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Autore: Harmonia    10/06/2009    5 recensioni
Shinichi la ignorò -Dove andrai, Sharon?- chiese. Vermouth sorrise e avvicinò le labbra al suo orecchio -A secret makes a woman woman.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vermouth sfrecciava a tutta velocità per le strade di Tokyo, diretta all’aeroporto. Ormai erano le tre di notte, e lungo la circonvallazione giravano solo grossi camion guidati da conducenti stanchi e assonnati, che di certo non stavano a badare a quella piccola ma veloce automobile che avanzava a più di duecento chilometri orari. Anche il fatto che fosse buio pesto la aiutava parecchio, celando alla loro vista il giallo canarino della sua Porsche 997 4S COUPE'. Veramente un gioiellino di macchina. L’aveva rubata giusto un’ora prima, apposta per quella fuga. Certo, forse non era proprio l’ideale per passare inosservati, ma, se proprio quello doveva essere il suo ultimo crimine, voleva assolutamente ritirarsi in grande stile. Se l’era voluto concedere come ultimo capriccio. Altroché quella vecchia carretta nera di Gin! Pensare a lui la fece sorridere, spietata. In quel momento, se tutto era andato secondo i piani, il suo caro ex-collega di lavoro si trovava tra le sbarre, oppure in commissariato, sotto torchio. Sempre che non fosse morto, si ritrovò a pensare, ma scoprì che non le importava. I tempi in cui lei e Gin condividevano il letto erano finalmente finiti.

Un cartello stradale la informò che era arrivata alla deviazione giusta. Diede una rapida occhiata agli specchietti retrovisori e svoltò a destra, imboccando la strada che conduceva al parcheggio.

Lì veniva la parte più difficile, perché, nonostante l’ora tarda, l’area dell’aeroporto era sicuramente più popolata. Scese in fretta al parcheggio sotterraneo, sperando che nessuno facesse troppo caso a lei, e parcheggiò l’automobile nell’angolo più buio e nascosto del garage. Anche se l’avessero ritrovata sarebbe stato praticamente impossibile risalire a lei, ma la prudenza non era mai troppa, come aveva imparato in anni ed anni di servizio.

Gettò un’ultima occhiata di apprezzamento alla Porsche e si affrettò a prendere il tappeto mobile che l’avrebbe riportata in superficie. Che peccato, però, era proprio una gran macchina.

Forse appena arrivo là riesco a procurarmene una uguale

Immediatamente si pentì di ciò che aveva pensato. No, non avrebbe più commesso nessun tipo di crimine, lo aveva promesso. A lui.

Rise di sé stessa. La vecchia Vermouth, la donna spietata che aveva ucciso, rubato, spiato, mai si sarebbe preoccupata di uno stupido giuramento. Quante volte aveva mentito solo per ottenere i suoi scopi? Quante volte aveva dato la sua parola, ben sapendo che non l’avrebbe mai mantenuta?

Ma quella volta era diverso, la sua promessa era stata sincera. E aveva intenzione di mantenerla fino agli ultimi istanti della sua vita, se lui avesse mantenuto la sua.

L’aria fredda della notte le sferzò il viso, risvegliandola dai suoi pensieri e riportandola alla realtà. Inutile pensare ad una nuova vita se ancora doveva riuscire a scappare da quella vecchia; la situazione era più pericolosa che mai, doveva rimanere vigile.

L’aeroporto era a dir poco enorme, ma per fortuna lei c’era stata già parecchie volte, perciò non faticò più di tanto per raggiungere la zona ristorazione. Tentava di non darlo a vedere, ma ogni volta che intravedeva un poliziotto di guardia o un membro della sicurezza tremava di paura. Cercò di tranquillizzarsi pensando che, anche se qualcuno dell’organizzazione aveva già parlato, per loro non sarebbe stato facile riconoscerla: era o non era la maga dei travestimenti? In quel momento era la copia esatta della bella Yukiko Kudo. Soltanto lui avrebbe potuto tradirla.

Raggiunse il piccolo chiosco di frullati che lui le aveva indicato e passò rapidamente in rassegna tutti i tavoli: non c’era nessuno. Immediatamente sentì lo stomaco capovolgersi, e iniziò a sudare freddo.

Cosa significava? Forse era semplicemente in ritardo, o era stato trattenuto… o forse…

I dubbi che aveva cercato di mettere a tacere in quelle ultime ore ricominciarono ad assalirla, più forti e spietati di prima. Si guardò febbrilmente intorno, aspettandosi di scorgere gli agenti dell’FBI da un momento all’altro.

E ora che faccio? Me ne vado? Sono ancora in tempo…

Ma in tempo per fare cosa?

Si sedette, prendendo qualche respiro profondo per calmarsi. Doveva cercare di non pensare al peggio. Lo aveva osservato a lungo, aveva visto in lui la sua unica speranza di distruggere l’organizzazione, e aveva avuto ragione. Non era tipo da ingannare le persone. Ma Vermouth lo conosceva bene, sapeva quanto in lui fosse forte e radicato il senso di giustizia. E se avesse avuto il sopravvento sulla parola data?

Passarono cinque minuti, in cui non riuscì a fare altro che stare lì seduta, senza sapere cosa fare. Lui ancora non arrivava. Timori peggiori cominciarono ad affollarle la mente: e se qualcosa fosse andato storto? Ma no, impossibile! Gli aveva detto dove si nascondevano, qual era la loro base, chi erano i pezzi grossi… Non potevano essere scampati alla distruzione quella volta! Eppure… Avevano mezzi che neppure i migliori servizi segreti potevano vantare, lo sapeva.

Rischiò di farsi prendere dal panico: la sua paura di essere catturata dall’FBI era niente rispetto all’ipotesi che l’organizzazione fosse sopravvissuta a quella notte. Lo scopo degli ultimi due anni della sua vita sarebbe andato in fumo, e lei non sarebbe riuscita più a scappare. Sarebbe finita nelle loro mani, e allora… Si guardò intorno, temendo di scorgere figure in nero da un momento all’altro. Le sembrava di vivere un incubo: li avvertiva sempre più vicini a sé, gli occhi puntati su di lei, ad esprimere mute, terribili minacce.

Si alzò, con le gambe tremanti. Doveva almeno provare a fuggire: non poteva farsi trovare così, seduta e spaventata, ad aspettare la morte. Valutò velocemente la situazione: sicuramente il parcheggio era circondato, troppo pericoloso tornarsi, così si diresse verso l’uscita principale dell’aeroporto: probabilmente era l’ultimo posto in cui l’avrebbero aspettata. Tra i tanti pensieri che le affollavano la mente, si stupì di trovarvi anche una certa preoccupazione per lui. Se le cose erano andate male, di sicuro lo avevano ammazzato, o peggio. Scosse la testa, per ritrovare lucidità: ora doveva solo pensare a fuggire. Si chinò sulla sua valigia, per estrarre un cappellino, un paio d’occhiali, qualsiasi cosa potesse aiutarla a confondere la sua immagine.

Fu in quella posizione che avvertì dei passi che si avvicinavano, e capì che era finita. Il battito del suo cuore impazzì. Non alzò nemmeno gli occhi, mentre l’ombra alta e scura di un uomo la ricopriva. Sulle sue labbra si aprì un sorriso amaro.

-Scusa il ritardo, mi hanno trattenuto in centrale.

Le ci volle qualche istante per capire a chi appartenesse quella voce. Alzò di scatto la testa, andando ad incrociare il suo sguardo blu.

-Kudo!

Notò subito  gli occhiali da sole scuri che Vermouth aveva estratto dal bagaglio.

-Ma come, ti stavi già preparando a fuggire? Non ti fidavi di me?- la provocò.

-E perché avrei dovuto?- rispose Vermouth, sprezzante, cercando di riprendere il controllo di sé. Per un lungo, spaventoso istante aveva provato l’impulso di gettargli le braccia al collo, tanto era stato intenso il sollievo nel vederlo. Si sedette di nuovo, e Kudo la imitò.

-Allora, è andato tutto secondo i piani?

Kudo sorrise, evidentemente euforico.

-Il boss si trova attualmente nella sede FBI a Tokyo, sotto torchio, insieme ai suoi collaboratori più stretti. I pesci piccoli invece sono tutti dietro le sbarre, in attesa del loro turno- il suo sorriso si allargò -anche Gin è con loro. Non avrei mai pensato si trovasse così in basso nella scala gerarchica… evidentemente, quella parte su cui stavamo indagando io e l’FBI non era nulla rispetto all’intera organizzazione.

L’immagine di Gin chiuso in prigione insieme ai membri più insignificanti del gruppo era tanto dolce che Vermouth faticò a seguire il resto del discorso. Kudo le spiegò come avevano fatto irruzione nella residenza del boss, e come contemporaneamente altre unità dei servizi segreti avessero circondato tutte le altre sedi sparse per il Giappone e per gli Stati Uniti. Un’operazione imponente, come poche se ne erano viste in passato. Non avevano dato loro nemmeno un secondo per reagire.

-Toglimi una curiosità Kudo- lo interruppe lei -come hai fatto a convincere l’FBI a mettere in piedi una cosa simile fornendo loro solo una soffiata anonima?

-In effetti è stata dura- disse, palesemente soddisfatto -ho dovuto insistere parecchio, ma Jodie Starling per fortuna mi ha supportato. E’ una delle agenti coinvolte da più tempo contro l’organizzazione, e gode di una grande fiducia nei confronti del capo. Senza il suo aiuto non ce l’avrei fatta.

Si rabbuiò all’improvviso, e a Vermouth non servì molto tempo per capire cosa gli stesse passando per la mente. Essere lì con lei in quel momento significava tradire la fiducia di Jodie, che l’aveva aiutato. La Starling era ancora una bambina quando lei si era introdotta in casa sua e aveva ammazzato i suoi genitori. Tanti altri erano stati i crimini da lei commessi nel corso della sua lunga carriera, e il fatto che fosse stata abbandonata dai genitori appena nata e cresciuta in grembo all’organizzazione non era una scusante sufficiente.

Kudo la guardò negli occhi, con un’espressione dura sul volto. Lei ricambiò il suo sguardo, e sperò che lui fosse in grado di leggere nel profondo della sua anima un pentimento profondo, sincero, dietro la maschera che portava. Ci riuscì. La sua espressione tornò quasi amichevole.

-Sai, devo confessarti che anche per me è stata dura crederti. Quando mi hai contattato dicendo che volevi fornirmi tutte le informazioni per distruggere l’organizzazione, ho pensato subito fosse una trappola, e stanotte ho rischiato di portare un consistente numero di agenti FBI nella tomba, seguendo le tue indicazioni.

-Non ti fidavi di me, Kudo?- gli fece il verso lei.

-E perché avrei dovuto?

Sorrisero entrambi, poi lui scosse la testa.

-Davvero non so dove ho trovato il coraggio di fare una cosa del genere.

E invece lo sapeva, si disse Vermouth, così come lo sapeva anche lei. Da anni aveva intuito il legame fortissimo tra lui ed Angel. Ran Mouri, la ragazza che le aveva salvato la vita, anni prima, era stata rapita da Gin, per attirare Kudo in trappola. Curioso come alla fine fosse stata quella ragazza a decidere le sorti dell’organizzazione: il suo rapimento aveva dato a lei la spinta per agire, e a Kudo la disperazione necessaria per fidarsi di una criminale.

-Come sta Ran?- chiese Vermouth, fingendo poco interesse. Inutile, a dire il vero, perchè ormai Kudo aveva capito perfettamente l’affetto sincero che nutriva per quella ragazza. In caso contrario, non le avrebbe mai dato ascolto.

-Sta benissimo, per fortuna. I dottori volevano darle dei tranquillanti, ma lei ha rifiutato, dicendo che non era per nulla sotto shock.

Scosse la testa, e sulle sue labbra si dipinse un sorriso diverso da quello orgoglioso che aveva esibito fino a quel momento. Era un sorriso carico d’amore.

Rendila felice, Kudo, se lo merita.

Kudo si riscosse all’improvviso, e guardò l’orologio.

-E’ ora- disse, alzandosi -andiamo, ti accompagno al gate.

Vermouth si alzò a sua volta, e lo seguì attraverso l’aeroporto. Notò che ancora non le aveva dato né i documenti, né il biglietto per il volo: evidentemente prima voleva accertarsi che avesse davvero intenzione di andarsene. Sorrise, comprendendolo pienamente: “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio” era il suo motto preferito. Le venne in mente che non sapeva nemmeno quale sarebbe stata la sua destinazione.

-Attenzione, il volo Byrd AD321 diretto a Monaco decollerà tra venti minuti. Si pregano i signori passeggeri di affrettarsi all’imbarco.

-Ecco, è il tuo volo, sbrighiamoci!

-Monaco?- chiese lei, stupita.

-Ti conviene fare scalo lì, per far perdere le tracce. E’ uno degli aeroporti più importanti d’Europa, da lì potrai andare dove vorrai.

Lei annuì, convinta –Puoi stare tranquillo, ho i miei mezzi.

-Non ne dubitavo.

Camminando in fretta, arrivarono all’imbarco in pochi minuti. Kudo si fermò e le consegnò una busta.

-Qui dentro c’è tutto- disse -Questo è il documento di mia madre, che devi usare per prendere questo volo. Una volta arrivata all’aeroporto di Monaco ricorda, il tuo nome è Brooke Johnson, vieni dal Massachusset e hai 35 anni. Ecco, questa è la donna che devi diventare.

Le mostrò la foto sul passaporto: era sua, ma elaborata al computer, tanto che era quasi irriconoscibile. Capelli neri, occhi blu, naso alla francese e labbra sottili.

-Pensi di potercela fare?- chiese.

-Tu che dici?- sorrise Vermouth indicando il suo viso, uguale identico a quello della madre di Shinichi.

-In effetti fa impressione- disse lui con una smorfia.

-Attenzione, ultima chiamata per i passeggeri del volo Byrd AD321…

-Sembra che debba proprio andare- disse Vermouth, preparando il documento di Yukiko.

-Già- Kudo sospirò, poi la trafisse con lo sguardo.

-E’ anche merito tuo se l’organizzazione d’ora in poi non potrà nuocere a nessuno, e non voglio nemmeno pensare alla minaccia mondiale che sarebbe diventata con il tempo-  sospirò, improvvisamente serio -Ma soprattutto, hai salvato Ran, ed è solo per questo che io ora ti lascio andare.

-Una vita per una vita.

-Proprio così, Vermouth. Hai una nuova vita, ora, e io ho dovuto voltare le spalle ai principi in cui credo da sempre per assicurartela. Vedi di non sprecarla.

Senza una parola, Vermouth si avvicinò al ragazzo e lo baciò. Un bacio breve, pieno di gratitudine. Lui non si ritrasse, come invece lei aveva creduto.

-Che effetto fa baciare tua madre, Kudo?

Shinichi la ignorò -Dove andrai, Sharon?- chiese.

Vermouth sorrise e avvicinò le labbra al suo orecchio -A secret makes a woman woman.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

piccola one shot su uno dei personaggi più intriganti della storia, la nostra Vermouth, e Shinichi. L’avevo cominciata qualche tempo fa, e finalmente mi sono decisa a finirla. Fatemi sapere cosa ne pensate^-^

  
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