-Hey,
stranieri!- l’ex perla della casata dei Grifondoro sorrise ai
nuovi arrivati, raggiante, spalancando la porta d’ingresso;
lanciò uno sguardo carico di significato in direzione di Vitani
senza smettere di sorridere ringraziandola silenziosamente per avere
accompagnato Sirius, quella sera, mettendo da parte le sue remore.
Lily Evans era una donna intelligente e attenta, certamente più
del marito, e i piccoli progressi nei rapporti tra i due Black non
erano passati inosservati nonostante, a differenza di James, avesse
deciso di non pronunciarsi a riguardo.
-Dov’è il mio figlioccio, Evans?- esordì Sirius con
un enorme sorriso entrando in casa e rivolgendosi all’amica
esattamente come faceva a scuola quando si trovava costretto a seguire
James nel suo corteggiamento spietato.
-Saluta Felpato, Harry!-
James Potter stringeva al petto un bambino così bello da
sembrare finto, il viso tondo era candido e perfetto, incorniciato da
qualche ciuffetto di capelli scuri come quelli del papà che
facevano tuttavia risaltare due luminosissimi occhi verdi identici a
quelli di Lily.
Vitani salutò i presenti con un cenno del capo sforzandosi di
sorridere a James, Remus e una bionda che riconobbe essere Emmeline
Vance, una silenziosa ragazza che aveva frequentato Hogwarts un anno
avanti a lei e che sedeva al fianco di Lupin stringendogli la mano.
-Vieni dallo zio, Harry, ti porto via da questo brutto gorilla del tuo
papà.- borbottò Sirius tendendo le braccia così
che James potesse porgergli il piccolo fagottino che, intanto, fissava
il suo padrino con lo sguardo tipico dei bambini che ancora non vedono
il mondo con la chiarezza necessaria e immaginano di dar forma alle
ombre tutto intorno.
Vitani restò ferma sulla soglia della sala da pranzo ipnotizzata
dai movimenti di Sirius che cullava il bambino, dal modo in cui le
labbra del cugino si piegavano quasi timidamente all’insù
mentre mormorava paroline dolci al figlio del suo migliore amico,
stringendoselo al petto con aria protettiva e attenta.
Era un Sirius così diverso da quello sbruffone che conosceva,
dal malandrino che Hogwarts aveva più volte lodato e punito. Era
un uomo.
-Mi daresti una mano con i piatti, Black?-
Non c’era traccia di sfida nel tono usato da Lily che con il capo
indicò la cucina, invitandola a seguirla. Era proprio quella
naturale e spontanea franchezza a renderla quasi simpatica agli occhi
di Vitani che, invece, non aveva mai sopportato l’ipocrisia di
chi fingeva solo di interessarsi a lei o di gradire la sua compagnia
quasi quanto l’aperto astio di altri che continuamente la
colpevolizzavano, complici parole e occhiate aspre, per la sua di certo
non benvoluta discendenza.
Lily la trattava semplicemente come una persona qualsiasi con la quale
non condividesse trascorsi esattamente rosei ma neanche tanto tremendi
da tarpare le ali ad una sorta di misurata e taciuta amicizia quale era
quella che si stava instaurando tra le due donne.
-Potresti incantare le portate per servirsi da sole, Evans, devo
dedurre che la maternità ti ha arrugginita?- ribatté
senza reale fastidio seguendola in cucina e afferrando i vassoi che
l’altra le porgeva.
-Se temi di rovinarti la manicure, principessa, posso sempre chiedere
aiuto ad Emmeline.- terminò la frase a stento mentre un
sorriso malizioso le si dipingeva sul volto. –Hai visto quei due?-
Vitani annuì sollevando le sopracciglia e intuendo il
riferimento a Lupin e la Vance. –Cos’è, lei? Un
procione mannaro?-
La strega Black sapeva ufficialmente del segreto di Lupin solo da
quando si era trovata costretta a chiedere l’aiuto di Silente ma
la doppia natura dello strambo malandrino era sempre stata oggetto di
fondati sospetti.
Lily represse una risata celandola dietro un piccolo sbuffò e si
esibì in una pallida imitazione di uno sguardo severo.
–Non sei affatto gentile.-
-Mi sorprende che tu ne sia sorpresa.-
Portarono i vassoi a tavola e Vitani dovette abbassare gli occhi
sulla proprie mani per non arrossire sotto lo sguardo di Sirius che
seguiva i suoi movimenti con un’espressione indecifrabile che lei
interpretò come stranita ma che, forse, era solo piacevolmente
colpita.
Harry
Potter era in assoluto il bambino più tranquillo che Vitani
avesse mai visto, passava di braccia in braccia senza versare neanche
una lacrima, se non per fame, per poi smettere immediatamente non
appena Lily si apprestava ad allattarlo.
Vitani si rivelò stranamente paziente, con grande stupore della
maggior parte dei presenti a quella cena, ma di certo non meno
silenziosa.
-In tutta la sera non hai pronunciato più di.. mh, dieci
parole?- le disse a voce bassa Sirius, seduto accanto a lei, cercando
di suonare il meno critico possibile.
-Apro bocca solo per esprimermi in modo intelligente, a differenza tua, ed evidentemente non ne ho avuto occasione.-
Sirius sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga e le
scostò una ciocca di capelli che le ricadeva davanti agli occhi
in un gesto inaspettatamente premuroso. –Piantala di fare la
dura. Ti ho vista, sai?
La ragazza fece schioccare la lingua contro il palato e incrociò
le braccia al petto. –Illuminami con un’altra delle tue
assurde teorie.-
-Harry. Ha intenerito anche te.-
Vitani si strinse nelle spalle per poi ravvivarsi i lunghi capelli corvini in un gesto nervoso.
-Me lo terresti un attimo?- la invitò improvvisamente Lily e
senza aspettare una risposta si chinò su di lei e
depositò Harry tra le sue braccia. –Vado a prendere il
dolce.-
Lei restò impietrita, rigida sotto lo sguardo verdissimo del
bambino che boccheggiava un po’ e strizzava gli occhi con aria
sonnacchiosa per poi sbadigliare spalancando le piccole labbra rosee.
-Harry.- mormorò Vitani sfiorandogli il nasino con tocco tanto
leggero che esso si arricciò per il solletico mentre piccole
bollicine facevano capolino oltre la bocca socchiusa.
Lo strinse piano dimenticando il mondo intorno e sentì dentro di
sé crescere una sensazione mai provata mentre il cuore batteva
tanto forte che temette potesse colpire il bambino ancora adagiato
contro il suo petto.
Ricordò di una fredda mattina di Gennaio, quando aggrovigliata
nel grosso piumone azzurro si era voltata verso il marito scoprendolo
intento a fissarla con lo sguardo più dolce e adorante del mondo.
-Credi sia ancora troppo presto per
pensare.. beh, lo sai..- le parole sembravano non voler venire fuori
mentre con un braccio attorno al torace di Regulus si portava
più vicina a lui attorcigliando le gambe a quelle del marito.
-Vit?-
Vitani prese un profondo respiro e
inchiodò i suoi occhi in quelli altrettanto chiari
dell’uomo che amava. –Tu lo vorresti, un bambino?-
Regulus la guardò intensamente
per qualche istante e poi allungò una mano verso di lei quel
poco che bastava per accarezzarle il viso e poi i capelli aggrovigliati
in piccoli nodi che non aveva ancora avuto il tempo di districare,
quella mattina.
-Un figlio da te sarà il dono
più bello che la vita potrà mai farmi, Vit.-
sussurrò chinandosi per baciarla.-A patto che somigli tutto alla
mamma, però.-
Vitani sorrise contro le sue labbra e
rispose al bacio rotolando su se stessa in modo da trovarsi distesa sul
corpo dell’altro che le circondò la vita con le braccia
forti.
-Ti amo, Reg.-
-Anche io ti amo, Vitani, più della mia stessa vita.-
Vitani non si permise di piangere mentre quel ricordo scivolava via e
ritornava pian piano a focalizzare lo sguardo sul bambino che stringeva
tra le braccia.
In quel momento qualcosa dentro di lei cambiò e poté
sentirlo distintamente mentre le palpebre di Harry si chiudevano un
po’ di più e il suo respiro si regolarizzava: era troppo
giovane per buttare via la sua vita e Regulus non avrebbe mai voluto
che lei si negasse la possibilità di ricominciare, la
possibilità di ottenere ciò che aveva sempre desiderato.
Una famiglia, l’amore e la sicurezza che gli anni
dell’adolescenza le avevano brutalmente sottratto.
Guardò Sirius e vide anche lui la stava guardando con la stessa
intensità. Non sarebbe stato facile e non c’era alcuna
garanzia che quella situazione avrebbe davvero portato qualcosa di
buono nella vita dei due giovani ma di una cosa Vitani era ormai
sicura: non sarebbe stato vivere nel rimpianto né crogiolarsi
nel senso di colpa a ridarle Regulus.
-C’è un parco qui vicino, potremmo passarci prima di tornare.-
Vitani non disse nulla ma continuò a camminare. Si erano
congedati dai Potter da quasi mezzora ma nessuno dei due sembrava
davvero intenzionato a tornare a casa, rinchiuso in quella quattro mura
che sembravano create per farli litigare, esasperandoli.
Aveva bevuto insieme agli altri un po‘ di Whisky Incendiario che
non le aveva procurato l’effetto distruttivo della precedente
sbornia facendola, invece, sentire più leggera, più
tranquilla: non pensava a nulla che non fosse l’atto di
coordinare i movimenti mettendo un piede dopo l’altro o il
profumo di Sirius nelle narici.
-Hai lo stesso profumo di quando eravamo ragazzi.- mormorò senza
riflettere mentre i ricordi della sua adolescenza le scorrevano nella
mente come la pellicola di un film.
Ricordò di una sera, l’estate del suo terzo anno: Sirius,
dopo l’ennesimo litigio con i genitori, si era allontanato dalla
sala da pranzo in cui era riunita la famiglia al completo ed era
scomparso chissà dove; Vitani aveva resistito per dieci
terribili minuti prima di alzarsi a sua volta e seguirlo senza riuscire
ad accettare il fatto che lui potesse davvero non volerla con
sé, non voler essere consolato da lei come facevano sempre da
bambini.
Lo aveva trovato immobile in mezzo al corridoio del terzo piano della
tenuta, sembrava una statua. Il fisico magro e asciutto tipico dei
quattordici anni sembrava a Vitani rasentare la perfezione così
come le iridi grigie nelle quali si rifletteva la luce della luna
proveniente dalla finestra dalla quale il ragazzo stava fissando il
cielo.
Gli era andata incontro, silenziosa, e lo aveva abbracciato premendo il
viso contro il suo collo e le braccia attorno al suo torace.
Sirius era rimasto immobile e impassibile, duro come il marmo, ma a
Vitani non importava. Non la stava allontanando e quella poteva essere
l’ultima occasione che aveva per sentirlo tanto vicino.
Aveva fissato nella propria mente il suo odore, la consistenza delle
sue spalle sotto le dita e la sensazione dei suoi capelli sul viso.
-Non c’è niente di sbagliato in te, Sirius.-
lo aveva rassicurato mentre le parole severe della zia Walburga le
ronzavano in testa come uno sciame di api. Odiava che tutti cercassero
di farlo sentire sbagliato, fuori posto. Odiava gli zii per come
trattavano Sirius tanto quanto odiava Bellatrix per tutto l’astio
che le riservava. –So come ti senti.-
Il cugino l’aveva presa per le spalle e scostata da sé
guardandola con una freddezza innaturale, come se non la stesse davvero
vedendo. Poi si era allontanato senza dire una parola, lasciandola sola
e confusa ancora una volta.
-Prenderai un malanno.- la avvisò vedendola immergere i piedi
nudi nell’acqua del piccolo laghetto artificiale del parco. Era
tutto organizzato per sembrare vero e naturale, come un piccolo angolo
di paradiso al centro di Londra.
Vitani non lo ascoltò e cominciò a muovere piano i piedi
sott'acqua chiudendo gli occhi e godendo dei brividi che l’acqua
fresca le procurava.
-E’ meraviglioso.- disse, piano, fissando l’acqua immobile
sotto di lei e stringendo forte la gonna perché non si bagnasse.
Con la coda dell’occhio vide una foglia sollevarsi dalla
superficie del laghetto e librarsi un po’ più in alto
sotto l’influenza della bacchetta di Sirius che, accanto a lei,
sorrideva sereno.
-Ero tremendamente fiero di aver imparato a farlo.- spiegò
mentre il ricordo dell’ultima estate che avevano vissuto davvero
insieme faceva sorridere entrambi.
-Era tutto così semplice, allora.- rispose lei in un
sussurrò, prendendo a torturarsi le mani. –Perché
mi hai sempre respinta, Sirius? Perché il fatto che non fossi
come te ti turbava così tanto?-
Era il momento della verità, il momento delle confessioni
scomode ma necessarie e nessuno dei due aveva intenzione di sottrarsi
ad esse. Avevano bisogno che nelle loro vite tornasse un po’ di
luce, un po’ di verità che rischiarasse quella nube di
bugie e omissioni che la strada che era stata tracciata per loro li
aveva costretti ad affrontare.
-Perché mi sentivo sbagliato, mi sentivo solo.-
-Non ho mai voluto che tu ti sentissi così.-
-Lo so.-
Erano vicini, l’uno a fianco dell’altra e quando le mani si
sfiorarono Sirius sentì di non voler perdere quel contatto e
istintivamente intrecciò le dita a quelle di lei che tremarono
leggermente.
Non si guardavano, continuando invece a fissare il lago e il cielo davanti a loro.
-Non serviva dimostrarti il mio affetto né il mio odio, sembrava
che tu non mi vedessi neanche. Come quel giorno in sala grande, dopo lo
smistamento.-
Sirius ricordò e lo stomaco gli si chiuse in una morsa dolorosa.
Non era mai stato tanto meschino come in quel momento, come quel giorno
di settembre.
-Io ero costretta a lottare per essere accettata dalla nostra famiglia
mentre tu sembravi lottare per l’esatto opposto. Combattevamo due
guerre troppo diverse e il risultato è che ci siamo fatti
comunque del male.-
-Come potevi volere quella vita? Desideravi davvero essere come quella
stronza di Bella?- le chiese d’impeto stringendo più forte
la sua mano e guardandola finalmente negli occhi.
-Volevo meritare la famiglia che mi era stata concessa, Sirius. Se non
mi avessero presa con loro sarei cresciuta in un orfanotrofio o peggio
per strada.-
Sirius tacque sentendo la voce di Vitani incrinarsi e vedendola
mordersi il labbro inferiore, turbata. Sembrava indifesa e fragile e
sentì di doverla stringere di nuovo per assorbire un po’
di quel dolore, un po’ di quella frustrazione, così
l’attirò a sé per la mano che non aveva smesso
neanche per un attimo di stringere e la tenne contro di sé.
-Tu non capivi ed io stringevo i denti e sopportavo. Sopportavo di non
essere abbastanza Black per piacere a Bellatrix o ai miei genitori e di
esserlo troppo per piacere a te. Tu non riuscivi a vederlo, tutto
questo.- lo accusò, ancora decisa a riversargli addosso anni di
sofferenze che l’amore di Regulus aveva lenito e che con la sua
perdita le erano ripiombati addosso, pesanti e insopportabili proprio
come allora.
-Non potevo permettere che nulla mi tenesse legato a quella vita che
odiavo con tutto me stesso. Ho barattato te con la sicurezza di
riuscire nel mio intento.- rispose lui con le labbra premute sul capo
della ragazza.
-Hai rinunciato a noi.- specificò lei stringendo tra le mani il
cappotto di Sirius e riferendosi anche a Regulus che non era lì
per ascoltare le parole del fratello e perdonarlo.
-Ci sono cose a cui non posso rimediare, Vitani.- pronunciò
quelle parole come se sanguinassero e sollevò il volto della
cugina così che potesse guardarlo negli occhi. –Ma tu sei
qui adesso e non ho intenzione di rinunciarci di nuovo.-
La baciò dolcemente e lei ricambiò, non travolta dalla
passione e dall’entusiasmo del momento né per via
dell’ebbrezza dovuto all’alcol. Ricambiò
perché voleva farlo. Perché ne sentiva il bisogno o,
forse, perché lo sentivano entrambi.
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