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Autore: Luxanne A Blackheart    24/05/2017    1 recensioni
Nella Londra vittoriana un affascinante uomo proveniente dall'India, un benestante e facoltoso Lord imparentato con la regina, si trasferisce in uno dei quartieri più ricchi e alla moda dell'epoca.
Lui e la sua famiglia si adatteranno alla vita sociale inglese, partecipando a balli reali e alla vita mondana dell'epoca.
Da lontano sembrano perfetti con i loro vestiti costosi, i bei sorrisi affascinanti e i modi di fare garbati. Ammalianti come un serpente prima di attaccare.
Ma sotto quella apparenza di perfezione c'è di più...
Il loro aspetto cela qualcosa di raccapricciante e orribile.
Grida e strani versi si odono nella buia e fredda notte; sangue, sospiri, affari di malcostume e morte incombono sulla loro bella casa e su chiunque osi avvicinarli.
In una Londra sporca, popolata dalla volgarità, dal malaffare, dal sangue e dalla morte la famiglia Nottern saprà trovarvi la dimora ideale.
E voi, saprete farvi conquistare dalla Famiglia del Diavolo?
Genere: Dark, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO OTTO.

Tempo ed Eternità.

 

 

“Il tempo un pazzo che sparpaglia della polvere. E la vita, una Furia che butta fiamme.”

 

 

“Che cosa facciamo oggi, Charles?”, domandò Katherine, allacciandosi la vestaglia. Era molto magra e quando la stringeva a sé Charles poteva sentire le ossa attraverso la pelle, era come abbracciare uno scheletro. I capelli, ribelli e sciolti sulle spalle, erano tutti arruffati per il sonno, o almeno il fratello sperava fosse quella la motivazione.

“Io proprio niente. Ho un appuntamento con Jean Nottern questa sera. Lo porto a vedere una rappresentazione teatrale su Romeo e Giulietta.”, con mani abili si allacciò la camicia, guardando la sorella attraverso lo specchio della sua grande camera. Avevano prenotato un appartamento per un mese, tuttavia considerato la piega che avevano preso gli eventi, pensava di prolungare la sua permanenza in Inghilterra. Sorrise, pensandoci.

“Dici sul serio? Tu e il signor Nottern? Ci sei davvero riuscito e così facilmente?”, Katherine sembrava sinceramente stupida dall'intraprendenza del fratello; gli aveva più volte detto che non ce l'avrebbe fatta e invece...

“Mai sottovalutare la mia bellezza e i miei begli occhioni. Sarei capace anche di convincere William Nottern, cosa che tu evidentemente non sei riuscita a fare, sorellina cara.”

“E' proprio qui che ti sbagli di grosso, Char. William si è particolarmente interessato alle mie grazie, che lo hanno lasciato particolarmente soddisfatto.”, Katherine sorrise, raggiungendo il fratello per allacciargli il panciotto. “Allora possiamo riferirlo al Lupus Dei? Direi che la nostra parte sia stata rispettata.”

“No, non ancora. Jean ha accettato di uscire con me, questo è vero, ma è particolarmente insicuro e potrebbe cambiare idea da un momento all'altro. Non possiamo permetterci di deludere la confraternita.”

“Charles...”

“No, Katherine, ne vale della nostra vita. Non posso...”, Charles si passò le mani fra i capelli, cercando di pettinarseli alla meglio, considerato che avevano perso i loro pettini durante il viaggio.

“Rimandare ciò che va fatto non renderà la cosa migliore, fratellone. Lui non è Patrick, nessuno lo sarà mai.”

“Sì, lo so. Lui non è Patrick, nessuno lo sarà mai. È solo un succhia sangue, fa parte delle famiglie più potenti e pericolose di succhia sangue. Non li hanno soprannominati Famiglia del Diavolo per nulla, Katherine, dobbiamo stare molto attenti e soprattutto saper giocare le nostre carte. Non possiamo permetterci un altro sbaglio, soprattutto non io, ne vale della nostra vita e di quella della nostra famiglia.”

“Spero tu sappia ciò che fai, fratello, lo spero soprattutto per il tuo cuore facilmente manipolabile.”, la sorella gli sorrise, aggiustandogli il colletto della giacca e baciandogli teneramente una guancia, prima di tornare al suo posto e continuare con un argomento più leggero e frivolo. Tuttavia il cambio d'argomento non fu d'aiuto a Charles, poiché l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era a Jean e a Patrick. Due facce della stessa medaglia, così differenti per certi aspetti, ma simili per altri.

 

 

Lucille aveva un appuntamento con il signor Grey, l'avrebbe portata a fare un giro in carrozza e successivamente a guardare un'allegra e leggera rappresentazione teatrale. Si era dimenticata la borsetta in camera sua, perciò risalì lentamente le scale, avendo cura del suo vestito viola, il più bello che aveva, perché Dorian era davvero un ragazzo delizioso e ci teneva a fare colpo e magari sistemarsi con lui.

Sorrise, ripensando a tutte le cose carine che le aveva detto l'altra notte, mentre le accarezzava con delicatezza la mano, proteggendola da occhi indiscreti. Un vero gentiluomo.

“Non sorridere troppo, Lucie, o ti cadranno le labbra.”

La ragazza si arrestò, sbuffando sonoramente dopo aver riconosciuto la fastidiosa ma sensuale voce. William il traditore che spezzava colli guardandoti negli occhi.

“E se tu continui a sparare cazzate, ti si scioglierà la lingua, Willy.”

“No, la mia lingua è preziosa. Non hai idea di quante donzelle ucciderebbero per averla.”

“Quante puttane, vorrai dire.”, nel tono della minore dei Nottern c'era disgusto. William le si era avvicinato all'improvviso e ora la guardava con un accenno di sorriso, mentre lei evitava accuratamente ogni contatto visivo.

“Come te. Non parlare con così tanto disgusto delle tue simili. Non rinnegare così il tuo passato, mia cara.”

“Io non rinnego il mio passato. So quello che sono e sono consapevole di quello che sono stata, non c'è bisogno che tu me lo ricorda sempre. Ero una puttana, ma lo facevo per dare da mangiare ai miei dannati figli, prima che Camille mi trasformasse e mi rendesse questo dannato upir che sono, prima che ammazzassi i miei dannati figli e il mio maledetto marito perché troppo affamata. In quello stesso istante ho smesso di essere una dannata puttana e diventata un dannato mostro che uccide, si nutre di sangue, un essere immondo. E poi ho imparato ad essere una dannata signora, perché Camille è sempre stata troppo occupata per prendersi cura di me. E quando finalmente tutto ciò che avevo fatto stava cominciando a diventare dannatamente lontano, quando finalmente stavo cominciando a dimenticare e adattarmi a diventare una dannata signora come si deve, sei arrivato tu, maledetto uomo pazzo, tu che con i tuoi maledetti libri, le stramaledettissime parole e i dannati baci innocenti sul dorso della mano; hai tirato fuori il mostro che per troppo tempo avevo cercato di nascondere. Sono stata tua moglie per un dannato anno, uno!, prima che tu mi facessi quasi uccidere da una stramaledetta congrega di streghe per puro divertimento. Tu e la tua dannata mente malata. So esattamente chi sono, William Nottern e non rimpiango assolutamente nulla di ciò che ero e di ciò che sono diventata, non rimpiango persino l'averti osato amare, perché so che dopo averti sperimentato una volta, mi è bastato per sempre e non commetterò mai più lo stesso errore, mai più. Tu sei pazzo, sei folle, sei squilibrato, non sei sano per me.”

“Diamo sempre la colpa a William perché è più facile. E' sempre stato questo il tuo stramaledetto motto, Lucille.”, il biondo era stato zitto per tutto il discorso della sorella, ascoltando pazientemente senza mai cercare di interromperla e soprattutto assumendo una espressione neutra. “Non vuoi semplicemente accettare il fatto di essere stata felice con me, con un pazzo squilibrato, che ti capiva, nonostante la sua pazzia, e riusciva a tirar fuori il tuo lato migliore, il tuo lato animalesco, il tuo lato fragile che solo lui riusciva ad amare, che ti amava con tutto se stesso, ma aveva capito che il suo amore non era sano per te. Così ha organizzato tutto quella farsa per farsi odiare, per allontanarsi, per salvarti, per cercare di donarti un futuro migliore rispetto a quello che avresti avuto con lui, molto vicino al suicidio, all'autodistruzione.”

“Che cosa... che cosa dici, Will?”

“Niente, volevo solo scusarmi con te per averti spezzato il collo e per aver salvato quella inutile ragazzina. Ti auguro buona giornata con quel tuo Dorian Grey.”, Will le sorrise, più che altro fu un accenno di sorriso, per poi andarsene, veloce come il vento per chissà dove. Lucille sbuffò, poggiandosi le mani all'altezza dello stomaco, cercando di alleviare quel disagio che provava, nonostante non respirasse da tempo. Era un meccanismo incondizionato che si portava dietro dai tempi passati e che mai si sarebbe del tutto tolta. All'improvviso suonò il campanello, ma chi c'era dall'altro lato aveva completamente perso il suo significato.

Come poteva competere una dolce margherita bianca con una potente, bellissima, spinosa e pericolosa rosa rossa?

 

 

 

 

 

Dorian Grey era un gentiluomo, un uomo bellissimo, acculturato e sapeva usare le parole per provocare del bene, non per ferire, come spesso faceva William.

Durante tutta la rappresentazione teatrale alla quale avevano assistito, le aveva tenuto la mano, accarezzandola gentilmente e sussurrandole qualcosa all'orecchio, qualche battuta, nei momenti morti, ricevendo diversi rimproveri dagli altri per le loro risate eccessivamente elevate.

“Sapete, mia cara Lucille, siete ogni giorno una piacevole scoperta. Vorrei conoscervi a fondo, ogni giorno, ogni ora, ogni secondo e comprendere l'essere straordinariamente complicato e stupendo che siete.”

Erano seduti sulla sua lussuosa carrozza, stretti l'uno vicina all'altra, mentre il veicolo percorreva velocemente le strade di Londra.

“Siete il primo uomo che me lo dice. Tutti gli uomini che hanno provato dell'interesse nei miei confronti fino ad ora, erano egoisti e pensavano solamente a loro stessi. Il loro amore era tossico e nessuno di loro ha mai voluto conoscermi realmente, tranne voi. Sento che con voi l'amore assumerà un'altra sfumatura, una dolce sfumatura, simile al miele dei vostri occhi.”

Dorian le sorrise, baciandole la mano piccola, nascosta dai guanti bianchi. Lui era vestito in modo molto semplice, notò Lucie, con abiti neri e panciotto rosso, al quale aveva coordinato il bastone dalla testa di rubino. Lei, invece, aveva optato per un vestito viola di varie sfumature, dalla scollatura non troppo provocante.

La carrozza di fermò davanti casa Nottern, illuminata per metà. Dorian si girò verso la ragazza, avvicinando il suo viso a quello della donzella. Si scambiarono un dolce bacio, quasi casto, prima che lui le dicesse: “So che cosa siete, voi e la vostra famiglia, signorina Lucille. Se mi farete l'onore di pranzare a casa mia domani, vi farò vedere ciò che sono io. Sono deciso a conquistarvi, signorina, e non mi importa quante sfide dovrò affrontare, perché due esseri come noi, simili su molti aspetti, non dovrebbero passare l'eternità da soli o in balia di un amore non corrisposto.”

“Che cosa significa tutto ciò, Dorian?”

“Vi verrà spiegato tutto domani, Lucille.”, il bell'uomo sorrise, rivelando una dentatura perfetta, mentre gli occhi scintillarono nel buio della notte. Il giovane uomo scese dalla carrozza, aiutando la sua bella accompagnatrice a fare lo stesso. La guardò, aggiustandole una ciocca sfuggita dalla acconciatura. “Fate sogni d'oro e sappiate che chiunque egli sia, non vi merita.”

 

 

 

“James, uccidimi!”, William era in preda alla collera più buia. Una delle ennesime crisi di pazzia lo aveva assalito dopo aver svuotato quasi tutta la collezione segreta di Vladimir in poche ore, si parlava di centocinquanta vini prelibati che aveva pagato un occhio della testa. Si era rifugiato nel salone dell'appartamento nuovo dei Nottern, quello in cui avevano dato la festa, dopo la litigata con Lucille e andava avanti così da ore. Non voleva vedere nessuno, solo James e ogni tanto borbottava un nome tra i vari sorseggi di assenzio, tra le altre cose.

Era completamente fuori di se e sembrava perso in un mondo parallelo, fatto di dolore, depressione, urla, fuoco e fiamme. Un posto che solo le persone maledette come lui conoscevano benissimo. Aveva preso la penna e un foglio bianco dopo tanto tempo e aveva scritto qualcosa, qualcosa privo di senso che continuava a leggere, avendo capito di essere completamente irrecuperabile e che non c'era nient'altro da fare per lui, maledetto essere vivente, piaga dell'umanità, essere senza amore, autodistruttivo e disastrato com'era.

“James, uccidimi, ti prego, se mi vuoi veramente bene, metti fine alle mie sofferenze.”, glielo aveva gridato innumerevoli volte quella sera, mentre lo guardava, in preda alle lacrime ed alle allucinazioni terribili. La vedeva dappertutto, era ovunque, anche quando non c'era, e gli diceva cose terribili, cose che sapeva di meritarsi, ma che non voleva ascoltare. Adesso, dopo ore passate a piangere e urlare, mentre suo fratello, il suo buono e fiducioso fratello, cercava di farlo calmare, abbracciandolo e parlandogli, ma non facendo l'unica cosa che doveva, si sentiva svuotato, senza energie, apatico nei momenti di felicità e depresso in tutti gli altri. Aveva cercato per troppo tempo di sconfiggere quel mostro che lo divorava dall'interno, cercando di far ridere gli altri, di essere allegro, spensierato e divertente, ma l'unica cosa che aveva ricevuto in cambio era un pungente sarcasmo che infastidiva continuamente la gente, anche chi lo conosceva ormai da secoli. Era questo il motivo per il quale lui era così e cercava di affogare quel maledetto mostro con l'alcol, l'oppio e ogni altro tipo di droga presente sulla terra, ma non era servito a nulla, anzi, aveva aumentato l'appetito del mostro, facendolo crescere a dismisura e facendolo potenziare. Il suo bisogno impellente di fare del male al mostro, o per lo meno, di farlo zittire, si era trasformato in bisogno viscerale di ferire se stesso. Era lui ad aver qualcosa di sbagliato nella testa, non c'era un mostro dentro di lui. Era pazzo, fuori di testa, diverso dalla gente e tutti se ne accorgevano. Qualsiasi cosa combinasse era diversa, inusuale, anticonformista nel modo sbagliato, le sue idee, il suo modo di parlare, di muoversi, di respirare.

Si odiava, oh se si odiava per questo. Spesso si domandava il perché fosse nato così, con questa passione per i libri, di sporcarsi le dita di inchiostro a causa della penna, per la sua voglia di vomitare parole su carta bianca, perché erano solo loro a capirlo realmente.

Le parole capivano, capivano sempre, ma erano le persone che sapevano usarle nel modo peggiore. La gente, quanto odiava la gente? Con la loro fretta, il loro giudicare, il loro essere maledettamente falsi e con il loro maledetto Dio. Dov'era? Che cosa faceva? Perché non interveniva, se sosteneva di essere così buono, nell'aiutare loro povero gregge sperduto? Perché gli aveva sempre voltato le spalle e perché lo aveva reso così?

“Will, ti prego, non fare così...”, nella voce di James c'era il terrore. Non sapeva come comportarsi, come prenderlo quando aveva queste brutte crisi.

“Voglio lei, voglio Lucille...”

“Sai che non potete stare insieme, Will.”, James gli si avvicinò, gettandogli le braccia al collo e abbracciandolo stretto, trasmettendogli tutto il suo amore, tutto ciò che poteva dargli in quel momento.

“La voglio adesso. Posso amarla io per entrambi, ma mi basta che lei sia qui, al mio fianco e tutto il dolore passerà. Lucille e James sono la mia medicina.”

“Sono James, fratello, sono io. Non mi riconosci?”

James provò a guardarlo, ma non era in lui. Aveva perso quella poca lucidità che fino a quel momento lo aveva fatto urlare. Lo fece stendere sul divano, accarezzandogli i capelli biondi.

“Sapete, signore, sono le uniche persone dalle quali mi sono fatto amare e che mi accettano per quello che sono. Non hanno fatto domande, mai, mi hanno solamente amato e io ho un gran bisogno di amore adesso. Potrà sembrare patetico, ma è l'unica cosa di cui gli esseri di questa terra sono capaci. Voglio la mia Lucille, la mia Lucille che ho perso per salvarla da me stesso, e James, il mio fratellone che non mi odierà mai, che mi seguirebbe in capo al mondo. Portatemeli, vi prego, fatemeli vedere un'ultima volta e potrò morire in pace.”

“Oh, Will...”, James sospirò, trattenendo le lacrime. Gli faceva terribilmente male vederlo così.

“Bene, se proprio vuoi morire, ti ucciderò io con piacere, William.”, Vladimir e gli altri dei Nottern erano comparsi all'improvviso. Il capo famiglia aveva un'aria parecchio incazzata.

 

 

 

ED ECCOCI QUI!

Cosa pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto, avete pareri, dubbi da esprimere su Dorian e Charles? Cosa credete che succederà con Will? Il mio povero cuore si strugge d'amore per lui.

Fatemi sapere e nel frattempo, in attesa di un prossimo aggiornamento, andate a guardare il book trailer della storia che ho realizzato! Vi lascio il link: https://www.youtube.com/watch?v=txbYV7j1gNc

Alla prossima belli!

 

   
 
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