Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Crilu_98    23/05/2017    4 recensioni
Secondo capitolo de "The Walker Series" - non è necessario aver letto la prima storia.
Mark ed Elizabeth Walker sono fratelli ma non si vedono da dieci anni, da quando un terribile incidente ha cambiato per sempre le loro vite. Elizabeth è una ragazza insicura e tormentata dai sensi di colpa che all'improvviso è costretta a lasciare la cittadina di campagna dove ha sempre vissuto e a raggiungere San Francisco per salvare il fratello. Aiutata da uno scontroso gentiluomo dalle origini misteriose, da una risoluta ereditiera poco convenzionale e da un impacciato pescatore italiano, Elizabeth dovrà fronteggiare un intrigo molto più grande di lei. Un complotto che potrebbe diventare la miccia di un'incontrollabile rivolta operaia...
Genere: Azione, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'THE WALKER SERIES '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Fu verso il sesto giorno della mia permanenza a San Francisco, quando ormai iniziavo a perdere le speranze di vedere Mark uscire vivo dalla prigione, che la monotonia asfissiante delle mie giornate subì un violento scossone.
La mattina fui svegliata da degli energici colpi alla porta; mi coprii con una vestaglia e mi affacciai sul corridoio, dove vidi Connor intento ad armeggiare con il chiavistello. Repressi una risata nel vederlo così impacciato e lento a causa del sonno, con i capelli scompigliati e l'impronta del cuscino sul viso: era molto diverso dall'immagine vanesia ed elegante che amava mostrare agli altri.
-Dai, faccio io!- ridacchiai, spostandolo con una spallata leggera.
Sul pianerottolo c'era un uomo di mezz'età alto e robusto, con le mani ed il viso segnati da anni di duro lavoro: aveva una faccia squadrata, capelli e barba brizzolati e due occhi grigi che ci osservavano con molta curiosità. Connor sembrò riacquistare la lucidità:
-Signor Clarke! Che sorpresa!- mormorò, spostandosi per lasciarlo entrare -Elizabeth, lui è Ezra Clarke, uno dei colleghi di Mark… Nonché rappresentante degli operai della fabbrica di Calloway!-
L'uomo si toccò il cappello in segno di rispetto e mi rivolse un mezzo sorriso imbarazzato:
-Immagino che lei sia la sorella di Mark, la piccola Lizzie!-
Arrossii furiosamente per quel tono confidenziale e notai a malapena che anche Connor si era irrigidito, lanciando a Clarke un'occhiata di rimprovero. Lui si strinse nelle spalle, dicendo:
-Sono qui per conto di Mark, gli ho fatto visita questa mattina: voleva che mi accertassi che sua sorella stesse bene… E che anche lei stesse rigando dritto, Price!-
-Tutto qui?- chiese Connor, assumendo l'aria scontrosa che gli era abituale. Ezra Clarke non staccò gli occhi da me, mentre parlava:
-Abbiamo notato la sua assenza, alle scorse riunioni del partito…-
-Ho avuto altro da fare!- commentò Connor con tono sarcastico. -Devo tirare un amico fuori dai guai!-
-Mark è in una brutta situazione… Brutta davvero! Ma non per questo dobbiamo trascurare la nostra lotta… Ora che lui non c'è più, i rapporti con Calloway sono sempre più tesi: ha tirato la cinghia, il vecchio bastardo! Minaccia di licenziarci tutti se solo osiamo protestare!-
-Vedrà che troveremo una soluzione!- rispose Connor, spingendolo praticamente fuori di casa. Continuarono a parlare sottovoce sull'uscio per un po', ma non li stetti ad ascoltare: riflettevo su ciò che aveva detto Clarke, sul suo sguardo indagatore e su quanto fosse necessaria una seconda chiacchierata con Barbara Calloway.
Come se l'avessi evocata, poche ore dopo, mentre passeggiavo per il mercato del pesce, fui affiancata proprio dalla figlia di Thomas Calloway: quel giorno indossava un completo antracite sobrio e scialbo, cosa che l'aveva aiutata a confondersi con la folla senza essere riconosciuta.
-Cosa ci fa lei qui?- sibilai, mentre la ragazza mi si affiancava con noncuranza.
-Sono venuta per richiamare Price dalla sua battuta di caccia: ho scoperto dove si trova Jefferson!-
-Lei?- esclamai stupita -E come ha fatto?-
Barbara ridacchiò:
-Ho assunto un investigatore privato, ovviamente. Un uomo dalla precisione maniacale e dal fiuto imbattibile, il signor Mitchell! Vi starete chiedendo come abbia potuto ingaggiarlo. Ebbene, morendo mia madre mi ha lasciato in eredità una piccola fortuna che amministro da due anni, da quando, cioè, ho deciso di essere indipendente da mio padre. Ci ho messo un po' a convincerlo a firmare i documenti, ma adesso non devo più rendere conto a lui delle mie spese.-
Tacqui per un po', ammirata dalla sua caparbietà: io avevo spesso trattato il denaro, ma per necessità, mentre lei l'aveva usato come mezzo per ottenere più libertà.
-Dove si trova Jefferson?-
Un luccichio divertito e risoluto brillò nei suoi occhi:
-Ah, no! Niente da fare: non ho nessuna intenzione di essere lasciata fuori! Vi ci condurrò stasera… E Price farebbe bene a venire armato: non è esattamente un posto raccomandabile!-
 
Connor si affacciò sulla porta della mia stanza senza bussare e mi studiò con occhio critico:
-Non va bene!- sentenziò, indicando l'abito che indossavo. Mi guardai allo specchio a figura intera appeso alla porta dell'armadio: il vestito era fatto di un buon tessuto, resistente e pesante, perfetto per le fredde nottate invernali.
-Cosa ho che non va?-
-Forse non hai capito bene dove stiamo andando!- borbottò l'uomo, aprendo un'altra anta dell'armadio e frugando tra vestiti inconfondibilmente femminili. Ne tirò fuori uno, ma io incrociai le braccia e dissi fermamente:
-Non indosserò la veste che una delle tue amanti ha lasciato qui, Connor!-
Lui me lo tese con un sorriso sardonico sulle labbra:
-Puoi scegliere: o fai questo piccolo sacrificio, o te ne resti a casa.-
Agguantai la veste di scatto, furiosa; il mio malumore aumentò quando lo udii ridere mentre lo spingevo fuori dalla stanza.
"Devo ammettere che Price ha buon gusto…" pensai poco dopo a malincuore, mentre rimiravo la mia figura, incorniciata dalle decorazioni colorate che impreziosivano lo specchio.
Lo scollo era molto più ampio di quelli a cui ero abituata e lasciava scoperta buona parte delle spalle, mentre il tessuto era talmente leggero da risultare impalpabile e al confronto il mio abito precedente sembrava fatto d'ortica! Il colore dorato si intonava alla mia pelle, leggermente più scura rispetto a quelle delle altre donne a causa della mia ascendenza indiana; osservando i motivi damascati e le rifiniture argentate che ornavano l'ampio strascico, mi chiesi se Connor non l'avesse scelto proprio perché sembrava essere stato cucito per me… O se invece avesse preso il primo che gli fosse capitato sottomano. Sebbene fossi curiosa di rovistare nell'armadio non volevo fare tardi all'appuntamento con Barbara e, superato l'impaccio iniziale per quel vestito (molto più stretto di quanto il decoro imponesse alle signore di Rosenville), mi diressi con sicurezza all'ingresso.
Vidi un lampo insolito brillare nelle iridi castane di Price e quasi caddi dalle scale nel sentirlo borbottare qualcosa che suonava come:
-Ti sta molto bene, questo vestito…-
Poi, senza preavviso, sciolse la treccia con cui avevo legato i capelli e con poche mosse li dispose attorno al viso. Mentre io lo fissavo esterrefatta fece un passo indietro ed annuì con aria soddisfatta.
-Ora è perfetto!-
Sembrò sul punto di aggiungere altro, ma alla fine desistette, mentre la luce maliziosa ed ammirata abbandonava le iridi castane. Decisi di ignorarlo e di spostare la conversazione su un altro argomento, cosa molto difficile dal momento che Connor sembrava ipnotizzato dal tessuto velato delle maniche a sbuffo, che volteggiavano ad ogni mio movimento:
-Sei armato?-
L'uomo sembrò riscuotersi e spostò la giacca elegante che indossava quel tanto che bastava per far luccicare il metallo scuro e lucido di una pistola.
-Credi che sarai costretto ad usarla?- chiesi, rabbrividendo.
-Mi auguro di no. Certo, se sapessi con più precisione dove stiamo andando sarei più tranquillo!-
Barbara ci attendeva ad un lato della strada in una carrozza scura ed anonima presa a noleggio. Il viaggio fu teso, soprattutto dopo che Connor ebbe appreso il nome del locale:
-The White Light … Non è esattamente il posto che avevo in mente per Roger Jefferson!-
-Perché?- chiesi, incuriosita. A rispondermi fu Barbara, Connor era ormai perso nei suoi ragionamenti:
-Non è un locale notturno, né una bettola, ma un ritrovo per gente come… Beh, come me, presumo. La mattina gli uomini ci vanno a bere il caffè e a leggere il giornale, la notte a bere liquori e a giocare d'azzardo… Spesso accompagnati da donne che non sono le loro devote consorti!-
-Che ci fa un delatore in un locale del genere?-
-E' quello che dobbiamo scoprire.-
 
Non appena misi piede nel The White Light, fui immensamente sollevata per aver seguito il consiglio di Connor. Intorno a me, infatti, vedevo persone vestite con un'eleganza senza pari: donne adornate con gioielli pesantissimi, lustrini e strane piume colorate, uomini con completi costosi, orologi d'oro attaccati al panciotto e portasigari placcati in vari materiali preziosi. Tutto quel lusso per un attimo mi fece girare la testa, ma fui accorta nel non lasciar trasparire nulla del mio stupore. Come se avesse percepito il mio disagio, Connor mi strinse leggermente il braccio ed io mi voltai a guardarlo: sebbene gli occhi cupi e la mascella contratta indicassero chiaramente che avrebbe preferito non essere lì in quel momento, la sua figura si amalgamava all'ambiente. Ancora una volta, mi chiesi chi fosse in realtà Price e cosa nascondesse sotto il suo astio per i ricchi e l'atteggiamento da libertino.
Seguimmo Barbara attraverso la folla  nelle diverse stanze del locale: alcune erano sature di fumo, altre piene di tavoli da gioco e schiamazzi, in altre ancora la gente discuteva attorno a piccoli tavolini rotondi. La ragazza si appoggiò con naturalezza al bancone lucidissimo dietro al quale dei camerieri in livrea attendevano le ordinazioni; all'apparenza sembrava uguale a tutte le altre donne del bar, languida e frivola, ma in realtà i suoi occhi scandagliavano implacabili la gente lì riunita.
Poi sorrise e si chinò verso di noi, come se stesse per confidarci un segreto:
-Là, vicino alla colonna: è l'uomo col cappello grigio!-
Seguii il suo sguardo e all'improvviso ogni cosa nella stanza divenne sfocata: la musica allegra venne sovrastata dal battito frenetico del mio cuore e dal suono strozzato che sfuggì dalle mie labbra. Non riuscivo a credere ai miei occhi, eppure Roger Jefferson era proprio lì, davanti a me, intento a fumare una sigaretta con aria meditabonda.
-Tigre?- mormorò Connor, chinandosi verso di me fino a coprirmi la visuale. Fu allora che riacquistai parzialmente il controllo, sebbene sentissi ancora le lacrime premere ai bordi degli occhi.
-Elizabeth, stai bene?- chiese Barbara, piegando il capo di lato. Ci misi qualche istante di troppo a riordinare le idee e ad articolare una frase sensata:
-Roger Jefferson… Era là. Era a Rosenville, dieci anni fa. E' uno dei pistoleri, è stato testimone dell'omicidio!-
Ma quando Connor si girò nuovamente verso il nostro uomo, livido in volto, questi era sparito.
 
 
Angolo Autrice:
Finalmente la storia inizia a dipanarsi, o per lo meno a procedere più velocemente! xD
Eh sì, Jefferson è strettamente connesso al passato di Lizzie, ecco perché ha potuto testimoniare contro Mark… Resta da vedere cosa succederà ora che i nostri hanno trovato il loro delatore!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, a presto
 
Crilu  
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Crilu_98