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Autore: clairemonchelepausini    23/05/2017    4 recensioni
Nessuno avrebbe potuto fermarla.
Da quando la madre morì per mano di una creatura sovrannaturale, Anastasia giurò vedetta.
A quindici anni, la giovane era in grado di uccidere forti e potenti demoni, gli stessi che gli avevano rovinato la vita e che ora volevano distruggere il mondo.
Anastacia Garcia non era una semplice ragazza: di giorno poteva anche sembrare una comune mortale, la migliore studentessa dell’Accademia dei Cacciatori, ma di notte si trasformava nella temuta e spietata cacciatrice di demoni; l’ultima cacciatrice di un’antica stirpe, l’unica in grado di proteggere il mondo umano e fatato.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTE
La storia è stata scritta per la sfida “L'oca EFPiana versione scrittura” indetto da Principe Dracula sul gruppo face book “EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni”.
Il mio prompt era questo:
Nome: Anastasia
Cognome: ///
Età: 15
Razza: cacciatrice di demoni
data di nascita: 24 dicembre 2002
Particolarità fisica: ///
Carattere: Il fatto che sia una quindicenne nessuno riesce a credere possibile che una ragazzina simile sia in grado di uccidere forti e potenti demoni.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
Non era rimasto più niente, quell’essere viscido era scomparso nello stesso modo in cui era apparso.
La sua morte non pesò sul cuore della giovane cacciatrice; uccidere demoni era il suo lavoro, quello per cui era nata e per il quale si stava addestrando. Stanca e infreddolita si diresse nell’unico posto che sentiva simile a una casa. Un luogo, tuttavia, che era ben lontano da quello che lei poteva davvero definire tale.
Una volta giunta alle porte dell’Accademia entrò a passo sicuro, lasciandosi alle spalle un odore rivoltante.
Era stata così concentrata sulla sua vendetta da non accorgersi che qualcuno da giorni la seguiva. La stessa persona che ora la stava osservando per assicurarsi che lei fosse al sicuro.
Anastasia aveva solo quindici anni e già poteva vantare di aver ucciso all’incirca cento demoni, da quelli di bassa lega a quelli di livello superiore.
Niente le faceva più paura, non da quando aveva perso l’unica cosa cara. Ora cercava vendetta.
Mentre entrò nella sua camera facendo attenzione a non svegliare la coinquilina, pulì la spada, la mise nel fodero e la nascose tra i vestiti dentro l’armadio. Si cambiò e sfinita si buttò sul letto.
 
Due grandi mani coperte da rughe stavano intrecciando quei lunghi capelli rosso acceso per formare una treccia che poi sarebbe stata raccolta in un chignon. La donna, dai lineamenti ispanici, sorrideva davanti al volto felice della piccola Anastasia mentre raccontava, ancora una volta, la storia della sua vita. Era passato così tanto tempo che non ricordava più come fosse quella vita, ma senza dubbio si emozionava ancora quando raccontava come aveva conosciuto suo marito, il padre di Anastasia, e come si erano innamorati perdutamente finendo per sposarsi pochi mesi dopo. All’epoca fu uno scandalo che l’unica figlia femmina dell’ormai quasi estinta stirpe degli Inaki sposasse il giovane Pablo García della famiglia e della stirpe rivale.
«Di nuovo mamma?» domandò con gli occhi vispi ed entusiasti la piccola.
«No, tesoro. Ora devi andare, hai dimenticato che hai l’allentamento con Yuna! » disse la donna, poco prima di poggiarle un tenero bacio sulla fronte e vederla correre a fare ciò che anche lei aveva fatto, così come sua madre prima di lei.

Quel ricordo era tutto ciò che le serviva quando tornava stanca da un combattimento o quando aveva bisogno di energie per ricaricarsi.
Anastasia era stata addestrata sin da piccola a essere una cacciatrice, soprattutto perchè essere l’ultima di un’antica stirpe era un ruolo difficile da mantenere quindi doveva essere preparata: aveva il compito di proteggere il mondo umano e fatato.
La ragazza sognando quel momento sorrise e con gli occhi ancora chiusi vide un mondo dove tutto era possibile, dove lei era ancora felice.
 
«Scappa mi hija. Scappa» gridò a gran voce Consuelo quando vide tornare prima del previsto la figlia.
Aveva solo dieci anni e ancora non capiva cosa significasse essere una cacciatrice se non nella teoria e in qualche pratica con Yuna. Non aveva mai visto un demone dal vivo e non aveva mai affrontato un vero combattimento. Anastasia aveva già collezionato buona parte del dolore per la sua giovane età, ma quel giorno sembrò che il destino non le sorridesse.
«No. Io resterò a lottare con te» affermò, sguainando la spada che teneva lungo il fianco e mettendosi accanto alla madre.
La donna guardò con gli occhi fieri la figlia che cresciuta senza un padre, morto prematuramente a causa di quei mostri che loro chiamavano demoni, aveva tutto ciò che le serviva. Anastasia, infatti, possedeva il coraggio della nonna, la forza del padre, la grinta della madre e il potere degli Inaki.
«Ero venuto per uccidere te, senora. Ma ora prenderò anche la vita di tua figlia. Stanotte finirà la stirpe degli Inaki» pronunciò sghignazzando il mostro, sicuro di sé.
Iniziarono ad attacarlo, entrambe con la stessa tecnica muovendosi con una grazia e una sintonia particolare. Più colpivano più lui si rinforzava, ogni tentativo sembrava vano.
Nel momento in cui la spada di Consuelo affondò nella carne del demone, lui si indebolì ma non così tanto da evitare che il suo artiglio affondasse nel cuore della donna. Per un attimo, un lampo di luce accecò tutti.  
«Io, Anastasia Garcìa, figlia di Consuelo e Pablo Garcìa, ultima cacciatrice della stirpe degli Inaki, impugno questa spada in segno di distruzione».
Le ultime parole che il demone udì, prima di accasciarsi a terra privo di vita, mentre il suo corpo si trasformava in cenere. La giovane corse subito dalla madre, la issò a sé e la strinse tra le sue braccia.
Fu così che Yuna e gli altri cacciatori la trovarono il giorno dopo.

Anastasia tornò alla realtà quando la sveglia sul comodino suonò; ancora una volta aveva fatto lo stesso sogno, una situazione che si ripeteva ogni notte negli ultimi cinque anni.
Scostò le coperte con rabbia e si alzò. Raggiunse il bagno e rimase a fissare la sua immagine davanti allo specchio che rifletteva una ragazza che non esisteva.
«Di nuovo quel sogno?» domandò d’un tratto il folletto che comparve al suo fianco mentre lei si lavava i denti.
Non rispose, agitò la testa e il piccolo amichetto vide nei suoi occhi più di quanto lei disse con le parole.
«Potresti allentare un po’ la presa» provò a dire Flip, mentre guardava le sue occhiaie farsi più profonde e le sue braccia piene di graffi e bruciature.
«No. Non posso» affermò con voce ferma.
Anastasia non poteva fermarsi, non quando ormai era così vicino nel scoprire chi era stato a uccidere sua madre, o meglio chi lo aveva mandato.
La ragazza indossò i suoi jeans preferiti, abbinandole a una canottiera nera, la giacca di pelle dello stesso colore e gli stivaletti con finiture in acciaio sulle punte. Infine prese la borsa e uscì dalla stanza indossando il suo miglior sorriso.
 
Mentre camminava non prestava molto attenzione e infatti, svoltato l’angolo, andò a sbattere contro un’imponente figura. Alzò lo sguardo e si perse in un paio di occhi azzurro limpido come il cielo e se non bastasse, tenendo ancora le mani sul suo torace, poteva sentire la forza di muscoli saldi e ben delineati. Non appena si accorse di ciò, arretrò.  Il ragazzo si passò nervosamente le mani sui folti capelli neri andandoli a scompigliare ancora di più, facendo perdere un battito al cuore della giovane Anastasia.
«Tu chi sei?» chiese con un tono più alto del normale, facendo uscire una voce quasi stridula.
«Sono…» iniziò a parlare quando dall’interfono dell’Accademia il direttore richiamò tutti in auditorium. Si distrasse un attimo e prima che lei se ne accorgesse, il ragazzo era già sparito.
Non appena tutti si accomodarono, il direttore salì sul palco e con sommo piacere invitò a salire e unirsi a lui la migliore studentessa. La ragazza che vantava i migliori voti, che non aveva mai avuto richiami e che era sempre stata impeccabile durante tutto l’anno accademico.
Anastasia attraversò i colleghi con passo deciso, le guance si colorarono di un rosa delicato e spostando i capelli all’indietro, si avvicinò al direttore.
«Possiamo iniziare» affermò al microfono, facendo placare i sussurri e gli schiamazzi dei ragazzi.
«Vi chiederete perché vi ho fatto venire qua, beh… siamo a metà semestre e quest’anno abbiamo avuto un’idea per rendere più interessante il vostro esame di fine corso. Vi sarà assegnato un compito, avrete un compagno e dovrete agire in squadra. Se fallirà uno, lo farà anche l’altro ».
La parola passò ad Anastasia che si ritrovò a leggere la lista delle coppie che il direttore le aveva dato poco prima di sedersi.
«Ognuno di voi sarà assegnato a una fata ». Si stupì lei stessa di quell’affermazione e non avrebbe mai immaginato di trovarsi in coppia con la sua migliore amica. Dopo aver congedato l’assemblea, ognuno andò a parlare con il proprio compagno e così lei si ritrovò tra le braccia di Carly Mendoza: la fata più goffa, brillante e speciale del mondo.
«Sei pronta a cambiare il mondo Anastasia Garcìa?» chiese divertita l’amica, spintonandola e facendola sorridere.
«Sempre se riuscirai a starmi dietro, “fata”» rispose lei, enfatizzando l’ultima parola prima di afferrarla per un braccio e trascinarla all’interno del cortile per raccontarle tutto della notte precedente.

La giovane cacciatrice aveva rispettato tutti gli impegni, ora le aspettava un’altra missione.
Indossò gli occhiali da sole, tolse il cavalletto alla moto, vi salì e andò nell’unico posto che sapeva essere in grado di darle delle risposte, purtroppo non tutte quelle che cercava.
In un piccolo borgo della città spagnola, dietro a una vecchia casa abbandonata si trovava il Mercato delle Ombre, un luogo dove si poteva trovare di tutto: da oggetti rari, a pozioni e incantesimi da barattare spesso con ogni razza conosciuta al mondo.
«Hai niente per me Rufus?» gridò.
Dalla porta di una vecchia bottega  uscì un ragazzo basso, con gli occhi da gatto, le dita smaltate e con vestiti dai colori appariscenti. Era un chiaroveggente: poteva solo leggere il destino di quelli come lui ma non gli era permesso sapere il proprio. Rufus era un ribelle, ma a dispetto di questo glielo doveva. La ragazza gli aveva salvato la vita una volta sì e l’altra pure. Si metteva irrimediabilmente nei guai, voleva sentire il brivido sulla pelle ed era un drogato di adrenalina, tanto che spesso uscivano di pattuglia insieme.
«Se fossi in te, mi farei trovare tra via de Sol e parco de San Miguel intorno a mezzanotte» affermò con nonchalance, lasciando nella sua mano una piccola somma che sapeva avrebbe ricoperto le spese.

Controllò ancora una volta l’orologio quando una figura si mosse alle sue spalle. Anastasia non ci pensò due volte, estrasse dalla fodera la spada e corse ad una velocità sovrumana nella direzione in cui l’aveva vista. Si accorse solo dopo che il demone aveva catturato una vittima, invocò la spada e per farlo ragionare gli taglio le mani, se così potevano essere chiamate. La ragazza scappò mentre la cacciatrice rimase a finire l’opera iniziata.
«Io, Anastasia Garcìa, figlia di Consuelo e Pablo Garcìa, ultima cacciatrice della stirpe degli Inaki impugno questa spada e ordino a te, demone della notte di fermarti e mostrarti».
L’ordine fu rispettato, ormai erano anni che lei agiva così, ma più passava il tempo più la sua anima si macchiava.
«Chi ha mandato il demone Scianna a uccidere Consuelo Garcìa?» domandò con voce dura, mentre stringeva tra le mani la sua spada.
«Non lo so. Lo giuro. Non lo so»e iniziò a piagnucolare, una delle tante cose che lei detestava.
Forse doveva essere più convincente, così iniziò coll fare pressione sulla sua gamba, mentre un rivolo di sangue nero usciva dalla ferita appena inferta. Nonostante ciò lui non parlava e quindi cambiò tattica.
Iniziò a tagliare parti del suo corpo, sapeva che non potevano rigenerarsi e che per lui sarebbe stata la fine. Il demone tenne ancora la bocca chiusa e ad Anastasia non serviva chi non parlava, così si avvicinò e affondò la spada nel suo petto, ancor prima che lui potesse capire cosa sarebbe successo.
Chiuse gli occhi, alzò la testa al cielo e fece un lungo respiro.
Tornò in Accademia affranta, ma prima di entrare si accorse che qualcuno la stava seguendo. Si nascose svoltando l’angolo e quando vi passò davanti, lei lo bloccò spingendolo con le spalle al cancello.
«Tu!» esclamò sbigottita lei, lasciando subito dopo il ragazzo che la guardava con occhi affascinati.
«Perché mi stai pedinando?»
Il giovane passò il peso da una gamba all’altra, mentre lei continuava a fissarlo.
«Sono qui per proteggerti» rispose e con grande sorpresa di Anastasia lui le fece un inchino.
«Tu» accennò ridendo e indicandolo, prima di beffarsi di lui.
«Tu dovresti proteggermi? E chi sei? Un elfo parlante?»
Il suo volto cambiò radicalmente, decise che non era più il tempo di essere cauto ma di dimostrare quanto valesse. Il ragazzo muovendosi velocemente, le bloccò le mani, glieli portò dietro la schiena e Anastasia si trovò con la faccia sul cancello, proprio dove poco prima si trovava lui.
«Non volevo spaventarti e ho provato a usare le maniere gentili. Sono Raoul Martinez»
Dopo le presentazioni la lasciò andare. Sentiva ancora le sue mani addosso, il fiato sul collo e un certo senso di pericolo, ma a dispetto di ciò sentiva di potersi fidare.
«Dovrebbe dirmi qualcosa il tuo nome?» lo stuzzicò lei, ma Raoul si scrollò le spalle con fare di superiorità, conscio di avere tutte le risposte.
«Probabilmente no. Un antico patto è stato fatto tra i miei e i tuoi genitori. Tu sei l’ultima della tua specie ed io sono il guerriero più forte della mia. L’accordo dice che non appena avrai compiuto quindici anni -e se non sbaglio tu l’hai fatti esattamente un mese fa-  la mia stirpe si sarebbe unita in matrimonio con la tua quando entrambi avremmo compiuto la maggiore età».
Anastasia rimase sconvolta e ferita allo stesso tempo. Emozione che non nascose.  
«Cosa vorresti tu?»
«Niente. Non voglio sposarti se è questo che ti preoccupa. Tu…» non lo lasciò neanche finire.
«Non sei tu che non vuoi sposare me, ma io.» affermò furente, con le mani strette lungo i fianchi.
«A prescindere da questo, il mio compito è di tenerti al sicuro. Come dicevo sono qui per proteggerti e per far sì che tu arrivi ai diciotto tutta intera, cosa che a quanto ho capito richiederà tutto il mio tempo giacché ti cacci nei guai, o meglio li vai proprio a cercare. Ogni sera» constatò una cosa piuttosto ovvia, sorridendo e guardandola con occhi incantati.
Anastasia rimase ferma come un’ ebete, finirono per litigare e alla fine lui se ne andò voltandole le spalle con la promessa che non l’avrebbe persa d’occhio. Lei aveva ottenuto ciò che voleva così come lui. Tuttavia varcando i cancelli dell’Accademia, comparve un lieve sorriso sulle sue labbra: forse quel misterioso ragazzo aveva reso le cose più interessanti, ma non sapeva davvero in cosa si stesse cacciando o forse era lei a non saperlo.
 



Due mesi dopo….



Il tempo sembrò essersi fermato, ormai Anastasia uccideva solo demoni minori, non aveva più quella voglia di uscire la sera e mettere a rischio la sua vita. Stava fallendo come cacciatrice e come figlia. Le aveva promesso che l’avrebbe vendicata e che il nome dei Garcìa sarebbe stato temuto e rispettato. Era esattamente così, ma Anastasia non aveva ancora avuto la sua vendetta e più scavava a fondo più la luce nei suoi occhi si spegneva, finchè poi una sera..quella sera le cose cambiarono.
«Ti prego, non andare» la implorò Flip, il suo amico folletto che sentiva che qualcosa sarebbe andato storto.
La giovane era testarda e nulle furono le sue suppliche.
«Sono pronta. Possiamo andare» affermò Carly entrando nella stanza e facendo cadere a terra la pila di libri che l’amica teneva sulla scrivania, poco prima di far cadere anch’essa.
Anastasia rimase sorpresa nel vederla lì, senza contare che si era vestita tutta di nero, quando il suo armadio era pieno solo di abiti colorati. Le bastò guardare il folletto per sapere chi fosse il responsabile.
«No, tu non vieni. Punto e…»
«E prima che tu finisca la tua frase, che provi a farmi cambiare idea sappi che… Non succederà. Non stavolta» affermò dura, puntando il dito verso di lei e fissandola sicura di sé.
Si erano messi in viaggio da pochi minuti quando la cacciatrice ricevette un messaggio da Rufus con l’indirizzo e tutte le indicazioni su come arrivarci.
La moto si fermò davanti a una vecchia casa abbandonata; nella notte buia qualcosa sembrò muoversi e la fata tremò, consapevole che se era lì, era solo colpa sua. Ma dopotutto era la sua migliore amica, non poteva lasciarla andare da sola.
Si addentrarono lentamente, una dietro l’altra e quando una figura alta e imponente si presentò al loro cospetto balzarono all’indietro. Era l’ora della battaglia, per la verità o per la morte.
Negli occhi di Anastasia si poteva leggere l’eccitazione, l’adrenalina pulsava nelle sue vene e quando il demone parlò la stanza dove si trovavano vibrò.
«Io voglio solo te!» confessò la bestia, poco prima di attaccare Anastasia che si fece trovare pronta e schivò tutti i suoi attacchi. Compì un doppio salto, leggiadra si appoggiò sulla trave del soffitto per poi atterrare sulle spalle del demone e infliggere la sua lama nella schiena. Quest'ultimo si dimenò e cadde a terra e con esso anche lei che andò a sbattere la testa nello spigolo delle scale. La fronte iniziò a sanguinare, la asciugò in fretta, si alzò e partì all’attacco, ma stavolta fu lui più veloce perché prima scomparì e subito dopo riapparse alle sue spalle. Anastasia fu colta di sorpresa, non ebbe il tempo di brandire la spada e alzarla verso il mostro che lui attorcigliò le mani attorno al suo collo. La giovane faticava a respirare, stava per perdere i sensi quando si ricordò la lezione che le insegnò il padre: “quando ti troverai con le spalle al muro lasciati andare e fai sì che agisca l’istinto”. Così fece: si liberò da quella stretta e iniziò a colpire la bestia. Un attacco dopo l’altro, fino a quando il demone le bloccò il braccio e facendole cadere la spada la lanciò in aria. Anastasia si ritrovò tra le scale, aveva il fiato corto e sentiva la testa pulsare; cercò di alzarsi ma tutto iniziò a girarle.
«Arrenditi».
«Mai. Dimmi chi è stato a ordinare l’omicidio di Consuelo Garcìa» tuonò lei con forza, tornando in piedi sotto lo sguardo scioccato e congelato dell’amica.
Avrebbe combattuto fino all’ultimo, doveva avere quella risposta. Tuttavia, al demone bastò un millesimo di secondo di distrazione per metterla fuori gioco.
Fu colpita dapprima da un pugno che le fece uscire sangue dalla bocca e subito dopo da una forte scarica. Il demone sogghignò, ma non prestò attenzione a piccoli particolari. Sottovalutò la situazione. Si era concentrato troppo sulla giovane da non accorgersi che la fata si era mossa, che il suo canto stava mandando in tilt il suo cervello e che la figura alle sue spalle stava per attaccare.
«Il Divoratore, nel regno delle anime» rivelò, mentre si riduceva in piccoli frammenti per poi trasformarsi in cenere.



Il fatto che Anastasia fosse una quindicenne, era un dato irrilevante e se quegli ultimi anni volevano dimostrare qualcosa, era proprio questo. All’insaputa di tutti aveva protetto il mondo umano e quello fatato da sola. Potevano non crederle, ma lei era una cacciatrice di demoni, nelle sue vene scorreva il sangue dell’ultima stirpe degli Inaki. Aveva anche ucciso per vendetta, ma aveva impedito più soprusi di quanto voleva ammettere. Ora che aveva ottenuto il nome di chi aveva fatto uccidere la madre, avrebbe concretizzato la sua vendetta a cui pensava da anni. Tuttavia,  Anastasia Garcìa non avrebbe agito da sola, al suo fianco ci sarebbero stati: Flip il folletto fidato, Carly l’amica fata e Raoul il promesso sposo. Era solo l’inizio.
 













Spazio d'autrice:
Buona sera a tutti =)
Che dire di questa storia? Dovete sapere che quando mi è stato assegnato il prompt io ero certa, avevo scritto già la storia, poi sono andata a ricontrollare e mi sono accorta che avevo fatto un casino. Morale? Ho dovuto scriverne un'altra, stavolta con il prompt giusto. 
Ammetto che questa idea mi è venuta subito dopo aver letto la consegna, mi piace ciò che è uscito fuori, tuttavia non so... è come se mi mancasse qualcosa, forse perchè ero tanto affezionata alla storia che avevo scritto precedentemente.
Quello che amo di questa è senza dubbio la protagonista. Anastaia è una ragazzina che sa farsi valere, mi piace che mi è stato assegnato questo prompt e mi piace anche che io abbia avuto l'opportunità di lavorarci su.
Lo so, il finale è aperto. Sinceramente non sapevo come continuarlo, primo perchè c'era un limite di parole che sono riuscita a rispettare per fortuna e secondo... Beh, per me non c'era finale più perfetto di quello che ho scritto. Non ero convinta, ma appena l'ho riletta tutto per me è stato come avere un'illuminazione. 
Penso di essere riuscita a centrare la consegna e, anche se la storia è breve credo di aver detto tutto sulla vita di Anastasia, ma sono consapevole che potrebbero esserci altre mille avventure da raccontare della nostra protagonista. Chi lo sa, magari un giorno.
Voglio fare un piccolo appunto, per il Mercato delle Ombre ho preso spunto dalla serie tv Streghe, per il resto è tutta farina dle mio sacco ;)
Ora passo ai ringraziamenti., ovviamente XD
Prima di tutto ringrazio chiunque l’abbia letta, recensita e la mia ormai consueta cugina che ha il compito di leggere e darmi consigli.
Grazie a tutti, spero che la storia vi piaccia 
Baci e alla prossima ;)
 
Claire
   
 
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