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Autore: StrawberryGlasses    24/05/2017    1 recensioni
Sirius e Regulus, due fratelli terribilmente simili e diversi allo stesso tempo. Vitani, entrata nella loro vita per caso, abbandonata ancora in fasce, in un freddo giorno di Novembre, davanti alla porta di Cygnus e Druella Black.
Tre ragazzi incastrati in qualcosa di troppo grande e troppo crudele, dovranno compiere delle scelte che ne determineranno la vita o la morte in un mondo in cui il potere e il pregiudizio prevalgono su ogni altra cosa, anche sulla famiglia.
Dalla storia:
- Ci sono tante cose che non sai, Vitani. Ci siamo odiati a lungo perché era più facile, perché l’odio costituisce l’inclinazione naturale dei Black. -
- Io non sono davvero una Black. - disse allora la giovane, scostandosi da lui e asciugandosi gli occhi con la mano. – E non sopportavo che tu rifiutassi quella stessa appartenenza per la quale io lottavo continuamente, ogni secondo. -
- Sei sempre stata intelligente e in gamba abbastanza da ottenere tutto ciò che volevi. -
- Ti sbagli. - sospirò quella barcollando di nuovo più vicina a lui. - Non tutto. -
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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thedarkside17
THE DARK SIDE OF THE MOON


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17.

-Hey, stranieri!- l’ex perla della casata dei Grifondoro sorrise ai nuovi arrivati, raggiante, spalancando la porta d’ingresso; lanciò uno sguardo carico di significato in direzione di Vitani senza smettere di sorridere ringraziandola silenziosamente per avere accompagnato Sirius, quella sera, mettendo da parte le sue remore.
Lily Evans era una donna intelligente e attenta, certamente più del marito, e i piccoli progressi nei rapporti tra i due Black non erano passati inosservati nonostante, a differenza di James, avesse deciso di non pronunciarsi a riguardo.
-Dov’è il mio figlioccio, Evans?- esordì Sirius con un enorme sorriso entrando in casa e rivolgendosi all’amica esattamente come faceva a scuola quando si trovava costretto a seguire James nel suo corteggiamento spietato.
-Saluta Felpato, Harry!-
James Potter stringeva al petto un bambino così bello da sembrare finto, il viso tondo era candido e perfetto, incorniciato da qualche ciuffetto di capelli scuri come quelli del papà che facevano tuttavia risaltare due luminosissimi occhi verdi identici a quelli di Lily.
Vitani salutò i presenti con un cenno del capo sforzandosi di sorridere a James, Remus e una bionda che riconobbe essere Emmeline Vance, una silenziosa ragazza che aveva frequentato Hogwarts un anno avanti a lei e che sedeva al fianco di Lupin stringendogli la mano.
-Vieni dallo zio, Harry, ti porto via da questo brutto gorilla del tuo papà.- borbottò Sirius tendendo le braccia così che James potesse porgergli il piccolo fagottino che fissava il suo padrino con lo sguardo tipico dei bambini che ancora non vedono il mondo con la chiarezza necessaria e immaginano di dar forma alle ombre tutto intorno.
Vitani restò ferma sulla soglia della sala da pranzo ipnotizzata dai movimenti di Sirius che cullava il bambino, dal modo in cui le labbra del cugino si piegavano quasi timidamente all’insù mentre mormorava paroline dolci al figlio del suo migliore amico stringendoselo al petto con aria protettiva e attenta.
Era un Sirius così diverso da quello sbruffone che conosceva, dal malandrino che Hogwarts aveva più volte lodato e punito. Era un uomo.
-Mi daresti una mano con i piatti, Black?-
Non c’era traccia di sfida nel tono usato da Lily che con il capo indicò la cucina invitandola a seguirla. Era proprio quella naturale e spontanea franchezza a renderla quasi simpatica agli occhi di Vitani che invece non aveva mai sopportato l’ipocrisia di chi fingeva solo di interessarsi a lei o di gradire la sua compagnia quasi quanto l’aperto astio di altri che continuamente la colpevolizzavano, complici parole e occhiate aspre, per la sua di certo non benvoluta discendenza.
Lily invece la trattava semplicemente come una persona qualsiasi con la quale non condividesse trascorsi esattamente rosei ma neanche tanto tremendi da tarpare le ali ad una sorta di misurata e taciuta amicizia qual’era quella che si stava instaurando tra le due donne.
-Potresti incantare le portate per servirsi da sole, Evans, devo dedurre che la maternità ti ha arrugginita?- ribatté senza reale fastidio seguendola in cucina e afferrando i vassoi che l’altra le porgeva.
-Se temi di rovinarti la manicure, principessa, posso sempre chiedere aiuto ad Emmeline.-  terminò la frase a stento mentre un sorriso malizioso le si dipingeva sul volto. –Hai visto quei due?-
Vitani annuì sollevando le sopracciglia e intuendo il riferimento a Lupin e la Vance. –Cos’è, lei? Un procione mannaro?-
La strega Black sapeva ufficialmente del segreto di Lupin solo da quando si era trovata costretta a chiedere l’aiuto di Silente ma la doppia natura dello strambo malandrino era sempre stata oggetto di fondati sospetti.
Lily represse una risata celandola dietro un piccolo sbuffò e si esibì in una pallida imitazione di uno sguardo severo. –Non sei affatto gentile.-
-Mi sorprende che tu ne sia sorpresa.-
Portarono i vassoi  a tavola e Vitani dovette abbassare gli occhi sulla proprie mani per non arrossire sotto lo sguardo di Sirius che seguiva i suoi movimenti con un’espressione indecifrabile che lei interpretò come stranita ma che, forse, era solo piacevolmente colpita.

Harry Potter era in assoluto il bambino più tranquillo che Vitani avesse mai visto, passava di braccia in braccia senza versare neanche una lacrima se non per fame per poi smettere immediatamente non appena Lily si apprestava ad allattarlo.
Vitani si rivelò stranamente paziente, con grande stupore della maggior parte dei presenti a quella cena, ma di certo non meno silenziosa.
-In tutta la sera non hai pronunciato più di.. mh, dieci parole?- le disse a voce bassa Sirius, seduto accanto a lei, cercando di suonare il meno critico possibile.
-Apro bocca solo per esprimermi in modo intelligente, a differenza tua, ed evidentemente non ne ho avuto occasione.-
Sirius sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga e le scostò una ciocca di capelli che le ricadeva davanti agli occhi in un gesto inaspettatamente premuroso. –Piantala di fare la dura. Ti ho vista, sai?
La ragazza fece schioccare la lingua contro il palato e incrociò le braccia al petto. –Illuminami con un’altra delle tue assurde teorie, cugino.-
-Harry. Ha intenerito anche te.-
Vitani si strinse nelle spalle  per poi ravvivarsi i lunghi capelli corvini in un gesto nervoso.
-Me lo terresti un attimo?- la invitò improvvisamente Lily e senza aspettare una risposta si chinò su di lei e depositò Harry tra le sue braccia. –Vado a prendere il dolce.-
Lei restò impietrita, rigida sotto lo sguardo verdissimo del bambino che boccheggiava un po’ e strizzava gli occhi con aria sonnacchiosa per poi sbadigliare spalancando le piccole labbra rosee.
-Harry.- mormorò Vitani sfiorandogli il nasino con tocco tanto leggero che esso si arricciò per il solletico mentre piccole bollicine facevano capolino oltre la bocca socchiusa.
Lo strinse piano dimenticando il mondo intorno e sentì dentro di sé crescere una sensazione mai provata mentre il cuore batteva tanto forte che temette potesse colpire il bambino ancora adagiato contro il suo petto.
Ricordò di una fredda mattina di Gennaio, quando aggrovigliata nel grosso  piumone azzurro si era voltata verso il marito scoprendolo intento a fissarla con lo sguardo più dolce e adorante del mondo.

-Credi sia ancora troppo presto per pensare.. beh, lo sai..- le parole sembravano non voler venire fuori mentre con un braccio attorno al torace di Regulus si portava più vicina a lui attorcigliando le gambe a quelle del marito.
-Vit?-
Vitani prese un profondo respiro e inchiodò i suoi occhi in quelli altrettanto chiari dell’uomo che amava. –Tu lo vorresti, un bambino?-
Regulus la guardò intensamente per qualche istante e poi allungò una mano verso di lei quel poco che bastava per accarezzarle il viso e poi i capelli aggrovigliati in piccoli nodi che non aveva ancora avuto il tempo di districare, quella mattina.
-Un figlio da te sarà il dono più bello che la vita potrà mai farmi, Vit.- sussurrò chinandosi per baciarla.-A patto che somigli tutto alla mamma però.-
Vitani sorrise contro le sue labbra e rispose al bacio rotolando su se stessa in modo da trovarsi distesa sul corpo dell’altro che le circondò la vita con le braccia forti.
-Ti amo, Reg.-
-Anche io ti amo, Vitani, più della mia stessa vita.-

Vitani non si permise di piangere mentre quel ricordo scivolava via e ritornava pian piano a focalizzare lo sguardo sul bambino che stringeva tra le braccia.
In quel momento qualcosa dentro di lei cambiò e poté sentirlo distintamente mentre le palpebre di Harry si chiudevano un po’ di più e il suo respiro si regolarizzava: era troppo giovane per buttare via la sua vita e Regulus non avrebbe mai voluto che lei si negasse la possibilità di ricominciare, la possibilità di ottenere ciò che aveva sempre desiderato. Una famiglia, l’amore e la sicurezza che gli anni dell’adolescenza le avevano brutalmente sottratto.
Guardò Sirius e vide anche lui la stava guardando con la stessa intensità. Non sarebbe stato facile e non c’era alcuna garanzia che quella situazione avrebbe davvero portato qualcosa di buono nella vita dei due giovani ma di una cosa Vitani era ormai sicura: non sarebbe stato vivere nel rimpianto né crogiolarsi nel senso di colpa a ridarle Regulus.

-C’è un parco qui vicino, potremmo passarci prima di tornare.-
Vitani non disse nulla ma continuò a camminare. Si erano congedati dai Potter da quasi mezzora ma nessuno dei due sembrava davvero intenzionato a tornare a casa, rinchiuso in quella quattro mura che sembravano create per farli litigare, esasperandoli.
Aveva bevuto insieme agli altri un po ‘di Whisky Incendiario che non le aveva procurato l’effetto distruttivo della precedente sbornia facendola, invece, sentire più leggera, più tranquilla: non pensava a nulla che non fosse l’atto di coordinare i movimenti mettendo un piede dopo l’altro o il profumo di Sirius nelle narici.
-Hai lo stesso profumo di quando eravamo ragazzi.- mormorò senza riflettere mentre i ricordi della sua adolescenza le scorrevano nella mente come la pellicola di un film.
Ricordò di una sera, l’estate del suo terzo anno: Sirius, dopo l’ennesimo litigio con i genitori, si era allontanato dalla sala da pranzo in cui era riunita la famiglia al completo ed era scomparso chissà dove; Vitani aveva resistito per dieci terribili minuti prima di alzarsi a sua volta e seguirlo senza riuscire ad accettare il fatto che lui potesse davvero non volerla con sé, non voler essere consolato da lei come facevano sempre da bambini.
Lo aveva trovato immobile in mezzo al corridoio del terzo piano della tenuta, sembrava una statua. Il fisico magro e asciutto tipico dei quattordici anni sembra a Vitani rasentare la perfezione così come le iridi grigie nelle quali si rifletteva la luce della luna proveniente dalla finestra dalla quale il ragazzo stava fissando il cielo.
Gli era andata incontro, silenziosa, e lo aveva abbracciato premendo il viso contro il suo collo e le braccia attorno al suo torace.
Sirius era rimasto immobile e impassibile, duro come il marmo, ma a Vitani non importava. Non la stava allontanando e quella poteva essere l’ultima occasione che aveva per sentirlo tanto vicino.
Aveva fissato nella propria mente il suo odore, la consistenza delle sue spalle sotto le dita e la sensazione dei suoi capelli sul viso.
-Non c’è niente di sbagliato in te, Sirius.- lo aveva rassicurato mentre le parole severe della zia Walburga le ronzavano in testa come uno sciame di api. Odiava che tutti cercassero di farlo sentire sbagliato, fuori posto. Odiava gli zii per come trattavano Sirius tanto quanto odiava Bellatrix per tutto l’astio che le riservava. –So come ti senti.-
Il cugino l’aveva presa per le spalle e scostata da sé guardandola con una freddezza innaturale, come se non la stesse davvero vedendo. Poi si era allontanato senza dire una parola, lasciandola sola e confusa ancora una volta.

-Prenderai un malanno.- la avvisò vedendola immergere i piedi nudi nell’acqua del piccolo laghetto artificiale del parco. Era tutto organizzato per sembrare vero e naturale, come un piccolo angolo di paradiso al centro di Londra.
Vitani non lo ascoltò e cominciò a muovere piano i piedi sottacqua chiudendo gli occhi e godendo dei brividi che l’acqua fresca le procurava.
-E’ meraviglioso.- disse piano fissando l’acqua immobile sotto di lei e stringendo forte la gonna perché non si bagnasse.
Con la coda dell’occhio vide una foglia sollevarsi dalla superficie del laghetto e librarsi un po’ più in alto sotto l’influenza della bacchetta di Sirius che, accanto a lei, sorrideva sereno.
-Ero così fiero di aver imparato a farlo.- spiegò mentre il ricordo dell’ultima estate che avevano vissuto davvero insieme faceva sorridere entrambi.
-Era tutto così semplice, allora.- rispose lei in un sussurrò prendendo a torturarsi le mani. –Perché mi hai sempre respinta, Sirius? Perché il fatto che non fossi come te ti turbava così tanto?-
Era il momento della verità, il momento delle confessioni scomode ma necessarie e nessuno dei due aveva intenzione di sottrarsi. Avevano bisogno che nelle loro vite tornasse un po’ di luce, un po’ di verità che rischiarasse quella nube di bugie e omissioni che la strada che era stata tracciata per loro li aveva costretti ad affrontare.
-Perché mi sentivo sbagliato, mi sentivo solo.-
-Non ho mai voluto che tu ti sentissi così.-
-Lo so.-
Erano vicini, l’uno a fianco dell’altra e quando le mani si sfiorarono Sirius sentì di non voler perdere quel contatto e istintivamente intrecciò le dita a quelle di lei che tremarono leggermente.
Non si guardavano continuando invece a fissare il lago e il cielo davanti a loro.
-Non serviva dimostrarti il mio affetto né il mio odio, sembrava che tu non mi vedessi neanche. Come quel giorno in sala grande, dopo lo smistamento.-
Sirius ricordò e lo stomaco gli si chiuse in una morsa dolorosa. Non era mai stato tanto meschino come in quel momento, come quel giorno di settembre.
-Io ero costretta a lottare per essere accettata dalla nostra famiglia mentre tu sembravi lottare per l’esatto opposto. Combattevamo due guerre troppo diverse e il risultato è che ci siamo fatti comunque del male.-
-Come potevi volere quella vita? Desideravi davvero essere come quella stronza di Bella?- le chiese d’impeto stringendo più forte la sua mano e guardandola finalmente negli occhi.
-Volevo meritare la famiglia che mi era stata concessa, Sirius. Se non mi avessero presa con loro sarei cresciuta in un orfanotrofio o peggio per strada.-
Sirius tacque sentendo la voce di Vitani incrinarsi e vedendola mordersi il labbro inferiore, turbata. Sembrava indifesa e fragile e sentì di doverla stringere di nuovo per assorbire un po’ di quel dolore, un po’ di quella frustrazione, così l’attirò a sé per la mano che non aveva smesso neanche per un attimo di stringere e la tenne contro di sé.
-Tu non capivi ed io stringevo i denti e sopportavo. Sopportavo di non essere abbastanza Black per piacere a Bellatrix o ai miei genitori e di esserlo troppo per piacere a te. Tu non riuscivi a vederlo, tutto questo.- lo accusò ancora decisa a riversargli addosso anni di sofferenze che l’amore di Regulus aveva lenito e che con la sua perdita le erano ripiombati addosso, pesanti e insopportabili proprio come allora.
-Non potevo permettere che nulla mi tenesse legato a quella vita che odiavo con tutto me stesso. Ho barattato te con la sicurezza di riuscire nel mio intento.- rispose lui con le labbra premute sul capo della ragazza.
-Hai rinunciato a noi.- specificò lei stringendo tra le mani il cappotto di Sirius e riferendosi anche a Regulus che non era lì per ascoltare le parole del fratello e perdonarlo.
-Ci sono cose a cui non posso rimediare, Vitani.- pronunciò quelle parole come se sanguinassero e sollevò il volto della cugina così che potesse guardarlo negli occhi. –Ma tu se qui adesso e non ho intenzione di rinunciarci di nuovo.-
La baciò dolcemente e lei ricambiò, non travolta dalla passione e dall’entusiasmo del momento né per via dell’ebbrezza dovuto all’alcol. Ricambiò perché voleva farlo. Perché ne sentiva il bisogno o, forse, perché lo sentivano entrambi.

-Hey, stranieri!- l’ex perla della casata dei Grifondoro sorrise ai nuovi arrivati, raggiante, spalancando la porta d’ingresso; lanciò uno sguardo carico di significato in direzione di Vitani senza smettere di sorridere ringraziandola silenziosamente per avere accompagnato Sirius, quella sera, mettendo da parte le sue remore.
Lily Evans era una donna intelligente e attenta, certamente più del marito, e i piccoli progressi nei rapporti tra i due Black non erano passati inosservati nonostante, a differenza di James, avesse deciso di non pronunciarsi a riguardo.
-Dov’è il mio figlioccio, Evans?- esordì Sirius con un enorme sorriso entrando in casa e rivolgendosi all’amica esattamente come faceva a scuola quando si trovava costretto a seguire James nel suo corteggiamento spietato.
-Saluta Felpato, Harry!-
James Potter stringeva al petto un bambino così bello da sembrare finto, il viso tondo era candido e perfetto, incorniciato da qualche ciuffetto di capelli scuri come quelli del papà che facevano tuttavia risaltare due luminosissimi occhi verdi identici a quelli di Lily.
Vitani salutò i presenti con un cenno del capo sforzandosi di sorridere a James, Remus e una bionda che riconobbe essere Emmeline Vance, una silenziosa ragazza che aveva frequentato Hogwarts un anno avanti a lei e che sedeva al fianco di Lupin stringendogli la mano.
-Vieni dallo zio, Harry, ti porto via da questo brutto gorilla del tuo papà.- borbottò Sirius tendendo le braccia così che James potesse porgergli il piccolo fagottino che, intanto, fissava il suo padrino con lo sguardo tipico dei bambini che ancora non vedono il mondo con la chiarezza necessaria e immaginano di dar forma alle ombre tutto intorno.
Vitani restò ferma sulla soglia della sala da pranzo ipnotizzata dai movimenti di Sirius che cullava il bambino, dal modo in cui le labbra del cugino si piegavano quasi timidamente all’insù mentre mormorava paroline dolci al figlio del suo migliore amico, stringendoselo al petto con aria protettiva e attenta.
Era un Sirius così diverso da quello sbruffone che conosceva, dal malandrino che Hogwarts aveva più volte lodato e punito. Era un uomo.
-Mi daresti una mano con i piatti, Black?-
Non c’era traccia di sfida nel tono usato da Lily che con il capo indicò la cucina, invitandola a seguirla. Era proprio quella naturale e spontanea franchezza a renderla quasi simpatica agli occhi di Vitani che, invece, non aveva mai sopportato l’ipocrisia di chi fingeva solo di interessarsi a lei o di gradire la sua compagnia quasi quanto l’aperto astio di altri che continuamente la colpevolizzavano, complici parole e occhiate aspre, per la sua di certo non benvoluta discendenza.
Lily la trattava semplicemente come una persona qualsiasi con la quale non condividesse trascorsi esattamente rosei ma neanche tanto tremendi da tarpare le ali ad una sorta di misurata e taciuta amicizia quale era quella che si stava instaurando tra le due donne.
-Potresti incantare le portate per servirsi da sole, Evans, devo dedurre che la maternità ti ha arrugginita?- ribatté senza reale fastidio seguendola in cucina e afferrando i vassoi che l’altra le porgeva.
-Se temi di rovinarti la manicure, principessa, posso sempre chiedere aiuto ad Emmeline.-  terminò la frase a stento mentre un sorriso malizioso le si dipingeva sul volto. –Hai visto quei due?-
Vitani annuì sollevando le sopracciglia e intuendo il riferimento a Lupin e la Vance. –Cos’è, lei? Un procione mannaro?-
La strega Black sapeva ufficialmente del segreto di Lupin solo da quando si era trovata costretta a chiedere l’aiuto di Silente ma la doppia natura dello strambo malandrino era sempre stata oggetto di fondati sospetti.
Lily represse una risata celandola dietro un piccolo sbuffò e si esibì in una pallida imitazione di uno sguardo severo. –Non sei affatto gentile.-
-Mi sorprende che tu ne sia sorpresa.-
Portarono i vassoi  a tavola e Vitani dovette abbassare gli occhi sulla proprie mani per non arrossire sotto lo sguardo di Sirius che seguiva i suoi movimenti con un’espressione indecifrabile che lei interpretò come stranita ma che, forse, era solo piacevolmente colpita.

Harry Potter era in assoluto il bambino più tranquillo che Vitani avesse mai visto, passava di braccia in braccia senza versare neanche una lacrima, se non per fame, per poi smettere immediatamente non appena Lily si apprestava ad allattarlo.
Vitani si rivelò stranamente paziente, con grande stupore della maggior parte dei presenti a quella cena, ma di certo non meno silenziosa.
-In tutta la sera non hai pronunciato più di.. mh, dieci parole?- le disse a voce bassa Sirius, seduto accanto a lei, cercando di suonare il meno critico possibile.
-Apro bocca solo per esprimermi in modo intelligente, a differenza tua, ed evidentemente non ne ho avuto occasione.-
Sirius sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga e le scostò una ciocca di capelli che le ricadeva davanti agli occhi in un gesto inaspettatamente premuroso. –Piantala di fare la dura. Ti ho vista, sai?
La ragazza fece schioccare la lingua contro il palato e incrociò le braccia al petto. –Illuminami con un’altra delle tue assurde teorie.-
-Harry. Ha intenerito anche te.-
Vitani si strinse nelle spalle  per poi ravvivarsi i lunghi capelli corvini in un gesto nervoso.
-Me lo terresti un attimo?- la invitò improvvisamente Lily e senza aspettare una risposta si chinò su di lei e depositò Harry tra le sue braccia. –Vado a prendere il dolce.-
Lei restò impietrita, rigida sotto lo sguardo verdissimo del bambino che boccheggiava un po’ e strizzava gli occhi con aria sonnacchiosa per poi sbadigliare spalancando le piccole labbra rosee.
-Harry.- mormorò Vitani sfiorandogli il nasino con tocco tanto leggero che esso si arricciò per il solletico mentre piccole bollicine facevano capolino oltre la bocca socchiusa.
Lo strinse piano dimenticando il mondo intorno e sentì dentro di sé crescere una sensazione mai provata mentre il cuore batteva tanto forte che temette potesse colpire il bambino ancora adagiato contro il suo petto.
Ricordò di una fredda mattina di Gennaio, quando aggrovigliata nel grosso piumone azzurro si era voltata verso il marito scoprendolo intento a fissarla con lo sguardo più dolce e adorante del mondo.

-Credi sia ancora troppo presto per pensare.. beh, lo sai..- le parole sembravano non voler venire fuori mentre con un braccio attorno al torace di Regulus si portava più vicina a lui attorcigliando le gambe a quelle del marito.
-Vit?-
Vitani prese un profondo respiro e inchiodò i suoi occhi in quelli altrettanto chiari dell’uomo che amava. –Tu lo vorresti, un bambino?-
Regulus la guardò intensamente per qualche istante e poi allungò una mano verso di lei quel poco che bastava per accarezzarle il viso e poi i capelli aggrovigliati in piccoli nodi che non aveva ancora avuto il tempo di districare, quella mattina.
-Un figlio da te sarà il dono più bello che la vita potrà mai farmi, Vit.- sussurrò chinandosi per baciarla.-A patto che somigli tutto alla mamma, però.-
Vitani sorrise contro le sue labbra e rispose al bacio rotolando su se stessa in modo da trovarsi distesa sul corpo dell’altro che le circondò la vita con le braccia forti.
-Ti amo, Reg.-
-Anche io ti amo, Vitani, più della mia stessa vita.-

Vitani non si permise di piangere mentre quel ricordo scivolava via e ritornava pian piano a focalizzare lo sguardo sul bambino che stringeva tra le braccia.
In quel momento qualcosa dentro di lei cambiò e poté sentirlo distintamente mentre le palpebre di Harry si chiudevano un po’ di più e il suo respiro si regolarizzava: era troppo giovane per buttare via la sua vita e Regulus non avrebbe mai voluto che lei si negasse la possibilità di ricominciare, la possibilità di ottenere ciò che aveva sempre desiderato. Una famiglia, l’amore e la sicurezza che gli anni dell’adolescenza le avevano brutalmente sottratto.
Guardò Sirius e vide anche lui la stava guardando con la stessa intensità. Non sarebbe stato facile e non c’era alcuna garanzia che quella situazione avrebbe davvero portato qualcosa di buono nella vita dei due giovani ma di una cosa Vitani era ormai sicura: non sarebbe stato vivere nel rimpianto né crogiolarsi nel senso di colpa a ridarle Regulus.


-C’è un parco qui vicino, potremmo passarci prima di tornare.-
Vitani non disse nulla ma continuò a camminare. Si erano congedati dai Potter da quasi mezzora ma nessuno dei due sembrava davvero intenzionato a tornare a casa, rinchiuso in quella quattro mura che sembravano create per farli litigare, esasperandoli.
Aveva bevuto insieme agli altri un po‘ di Whisky Incendiario che non le aveva procurato l’effetto distruttivo della precedente sbornia facendola, invece, sentire più leggera, più tranquilla: non pensava a nulla che non fosse l’atto di coordinare i movimenti mettendo un piede dopo l’altro o il profumo di Sirius nelle narici.
-Hai lo stesso profumo di quando eravamo ragazzi.- mormorò senza riflettere mentre i ricordi della sua adolescenza le scorrevano nella mente come la pellicola di un film.
Ricordò di una sera, l’estate del suo terzo anno: Sirius, dopo l’ennesimo litigio con i genitori, si era allontanato dalla sala da pranzo in cui era riunita la famiglia al completo ed era scomparso chissà dove; Vitani aveva resistito per dieci terribili minuti prima di alzarsi a sua volta e seguirlo senza riuscire ad accettare il fatto che lui potesse davvero non volerla con sé, non voler essere consolato da lei come facevano sempre da bambini.
Lo aveva trovato immobile in mezzo al corridoio del terzo piano della tenuta, sembrava una statua. Il fisico magro e asciutto tipico dei quattordici anni sembrava a Vitani rasentare la perfezione così come le iridi grigie nelle quali si rifletteva la luce della luna proveniente dalla finestra dalla quale il ragazzo stava fissando il cielo.
Gli era andata incontro, silenziosa, e lo aveva abbracciato premendo il viso contro il suo collo e le braccia attorno al suo torace.
Sirius era rimasto immobile e impassibile, duro come il marmo, ma a Vitani non importava. Non la stava allontanando e quella poteva essere l’ultima occasione che aveva per sentirlo tanto vicino.
Aveva fissato nella propria mente il suo odore, la consistenza delle sue spalle sotto le dita e la sensazione dei suoi capelli sul viso.
-Non c’è niente di sbagliato in te, Sirius.- lo aveva rassicurato mentre le parole severe della zia Walburga le ronzavano in testa come uno sciame di api. Odiava che tutti cercassero di farlo sentire sbagliato, fuori posto. Odiava gli zii per come trattavano Sirius tanto quanto odiava Bellatrix per tutto l’astio che le riservava. –So come ti senti.-
Il cugino l’aveva presa per le spalle e scostata da sé guardandola con una freddezza innaturale, come se non la stesse davvero vedendo. Poi si era allontanato senza dire una parola, lasciandola sola e confusa ancora una volta.

-Prenderai un malanno.- la avvisò vedendola immergere i piedi nudi nell’acqua del piccolo laghetto artificiale del parco. Era tutto organizzato per sembrare vero e naturale, come un piccolo angolo di paradiso al centro di Londra.
Vitani non lo ascoltò e cominciò a muovere piano i piedi sott'acqua chiudendo gli occhi e godendo dei brividi che l’acqua fresca le procurava.
-E’ meraviglioso.- disse, piano, fissando l’acqua immobile sotto di lei e stringendo forte la gonna perché non si bagnasse.
Con la coda dell’occhio vide una foglia sollevarsi dalla superficie del laghetto e librarsi un po’ più in alto sotto l’influenza della bacchetta di Sirius che, accanto a lei, sorrideva sereno.
-Ero tremendamente fiero di aver imparato a farlo.- spiegò mentre il ricordo dell’ultima estate che avevano vissuto davvero insieme faceva sorridere entrambi.
-Era tutto così semplice, allora.- rispose lei in un sussurrò, prendendo a torturarsi le mani. –Perché mi hai sempre respinta, Sirius? Perché il fatto che non fossi come te ti turbava così tanto?-
Era il momento della verità, il momento delle confessioni scomode ma necessarie e nessuno dei due aveva intenzione di sottrarsi ad esse. Avevano bisogno che nelle loro vite tornasse un po’ di luce, un po’ di verità che rischiarasse quella nube di bugie e omissioni che la strada che era stata tracciata per loro li aveva costretti ad affrontare.
-Perché mi sentivo sbagliato, mi sentivo solo.-
-Non ho mai voluto che tu ti sentissi così.-
-Lo so.-
Erano vicini, l’uno a fianco dell’altra e quando le mani si sfiorarono Sirius sentì di non voler perdere quel contatto e istintivamente intrecciò le dita a quelle di lei che tremarono leggermente.
Non si guardavano, continuando invece a fissare il lago e il cielo davanti a loro.
-Non serviva dimostrarti il mio affetto né il mio odio, sembrava che tu non mi vedessi neanche. Come quel giorno in sala grande, dopo lo smistamento.-
Sirius ricordò e lo stomaco gli si chiuse in una morsa dolorosa. Non era mai stato tanto meschino come in quel momento, come quel giorno di settembre.
-Io ero costretta a lottare per essere accettata dalla nostra famiglia mentre tu sembravi lottare per l’esatto opposto. Combattevamo due guerre troppo diverse e il risultato è che ci siamo fatti comunque del male.-
-Come potevi volere quella vita? Desideravi davvero essere come quella stronza di Bella?- le chiese d’impeto stringendo più forte la sua mano e guardandola finalmente negli occhi.
-Volevo meritare la famiglia che mi era stata concessa, Sirius. Se non mi avessero presa con loro sarei cresciuta in un orfanotrofio o peggio per strada.-
Sirius tacque sentendo la voce di Vitani incrinarsi e vedendola mordersi il labbro inferiore, turbata. Sembrava indifesa e fragile e sentì di doverla stringere di nuovo per assorbire un po’ di quel dolore, un po’ di quella frustrazione, così l’attirò a sé per la mano che non aveva smesso neanche per un attimo di stringere e la tenne contro di sé.
-Tu non capivi ed io stringevo i denti e sopportavo. Sopportavo di non essere abbastanza Black per piacere a Bellatrix o ai miei genitori e di esserlo troppo per piacere a te. Tu non riuscivi a vederlo, tutto questo.- lo accusò, ancora decisa a riversargli addosso anni di sofferenze che l’amore di Regulus aveva lenito e che con la sua perdita le erano ripiombati addosso, pesanti e insopportabili proprio come allora.
-Non potevo permettere che nulla mi tenesse legato a quella vita che odiavo con tutto me stesso. Ho barattato te con la sicurezza di riuscire nel mio intento.- rispose lui con le labbra premute sul capo della ragazza.
-Hai rinunciato a noi.- specificò lei stringendo tra le mani il cappotto di Sirius e riferendosi anche a Regulus che non era lì per ascoltare le parole del fratello e perdonarlo.
-Ci sono cose a cui non posso rimediare, Vitani.- pronunciò quelle parole come se sanguinassero e sollevò il volto della cugina così che potesse guardarlo negli occhi. –Ma tu sei qui adesso e non ho intenzione di rinunciarci di nuovo.-
La baciò dolcemente e lei ricambiò, non travolta dalla passione e dall’entusiasmo del momento né per via dell’ebbrezza dovuto all’alcol. Ricambiò perché voleva farlo. Perché ne sentiva il bisogno o, forse, perché lo sentivano entrambi.

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