Piccola
premessina: tra le altre cose che faranno i Ragazzi della Generazione
dei Miracoli, ci sarà il gioco online - come da titolo della
fanfiction. Il gioco è World of Warcraft - nel testo citato
solo una volta con l'acronimo di Wow. In Giappone ci sono tonnellate di
MMO ma ho scelto Wow perché mi sembrava il più
internazionale, dato anche il carattere avanti coi tempi di Akashi. La
Blizzard non mi ha pagato per parlare di Wow e delle sue classi (anzi,
sono io che devolvo mensilmente un canone, maledetta Blizzy).
A seguito un breve compendio per cercare di capire che ghezz dicono i
nostri eroi (e, credetemi, potevo fare molto peggio e scadere in
tecnicismi da nerdona asociale da scrivania XD):
Dps: quello che fa danni (ma si intende anche il danno:
Damage Per Second); dps counter: contatore della quantità di
danno fatta da
ciascun giocatore in uno scontro, ci sono delle mod apposite per
vederlo (mod: modifiche fatte da altri giocatori).
Healer: quello che cura
Tank: quello che raduna i mostri (mob ) e acchiappa mazzate
Dot: attacco/cura nel tempo (tipo Regen, per chi ha mai giocato a Final
Fantasy o Bio/Poison)
Dungeon: stanza/posto d’attacco (qui ci sarebbero da spendere
un bel po' di parole ma... risparmio i dettaglio XD)
Rotation: sequenza di attacchi
Pvp: player vs player, scontro tra giocatori
Rogue: classe di gioco. Tipo assassino.
Server: bacino che racchiude un numero elevato di giocatori
(di solito si differenziano in base alla zona geografica EU, USA etc.)
Raid: simile
al dungeon ma con molti più giocatori, anziché 5
anche 20 etc...
Ogni party/squadra in un dungeon è composta da: 1 tank, 1 healer e 3 dps. Infine: non si può fare pvp nel dungeon ma.... puppa. Mi piaceva così. Inoltre i dungeon di solito sono belli lunghi, fingiamo che i nostri giocatori abbiano un dps da paura!
Se c'è qualcuno che Tetsu curerà, quello sono io!
Kyaaaah
<3 sei così
fortunata a stare con Aomine-kun, non sai quanto ti invidio!
>///<
Sai, pensavo di
invitarti ad uscire assieme uno di questi giorni, poi ho visto che stai
con
Aomine: scusa ma non voglio che mi spacchi la faccia ^^’
Momoi
fece
scorrere i vari messaggi sul cellulare, poi sospirò e lo
mise via; siccome sin
dall’infanzia aveva scelto di prendersi cura di quello scemo
di Dai-chan, alla
fin fine doveva aspettarsi un simile risultato. Tutti finivano
inevitabilmente
per crederli una coppia, vedendoli assieme, peccato che in quegli anni
non si
fossero scambiati nemmeno un abbraccio, figurarsi un bacio.
Ogni tanto
le era capitato di pensare a come sarebbe stato avere Dai-chan come
ragazzo, ma
la questione si interrompeva ancora prima di formulare concretamente
un’idea:
Aomine Daiki era rozzo, diretto in una maniera spaventosa, pigro quando
si
trattava di una cosa che non gli interessava, disordinato
all’ennesima potenza
e totalmente disabituato a ogni forma di gentilezza o dimostrazione
d’affetto.
Perlomeno, a volte lo faceva ma non in maniera convenzionale.
Con i nomi,
per esempio. C’erano solo due persone che chiamava per nome,
con quell’aperta
confidenza che lasciava sempre un po’ stranito chi non lo
conosceva: una era
lei, l’altro era...
“Tetsu!
Curami e lascia perdere quell’idiota!”
Scrutando
la
finestra aperta della camera di Daiki, dalla quale provenivano le sue
urla, Momoi
sorrise. Scosse la testa e aprì la porta
d’ingresso girando semplicemente la
maniglia, dato che il proprietario di casa non si era nemmeno scomodato
a
chiuderla a chiave, pur essendo da solo.
Si
avventurò
lungo il corridoio centrale: ormai conosceva a memoria ogni angolo di
quella
villetta a schiera, una come tante nel tranquillo quartiere
residenziale dove
Daiki e la sua famiglia abitavano. Passò oltre le poche foto
di famiglia
appese, solo una delle quali ritraeva Aomine con la divisa da basket, e
salì le
scale, notando immediatamente il mucchietto di vestiti appallottolati
vicini al
bagno che, li riconobbe, appartenevano sicuramente al ragazzo.
Roteò gli occhi,
li raccolse e li mise nel cesto della roba da lavare: era sempre
così, Aomine
non vedeva quasi mai i suoi genitori, quindi finiva per lasciare ogni
volta le
cose un po’ dove capitavano. Anche per questo Momoi aveva
deciso di stargli accanto,
per farlo sentire meno solo, per aiutarlo, per essergli vicino
perché
altrimenti nessuno avrebbe pensato a guidarlo in tutti quegli anni. E
Aomine,
lei lo sapeva persin troppo bene, era un tipo che sbandava facilmente.
Entrò
nella
sua camera ma non passò subito la soglia.
Appoggiò
una
spalla allo stipite e osservò un istante la scena davanti
agli occhi. La camera
di Aomine era infatti qualcosa di vicino a un’esplosione
nucleare: letto
disfatto nel quale si era creata una palla gigantesca di lenzuola,
vestiti e
forse... asciugamani; fumetti, riviste di idol, videogiochi sparsi a
terra e
appoggiati distrattamente su qualche mensola, mentre i libri intonsi
giacevano
dimenticati in un angolo della libreria; due palloni da basket, qualche
paio di
scarpe nere che costavano tutto quello che Aomine poteva permettersi e
la
divisa della Too appesa, l’unico oggetto trattato davvero con
cura. Sulla sedia
di fronte alla scrivania, con un piede nudo sopra e l’altro a
terra, stava
seduto Daiki: aveva una canotta nera slargata addosso, vecchi
pantaloncini da
basket e delle cuffie da gaming attorno al collo, con il microfono
sollevato,
mentre la faccia era un mix tra concentrazione e rabbia.
Sbatté
un
pugno sul tavolo, inveendo contro uno schermo dove si muovevano altri
personaggi di un videogioco che lanciavano magie o sparavano, in un
tripudio di
luci e suoni.
Momoi
accennò ad un sorriso nel vedere Daiki così
impegnato in un qualcosa che non
fosse il basket: anche quella volta Akashi ci aveva visto giusto.
“Tetsu,
giuro che se curi un’altra volta Bakagami al posto mio
divento healer per
curarmi da solo.”
“L’unico
che può curare me sono io,
gnegnegne.” Qualcuno replicò attraverso le casse
accese, imitando la voce di
Aomine; Momoi riconobbe il timbro di Kagami.
Aomine
cliccò con più foga su mouse e tastiera:
“Sta’ zitto Bakagami, il tuo dps fa
così schifo che faresti meglio a chiudere
l’account.”
“Ahomine ti sfido qui ed
ora ad un pvp,
ho una nuova rotation che ti farà talmente male da chiedermi
come ho fatto a
ucciderti.”
Ma prima
che
Aomine potesse replicare, Momoi sentì in cassa la voce
tranquilla di Kuroko che
intervenne:
“A
dire il
vero, Aomine-kun, tu avevi già un dot di cura addosso ed eri
scudato, quindi
non saresti comunque morto. Kagami-kun invece stava per morire
malamente e,
anche se tu sei di poco superiore a lui in dps, un uomo in meno in
campo poteva
fare la differenza.”
Awww, come
sembra saggio ed esperto
Testu-kun rispetto agli altri. Momoi
arrossì, pensandolo: aveva sempre
ritenuto Kuroko un ragazzo ammirevole, così a modo,
così composto e cool.
“Kuroko,
maledetto, tu dovresti supportarmi, non motivare l’ego
smisurato di uno come
Aomine che, lo sai, dipendesse da lui andrebbe dritto fino in fondo al
dungeon
lasciando morire gli healer come te!”
Aomine
grugnì qualcosa, cambiando posizione sulla sedia:
“Siete lenti, non è ver...”
“Vero,
è
stato orribile – proruppe Kise – ho visto
Kurokocchi schiattare circondato da
tre mostri. Nemmeno le mie abilità da rogue sono servite a
qualcosa.”
“Grazie,
Kise-kun.”
Momoi non
lo
vide, avvicinandosi alle spalle, ma era convinta che a quel punto
Aomine avesse
roteato gli occhi. Si stava grattando un’orecchia per poi
replicare piccato:
“Lì
è colpa
del tank che non sa tenersi i mostri a bada.”
Ci fu il
silenzio. Aomine dette ancora qualche colpo con il suo personaggio
capace di
trasformarsi in una velocissima tigre, mentre il warrior impersonato da
Kagami
stava issando già la bandiera per avviare uno scontro tra
giocatori.
“Murasakibaracchi?”
domandò Kise, mettendo a danzare la sua bellissima Elfa del
Sangue sul corpo di
uno dei mostri appena uccisi.
Altro
silenzio. Aomine, come più o meno tutti gli altri,
ruotò la telecamera e vide
il personaggio di Murasakibara ancora all’inizio del dungeon,
giusto a qualche
centinaio di metri in pixel del corridoio, immobile.
Fu Akashi a
parlare, che era fuori dal dungeon ma stava controllando chi in giro
per il
server potesse partecipare al raid previsto a breve:
“Data
l’assenza di risposta, suppongo che sia andato a prendere da
mangiare.”
“Aka-chin?
–
finalmente risuonò la voce un po’ strascicata di
Murasakibara, seguita da uno
scrocchiare di patatine – A che punto siete, avete
finito?”
Spazientito
Aomine si puntò il microfono più vicino e
replicò: “Che accidenti vuol dire
avete finito? Capite poi perché Testu muore?”
“Veramente
sono vivo, Aomine-kun.”
Uno sbuffo
in cassa: “Mi annoiano i dungeon, sono troppo facili, ho
voglia di distruggervi
tutti per divertirmi.”
Altro
rumore
di patatine che risuonarono nella cassa di Aomine come se stessero per
esplodere. Ma nonostante tutto il personaggio di Murasakibara, un non
morto
altissimo e con le spalle leggermente incurvate in avanti, si mosse
trotterellando con calma.
“Beh,
chissene importa. Ahomine noi due abbiamo un conto in sospeso, ho
intenzione di
farti implodere, dannato!”
“Posso
dire
lo stesso Bakagami, tieni d’occhio il dps counter e vedi i
numeri che faccio!”
Rise ma,
prima che potessero cominciare, risuonò la voce di Akashi
nuovamente
in cassa; persino Murasakibara smise di mangiare:
“Forse
non è questo il momento di scontrarvi tra di voi. Salutami
Momoi-san, Aomine.”
“Satsuki?
Ma che dici Akashi, se Satsuki fosse qui me ne sarei
accorto!”
Scosse la
testa, girandosi come per dimostrare al loro capogilda che
non c’era nessuno nella sua stanza, invece
sussultò sulla sedia quando si
accorse che in piedi, sorridente e con una pila di fascicoli in mano,
c’era
proprio Momoi.
“Satsuki!
– esclamò – Che stavi facendo? Potevi
dirmelo che c’eri!”
“Momocchi!”
la voce entusiasta di Kise.
“Solo
uno stupido come Aomine potrebbe non rendersi conto di avere una
donna in camera.” Lo prese in giro Kagami, ignorando il fatto
che per mesi la
sua coach gli era rimasta piantonata in casa e per poco non gli faceva
prendere
un infarto quando se l’era ritrovata nel letto.
“Vero!”
aggiunse Kuroko, altro grande esperto.
Momoi rise
e appoggiò i fascicoli sui pochi centimetri di scrivania
liberi, commentando:
“Ciao
a tutti ragazzi, come mi ha chiesto Akashi ho portato un
resoconto delle gilde più forti che ho supervisionato in
questi giorni, così
possiamo studiare i punti su cui lavorare.”
“Ottimo
lavoro come sempre, Momoi-san, grazie. Il nostro obiettivo di
diventare la gilda più forte è ormai
prossimo.” Assicurò Akashi.
Aomine fece
una smorfia, guardando quella tonnellata di fogli da
leggere. Akashi e le sue idee, come accidenti era riuscito a convincere
tutti
ad iscriversi a Wow, praticamente organizzando il tempo di ognuno tra
gli
allenamenti con le rispettive squadre, lo studio e il resto?
Dopo la
pausa estiva, che sarebbe iniziata tra una settimana, ci
sarebbero stati gli ultimi mesi di scuola e poi...
l’università. Aomine
occhieggiò i vari volantini e cataloghi delle
università che erano passate in visita
di recente, apparentemente dimenticati sulla scrivania assieme a tutto
il
resto.
E tu... che
università farai,
Tetsu?
Momoi
puntellò i pugni sui fianchi e lo rimproverò:
“Dai-chan
non hai ancora nemmeno guardato i depliant delle università
–
dannazione, perché Satsuki sapeva sempre leggerlo nel
pensiero? Era inquietante
– e io ti ho già tolto quelle che non hanno il
club di basket. Poi un sacco di
allenatori hanno chiesto di te, hai almeno dato un’occhiata
alla mia
valutazione su quelle con le squadre più
interessanti?”
“Aominecchi
non fare arrabbiare Momocchi!” gli consigliò Kise,
mentre
cominciava già ad attaccare qualche altro mostro avanzando
nel dungeon. Pure
Murasakibara si mosse, stando fermo finiva per annoiarsi: “Ti
schiaccio la
testa.” Aggiunse.
Aomine, il
cui personaggio era fermo davanti a Kagami, sospirò facendo
una leggera smorfia:
“No,
sei noiosa Satsuki – tacque un istante, poi aggiunse
– va bene,
stasera li guardo.”
“Promesso?”
insistette lei, costringendolo a fissarla.
Lui non
deviò lo sguardo: “Promesso.”
Dannazione
a lei e alla sua ostinazione.
“E
metti a posto la tua camera, ti do una mano io quando finisci.
Lasciatelo dire, fa davvero un po’ schifo.”
“Che
palle – sbottò – va bene, va bene, metto
a posto ma poi tu mi
compri da mangiare perché non ho certo voglia di
prep...”
Non
finì di parlare perché Kagami lo
attaccò, esclamando: “Muoviti!
Pensavo saresti stato più veloce!”
“Kagami!
Bastardo!”
“Momoi-san
– la voce di Akashi si sentì chiaramente,
nonostante le
parolacce e il frenetico battere sulla tastiera di Aomine –
temo dovrai
aspettare che finiscano. Tanto adesso dovrebbe essere rientrato a casa
Midorima
che può prendere il posto di Aomine.”
Momoi
sorrise: “Vi guardo volentieri, è bello vedervi
così entusiasti.”
Osservò
i personaggi di Aomine e Kagami scattare sullo schermo,
finché
quest’ultimo esclamò:
“Kuroko,
ora è tempo che mi lanci quello scudo e facciamo vedere a
quest’egocentrico cos’è il gioco di
squadra! Assieme porteremo a casa la
vittoria!”
Aomine
schioccò la lingua, per poi fare un sorriso esaltato:
“Se c’è
qualcuno che Tetsu scuderà, quello sono io!”
Kuroko...
Testu...
...
ora!
Esclamarono
entrambi, in contemporanea. Ciascuno, convinto di ricevere
lo scudo da Kuroko, aveva lanciato il proprio personaggio in fin di
vita contro
l’avversario, spinti entrambi dall’impellenza di
trionfare sull’altro, senza
dunque prendersi una pozione di cura o giocare con più
prudenza.
Ma...
finirono per morire tutti e due, sempre in contemporanea: nessuno
dei contendenti, infatti, aveva ricevuto alcuna forma di scudo.
“Kuroko
ma che fai?” sentì esclamare Kagami, che sembrava
quasi
ringhiare.
Guardò
più avanti e vide Tetsuya curare Murasakibara mentre
affrontava
alcuni mostri.
“Veramente
Kurokocchi è con me e Murasakibaracchi.”
Constatò Kise che
faceva volteggiare la sua rogue per aria.
“Aomine-kun,
Kagami-kun conviene che resuscitiate e ci raggiungiate:
stiamo per arrivare al boss finale, così Momoi-san non
attende troppo.”
Momoi
arrossì. Aomine suo malgrado sorrise: anche in un
videogioco,
anche a distanza di anni, Kuroko riusciva comunque a sorprenderlo e a
far si
che, in un modo o nell’altro, lo seguisse.
Sproloqui di una zucca
Ebbene sì, colpisco anche su questo fandom. Dopo mesi e mesi di fangirlaggio selvatico su Kuroko's basket, finalmente pubblico qualcosa riguardo un manga e anime che personalmente adoro. Tutti i personaggi mi hanno lasciato qualcosa ma in particolar modo mi hanno colpito profondamente il legame, la storia e le vicende di Aomine e Kuroko. Il che per me è strano: di solito propendo per far legale due personaggi stronzi, violenti e psicopatici, ma come in ogni cosa ci sono sempre delle eccezioni. Kuroko e Aomine sono, appunto, una di queste.
Perché Kuroko non è dolce, né puccioso, è un personaggio positivo, certo, con le sue umane debolezze e la consapevolezza dei propri limiti ma, proprio per questo, da il meglio di sé e non si arrende; soprattutto è un catalizzatore, paradossale per uno che passa sempre inosservato, e finisce per essere il legante della squadra. Aomine, per contro, pur essendo all'apparenza forte, stronzificato nel tempo, burbero e quasi deluso dal resto del mondo, è a suo modo fragile, incapace di affrontare il suo cambiamento e capire cosa potesse provare chi lo circondava.
Amo la loro amicizia profonda, il distacco terribile che si viene a creare, il conflitto di entrambi e la maniera quasi spontanea con cui si riavvicinano, nonostante la fatica fatta da Aomine.
Questa fiction sarà una long non troppo long, nella quale immagino come potrebbe dipanarsi nel tempo il rapporto tra Kuroko e Aomine, in una maniera realistica, per quanto possibile, anche se con note fluff che andranno a scandire momenti più nostalgici e, in un certo senso, riflessivi.
Parlerò anche di Momoi, del suo rapporto con Aomine, ma anche degli altri ragazzi della Generazione di Miracoli, con i dovuti spazi.
Grazie per aver cominciato con me questa storia!
Ps: prayer of mending, il cui nome letteralmente significa Preghiera di Riparazione, è un incantesimo che lancia la classe Priest (che non a caso usa Akashi) e l'ho trovata appropriata. Mend vuol dire proprio riparare qualcosa di rotto o danneggiato. Credo che a modo loro tutti i ragazzi della generazione dei miracoli stiano cercando di ricucire un rapporto, tra di loro, che credevano aver perduto per sempre.
Il titolo di ciascun capitolo è una frase che uno dei personaggi pronuncia, omaggio al manga.