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Autore: Akune_Niives    26/05/2017    0 recensioni
Simil-poesia scritta all'età di 14 anni (circa).
Estratto:
"I miei appunti finiscono alle 9:10, giusto il tempo di scrivere gli argomenti della lezione di oggi. La matematica non sarà mai il mio mestiere, davvero. Rimangono quadretti inutilizzati su questa pagina vuota di funzioni inutili; la riempio di sgorbi. Disegno un fantasma e poi gli faccio un sorriso. Tratteggio la figura di un ragazzo con la frangia sugli occhi. Non sono molto brava, ma ci metto del mio. Mi appoggio al termosifone bollente. Stringo la sciarpa fra le dita. Mi affusolo alle parole che mi fanno sospirare. Il tuo pensiero è un brivido. Scrivo delle frasi per te, per i tuoi occhi azzurri e tutte le carezze che ti farei."
Genere: Poesia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa poesia non nasce in un giorno particolare.
Nasce in un giorno di noia, nasce dettata da un amore acerbo, nascosto e sì, forse anche inutile ma meraviglioso agli occhi di una ragazzina di 14 anni.
Non rispecchia a pieno l'idea di "poesia", con rime baciate, endecasillabi forzati o parole enigmatiche ma io l'ho sempre reputata tale.
Ero giovane, inesperta nell'amore e nella scrittura. Questo che andrete a leggere, per me, rappresenta qualcosa di puro, di innocente.
Qualcosa che avevo dimenticato e che ho ritrovato per caso in vecchi appunti di scuola che stavo per gettare via.
Non ricordo a chi fosse dedicata, se ad un ragazzo o ad una ragazza (certo, c'è scritto "bellissimo", purtroppo al tempo la mia grafia era terrificante) ma non m'importa.
M'importa ricordare di quanto tu fossi come la meraviglia più incredibile ai miei occhi e, chiunque tu sia, ovunque tu sia, grazie per quelle bellissime emozioni.

A.




















Quest’ora non passa.

I miei appunti finiscono alle 9:10, giusto il tempo di scrivere gli argomenti della lezione di oggi. La matematica non sarà mai il mio mestiere, davvero. Rimangono quadretti inutilizzati su questa pagina vuota di funzioni inutili; la riempio di sgorbi. Disegno un fantasma e poi gli faccio un sorriso. Tratteggio la figura di un ragazzo con la frangia sugli occhi. Non sono molto brava, ma ci metto del mio. Mi appoggio al termosifone bollente. Stringo la sciarpa fra le dita. Mi affusolo alle parole che mi fanno sospirare. Il tuo pensiero è un brivido. Scrivo delle frasi per te, per i tuoi occhi azzurri e tutte le carezze che ti farei.

Vivo per il cambio dell’ora. Quando i nostri orari si incastrano con quelli della tua classe e sembra che si allineino i pianeti, che questa merda di posto abbia un senso anche per me. Così questa nenia finisce ed io finalmente esco, e ti vedo. Faccio finta di niente, faccio finta che non mi importi niente di te, faccio finta di essere forte e di avere già tutto. Parlo di cose che non mi interessano con i miei compagni, ascolto le loro idiozie.. Ma si può essere così inconsistenti? mi ritrovo a pensare, con un perfetto sorriso finto dipinto sul volto. Solo l’idea che possa esistere qualcosa di così meraviglioso come te riesce a confortarmi. Mi perdo nei tuoi sguardi rubati. Ogni istante è dispensa nei miei scompensi del cuore. L’inverno è lungo, il (mio) corpo fragile.

Chissà se te ne accorgi.

Se quando me ne sto ferma, le mani perennemente in tasca ad ostentare una sicurezza che non mi appartiene, sai che lo faccio per te. Maledetta timidezza che mi blocca. Tutte le cose che vorrei dirti, tutte le cose che non so, tutte le cose che vorrei sapere di te, tutte le cose che non ho. Sei bellissimo con quella maglia nera, ci pensavo ieri. Mi aggrappo ai punti in cui manchi tu.

Tu. L’idea.

Tutto questo romanticismo inutile del cazzo.

Arriva quel minchione del prof. Mi viene da ridere mentre vi sbatte in classe con quel suo accento sgorbio.

Sei l’ultimo a rientrare. L’hai fatto per me?

Ti guardo mentre chiudi la porta.

E mi basta.
   
 
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