Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Digichiaeri    27/05/2017    0 recensioni
Carolina è una lottatrice che per vivere picchia le persone sotto il pagamento di un cliente. Non ha mai avuto problemi nel suo lavoro, finché una sera, l'identità del suo cliente coinciderà con quella della vittima...
“Non mi è mai capitato prima di dover far del male al mio stesso cliente.” Ammise disarmata. “E’… strano.” Si avvicinò, con sguardo indagatore; gli occhi le scivolarono inevitabilmente su quelli brillanti di lui “ Non pensi di star soffrendo abbastanza, anche senza un braccio rotto od un occhio nero?” aveva catturato la sua attenzione, e da un solo sguardo aveva scorto un’immensa sofferenza nella sua anima.
“Forse, qualche pezzo di me spaccato fisicamente può distrarmi proprio da ciò che provo.” Deglutì, con gli occhi lucidi. “E’ asfissiante. Fa’ qualcosa… ti prego.”
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
~ Fammi male ~

 
 
Era una serata umida; da poco aveva smesso di piovere in città, e le strade erano deserte. Da tempo ormai la situazione delle gang di strada era fuori controllo, così come quella delle bande di tutte le più grandi città italiane. Dopo la tremenda rivolta avvenuta a causa dell’inserimento dello Stato nella Terza Guerra Mondiale, era scoppiato un putiferio da parte di un popolo che non era mai stato così unito.

Divenuta una terra praticamente senza razionalità, era stata presa in possesso da varie organizzazioni che con fare primitivo stipulavano accordi tra loro sulla distribuzione di risorse e territori, con scarsa tutela dei civili.

Tra le tante giovani adulte violente, ne emergeva una a Milano: Carolina. Si trattava di una ragazza di appena diciannove anni, ma che dentro di sé custodiva un’indomabile bestia che premeva per uscire. Al contrario di altre ragazze che per sopravvivere si erano costrette alla prostituzione, lei, avendo un fisico molto atletico a causa della sua infanzia ed adolescenza passate nelle palestre di muay thai, karate e judo tra gli agonisti, si era trovata un lavoretto sporco ma meno traumatico.

Veniva pagata per picchiare delle persone. Non guadagnava cifre alte, ma le bastavano per procurare da mangiare a sé e alla sua famiglia. Veniva scelta a causa della sua femminilità, che traeva in inganno chiunque. Incantate dalla sua innocenza, le vittime venivano colte di sorpresa ed ottenevano ciò che i clienti pensavano fosse giusto per loro.

Quella sera le era stato detto che non sarebbe stato necessario nessun outfit particolare da indossare, così era uscita con i suoi comodi e fidati jeans scuri accompagnati da una giacca di finta pelle. Il cliente le aveva scritto un messaggio poco prima, trasmettendole le coordinate della vittima.

In pochi minuti era arrivata a destinazione. Era quello che tutti chiamavano “Il parco degli innamorati” a causa delle numerose coppiette che lo frequentavano per qualche appuntamento romantico. Tuttavia, da quando era avvenuta la rivolta, esso era sempre desolato.

Lì vide un ragazzo con un cappello di lana scuro, come indicato dal cliente. Si avvicinò silenziosamente, ma prima di riuscire a saltagli addosso, egli parlò. “Piacere di conoscerti, Carolina.”

La giovane si paralizzò sul posto, sorpresa che lui fosse a conoscenza del suo arrivo. L'uomo si alzò: era alto, più di lei, che senza tacchi raggiungeva il metro e ottanta. I suoi occhi azzurri brillavano sotto la luce della Luna, la quale permetteva una visibilità scarsa a causa dell’inquinamento. Aveva i capelli biondi, lunghi fino a circa metà del collo, scalati in una pettinatura classica e mascolina. La sua voce profonda sembrava colma di sofferenza.

“Sono Michael, il tuo cliente. A fine del lavoro, puoi prendere i soldi nella tasca destra dei miei pantaloni.” Dopo aver pronunciato piano quelle parole, egli allargò appena le braccia.

La giovane sbarrò gli occhi, colta di sorpresa. In opposizione a quelle dell’altro, le sue iridi erano scure come la notte, e la sua chioma era lunga, riccia e ramata. “Che diavolo significa?” chiese scocciata. Credeva di non aver capito bene.

“Non sei pagata per fare domande.” Replicò lui, con fare apatico. “Ti ho chiamato perché sono consapevole della tua spietatezza ed abilità negli sport da combattimento.”

“Non mi è mai capitato prima di dover far del male al mio stesso cliente.” Ammise disarmata. “E’… strano.” Si avvicinò, con sguardo indagatore; gli occhi le scivolarono inevitabilmente in quelli brillanti di lui “ Non pensi di star soffrendo abbastanza, anche senza un braccio rotto od un occhio nero?” aveva catturato la sua attenzione, e da un solo sguardo aveva scorto un’immensa sofferenza nella sua anima.

“Forse, qualche pezzo di me spaccato fisicamente può distrarmi proprio da ciò che provo dentro.” Deglutì, con gli occhi lucidi. “E’ asfissiante. Fa’ qualcosa… ti prego.” Quella era una richiesta di violenza fisica; nonostante Carolina, come lui aveva detto, era una tipa spietata per il denaro, non lo poteva essere così tanto nel vedere un ragazzo in quelle condizioni.

“Siediti, dai…” gli chiese, ed egli obbedì, nascondendo il viso nelle mani. “Cosa è successo?” lei si sistemò vicino al biondo. Il calore di entrambi dava un lieve sollievo dalla bassa temperatura serale di quell’inverno.
Egli singhiozzò tristemente. “Non sono riuscito a fare abbastanza. Lei è andata via da me, e non mi vuole più. Io… giuro di aver fatto sempre del mio meglio…”

Carolina alzò le sopracciglia, comprendendo la situazione. “Quindi vuoi essere picchiato perché una stronza ti ha lasciato?”

Lui alzò di nuovo gli occhi sui suoi, instaurando un contatto visivo profondo “Forse sono io lo stronzo, se non ha voluto darmi una possibilità per salvare il rapporto. Devo essere proprio terribile.”

La riccia sospirò “Da quanto tempo non vi sentite più?”

“Tre mesi.” Rispose mogio lui. “Ho fatto di tutto per riaverla, davvero… ma una persona irrequieta e pressante come me, evidentemente non è fatta per rendere felice qualcuno.”

Lei si toccò il mento, cercando di immedesimarsi nella ragazza che aveva fatto il danno “Le facevi pressioni? Per quale motivo?”

Michael si sentì giudicato, ma si consolò pensando che così, forse, avrebbe ottenuto ciò per cui avesse chiamato Carolina. “ Volevo che vivesse la vita. Si stava lasciando andare in un oblio di assoluta inutilità. C’è stata la rivolta… un sacco di persone hanno bisogno di aiuto… la sua stessa famiglia ha bisogno di mangiare, e lei non faceva assolutamente niente. Passava le giornate a letto dalla mattina alla sera. Non era depressa, ma solo… disinteressata. Un’ameba, qualcosa privo di senso. Ho cercato un lavoro per lei, l’ho stimolata come ho potuto, e mi sono sentito io stesso molto stressato. Non aveva voglia di concludere niente, di fare nulla… eppure l’amavo… con tutto me stesso. Volevo solo una vita degna per me e lei, insieme.”

La giovane ascoltò in silenzio, avvertendo una strana e calda sensazione pervaderle il petto. Le intenzioni di lui erano state nobili e del tutto ragionevoli, tuttavia, alla fine, ci aveva rimesso.

Dopo svariati attimi di silenzio, finalmente Carolina prese parola “Il colmo è stato che ti sei fatto lasciare tu. Sei un po’ un coglione.” Notò. Tuttavia non voleva ferirlo, così continuò “ Senti, non serve a niente farti picchiare. Cosa ci guadagni a passarti una notte in ospedale, o peggio, sdraiato qui, dolorante? Sta anche per tornare il temporale. Vai a casa, fatti una doccia calda e rilassati, che hai la coscienza pulita.” Detto ciò, si alzò, tendendogli la mano per invitarlo a fare lo stesso.

Lui, incoraggiato da quelle parole, puntò gli occhi su quelle dita porte per lui, e le strinse delicatamente nelle proprie, mettendosi a sua volta in piedi. Sospirò. Quella ragazza aveva ragione.

“Credo sia meglio così…” si mostrò d’accordo con lei, la quale dopo aver sospirato di sollievo, si voltò, lasciando la sua mano. “ Bene. Buona serata, Michael.”

“Aspetta.”  L’uomo prese di nuovo parola, con lo sguardo rivolto a terra. “Grazie per avermi ascoltato… non me lo sarei mai aspettato da una sorta di sicaria. Posso…” la ramata tornò a guardarlo, interessata “Posso… offrirti la cena, per il disturbo?”
 
-Angolo autrice-
Grazie a tutti coloro che hanno letto sino a qui! Mi è presa l’ispirazione per questa storia, che per ora classificherò come one-shot incompiuta. Mi chiedevo, vi piacerebbe leggerne un seguito? In caso di risposta affermativa, sarei ben accetta a continuarla! Spero sia stata di vostro gradimento, alla prossima! :)
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Digichiaeri