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Autore: usotsuki_pierrot    25/05/2017    1 recensioni
Una fic di due capitoli in cui focalizzo l'attenzione su Yami e su una delle tante passeggiate per Konoha, così da avere una visuale generale su quali fossero i suoi rapporti alla Foglia prima dell'esame da Chuunin e il suo conseguente abbandono del Villaggio!
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Team 10, Team 7, Team 8, Team Gai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sabaku no Yami'
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PREMESSA
Sono finalmente tornata con il secondo e ultimo capitolo di questa fic praticamente infinita! In verità avrei potuto anche finirla prima, ma due libri che ho letto questi tre giorni mi hanno tenuta impegnata tutto il tempo- Quindi chiedo venia se mi ci è voluto di più per finire questa fic ;; Bene, non ho nulla da dire se non che ringrazio come sempre Heartspowl's Art per avermi permesso di utilizzare un suo OC, in questo caso Kuji, sorella di Kaguya! Se volete vederla disegnata e saperne di più su di lei, vi consiglio di leggere questo suo FunFacts creato dalla stessa autrice (e vi invito pure a leggere gli altri)!.
Mi auguro che vi piaccia e, come al solito, buona lettura!



“Bene, e ora dritti verso il bosco...”.


Yami si trovava ormai quasi all'uscita di Konoha, e ai lati della stradina che stava percorrendo si stagliavano le ultime case che circondavano il Villaggio. Un breve sentiero, accompagnato dai primi piccoli arbusti, portava ad un boschetto ai suoi confini: luogo ampiamente frequentato dall'azzurrina, per allenamenti, passeggiate o pisolini pomeridiani lontani dal caos della vita quotidiana di Konoha.
Tuttavia, quel giorno, la marionettista sapeva benissimo che non sarebbe stata la sola, in mezzo agli altissimi alberi e alla natura intatta e rigogliosa del posto. E infatti, le bastarono pochi passi all'interno di quella zona che pareva distaccarsi completamente dal resto del mondo, per notare rumori e voci poco lontani.
Con un balzo, la giovane si ritrovò su uno dei numerosi rami che la sovrastavano, e dopo una breve ma accurata ispezione del territorio sottostante, poté scorgere senza difficoltà la figura di Kiba e quella di Akamaru. L'azzurrina sorrise lievemente, decisa a non intervenire per non disturbare l'allenamento al quale – ne era certa – stavano di sicuro partecipando anche Hinata e Shino, sorvegliati da Kurenai.
Perciò si decise a rimettere i piedi per terra cercando di fare il minimo rumore possibile, e si allontanò buttando di tanto in tanto l'occhio dietro di sé per essere sicura che non si fossero accorti di lei.
Quando fu abbastanza lontana, tirò un profondo sospiro, esternando un certo sollievo che ebbe vita breve. Non appena la marionettista posò le mani sui fianchi, alzando lo sguardo per cercare un ramo sufficientemente robusto da permetterle di "accamparvisi", le pupille entrarono subito in contatto con una capigliatura disordinata e di colore scuro, il coprifronte della Foglia e un paio di occhi neri che la fissarono di rimando; il tutto contornato da un'espressione fredda, distaccata e quasi scocciata di averla di fronte.
«Sasuke», cominciò lei come per salutarlo, con tono palesemente irritato e un broncio dipinto sul volto.
«Yami», annunciò il più piccolo in un borbottio sommesso, assottigliando gli occhi e lanciandole uno sguardo tagliente come pochi, a braccia incrociate.
«Goditi il tuo ramo», riprese l'azzurrina, ormai in procinto di tornare da dov'era venuta; quasi rischiò di saltare avanti a lui per mettergli le mani addosso alla risposta secca e pungente del blu.
«Almeno io mi impegno, anziché dormire».
«"Almeno io mi impegno anziché dormire, gne gne"», ribatté lei, senza voltarsi a guardarlo, facendogli il verso. Dopodiché, si incamminò nuovamente in direzione del punto in cui il team 8 si stava allenando.
«Molto matura», sussurrò lo shinobi con un piccolo ghigno carico di superiorità.
«Marmocchio...», disse Yami tra sé e sé, in un tono di voce così sottile che dubitò esser a tutti gli effetti giunto alle orecchie del blu.
Proseguendo lungo il proprio cammino a testa bassa e con le guance ancora gonfie da quello spiacevole incontro, la marionettista si rilassò progressivamente nel momento in cui poté sentire di nuovo la potente voce di Kiba, quella più sottile di Hinata e i guaiti di Akamaru.
Alzò lentamente lo sguardo, tornando ad un'espressione quantomeno naturale, e si fermò quando avanti a lei vide stagliarsi la figura di Kuji, la sorella minore di Kaguya.
«Kuji!», esclamò l'azzurrina, avvicinandosi alla ragazza e agitando allegramente la mano nella sua direzione in segno di saluto.
La castana, che le stava fino a quel momento dando le spalle, sussultò un poco alla voce della marionettista, non avendola notata in precedenza.
«Yami-san..!», rispose lei, portandosi una mano al petto e rilasciando un ampio e profondo sospiro carico di tensione. La giovane inclinò la testa, confusa dalla reazione inaspettata della più piccola.
«Kuji, stai bene?», chiese, genuinamente preoccupata; la kunoichi annuì, rivolgendole un piccolo sorriso quasi imbarazzato.
«Sì, Yami-san! Scusa, mi sono spaventata un po' troppo...».
«In effetti sembravi proprio persa in un altro mondo! A cosa stavi pensando?».
L'azzurrina non ebbe tempo di ricevere risposta: non appena proferì quelle parole, infatti, la voce di Kiba la costrinse ad abbassare lo sguardo sulla figura dello shinobi e del suo cagnolino, che correvano poco lontani, abbaiando quest'ultimo e ridendo il padrone, sovrastando i rimproveri di Kurenai.
Le labbra della marionettista si curvarono un poco all'insù, mentre a piccoli passi si avvicinava ancora alla castana. Affiancatasi a lei, portò la mano destra ad appoggiarsi gentilmente sulla spalla sinistra della ragazza, i cui occhi azzurri si posarono sul viso compiaciuto della più grande.
«Ora ho capito... Stavi pensando a Kiba, non è così?».
Le guancia della minore cominciarono a colorarsi di un rosso acceso (minacciando di andare letteralmente a fuoco man mano che il tempo passava), le pupille si dilatarono in preda all'imbarazzo, le labbra si schiusero in un “c-cosa?” sussurrato.
Bastarono pochi attimi affinché la castana percepisse l'ardente calore scaturito dall'agitazione del momento, che la costrinse a distogliere quasi subito lo sguardo, fissando gli occhi chiari al terreno.
Una limpida risata da parte dell'azzurrina si librò nell'aria dopo qualche secondo di silenzio, e la mano che si era posata poco prima sulla spalla estranea della più piccola si allontanò dal morbido tessuto della maglia, tornando al suo posto, sul fianco della marionettista.
«Assomigli proprio a tua sorella ogni tanto, sai?».
Kuji tirò un piccolo sospiro, chiudendo le palpebre e lasciando che la forte sensazione di imbarazzo che l'aveva pervasa la abbandonasse a seguito di quell'affermazione.
«Tu dici..?».
«Certo che si! Dovresti vederla, quando, ehm... “qualcuno” fa allusioni al suo rapporto con Kakashi-sensei!».
La più giovane alzò un sopracciglio, guardandola con un sorriso a metà tra il divertito e il complice.
«Quel qualcuno immagino non sia tu, giusto Yami-san?».
L'interpellata si portò la mano dietro la testa, chiudendo un occhio.
«Cosa potrebbe farti pensare a me, Kuji? Potrei ritenermi addirittura offesa!».
In quel momento la castana si lasciò andare ad una risata piccola ma cristallina, portandosi una mano a coprire le labbra, chiudendo le palpebre; sembrò quasi dimenticarsi della presenza di Kiba, poco più in là.
Lo shinobi, non appena sentì la voce leggera della ragazza, si fermò, voltandosi poi verso le due kunoichi; lo stesso fece Akamaru, ma semplicemente per seguire il padrone. Kuji portò il polso ad asciugare gli occhi inumiditisi a causa della risata, dopodiché le palpebre si riaprirono lentamente.
Gli sguardi dei due si incontrarono, e per qualche attimo il tempo parve fermarsi. L'unico suono udibile divenne quello della leggera brezza che accarezzava le chiome degli alberi che li circondavano, creando una piacevole armonia grazie al pacato movimento delle foglie.
Gli occhi azzurri della ragazza si fissarono su quelli più scuri di lui, mentre con le dita si affrettava a spostare le ciocche di capelli castani dietro l'orecchio. Kiba rimase qualche istante a seguire con le pupille il gesto lento ed aggraziato della kunoichi, senza far caso al cagnolino dal pelo bianco che lo guardava insistentemente, con la testolina un po' inclinata e un'espressione confusa sul muso.
Un ampio sorriso prese piede sul volto contento della più grande che, con una mano ancora posata sul fianco, rimase ad osservare i loro visi assorti per qualche minuto; dopodiché, si vide costretta a rompere la magia del momento con un paio di colpi di tosse che attirarono l'attenzione di Kuji e scossero improvvisamente l'Inuzuka.
Akamaru iniziò ad abbaiare e scodinzolare contento alla vista dell'azzurrina, e nell'istante in cui il padrone abbassò lo sguardo su di lui e gli rivolse un breve cenno del capo, il cagnolino prese a correre nella direzione delle due ragazze. Si avvicinò alla più grande, posando le zampe anteriori sulla sua gamba, e dopo una piccola risata la marionettista si inginocchiò, arruffandogli il pelo chiaro.
Kiba rivolse ancora qualche più timida occhiata alla castana, che si era nel frattempo concentrata maggiormente sui gesti di Akamaru. Scosse la testa, e raccogliendo quanto più fiato possibile pronunciò un "ohi, voi due!!".
«Mh? Kiba, perché urli adesso?!».
«Sei tutta presa con Akamaru, come al solito!», rispose lui, con un evidente broncio dipinto sul viso.
«Beh, scusa se Akamaru è molto meglio di te!», esclamò Yami, con un tono sarcastico ma pungente. Dopotutto qualsiasi occasione era più che ottima per irritare il castano.
«Resta il MIO cane!», riprese il ninja, evidenziando l'aggettivo possessivo.
«Pensa che tra i due avrei dato del cane a te piuttosto che a lui!».
«Yami-san...», la voce colma di rimprovero, aggravata dall'occhiata amara da parte della più piccola, zittì l'azzurrina, che si imbronciò quasi subito.
L'Inuzuka incrociò le braccia in segno di offesa, ma dopo qualche secondo prese nuovamente a parlare.
«Volete venire con noi?».
Yami non esitò ad annuire, contenta; ma la risposta di Kuji tardò ad arrivare, tanto che la marionettista si voltò nella sua direzione con un'espressione perplessa.
«Kuji, non vuoi?».
La castana scosse piano la testa e rivolse un sorriso lieve e visibilmente triste, che fece intuire alla maggiore il motivo per cui aveva preferito rifiutare l'offerta: non voleva essere d'intralcio, né avrebbe mai costretto Kiba ad averla sempre attorno. Sicuramente, pensò la giovane, aveva considerato la proposta del ninja più come una richiesta nata per cortesia, che una domanda spontanea e genuina.
Al contrario, Yami sapeva benissimo che lo shinobi non l'avrebbe mai fatto semplicemente "per essere gentile", tuttavia non si sarebbe mai arrogata il diritto di decidere per conto dell'amica. Perciò si limitò a ricambiare il sorriso, a scompigliarle i capelli e a salutarla con la mano, una volta che si fu allontanata abbastanza.
«Era ora!», disse Kiba fingendosi arrabbiato. Ma nel momento in cui l'azzurrina fu sufficientemente vicina a lui, un grande sorriso sbarazzino si fece spazio sul suo volto, e con le dita prese a scompigliare i lunghi capelli chiari della ragazza; quest'ultima tenne il broncio per un poco, decisa a non darla vinta allo shinobi, ma non riuscì con il tempo a trattenere una lieve risata e a tirare sebbene senza forza la guancia del castano, tra i guaiti di Akamaru che continuava contento a scodinzolare accanto a loro e la voce di Kurenai che dava il benvenuto alla kunoichi. Tutto sotto lo sguardo sorridente ma malinconico della più piccola, che osservava la scena da lontano.
«Yami!», intervenne la sensei, con le labbra curvate gentilmente all'insù, le mani posate sui fianchi e gli occhi rossi socchiusi.
«Kurenai-sensei! Mi dispiace, ho interrotto l'allenamento?», chiese la marionettista, sfoggiando l'espressione più innocua che era in grado di stampare sul viso. Kiba, ancora accanto a lei, si coprì la bocca per evitare di scoppiare a ridere di fronte a quella scena che aveva, per lui, del surreale.
Anche la corvina si lasciò scappare un risolino divertito, abbassando le palpebre; una volta concluso, le pupille si posarono nuovamente sulla figura quasi imbronciata della giovane, che fissava indispettita il più piccolo.
«Ti accogliamo volentieri, se vuoi unirti a noi!», propose la Jonin con tono dolce.
Gli occhi verdi della kunoichi presero a brillare mentre si indirizzavano verso la maggiore, le labbra si schiusero a causa della sorpresa di fronte a quella frase che, tuttavia, non era del tutto inaspettata.
«Posso davvero??».
«Ma certo!», rispose lei, cordiale, senza che il sorriso abbandonasse la sua espressione raddolcita.
Yami aprì la bocca, in procinto di affermare l'effettiva volontà di accettare l'offerta della Jonin; tuttavia la voce le si bloccò in gola nell'istante in cui la sua mente elaborò l'immagine di Kou e della reazione sicuramente negativa che avrebbe avuto nello scoprire che aveva deciso di bighellonare con il team 8 piuttosto che allenarsi per conto suo. Dopotutto, già avevano fatto fatica, lui ed Elizabeth, a credere davvero al fatto Yami si fosse voluta prendere un giorno di pausa dagli allenamenti con la sensei per poter migliorare le marionette da sola; se per sbaglio le voci fossero giunte alle orecchie sbagliate (specialmente a quelle del rosso), l'avrebbero costretta ad esercizi extra o a punizioni ancora più pesanti.
Fu dunque in quel momento che, con un sospiro carico di sconforto, l'azzurrina chiuse gli occhi verdi borbottando un "non posso, ho promesso a Kocchan e Lizzy-chan che mi sarei allenata per conto mio oggi...".
Kurenai sorrise intenerita di fronte a quell'affermazione, ma Kiba, che al contrario non la prese così bene, mise il broncio incrociando le braccia e lasciando che Akamaru si arrampicasse sulla sua testa.
«Non è giusto però!!», esclamò, attirando l'attenzione di Hinata e Shino, che si erano avvicinati solo in quel momento.
«Kiba-kun, Kurenai-sensei, tutto bene..?», si intromise timidamente lei, in un sussurro, e la sua espressione si illuminò parzialmente alla vista dell'azzurrina.
«Yami-san..!», disse, alzando un poco la voce.
«Hinata! Shino!», rispose l'interpellata, rivolgendo una rapida occhiata ai due ragazzi appena giunti. Rivolse un ampio sorriso alla più piccola, e un cenno del capo all'incappucciato.
«Resti con noi..?», sussurrò ancora la kunoichi dai capelli scuri, torturandosi le mani e posando a fatica, di tanto in tanto, gli occhi sulla figura della maggiore. Quest'ultima portò la mano alla testa, abbassando le palpebre e donandole un sorriso colmo di rammarico.
«Purtroppo oggi non posso, Hinata...».
«Non puoi solo perché quel Kou e Lizzy te lo impediscono!», farfugliò ancora arrabbiato Kiba, con le guance perennemente gonfie.
«Kiba, non è che "me lo impediscono"...», l'azzurrina ripose la mano lungo il fianco. «Semplicemente capisco anch'io che l'esame da Chuunin si avvicina, e devo fare la mia parte così come i miei compagni di squadra stanno facendo la loro!».
Il castano bofonchiò qualche inudibile parola, con le pupille fisse altrove.
«Kiba, dovresti seguire il suo esempio, invece di borbottare in questo modo..». La voce di Kurenai accompagnò il movimento del braccio, e il successivo gesto con cui posò la mano sulla sua spalla.
Con un sospiro misto ad un ulteriore mugugno di lamentela, l'interpellato si lasciò sfuggire un "e va bene..." tra i denti.
«Sistemi le marionette..?», chiese in preda alla timidezza la più piccola, attirando l'attenzione dell'azzurrina, che annuì.
«Esatto!».
«Sono curiosa di vederle...».
«Giusto! Perché non le hai ancora mostrate a nessuno?», domandò il castano, quasi risvegliandosi. «Per me nascondi qualcosa! Sono sicuro che le userai per tradire Konoha!».
«Kiba!». Kurenai rivolse uno sguardo di rimprovero al ninja, assottigliando gli occhi rossi e arricciando leggermente il naso, con le mani sui fianchi.
Seguirono attimi di silenzio, in cui nessuno disse più nemmeno una parola. La Jonin rimase in quella posa, in attesa di una risposta da parte dello shinobi, Hinata aveva unito le mani e rivolgeva rapide e fuggevoli occhiate prima all'uno, poi all'altra, Shino stette immobile, con le braccia incrociate, le pupille nascoste dietro alle lenti scure, e Akamaru si limitò ad abbassare la coda.
La marionettista posò gli occhi sul viso imbronciato del castano, che sollevò una palpebra e la guardò di sfuggita, prima di scoppiare in una fragorosa risata divertita.
«Ma figuriamoci! Come potrebbe attaccare la Foglia con un paio di burattini?!». La giovane lo guardò male, incrociando a sua volta le braccia al petto. «Per di più», aggiunse lui, noncurante della reazione della ragazza, «caso mai accadesse basterebbe chiedere a Shino di mostrarle uno dei suoi insetti, e sfido chiunque a non riuscire ad acchiapparla in quel caso!».
Shino tirò un sospiro all'interno del collo della giacca, Hinata si lasciò sfuggire un piccolo risolino che raddolcì la diretta interessata e le permise di non mettere le mani addosso allo shinobi, e Kurenai si portò la mano sulla fronte, chiudendo gli occhi e scuotendo di poco la testa.
«Ovviamente sto scherzando, Yami! So benissimo che non faresti mai nulla del genere, sei nostra amica!!», esclamò poi Kiba, avvicinandosi all'azzurrina e posandole la mano sulla spalla sinistra, mettendo in mostra uno dei suoi sorrisi più ampi. Non appena anche Akamaru lanciò un guaito contento, la marionettista si rilassò, sorridendo genuinamente di rimando e annuendo.
«Niente insetti?».
«Niente insetti!».

Poco dopo, Yami decise di allontanarsi e di lasciare il team 8 ai suoi allenamenti, salutando Kurenai e tutti e tre i componenti; in particolare, qualche attimo prima di addentrarsi maggiormente nel bosco, esclamò un "Kiba, ricorda che se mai attaccassi Konoha, il primo che verrei a cercare saresti tu!", con un tono scherzoso che fece ghignare un po' il castano. Quest'ultimo rispose prontamente con un "non aspetto altro!", lasciando così che un ampio sorriso si dipingesse sulle labbra dell'azzurrina.
Bastò qualche passo immersa dalle folti chiome verdi degli alberi per far si che la marionettista potesse sentire nuove voci poco distanti. Voci che conosceva, e anche bene. La prima, che esplose in un potente grido di battaglia, apparteneva sicuramente a Lee. La seconda, più adulta, era senza ombra di dubbio quella di Gai; non solo per la natura, il timbro e il tono della stessa, ma per le parole di puro incitamento rivolte - come al solito - all'alunno prediletto.
«Continua così, Lee! Esterna la tua gioventù, fa' vedere a quel tronco chi comanda!!».
Yami non riusciva a vedere dove i due si trovassero di preciso. Troppi cespugli a coprire la visuale. Ma un balzo sul ramo sovrastante la sua testa fu sufficiente per avere una panoramica più ampia di ciò che la circondava.
Scoprì più di quanto avesse pensato. I prorietari delle voci erano effettivamente Lee e Gai. Il più piccolo si stava allenando colpendo ripetutamente con calci mirati il tronco di un albero. E, cosa difficile da notare a primo impatto, non erano soli: Neji e Tenten si trovavano non molto lontano, il primo con le braccia incrociate e la seconda con le mani ancorate sui fianchi.
L'azzurrina pensò subito a quanto erano silenziosi, ma dalle espressioni dipinte sui loro visi traspariva la stanchezza data non tanto dell'allenamento, quanto piuttosto dal compagno di squadra e dallo stesso sensei.
"Dev'essere dura con loro...", si disse la giovane, appollaiata com'era sul ramo dell'albero che aveva scelto.
Ad un tratto, un urlo esausto e soddisfatto giunse alle orecchie di Yami, la quale si voltò verso la sua origine. Lee aveva appena finito di colpire il tronco, aveva cacciato quel rumoroso verso carico di tutta la tensione accumulata per poi cominciare a stiracchiarsi.
«Ottimo lavoro, Lee!», disse Gai solenne, alzato il braccio e il pollice nella direzione del suo prediletto e chiudendo un occhio con un sorriso smagliante.
Nell'istante in cui il ragazzo dai capelli a scodella ebbe inarcato di poco la schiena, i suoi occhi scuri entrarono in contatto con la figura ancora accucciata della marionettista. Dopo un "Yami-san!!", gridato ai quattro venti, accompagnato dal dito indice allungato ad indicarla, i due compagni di squadra alzarono lo sguardo su di lei, e Gai incrociò le braccia intercettandola a sua volta.
«Ooooh, Yami!», esclamò il sensei, spostando le mani sui fianchi.
L'azzurrina portò il palmo dietro la nuca, chiudendo gli occhi verdi e forzando una risata sorpresa.
«Lee, mi hai trovata..!».
«Certo che ti ho trovata Yami-san!!». Il corvino si avvicinò all'albero, con il naso rivolto all'insù e un sorriso compiaciuto. «Dopotutto con i capelli che hai è difficile non notarti!».
«I miei... capelli?». La marionettista infilò le dita nella lunga chioma azzurra, separando una ciocca dalle altre e osservandola con un piccolo broncio. "Cos'hanno di male..?", pensò.
«Anche Neji-san dovrebbe tagliarli!», continuò lo shinobi indisturbato, indicando al contempo la figura del compagno, che lo fulminò con lo sguardo.
Tenten si lasciò andare ad una risatina forzata e quasi imbarazzata, per poi osservare la nuova arrivata.
«Yami-san, perché non scendi??», esclamò.
«Esatto, Yami! Andiamo, alleniamoci tutti insieme!», si intromise Gai, con un sorriso a trentadue denti.
«Sono sicura che sarebbe divertente, ma...».
«Lee! Sensei!». La voce di Neji la interruppe e gli sguardi di tutti finirono sul ragazzo.
«Non vi sembra scorretto chiedere a qualcuno di un'altra squadra di allenarsi con noi? Di certo Elizabeth e Kou non la prenderebbero bene, non trovate?».
«Mmmh... Quello è vero, Neji! Ottima osservazione, bravo!». A quella frase di Gai, e al cenno affermativo di Lee, la marionettista tirò un profondo sospiro, sollevata di non esser costretta a spiegare di nuovo la situazione.
«Magari un'altra volta!».

Un saluto veloce ai tre e al sensei, uno sguardo di ringraziamento rivolto al castano, e Yami riprese a balzare da un ramo all'altro alla ricerca di un punto il più silenzioso ed isolato possibile per continuare il suo lavoro con Haru e Fuyu.


«Kou, sei ancora alla finestra?».
Era sera tarda ormai. Mineko camminava per i corridoi della casa con un pigiama chiaro, leggero, i capelli rossi che le arrivavano alle spalle arruffati e un'espressione assonnata dipinta sul volto dalla pelle un po' più scura rispetto a quella del fratello.
L'interpellato si trovava sul letto, accanto alla finestra che dava sulla strada, le ginocchia affondate nelle coperte e le braccia incrociate sul cornicione. La luce della camera era spenta, ma quella del corridoio la illuminava in gran parte.
Il rosso ispezionava con cura i pochi passanti che a quell'ora tarda girovagavano per il Villaggio, per terminare le commissioni della giornata forse, o semplicemente per passeggiare. Con il mento posato sulle braccia, il ragazzo viaggiava con gli occhi arancioni per ogni angolo che si affacciava davanti all'abitazione. La sorella si appoggiò allo stipite della porta, posando una mano sul fianco e ancorando l'altra al braccio opposto, con un sorriso lieve ma intenerito.
«Kou?».
Nessuna risposta.
«Kocchan??».
Il viso del più piccolo si tinse all'improvviso dello stesso colore dei capelli, gli occhi si spalancarono dall'imbarazzo e dopo aver realizzato cosa fosse accaduto lo shinobi si voltò rapidamente verso la maggiore.
«M-Mineko!!».
Una risatina sfuggì dalle labbra della Jonin, che si avvicinò al letto.
«So che sono la vostra sensei, Kou, ma vorrei che fuori dagli allenamenti mi chiamassi "nee-san" almeno una volta!».
Con voce allegra, la rossa prese a scompigliare i capelli di lui, che si fece inaspettatamente accarezzare, seppur con un broncio imbarazzato dipinto sul viso.
«Stai aspettando Yami?», chiese poi lei, sedendosi con la schiena contro la parete e gli occhi viola fissi sul fratello.
Quest'ultimo sospirò, posando nuovamente le pupille sulla strada e annuendo.
«Lo sai che tornerà tardi come al solito...».
La sorella prese il silenzio che seguì quella frase con un sospiro, e continuò a parlare.
«Sai anche cosa le è successo... È normale che voglia stare da sola... E che abbia difficoltà a dormire e a rimanere qui tutta la notte...».
Kou abbassò lo sguardo rinunciando a quella sua pattuglia serrata.
«Nee-san?».
«Sì, Kocchan?».
Il dodicenne prese a borbottare imbarazzato.
«Posso aspettarla insieme a te?».
La rossa rimase qualche istante ad osservarlo, prima di lasciarsi andare ad una lieve risata sorpresa. Gli posò la mano tra i capelli dello stesso colore dei suoi, e annuì con un sorriso.
«Certo che puoi, Kocchan...».

   
 
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