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Autore: BowtiesAreCool    27/05/2017    0 recensioni
AU! Gemme Dell'Infinito
Coppie: Phil/Clint - Accenni Steve/Tony - Accenni Thor/Loki
Dal banco dietro Coulson proveniva un sonoro russare: era inconcepibile come un ragazzo dell'età di Anthony Stark potesse avere tanto sonno arretrato, eppure non c'era lezione mattutina che egli trascorresse sveglio, vigile, attento alle parole del professore. Abbandonato sulla superficie costellata di scritte e graffiti, Tony poggiava gli scarmigliati capelli neri sulle braccia coperte di ematomi, chiudeva le palpebre cerchiate di livida insonnia, quindi spalancava la bocca ad un quieto, letargico russare. Persino gli insegnanti avevano perso ogni speranza di vederlo interessato a quel che avevano da dire.
Con un mezzo sorriso, Phil si girò, sistemandosi i capelli castani sulla fronte, gli occhi azzurri posati gentilmente sul viso dell’amico, e lo scosse appena. “Ehi.” Bisbigliò. “Va bene dormire, ma evita di russare, così disturbi tutti.”
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Nove




"La Gemma rimasta mi è nascosta." Disse colui che aveva gli occhi viola. "Non appare, Maestro. Non la avverto."
"Bisogna avere pazienza, uccellino. Molta pazienza." L'altro accarezzò languidamente la pietra azzurra nel suo scettro. "Molta pazienza. Per ora concentriamoci sulle altre. Hai già insinuato il dubbio nel cuore del ragazzo?"
"I primi semi stanno cominciando ad attecchire."
"A che pro?" Intervenne Thor. "Fatemi combattere. Diverranno cenere."
"Dobbiamo dividerli, mio valoroso guerriero. Le Gemme unite sono troppo potenti, divise saranno vulnerabili. E il ragazzo è l'unico che può dividerle."
Thor serrò le braccia al petto muscoloso e strinse le labbra. Diveniva inquieto quando l'altro era lì e lo guardava con quelle sue iridi che tutto vedevano. "Farò sì che loro divengano nemici."
"Affretta le cose, uccellino." Finalmente sollevò gli occhi sui due. "Agisci subito."
"Sì, Maestro." Quello fece un inchino, profondo e servile. "Ed io?" Domandò Thor, "Ho bisogno della battaglia. Il clamore delle armi mi chiama."
"Avrai la tua battaglia, amico mio. Devi solo pazientare. Quando le Gemme saranno divise, sarà un gioco da ragazzi ucciderli e prendere le pietre."
Non era contento. Poteva vederlo dagli occhi rabbiosi e da come teneva le dita attorno al martello. "Maestro." Intervenne colui che aveva gli occhi viola. "Necessito di una persona. Di una donna che possa far vacillare l'animo dell'uomo fuori dal Tempo."
"Una donna?" Chiese, perplesso. "Perché mai?"
"Ho letto un nome, nella sua anima. La discendente di costei ancora vive."
"Allora trovala." L'uomo piegò le labbra in un ghigno. "E poi io la incanterò."
Il servo dagli occhi viola si inchinò di nuovo.

 
***

 
"Hai un aspetto orribile." Tony si sporse a guardare Phil, spostando di lato il piatto di maccheroni della mensa e studiando la sua faccia con attenzione -Era passata una settimana dall'attacco di Thor e, ristabilitosi, Tony era divenuto ancor più fastidioso. E vibrante. E allegro. E geniale. "Aspetta... E quei lividi coperti col correttore?"
Phil non si era mai sentito così stanco. Tornava a casa passata la mezzanotte ed era talmente spossato che crollava a letto senza neanche rendersene conto. Senza contare che da quel giorno non era più riuscito a vedere Clint. May diceva che doveva solo pensare ad allenarsi, che era un agente e che delle vite dipendevano da lui, quindi non aveva tempo per pensare ad uscire con amici –E tutto queto influiva sull’umore già instabile del ragazzo.
Rigirò una patata nel piatto, per poi allontanarlo nauseato. "Sono caduto dalle scale." La cosa peggiore, poi, tra tutte, era mentire al suo migliore amico.
"Caduto dalle---?" Tony socchiuse le palpebre. "Quello è un gancio bello e buono! Ti stai mica facendo allenare da Steve? Guarda che non sono geloso!"
Corrucciò le sopracciglia. "Perché dovrei farmi allenare da lui? Sono solo caduto dalle scale."
"Per quella assurda storia che sei inutile e non servi." Spiegò Tony.
Phil scosse le spalle. "Magari glielo chiederò."
Tony annuì, per poi schiarirsi la voce. "Sai dov'è, a proposito?"
Scosse la testa. "No, è scomparso dopo le lezioni. Sarà andato in bagno."
In effetti, Steve ricomparve.
 ...Accompagnato da una bionda sorridente, occhi azzurri e spolverino bianco, maglietta a righe bianche e nere che ben aderivano ai fianchi sinuosi e al ventre piatto, e stivali alti che la snellivano ancora di più. Ridevano come se si conoscessero da una vita e lei non aveva occhi che per l'altro.
"E quella chi è?" Phil spalancò gli occhi e la bocca. "Non l'ho mai vista."
"Non ne ho idea--" Esalò Tony. "Cosa diavolo.. ? Perché lo sta spogliando con lo sguardo?"
"Beh Steve è bello, è normale che le ragazze gli facciano il filo. È lui che mi meraviglia."
Tony contrasse i denti. Il pugno si chiuse con tale forza da scricchiolare -Una patina rossa e dorata si era andata a formare sulla mano serrata, quasi la Gemma stesse rispondendo alla sua rabbia.
Notando il suo scatto, l'altro gli poggiò una mano sulla sua. "Calmati. Stanno solo parlando e sono sicuro lui abbia una spiegazione valida."
Una lieve aura rossastra rimase, nonostante avesse rilassato le dita.
Come richiamato dai pensieri di Tony, Steve si girò verso di loro. Sventolò la mano in segno di saluto, per poi avvicinarsi al tavolo -Con la ragazza alle calcagna.
"Ehi." Disse. "Posso presentarvi Sharon? È nella mia classe di arte."
"Salve!" Li salutò lei radiosa.
Phil si limitò ad un cenno del capo.
"Ciao." Fu il monosillabico e astioso saluto di Tony, mentre Steve si sedeva -E Sharon accanto a lui. "Abbiamo scoperto che sua nonna Peggy e mio... Nonno hanno combattuto insieme durante la Seconda Guerra Mondiale."
"Oh, davvero?" Phil la guardò meravigliato. "È una vera coincidenza!"
"Già." Il sorriso di Steve si illuminava tanto quanto andava rabbuiandosi quella di Tony.
La ragazza continuava a sorridere. "Spero non vi dispiaccia che mi sia seduta qui."
"Certo che no." Ringhiò Tony. "Chiunque abbia sangue in comune con Peggy è la benvenuta qui."
"Anche tuo nonno la conosceva?"
"Mio padre. Howard." Rispose lui. "E se te lo stai chiedendo, mio padre era già vecchio quando mia madre mi mise al mondo."
"Howard Stark? Tu sei suo figlio?" Chiese sorpresa. "Stark è una leggenda a casa mia!"
Steve sorrise, per incoraggiarlo a prendere parte alla conversazione, ma Tony non riusciva a togliersi dallo stomaco quella sensazione di fastidio. "Ah, sì?"
"Certo! L’ho incontrato una volta, quando ero molto piccola. È una leggenda!"
Stark non fu in grado nemmeno di rivolgerle un sorriso. "Meno male che qualcuno lo ricorda meglio di me." Commentò, velenoso. "È morto qualche anno dopo che sono uscito dalla provetta. Grazie a Dio aveva preso già da un po' un maggiordomo che ha avuto il cuore di crescermi."
Sharon aprì appena la bocca ma Phil intervenne subito. "Quindi fate arte insieme?"
Steve impiegò alcuni istanti per staccare gli occhi da Tony. Si riscosse subito, schiarendosi la gola. "Esatto. Ho dipinto un soggetto di guerra, lei lo ha visto e abbiamo iniziato a parlare."
"È una bella cosa, vero Tony?"
Il diretto interessato girò gli occhi su di lui, si alzò da tavola e afferrò di scatto il vassoio. "Troppo zucchero a questa tavolata. Mi sta salendo la glicemia."
"Tony---" Cercò di richiamarlo Steve, ma Stark gli rivolse il dito medio e diede loro le spalle.
"Ci parlo io." Phil afferrò il vassoio intoccato. "Ci vediamo a casa."
"D'accordo." Fece il Capitano, contrito. "Fammi sapere."
Il ragazzo raggiunse l’amico che era già all'uscita. "Ehi! Mi dici che ti è preso?"
Stark sputò uno sbuffo dalle narici dilatate e affondò i pugni nelle tasche dei pantaloni. La sua pelle pareva essersi indurita e sul gomito si era creato un bubbone simile a una giuntura.
Il ragazzo gli abbracciò le spalle. "La gelosia è una brutta bestia."
"Non sono---E anche se lo fossi?"
"Non hai motivo di esserlo. Steve ti adora!”
"Ma hai visto la sua espressione? Mentre parlava con lei e ricordava Peggy?"
"È il suo passato, Tony! Non puoi cancellarlo. E lui ha bisogno di aggrapparsi a qualcosa che gli ricordi la sua vita."
"Non voglio cancellarlo!" Stark strinse la mandibola e sottili nervature cominciarono a rincorrersi sulle sue braccia. "Non voglio che vi anneghi."
"Devi dargli tempo!" Lo strinse più forte. "Tempo, Tony, non può accettare tutto in poco. Era la sua vita!"
"E perché io non lo posso essere adesso?" Ci fu un bagliore negli occhi di Tony, riconducibile al potere della Gemma che pian piano tracimava dal suo essere, dal suo corpo vibrante.
Phil lo colpì con uno schiaffo. "Calmati! Controlla la Gemma o mi costringi a colpirti ancora!" Sibilò.
Mossa sbagliata: Stark ringhiò per un istante e la sua pelle parve sfolgorare, armandosi di placche metalliche dure come l'acciaio. Poi deglutì ed esse evaporarono in un attimo.
Phil assottigliò appena gli occhi. "Sto provando ad aiutarti! Se non vuoi va a litigare con Steve e non mettermi in mezzo!"
"Scusami." Tony prese un respiro profondo. "È che la guardava in un modo---"
L’altro sospirò. "Parla con lui. Sono sicuro fugherà ogni tuo dubbio."
"Sempre che non ci sia lei di mezzo."
"Allora vieni da me a parlarci. Non la porterà mai a casa mia."
Non i primi due giorni, almeno.
Il terzo, quando Phil tornò a casa, Sharon era seduta al tavolo della cucina e Steve, dinanzi ai fornelli, stava ridendo di qualcosa che lei aveva detto e intanto preparava il the.
Il ragazzo entrò con un occhio pesto e il naso sanguinante. Quando vide la ragazza, si bloccò sulla porta. "...Steve?"
"Oh, buongiorn---" Il Capitano sbiancò "Siediti, vado a prendere il kit del pronto soccorso."
Ma lui scosse la testa. "Preferirei che lei andasse via, se non ti dispiace." Disse, diretto, senza curarsi della ragazza seduta al tavolo.
"Capisco." Steve salutò la ragazza, le disse che comunque in storia dell'arte era ormai migliorata molto, la accompagnò alla porta e infine si girò verso Coulson. "Ho chiesto a Victoria e Isabella, prima."
"E a Tony?" Lasciò cadere la borsa sul pavimento, asciugandosi il sangue dal naso. "A lui lo hai chiesto?"
Il Capitano lo fece sedere, quindi prese dei pezzi di carta e glieli passò, perché si asciugasse le mani ancora lorde. "Non capisco."
"Capiresti se gli parlassi. Odia il modo in cui lei ci prova con te e tu le dai troppa confidenza."
"Non ci sta provando. Aveva bisogno di una mano, tutto qui."
"Steve." Lo guardò eloquente. "Ti spoglia con gli occhi e cerca di toccarti ogni volta che può. Perché non parli con Tony?"
Il Capitano incrociò le braccia al petto. "Non pensavo di dovergli dare spiegazioni."
Il ragazzo si tamponò il naso, scuotendo la testa. "Allora lascialo andare e mettiti con lei. Ma lascia stare Tony."
"Ma io non voglio mettermi con Sharon. Perché pensi che voglia...?"
"Il modo in cui la guardi." Allungò le braccia sul tavolo e vi poggiò la testa sopra, esausto. "Perciò Tony è così geloso."
"Non la guardo in nessun modo." Il suono della ceramica contro il linoleum lo informò che Steve gli stava preparando del the "È solo..." Bisbigliò. "Che le assomiglia in maniera incredibile."
"Allora sta con lei e non prendere in giro Tony." Si sollevò e sbandò appena. "Io devo andare in bagno."
"Non lo voglio prendere in giro---" Rumore di ceramica infranta, vomitare di acqua calda sul pavimento -Steve aveva stretto troppo la presa e la teiera si era infranta tra le dita.
Il ragazzo sollevò gli occhi in quelli dell'altro. "Allora parla con lui! E accompagnami a vomitare, non riesco a camminare."
Steve lo caricò in spalla, le mani che sanguinavano. Il bagliore della Gemma lo avvolse e si trasformò nel Capitano -Senza la divisa- perché il peso dell'altro fosse più facile da trasportare.
"Mi dispiace." Bisbigliò. "Non capisco perché sto così male..."
"Il tuo fisico è stremato." La voce di Steve adulto aveva un timbro baritonale, caldo e rassicurante. "Tranquillo, Soldato. Stanno solo chiedendo troppo e in poco tempo."
"Mi uccideranno e non vedrò più Clint..."
"Clint? È il ragazzo del circo? È venuto a cercarti oggi pomeriggio."
"Davvero?" Gli si aggrappò alla maglietta. "Cosa ha detto? Ha lasciato un messaggio?"
"Ha detto che sarebbe tornato domani, per l'ora di cena, prima di iniziare lo spettacolo."
"Cosa? E se mi vede così cosa gli dico? Non ho una scusa!"
"Ti verrà in mente qualcosa. Come ti senti?"
"Non molto bene... Ho nausea e mal di testa."
"Dovresti stenderti."
Phil annuì appena e poggiò il viso sulla sua spalla, addormentandosi poi di botto.
Steve sorrise a fior di labbra. Lo sollevò, quasi non avesse peso, e lo portò fino in camera: lo svestì, senza badare alla nudità, ma osservando preoccupato i lividi e i grafi e i tagli che sfregiavano la pelle. Gli infilò il pigiama, lo coprì fino al mento con le coperte quindi, tornando nella propria stanza e non mutando ancora l'aspetto adulto, prese il cellulare ed inviò un messaggio di scuse a Sharon, per come era stata trattata e per quanto veloce avesse dovuto abbandonare la casa.
A dispetto di tutto, Phil aprì gli occhi che era passata da poco l'ora di cena. Si sentiva distrutto eppure afferrò il cellulare e inviò un messaggio a Clint -Al di là delle scuse per le ferite, aveva voglia di vederlo dopo quasi due settimane in cui si telefonavano e basta. "Ehi, scusami, ero fuori casa. Tutto bene?"
"Tutto perfetto! Mi sono lussato la spalla durante un allenamento, per stasera niente spettacolo."
"Davvero? Mi dispiace! Sicuro di stare bene?"
"Sì, tranquillo. Non è la prima volta che mi succede."
"Capito. È un peccato, volevo chiederti se ti andava di venire da me. Ho voglia di vederti."
"Anche io ne ho una voglia matta. Dammi venti minuti e sono lì."
"Sicuro? Non dovresti riposare?"
"Ci sono abituato. Ci vediamo a casa tua tra poco!"
"Ti aspetto!" Phil si sollevò a fatica, andò in bagno a sciacquarsi il viso, fissando il viso pesto e pensando di nascondere tutto sotto uno strato di trucco, per poi rinunciarvi -Avrebbe inventato una scusa li per lì. Poi andò ad infilarsi di nuovo a letto e attese.
"Phil." lo avvisò Steve, aprendo la porta della stanza con un lieve sorriso sulle labbra. "C'è qualcuno per te." E questo qualcuno si presentò dietro un enorme mazzo di rose, unito ad una scatola di cioccolatini. "Ehi." Lo salutò Clint, spuntando da dietro l'enorme mazzo di fiori. "Come stai?"
Il ragazzo si alzò a sedere e sorrise appena. "Ehi. Scusa." Si indicò il viso pesto con una scrollata di spalle. "Sto bene e tu? La spalla?"
Clint sgranò gli occhi e corse da lui, poggiando le rose sul letto e così i cioccolatini e guardandolo spaventato.
"Che ti è successo?"
Scosse la testa. "Un piccolo diverbio con dei compagni di scuola. La tua spalla?" Chiese di nuovo.
"La devo tenere a riposo. Me l'hanno rimessa in asse."
Indicò il letto per farlo sedere. "Ne sono felice." Poi afferrò i fiori e li annusò con un sorriso. "Grazie, sono bellissimi."
"Speravo ti avrebbero fatto piacere." Clint si accomodò sulle lenzuola, quindi tese la mano per prendere la sua e accompagnarlo a sedersi sulle sue ginocchia.
Phil ridacchiò appena -Per quanto i lividi glielo permettessero. "Non eri obbligato a farmi regali, però." Gli poggiò le mani sulle spalle. "Sono felice di vederti. Sono quasi tre settimane dall'ultima volta."
"Mi sei mancato come l'aria." Bisbigliò il circense, piegando la testa e facendosi vicino alle sue labbra.
Phil sentì il cuore sgroppargli nel petto e avvicinò piano la bocca alla sua, in un lieve sfiorarsi.
E Clint schiuse la bocca sulla sua, in un lungo, lungo bacio, chiudendo le braccia attorno al suo corpo perché non potesse allontanarsi.
"Clint--" Bisbigliò, approfondendo il bacio e stringendogli le spalle tra le braccia.
"Adoro il modo in cui pronunci il mio nome."
"Fa piano, ho delle costole incrinate."
"Oh---Scusa." Sorrise l'altro, cercando di nuovo la sua bocca.
L'altro rispose con entusiasmo, stringendosi appena a lui. "Mi sei mancato."
"Anche tu." Clint passò le dita sulla sua schiena. "Mi sei mancato incredibilmente."
"Mi dispiace di non avere più tempo per uscire, vedrò di rimediare."
"Stai tranquillo." Lo rassicurò Clint. "Io sono qui per te."
Ma per quanto? Gli sussurrò una vocina. Il circo parte tra una settimana. E tu sei troppo occupato a fare il bravo bimbo. Ma intanto alle zie lui non piace, no, Phil? Quindi è meglio se va via. Così le zie non si arrabbiano.
Phil, a quei pensieri, abbassò gli occhi. "E poi? Insomma, tu devi ripartire, no?"
"O rimanere."
"Rimani?" Chiese, emozionato. "Davvero? Posso ospitarti io per i primi tempi, se vuoi!"
"Sicuro? Alle tue zie non darà fastidio...?"
"Me la vedo io con loro!" Entusiasta, lo abbracciò e baciò con furore. "Non vedo l'ora!"
Clint gli accarezzò il viso e continuò a baciarlo fino a non avere più fiato.
"Ti va di rimanere a dormire qui? Posso chiederlo alle mie zie."
"Eccome se mi va." Il ragazzo gli baciò la bocca. "Mi va un casino."
"Allora aspetta qui, io torno subito!" Lo baciò ancora e di nuovo prima di staccarsi a forza e scendere giù, dove gli altri stavano mangiando.
Ma, dallo sguardo di Victoria e Isabella, la presenza di Clint non doveva essere così gradita quanto lo era stata per Coulson. "Si tratterà qui ancora molto?" Domandò Victoria, arcuando le sopracciglia.
"L’ho invitato a dormire qui. Non è un problema, no? Ho un letto in più in camera mia." Si poggiò alla sedia della donna per tenersi in piedi.
"Certo che è un problema." Replicò lei. "E non dormirà qui."
Phil spalancò gli occhi. "Cosa? E perché?"
"Perché è un ragazzo diciottenne mai visto. È escluso che dorma qui, soprattutto in camera tua."
"Ma-- Ma--" Strinse le mani intorno al legno, arrabbiato. "Lui mi piace ed è buono con me! Mi fa sentire bene! E questo." Si indicò il viso pesto. "Dovrebbe bastare a farvi dire di si! Mi merito qualche ora di tranquillità!"
"Il fatto che tu ti stia allenando per non perdere la vita ogni volta che esci di casa non è un buon motivo!" Victoria si alzò in piedi, gli occhi che mandavano lampi. "Non lo conosci nemmeno."
"Mi fa stare bene, non mi serve altro! O lui rimane qui o vado io via con lui! A voi la scelta!"
Questa volta fu Isabella ad alzarsi. Si avvicinò al figlio, ma senza dolcezza negli occhi, né nella voce. Steve fece per dire qualcosa, zittito subito da Victoria. "Smettila di comportarti come un bambino." Fu il freddo rimprovero. "O comincerai ad essere trattato come tale."
Phil spalancò gli occhi, indurendo poi lo sguardo. "È questo che voi non avete mai capito: non sono mai stato un bambino, ho il diritto di esserlo, ogni tanto!"
"Non quando è a rischio la tua salute." Ribatté Isabella "Pensavo che in tutti questi anni avresti sviluppato anche un po' di lungimiranza, ma a quanto pare mi sbagliavo."
"È solo un ragazzo che mi piace, cosa c'è di male?" Chiese lui, quasi sull'orlo delle lacrime.
"È più grande di te! È uno sconosciuto che hai visto due volte!"
"Per appena due anni e mezzo? È ridicolo!" Respirò a fatica. "Vuole lasciare il circo e rimanere qui, per me. Vuole andare a scuola e trovare un lavoro! Vi prego!"
"Lo fa soltanto per raggirarti." Isabella scosse la testa. "Si stancherà di te e ti lascerà."
Phil spalancò gli occhi. "Vi odio." Sibilò, allontanandosi a fatica e deambulando verso le scale.
Furono le braccia di Steve a raggiungerlo. A sostenerlo. Un moto, orrido stupore si spalancava ad inghiottire le due donne. "Loro vogliono solo il tuo bene." Mormorò il Capitano. "Ma il loro è un mondo popolato da continui nemici."
"Voglio stare con lui." Bisbigliò, la voce rotta. "Perché non lo capiscono?"
"Perché sono spaventate. Non capiscono come tu possa provare un attaccamento tanto forte per lui."
"Con lui sto bene, mi sento la persona più giusta del mondo... Se lo mando via partirà col circo e non lo rivedrò mai più..." Salì un paio di gradini. "Non posso più andare avanti così..."
"Vorrei aiutarti, Phil. Ma non so come."
"Non lo so neanche io... E ora devo mandarlo via..."
"Mi dispiace, soldato."
"Grazie." Sussurrò, trascinandosi poi in camera. "Ehi."
"Ehi." C'era un sorriso stanco sulle labbra di Clint. "Ho sentito le urla giù di sotto. Meglio che vada "
Phil lo fissò spaventato. "No, aspetta!" Lo raggiunse sul letto e gli si aggrappò alle spalle. "Posso uscire dalla finestra e raggiungerti, ho dei soldi da parte e potremmo passare la notte in albergo. Non andare via, ti prego!"
Il circense si alzò in piedi e lo tenne a sé, cullandolo tra le braccia. "Sei esausto." Sussurrò. "A fatica stai in piedi."
"Voglio stare con te, ti prego." Lo abbracciò con forza. "Ti prego."
"Tieni la finestra aperta." Bisbigliò l'altro. "Non ti addormentare. Salgo io."
"Sicuro? Se ti trovano qui ti cacceranno via."
"Non mi farò trovare. Questa camera sarà il nostro rifugio."
Phil sorrise felice. "D'accordo. Ti accompagno alla porta."
"Niente mi terrà lontano da te. Niente."
Il ragazzo lo accompagnò fino alla porta d'entrata, ignorando le due donne, e lo tenne stretto, baciandolo a lungo come se davvero gli stesse dicendo addio. Poi rimase a guardare finché non lo vide svoltare l'angolo e se ne tornò in casa con aria afflitta.
Steve venne da lui poco dopo, con un vassoio di cibo tra le mani ed un cauto sorriso sulle labbra. "Ti ho portato qualcosa."
"Grazie ma non ho fame. Andrò direttamente a dormire."
"Mangia almeno un po' di pane." Steve si sedette accanto a lui. "Per favore."
"Grazie Steve ma voglio solo dormire." E gli indicò la porta, bruscamente. "Buonanotte."
Il Capitano gli scoccò una occhiata in tralice, un rimprovero ben visibile negli occhi azzurri. Si alzò senza dire una parola, salvo quando fu sulla soglia. "Vado di pattuglia, stanotte."
"Cosa?" Spalancò gli occhi. "Da solo? Non puoi!"
"Perché no?" Gli chiese. "È solo una ronda. Niente di più."
Phil lo osservò attentamente. "Perché invece non vai da Tony e risolvi la situazione?"
Il Capiranno scosse il capo. "Ho bisogno di pensare."
"Devi andare da lui, invece. Non fare il vigliacco! Tony ha bisogno di te."
"Di me?" Un sorriso stanco affiorò alla sua bocca. "Cosa mai potrei dargli?"
"Il tuo amore." Disse con convinzione. "Steve. Va da lui, amalo. A lui non serve nient'altro."
L'altro gli rivolse un sorriso malinconico. Uscì dalla camera,chiudendosi la porta alle spalle. Respirò piano, gli occhi chiusi -Davvero gli serviva solo quello? Tony era il futuro. Sharon il passato cui aggrapparsi. Anzi, un'illusione di passato. E lui era proprio in mezzo.

 
***

 
Dopo che fu uscito, Phil si sollevò cauto e chiuse la porta a chiave, spalancando poi la finestra e affacciandosi per vedere se l'altro era già arrivato.
Tra le ombre del guardino, Clint era una figura gibbosa e scura. A passi lenti, il circense si fece vicino al muro e i suoi occhi erano bagliori chiari nella notte.
Phil sorrise e indicò il rampicante accanto alla sua finestra. "Ce la fai con questo?"
Clint vi si aggrappò come un gatto, un sorriso baluginante nell'oscurità.
L'altro si sporse per aiutarlo e gli afferrò la mano. "Ti do qualcosa di mio per dormire, se vuoi."
"Oh no, stai tranquillo. Dormo in boxer."
"Oh, okay." Gli baciò la bocca. "Sono felice tu sia qui."
"Anche io lo sono." Clint sorrise e lo spinse piano contro il letto.
Phil si lasciò cadere dolcemente sul materasso e allungò le mani per farlo stendere accanto a lui. "Vieni."
Il giovane scivolò su di lui, quindi al suo fianco, sorridendo lieve e accarezzandogli il volto.
"Mi dispiace che le mie zie non capiscano quanto io tenga a te." Gli accarezzò dolcemente il viso. "Posso aiutarti a trovare casa e a pagare l'affitto finché non avrai trovato un lavoro."
"Stai tranquillo. Non voglio pesarti addosso."
"Ma voglio aiutarti! Stai lasciando la tua vita per me, è il minimo!" Sorrise e gli baciò le labbra. "Ti aiuterò io."
"Grazie." Clint gli baciò la fronte. "Sei una persona incredibile."
"Tu lo sei." Gli si strinse contro. "Non lasciarmi più."
"Non potrei mai." Il circense gli baciò l'angolo delle labbra. "Mi sei entrato nel cuore "
"Anche tu."
"Fermarti quel giorno è stata l'idea migliore del mondo."
Ridacchiò. "È vero." Si accoccolò su di lui. "Grazie per essere stato così insistente."
"Grazie a te per avermi mostrato il tuo spirito."
Il ragazzo sorrise e si addormentò pacificamente sul suo petto.
Al principio del mattino, tuttavia, Clint lo scrollò per svegliarlo. "Meglio che vada."
L'altro aprì appena gli occhi. "Cosa?" Chiese con voce impastata.
"Se le tue zie entrano e mi vedono è la fine."
"La porta è chiusa a chiave."
"Allora è perfetto." Clint lo fece stendere di nuovo e gli baciò la fronte, cullandolo fino a farlo addormentare.

Sorrise, poi, di un sorriso indecifrabile.
 
   
 
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