello pagherà per ciò che ha fatto.»
Allungò una mano e strinse forte quella più piccola di lei, in un gesto che valeva più di mille parole: «Sì, pagherà caro il prezzo: inizierò con la sua amata Normandia, conquistandola pezzo dopo pezzo e finirò reclamando la sua stessa vita. Un giorno, non importa se mi occorreranno anni o decenni, Robert si inginocchierà al mio cospetto, in catene e umiliato, e in quel momento saprò che giustizia è stata fatta.»


 

*




1. Nel suo libro, The Ecclesiastical History of England and Normandy, Orderico Vitale scrive che colui che si recò a Parigi da Henry per dargli il sostegno della città di Dumfront si chiamava Robert Harecher.
2. Nello stesso libro, viene detto che la presa della città avvene in inverno.
3. Robert di Caen, poi Conte di Gloucester, viene anche chiamato Rodberto. Per differenziarlo con più facilità dagli altri Robert, come ad esempio di duca di Normandia, lo chiamerò quasi sempre con il diminutivo di Rod. 





Angolo Autrice: Salve, gente! Avrei voluto pubblicare prima questo capitolo, ma per una cosa o per un'altra alla fine sono riuscita a completarlo e rivederlo solo oggi.
Henry e Sybilla si sono, finalmente, uniti e questo capitolo della storia è finalmente chiuso. Ciò che viene descritto in questo capitolo, inoltre, è quasi tutto - ad esclusione del confronto iniziale tra Henry e Robert e il modo in cui avviene la presa della città, ovvero grazie all'aiuto dei cittadini - frutto della mia fantasia, poiché di questi avvenimenti si sa poco e nulla.
Dal prossimo, e per molti successivi, (ri)vedremo Edith e affronterò gli anni precedenti al matrimonio con Henry.
Detto questo, spero che la storia continui a piacervi e ringrazio chi vorrà lasciare una recensione! ;)

Alla prossima,
V.
  
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